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Le ciglia di Sebastian, terribilmente lunghe, gettavano un ombra delicata sui suoi zigomi mentre con occhi socchiusi e braccia incrociate scivolava agile per la via di casa mia, le labbra tenute tanto serrate da apparire quasi bianche.

La reazione del branco dopo la notizia era stata tempestiva e terrificante in una maniera che fa battere il cuore nella cassa toracica e mozza il respiro, era come se uno squarcio fosse stato aperto nelle anime dei ragazzi e da esse fosse stata estratta la parte maggiormente umana, lasciando spazio ai soli istinti animali.

Il cellulare di Kelly aveva iniziato a vibrare incessantemente, compiendo piccoli sobbalzi a contatto con il tavolino, allo stesso esatto ritmo di quello di Ashley e Katrina, successivamente le tre erano scattate in piedi, si erano fiondate verso l'esterno, inforcando la porta senza riservare a noi neppure un ultimo sguardo di commiato o afferrare le giacche.

Io ed Erika eravamo rimaste per qualche momento di incertezza, rimbombo di battiti e sfarfallio di ciglia, a fissare l'una nelle sgranate pupille dell'altra, poi, con lo stomaco che pareva aver raggiunto l'altezza della gola, avevo inviato un breve messaggio di testo a Sebastian, quasi aspettandomi di rimanere totalmente ignorata come era precedentemente avvenuto con le mie due amiche.

Non era affatto accaduto, il ragazzo era arrivato rapidamente, gli occhi annebbiati e lo sguardo assente, Jason aveva caricato Erika in macchina senza troppe cerimonie e poi, come un cucciolo con la coda arricciata fra le gambe, era sgusciato lontano dallo sguardo di ferro bruciante con cui Sebastian gli stava sfiorando il volto.

Stanca di osservare i giochi di ombre che la luce, passando per le fronde dei giovani alberelli nei giardini delle villette, creava nell'asfalto come crepe d'oscuritΓ , rivolsi l'ennesimo sguardo esitante al mio accompagnatore.

Β«SebastianΒ» lo richiamai con una voce sottile che mi accorsi di non aver mai utilizzato prima di allora per rivolgermi a qualcuno, specialmente non a lui.

Se fossimo stati all'interno di una casa probabilmente sarebbe riuscito raggiungere il soffitto, tanto il suo sobbalzo al suono improvviso lo condusse in alto.

In un'altra situazione probabilmente avrei dovuto ingoiare una risata, non lo avevo mai visto così teso, ma eravamo davvero coinvolti in un qualcosa di tragico perciò mi limitai ad arricciare le labbra rosse in un sorriso agrodolce.

Mi rivolse il proprio sguardo, gli occhi liquidi in un misto di sorpresa e tetro grigiore, lasciando finalmente ricadere le mani bianche lungo le gambe, strusciandole sulla stoffa dei jeans.

Annuì brevemente, facendomi cenno di proseguire, i ciuffi corvini gli ricadevano sulla fronte pallida, arricciandosi e sfiorando la pelle setosa con delicatezza.

Mi resi conto di non avere veramente qualcosa da dire, avevo voluto solamente bloccare i pensieri di entrambi, forse anche il tempo e lo spazio, sentire solo la sua voce elegante, e non il roboante risuonare dei miei timori e di quelle vite che erano andate perdute.

Presi seriamente in considerazione l'idea di avvertirlo della morsa che mi attanagliava lo stomaco o dell'imminente probabilitΓ  di un mio definitivo svenimento, ma decisi che era decisamente il caso di evitare qualunque genere di chiacchiera gettata al vento.

Β«Mia madre Γ¨ ancora al lavoroΒ» enunciai, realizzando nell'istante immediatamente successivo che anche quella era un'informazione decisamente inutile e non richiesta.

Per qualche ragione, tuttavia, ciΓ² che avevo detto senza riflettere parve approfondire il suo cipiglio, scorsi nei suo occhi color fumo animarsi un sentimento che appariva pericolosamente simile al senso di colpa, eppure, per quanto provassi a rifletterci, non riuscivo a capirne le motivazioni.

Pareva che qualunque dettaglio riguardante me, che partisse dai miei desideri piΓΉ labili sino ad arrivare alla punta dei miei lunghi riccioli rossi, fosse solo destinato a turbarlo.

Β«Rimango con teΒ» affermΓ² risoluto, avrei voluto dirgli che non c'era alcun bisogno e spiegargli che mi aveva fraintesa, eppure, neppure in quel momento, riuscii ad essere abbastanza altruista da lasciarlo andare dai compagni che necessitavano molto probabilmente la sua presenza, probabilmente non ci sarei mai riuscita.

Provai a convincermi che se a lui non importava affatto di andare da loro significava che non si stava verificando nessun problema urgente e che non stava a me decidere cosa lui avrebbe dovuto voler fare.

Quando mettemmo piede all'interno della familiare abitazione rossiccia, ed ebbi udito la porta chiudersi con un lieve scatto alle mie spalle, mi concessi un respiro profondo, che mi permise di aspirare la rassicurante aria soffusa che puΓ² essere avvertita solamente all'interno della propria abitazione, avvertivo ancora aleggiare il lieve profumo dei biscotti che mia madre aveva deciso di cucinare e portare a lavoro come regalo per i colleghi, prima che tutti si perdessero di vista durante le vacanze di Natale.

Colsi lo spostamento d'aria provocato da Sebastian, che si tolse la giacca scura, per poi posarla distrattamente su un bracciolo del divano azzurro, feci specchio ai suoi movimenti molto meno impacciati e forzai un sorriso, sfregandomi le mani Β«Hai fame?Β» domandai docilmente.

Parve lievemente sorpreso dalla domanda, come se si fosse perfino scordato dell'esistenza di un qualcosa denominato "cibo" poi si prodigΓ² in un quasi timido cenno affermativo, tanto che, se non lo avessi conosciuto bene quanto facevo, avrei potuto non prestare a quel flebile movimento la minima attenzione.

Mi fiondai rapidamente in cucina, lieta di aver ottenuto un compito che mi tenesse occupata e riscaldai una massiccia quantitΓ  della lasagna avanzata la sera prima, apparecchiando malamente il tavolo di legno.

Quando tornai in soggiorno credetti per un attimo che Sebastian se ne fosse andato, successivamente, scandagliando la stanza registrai la sua presenza affianco alla bianca vetrinettaΒ accostata alla candida parete piΓΉ ampia.

Mi avvicinai a lui lentamente, consapevole che avesse giΓ  notato la mia presenza, stava osservando attentamente iΒ lavoretti e le foto che il mobile conteneva, gli posai una mano sulla spalla, avvertendo il piacevole calore della pelle sotto la maglietta scura di cotone e premendo le dita contro la linea perfetta e affilata della scapola.

«È divertente il fatto che io non riesca mai a esserci quando vedi ciò che non dovresti vedere e rischi in una maniera in cui non dovresti rischiare» constatò d'improvviso, rilasciando delicatamente le parole nell'aria «ma ricordi alla perfezione di esserci stato nel momento in cui hai creato ognuno di questi» indicò i lavoretti storti e collosi con un lieve movimento del polso.

Rilasciai un sospiro, lieta che almeno fosse riuscito a esprimere i suoi pensieri in mia presenza e alzai lentamente il braccio, sfiorando con le dita il profilo della sua mascella, la pelle tanto liscia e perfetta da sembrare marmo, feci in modo che spostasse il viso, rivolgendo a me il suo sguardo di un argento torbido e denso.

Β«Fidati di me...Β» soffiai delicatamente, ripercorrendo nella mente i tratti dei ricordi di due bambini prima e di due adolescenti poi Β«Quando avresti dovuto esserci ci sei sempre statoΒ».

Β«Sei troppo buona con meΒ» mormorΓ², apparentemente senza attendere risposta, le sue labbra si contrassero lievemente, strinse la mano che ancora tenevo ferma sul suo volto e la spostΓ² delicatamente, finchΓ© non avvertii il suo respiro caldo sfiorarmi le nocche bianche, spruzzate di lentiggini, e le sue labbra, morbide come petali di rosa, posarsi leggiadre sulla punta delle mie esili dita, rilasciando una lieve pressione.

Mi osservΓ² da sotto il ciuffo di riccioli corvini con occhi liquidi, bruciando i lineamenti pallidi e delicati del mio volto, plasmandoli, battΓ© le folte ciglia, che tracciarono gli zigomi soffici, interruppe quel labile contatto, e, sfiorandomi la spalla mentre mi passava a fianco, l'aria che vibrava di un calore delicato, sgusciΓ² verso la cucina.

Rimasi ferma a osservare una vetrina di ricordi, le dita che formicolavano nell'esatto punto in cui erano state sfiorate dal bacio di un angelo caduto, le pupille sgranate, un color vermiglio che mi tingeva le guance, le orecchie e il collo, dove i capelli sfioravano la pelle, inviando onde di piccoli brividi.

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