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Alis

Martedì

Un leggero e continuo ticchettio di gocce mi svegliò. Un risveglio diverso dal solito siccome mi trovavo nella stanza di Nathan. Non avevo potuto fare altrimenti, la pioggia e i tuoni non avevano smesso di persistere costringendomi a non muovermi dalla sua casa per tornare nella mia.

Nonna stessa mi aveva chiamato verso la sera per sapere come stavo e dirmi che potevo tranquillamente restare lì, Carol avrebbe dormito con lei quella notte.
Il primo a propormi di non andare era stato Nathan, sarebbe stato pericoloso uscire con l'asfalto completamente bagnato e con il buio.

Respirava a bocca aperta, sembrava un bambino stanco che non voleva saperne di alzarsi. Non avevo avuto problemi nel dormire con lui, in fondo eravamo amici, nessuno dei due aveva altri scopi; anche se iniziavo a dubitare di ciò che sentivo per lui, se era amore o semplicemente affetto.

Mi alzai e quel gesto fu la sua sveglia, si stropicciò gli occhi e controllò l'ora. Sbuffò appena capì di essere obbligato ad alzarsi per scuola, tipico atteggiamento di chi preferisce dormire tutto il giorno. Me lo immaginavo sdraiato la domenica mattina fino al pomeriggio, in fondo suo papà non poteva infastidirlo, sarebbe stato impegnato con il lavoro anche quell'unico giorno libero.

"Buongiorno" mugugnò e seguì uno sbadiglio, risi.

"Fuori è ancora bagnato, ma devo tornare a casa a prendere lo zaino" era ancora assonnato, sicuramente delle mie parole ne aveva recepite metà.

"Va bene, mi vesto e andiamo subito" raggiunse l'armadio e prese una felpa e un paio di jeans. Fece per abbassare i pantaloni del pigiama, ma lo fermai: "Aspetta, fammi uscire almeno!"

Capì solo dopo qualche minuto e rise quando ormai stavo chiudendo la porta della camera. A quanto pare il sonno era fondamentale per tenergli la mente lucida.
Restai appoggiata al muro per aspettare che finisse e rientrai, misi le scarpe, presi la felpa blu e lo aspettai in soggiorno.

"Abbiamo dieci minuti a disposizione, pronta per fare il record?"

"Prendi le cose un po' troppo sul serio" risi e uscimmo di casa.

Sentii lo stomaco brontolare prima di salire in moto, avevo bisogno di fare colazione. Non avendo molto tempo, decisi di prendere qualcosa appena arrivata a scuola.

A casa, salutai nonna scoccando un bacio veloce sulla guancia. Sorrise e mi osservò salire le scale frettolosamente; mi cambiai e presi lo zaino infilando all'interno i primi libri trovati sulla scrivania, speravo di non aver lasciato niente.

Poi tornai alla moto; non incrociai Carol in casa dalla fretta che avevo, ma sicuramente si trovava in cucina o in qualche stanza a pulire.

"Primo record del giorno!" esclamò Nathan, scossi la testa, riusciva a scherzare anche in un momento del genere.

"Veloce o faremo tardi!" lo ripresi.

"Assolutamente, ho un altro record da battere" sistemò il casco dopo di me e partì a tutta velocità. Giurai di aver visto la ruota alzarsi dal pavimento, ma non volli pensarci o l'idea di salire su una moto avrebbe iniziato a turbarmi.

Chiudevo e riaprivo gli occhi continuamente per strada preoccupata della non curanza con cui superava le auto. Ogni volta che svoltava, lo stringevo più forte e appena me ne accorgevo, allentavo la presa imbarazzata sperando non lo avesse notato, troppo concentrato sulla guida.

Dopo un paio di minuti, la moto fu parcheggiata a pochi metri dall'entrata della scuola; diedi il casco a Nathan.

"Vado, ho una fame..." portai la mano alla pancia, non vedevo l'ora di mettere qualcosa sotto ai denti.

"Andiamo insieme" propose; alzai le spalle, se voleva poteva venire, in quel momento l'unico mio pensiero era la colazione.

Ci avviammo verso l'entrata e poi diretti alle macchinette, mi trovavo a pochi passi davanti a lui.
Presi due barrete al cioccolato e iniziai a mangiarle, Nathan ridacchiò e prese qualcosa anche lui.

Rimanendo lì vicino, girai lo sguardo per il corridoio e lo posai sui Kings, si trovavano al solito posto, a pochi metri dalla porta della mia classe nonché classe di Dan.

"Cosa osservi?" puntò gli occhi nella mia direzione stupendosi; all'inizio non capii il perché, poi nel gruppo vidi un nuovo individuo che rideva insieme agli altri e li abbracciava uno ad uno. Magari era un semplice amico o il cugino di uno di loro, è quello che pensai a primo impatto.
Nathan non staccava gli occhi da loro, iniziai a preoccuparmi dell'insistenza.

"Tutto bene?" scrollò la testa come per togliersi da quello stato di trance.

"Sì..." e prese la strada opposta alla loro, ovviamente qualcosa non andava. Non potevo fare nulla, preferivo lasciarlo stare e non infastidirlo.

Continuai a sgranocchiare le mie barrette lasciando a metà la seconda.

"Vuoi?" allungai la mano verso di lui, nemmeno si rese conto del gesto. Ripetei il movimento, quella volta più bruscamente... niente, aveva la mente da tutt'altra parte ed ero certa che il motivo fosse quel nuovo ragazzo.
Provai a sventolare la mano dinanzi al suo viso e finalmente lo alzò corrugando le sopracciglia.

"Ti sei reso conto che eri totalmente in un altro mondo?"

"Oh scusa, mi sono svegliato male" si giustificò, scusa banale.

"Già, ho visto. Ma da quel che ne so, pochi minuti fa non eri così... Vuoi spiegarmi chi è quel ragazzo?"

"Chi ragazzo?" domandò frettolosamente come se non ne avesse la minima idea.

"Quel ragazzo" ripetei duramente, sapeva benissimo a chi mi riferivo e stava temporeggiando, perché a momenti sarebbe suonata la campanella.
Detto e fatto.

"Ci vediamo dopo Alis" improvvisamente mi diede un bacio sulla guancia inaspettato e arrossii appoggiandoci delicatamente la mia mano, quando ormai si era allontanato. Non accettavo il fatto che se n'era andato così e non era la prima volta, ma quel gesto mi aveva completamente resettato i pensieri.

Matthew mi vide avvicinarmi e mi salutò sorridendo, con fare distratto feci lo stesso. Non erano più tutti insieme, mancava Dan, Thomas e il ragazzo nuovo; Lucas e Aron stavano chiacchierando appoggiati al termosifone.

"Quando ci vediamo?"

"Quando vuoi" risi leggermente, anche lui sorrise rimanendo bloccato con quella espressione dipinta in volto per un po'.
Feci un cenno con la testa aspettando che mi dicesse qualcos'altro.

"Domani ho una partita di calcio, vuoi venire?"

"Oh sì" esclamai con occhi sognanti, "a che ora?"

"Vengono tutti i ragazzi, ti dispiace se viene Aron a prenderti?"

"Assolutamente, con Aron vado d'accordo..." sorrisi, forse era l'unico con cui potevo parlare tranquillamente.

Rise anche lui conoscendo bene i suoi amici e concluse: "Va bene, ne sarà felice. Verrà verso le sei del pomeriggio... In campo ci saremo io, Lucas e Dan".

Se ne andò con i due, io entrai nell'aula. Arrivai in fondo al mio banco, ma il posto era occupato, dal nuovo ragazzo. Stava parlando con Dan e si fermarono appena mi videro, Dan rimase impassibile quasi divertito, lui alzò il capo scrutandomi.

"Chi è questa bellezza?" fece, indietreggiai infastidita.

"Lasciala stare, si offende facilmente" rispose Dan, magari aveva ragione, ma solo in parte. Era lui che mi infastidiva con molta facilità.

"Vorrei solo sedermi" precisai, a momenti sarebbe iniziata la lezione.

"Puoi farlo" mi indicò le sue gambe, non avevo alcuna intenzione di sedermi sopra di lui. O si sarebbe spostato o l'avrei fatto io, nel secondo caso sarei stata più soddisfatta.

"Vacci piano Alan, è già territorio di Matt" corrugai le sopracciglia, era la terza volta che lo facevo da quando avevano aperto bocca.
Così questo ragazzo si chiamava Alan...

"Territorio di chi scusa?" non mi sentirono troppo occupati a parlottare tra di loro.

"Ancora siete ostinati?" chiese Alan, non capivo a cosa si riferisse.
Dan fece spallucce non curante della risposta.

"Meglio se la prendo io, non la farei finire nei guai" mi guardò maliziosamente, continuavo a non comprendere le parole, ma mi preoccupavano.

"Ehm, ci sono anche io qui" replicai, parlavano di me come se fossi un fantasma.

"Sì lo avevamo notato" si alzò lasciandomi finalmente il posto "puoi sederti."

"Non avevo bisogno del permesso" borbottai sedendomi. Alan restò lì in piedi anche quando entrò l'insegnante.

"Buongiorno ragazzi" esclamò lei sistemandosi nella cattedra, "oggi dopo un anno Alan Cooper è tornato nella nostra scuola."

Quindi lui già veniva in quella scuola, ma per un anno aveva interrotto le lezioni, anzi, con più probabilità, le aveva continuate in un altro istituto.

"Cooper, dove vuole sedersi? Abbiamo bisogno di un nuovo banco nella classe, chiamo subito la bidella" uscì dall'aula alla ricerca di quest'ultima che arrivò lasciando un banco e una sedia all'entrata.

"Ho deciso, mi siederò qui dove sono", cosa? Lo faceva apposta?
Mantenni la calma, non potevo lamentarmi né farci niente nonostante fossi contraria, mi limitai a sbuffare quando l'insegnante acconsentì alla richiesta; mi ritrovai in mezzo a due ragazzi simili, diversi dai miei ideali di ragazzo.

Quando la lezione iniziò, sussurrai: "Lo hai fatto apposta per caso? "

"Forse" già, stessa risposta che avrebbe dato Dan.

"Tu e lui siete gemelli?" li indicai entrambi.

"No, io sono più bello."

"Immaginavo l'avresti detto" sorrisi.

"Beh, visto? Siamo fatti l'uno per l'altro" , sarebbe stato un lungo anno scolastico con due compagni di banco come loro. Passarono pochi minuti e iniziarono a borbottare mandandomi in confusione e facendomi venire il mal di testa.

"La smettete?" lo avrei urlato se fossimo stati solo noi tre.

"Come desidera principessa" disse Alan.

"Oh no, anche tu con questi nomignoli" portai le mani alla testa dalla frustazione.

"Alan, abbassa la cresta. Te l'ho già spiegato..." replicò Dan. Per loro se c'ero o non c'ero era la stessa cosa...

Li ignorai e mi rivolsi a Michael dietro che stava appuntando qualcosa sul quaderno: "Porti tu Ashley a casa oggi?"

"Sì, perché?" finì di scrivere e portò tutta l'attenzione su di me.

"Potete aspettarmi? Devo farle una domanda."

"Sarebbe?"

"Una volta mi ha parlato di una sua amica, Lena. Riguarda lei la mia domanda, voglio sapere se è la stessa persona ci cui mi parlava Nathan" spiegai, di Mike potevo fidarmi, in fondo era il ragazzo di mia cugina.

"Prof, non riesco a seguire la lezione, perché la mia compagna sta parlando" cercò di dire cordialmente Dan alzando la voce in direzione della prof; lo fulminai con lo sguardo, era ormai un paio di volte che faceva così.

"Non è vero, c'è stato tutto il tempo silenzio qua in fondo" mi difese Alan, abbastanza ironica come situazione. Uno dei Kings contro di me e l'altro dalla mia parte; inutile dire che ero strettamente confusa.

"Va bene, non mi importa se sì o no, vorrei continuare la lezione", Alan annuì sotto gli occhi infastiditi di Dan e l'insegnante proseguì i pochi minuti rimanenti.

"Mi spieghi che ti prende? Non penso io abbia infastidito qualcuno, men che meno te", come sempre le mie parole gli entravano da un'orecchio e uscivano dall'altro o forse non entravano affatto!

"Lascialo stare, ha i suoi problemi..." lo prese in giro l'amico. Prima mi sembravano legati, in qualche modo, mentre ora si stuzzicavano.

"Voi non eravate amici?" chiesi confusa.

"Puoi chiamarci come vuoi: amici, nemici, compagni... poco importa" fece Alan aumentando la mia confusione. Rimasi in silenzio per non immischiarmi più con le loro strane idee.

Alla fine delle lezioni, corsi nel corridoio per cercare Ashley, ma era già uscita, così la raggiunsi fuori nel parcheggio della scuola. Si trovava vicino alla macchina di Michael aspettando che lui arrivasse. La salutai e le sorrisi, non stavamo spesso insieme ultimamente.

"Come va Alis?"

"Potrebbe andare meglio. Ho un nuovo compagno di banco, la copia esatta di Dan."

Rise immaginandoselo: "E Dan che fine ha fatto?"

"È rimasto dov'era, Alan si è aggiunto" spiegai.

"Quindi si chiama Alan questo ragazzo..."

"Sì, Alan Cooper" precisai e spalancò gli occhi.

"Alan Cooper? Se n'è andato dal Bronx per un anno... e ora è tornato?" aveva un'espressione strana, cercava di trovare il senso e avrei voluto dirle che sarebbe stato inutile con uno come lui.

"Esatto" rispose Mike avvicinandosi e dando un bacio dolce sulle labbra di mia cugina. Quella scena mi intenerì a tal punto da farmi dimenticare l'argomento di cui parlavamo poco prima.

"Alis, cosa volevi dire ad Ashley?" mi riprese lui.

"Ah sì... Hai presente Lena, la ragazza di cui mi avevi parlato?", annuì. "Si chiama Lena Walter?"

Sopresa rispose: "Sì, come fai a saperlo?"

"Era la sorella di Nathan", ero sorpresa tanto quanto lei. Sapevo che Lena era stata male per via dei Kings, che Nathan una volta faceva parte di loro e che entrambi erano fratelli; le informazioni erano collegate?
In autobus lo avrei chiesto a lui, invasa dalla curiosità li salutai e mi precipitai verso la fermata.

"Alis!" urlò Matthew dietro alle mie spalle, situato accanto alla sua auto.

"Matthew, dimmi."

"Vieni con me?" e ora? Cosa avrei dovuto fare, non accettare per andare da Nathan o salire con lui?

"Beh, io in realtà..." non continuai, non volevo raccontargli le mie intenzioni. In quel momento mi ricordai che quella mattina io e Nathan eravamo venuti a scuola in moto, così accettai e salii in macchina.

"Era da un po' che non venivi..." osservò partendo. Non sapevo cosa dire a riguardo. "Com'è andata oggi?"

"Ho un nuovo compagno di banco straziante" confessai.

Rise: "Immagino sia Alan".

"Sì, è lui. Ora dovrò sopportare sia Alan che Dan."

"Sarà un duro lavoro" commentò ridacchiando, "li conosco bene..."

"Infatti non so come facciano a essere tuoi amici", lui era tutto il contrario. Non mi infastidiva come lo facevano loro due, era gentile con me e parlava tranquillamente; Alan e Dan si divertivano a fare battuttine qua e là rendendosi ridicoli, avevano cattive intenzioni, soprattutto Dan, siccome mi ero fatta solo una vaga idea di Alan.

"Gli amici non si vedono dal carattere superficiale che dimostrano... c'è molto da scoprire delle persone e io non potevo chiedere di meglio" sorrise leggermente.

Fermò la macchina una volta arrivati, ma non scesi.

"Ci sono molte cose che vorrei fare con te" ammise. Mi sentii bruciare tutto: gli organi, il sangue che circolava fino ad ardere anche il cuore.
"Cioè... intendevo che ho molti piani in mente. Tieni la settimana libera, mi raccomando!"

"Posso farti una domanda?" chiesi incerta dopo essersi creato il silenzio; annuì.
"Perché tu e Nathan dicevate di non conoscervi se facevate entrambi parte dei Kings?"

Aveva capito, sin da quando avevo nominato il suo nome dove avrei voluto mirare; e sicuramente stava analizzando quale fosse la scusa migliore da utilizzare.

"Non mentirmi" lo avvisai.

"Scusa... ma non mi piace parlarne", sempre la stessa storia. E io non potevo farci nulla, perché non dovevano interessarmi i loro fatti personali.

"Va bene" sussurrai dispiaciuta e uscii dall'auto ringraziandolo. Era l'ennesima delusione del giorno, sembrava che a nessuno importasse di darmi spiegazioni... così facendo, aumentavano le mie perplessità.

Sulla soglia di casa, mi voltai per incrociare il suo sguardo; era rimasto lì fermo con le mani sul volante. Quegli occhi ghiacciati rinfrescarono le mie cellule e il fuoco fu rimpiazzato dal gelo.

In qualche modo sentivo di far parte di quei misteri che mi tenevano nascosti, sentivo che presto ci sarebbero stati problemi, sentivo una strana sensazione... a nessuno importava di questo.

In camera, mi sdraiai sul letto appoggiando la testa sul cuscino e guardando il soffitto...
Gli occhi pizzicarono, dopo tempo che non mi succedeva, e delle lacrime candide fuoriuscirono dalle palpebre bagnando le ciglia come gocce di rugiada.
Non avevo un preciso motivo per piangere, ma nessuno è capace di trattenere il pianto. C'è sempre un motivo, sciocco o non.
Sentivo di andare incontro a delle bugie, dopo tanti anni, e avevo il desiderio di troncare tutte le conoscenze che avevo fatto.
Ma qual è il senso della vita senza conoscenze? Si vive per conoscere, o si conosce per vivere?
Il mio era un pianto liberatorio che mi dava conforto. Avevo paura di essere ferita di nuovo e, nonostante fossi cresciuta, non avrei sopportato il dolore. Nulla era certo, era solo un'idea che mi ero fatta. Ma evitare l'ipotetico pericolo implicava evitare Matthew, Nathan e tutti coloro che avevo conosciuto arrivata nel Bronx.

Chi poteva darmi la certezza che quella fosse la strada giusta e che ne valeva la pena?

I pensieri e le lacrime furono interrotti da un richiamo, nonna mi avvisava del ritorno di papà e nonno dalla montagna.
Mi alzai dal letto controvoglia, non avrei voluto farlo, ma alla fine era meglio così: avevo bisogno di distrazioni. Non scesi subito, aspettai un po' per far sì che non si notasse che avessi appena pianto, fortunatamente non avevo segnali evidenti.

In salotto mi aspettarono tutti con il sorriso, fu quello a tirarmi su il morale.

ℳ𝒶𝒹 •𝒶𝓂

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