xix. lezioni di scherma con finale a sorpresa

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( H U N T E R )

Sull'Isola, Hunter non era mai andato d'accordo con Carlos e la sua banda. Ogni volta che provava a iniziare una conversazione, magari riguardante l'ultimo gossip della settimana (anche se non accadeva mai niente di così speciale), la cosa si concludeva a insulti, pugni in faccia, e qualche cassonetto svuotato in testa.

Una volta si era scontrato con Mal vicino allo Sbobba Shop, facendole rovesciare la sua tazza di caffè nero. Il figlio di Hans non era tipo da scappare e nascondersi, ma quel giorno lo passò ad evitare di essere pestato a sangue. E non era proprio una cosa divertente.

Per questo non riusciva ancora a credere che, adesso, seduto al tavolo della mensa, i quattro ragazzi stessero parlando con lui come se fosse un vecchio amico. Ed era stato così fin dal loro arrivo.

Non aveva mai creduto ai miracoli, e non era neanche sicuro se quello si potesse considerare tale. Tuttavia, non gli importava. Mai aveva provato la sensazione di avere dei veri amici: tutti sull'Isola gli stavano dietro per il suo aspetto, o semplicemente perché suo padre li minacciava di morte, senza dar loro una scelta. Per un po' ad Hunter era piaciuto. Adorava quella sensazione di potere che ti riempiva ad ogni complimento, quella soddisfazione nel vedere gli altri fare ciò che desideravi senza un secondo pensiero. Andava sempre così e, senza accorgertene, molto presto diventavi schiavo di quelle attenzioni: le cercavi ovunque, in ogni situazione, e quando le ottenevi, non ne eri mai soddisfatto. Ne volevi di più. Avevi tutto quello che desideravi sul palmo della mano ma allo stesso tempo non l'avevi. Lo rincorrevi, avendo l'illusione di averlo raggiunto. Ma non era così. Come uno stupido cane che gira su stesse, cercando di raggiungere la sua coda. Un circolo vizioso che alla fine non porta altro che solitudine.

Una finta amicizia. Qualcosa che funziona a intervalli, come una di quelle macchinette del cibo che c'erano ad Auradon: può soddisfare il tuo appetito, ma se non la stimoli prima ti niente.

Forse era per quello che Richard l'aveva così colpito. Insomma, un ragazzo che lo ignorava invece di adularlo o riderci insieme. Una novità che lo aveva scosso, ma al tempo stesso lo motivava come poche cose.

Ormai era diventata quasi un'abitudine.

Cercare il suo sguardo nella folla, solo per vederlo alzare gli occhi al cielo e tornare ad ignorarlo. In camera, sbirciare nella porta del bagno per scorgere anche solo un accenno della sua pelle quando si cambiava di mattina o di notte prima di andare a letto. Come il biondino imprecava e gli sbatteva la porta in faccia quando succedeva.

O i suoi sorrisini ogni volta che lo batteva sull'arena di R.O.A.R, il nome con cui lì chiamavano la scherma.

<<Ehi, Hunter, stai bene?>>.

Il figlio di Hans si girò verso Evie, che gli aveva posato una mano sulla spalla e lo guardava preoccupato. Gli ci volle un po' per registrare la domanda della ragazza, sbattendo le palpebre, confuso.

<<Eh?>> chiese ingenuamente.

Evie ridacchiò.

<<Ti ho chiesto se stai bene. Sei rimasto a fissare il vuoto con un sorriso idiota in faccia per almeno dieci minuti. È successo qualcosa?>>.

<<E lo chiedi pure?>> si intromise Jay, sfilando un triangolo di pizza dal piatto di Carlos, che stranamente non protestò. <<È da giorni che non fa altro che stalkerare l'arcinemico di Carlos, qui a fianco>> rise, dando una spallata al suo amico, che ricambiò con un debole sorriso. Sembrava immerso nei suoi pensieri e decisamente giù per qualcosa.

Tuttavia, Hunter non sembrò capire la scelta di parole del figlio di Jafar: <<Cosa intendi?>>.

Jay non fece altro che scoppiare a ridere ancora di più, indicando alle sue spalle.

Lo sguardo del moro seguì la direzione puntata, arrivando ad un tavolo poco distante dal loro, e stranamente meno affollato del solito.

Richard, Esme, Audrey e Chad chiacchieravano tranquillamente, e Hunter si ritrovò a osservare ogni singola mossa del figlio dei Radcliffe. Come le sue labbra formasserro una piccola fossetta ad ogni sorriso; come la sua mano si grattasse una guancia di tanto in tanto; e soprattutto, come i suoi occhi si illuminassero ad ogni parola di Esme.

Arricciò il naso, tutt'ad un tratto disgustato dallo scambio che stava avvenendo. Tornò a concentrarsi sul suo tavolo, solo per incontrare lo sguardo divertito di Jay e Evie. Mal, invece, sembrava ignorare tutto, mentre continuava a mangiarsi nervosa un'unghia.

Nonostante tutto, Hunter non aveva ancora capito il figlio di Jafar: <<Ripeto: cosa intendi?>>.

Sia la ragazza dai capelli blu che il suo amico sospirarono.

•✵•

I cinque si stavano dirigendo verso la prossima lezione della giornata, quando ad Hunter venne un'idea.

<<Carlos!>> sussurrò, o almeno provò a farlo, perché insieme al figlio di Crudelia si girarono anche gli altri VKs.

<<No, non voi!>> mosse la mano in aria, alzando gli occhi al cielo. <<Ho detto Carlos!>>.

Mal, Jay e Evie si scambjarono un'occhiata, scuotendo la testa e ridacchiando, prima di continuare a camminare per il corridoio, lasciando Hunter e il figlio di Crudelia indietro.

Quest'ultimo sollevò un sopracciglio, in attesa che il moro continuasse.

<<Ho un favore da chiederti>>annunciò Hunter, sollevando il mento, come se già si aspettasse una risposta affermativa.

<<Interessante>> commentò Carlos. <<Ma non ci tengo>>. E con questo girò i tacchi.

Il figlio di Hans rimase per alcuni secondi fermo imbalsamato come un pesce lesso. Batté le palpebre cercando di comprendere le parole del figlio di Crudelia. Poi alzò un dito.

<<È importante>>.

Nessuna risposta dal ragazzo, che continuò a camminare per il corridoio, dandogli le spalle.

Hunter sospirò, mordendosi una guancia.

<<Riguarda Esme>>.

Era questa la parola magica. Carlos si fermò di scatto, ottenendo alcuni lamenti dagli studenti che si affrettatavano per la prossima lezione.

Si girò lentamente, e Hunter non poté fare a meno di notare lo sguardo quasi addolorato che gli incorniciava il volto. Non era mai stato bravo a capire gli altri, e in generale le cose intorno a lui, ma chiunque avrebbe potuto rendersi conto dell'enorme senso di colpa che il suo corpo sembrava radiare.

<<Cosa ti serve?>> gli chiese.

E, nonostante tutto, il figlio di Hans non poté fare a meno di ghignare soddisfatto.

•✵•

Convincere Carlos a passare il resto della giornata con la principessa dai capelli neri fu più complicato del previsto.

Continuava a scuotere la testa e a mordersi le labbra in ansia, come se il solo pensiero della ragazza lo terrorizzasse da capo a piedi. I suoi occhi vagavano per la stanza del moro, pieni di un'emozione che il figlio di Hans non fece fatica a decifrare.

Hunter non aveva idea di cosa fosse successo, e l'altro sembrava ostinato sul non parlarne. Era palese che non fosse qualcosa di buono. Forse un amico avrebbe chiesto il motivo del suo nervosismo, lo avrebbe ascoltato e aiutato a risolvere il problema. Peccato per loro, Hunter non considerava Carlos suo amico.

<<Senti>> ripeté per l'ennesima volta. <<È niente di così complicato. Vai da lei, le chiedi di, non so, andare a fare una passeggiata, parlate un po', fate i fidanzatini smielati, e me la togli dai piedi per qualche ora>>.

Il figlio di Crudelia scosse nuovamente la testa.

Hunter, invece, stava seriamente iniziando a perdere la pazienza: <<Oh, andiamo!>> esclamò alzandosi dal letto. <<Cosa ti costa? Sappiamo tutti che ti piace>>-le guance del più piccolo si tinsero di rosso all'affermazione-<<e anche quanto tu piaccia a lei. Quindi, tutto ciò che ti chiedo è di andare e dimostrarle i tuoi sentimenti. Non ho idea di come e neanche mi interessa. Tu fallo e basta>> constatò, portando un mano ai capelli, nervoso.

Tutto quello che ricevette, però, fu una risatina sarcastica: <<Wow, non ti facevo così ferrato in amo— relazioni, Hunter. Cos'è, fatto molta pratica sull'isola? Papino era il tuo insegnante personale?>>.

Il figlio di Hans strinse i denti. Stava per ribattere a tono, ma un'altra risatina del figlio di Crudelia lo fece bloccare, gli occhi del più piccolo che si puntavano su di lui e assumevano una strana sfumatura rosso sangue. <<Il principe dell'oscurità ti chiamavano, sai? I cui occhi freddi e maliziosi ispiravano rispetto, cattiveria, eri una delle persone più temute dell'isola>>.

Il ragazzo dai capelli bianchi si alzò anche lui.
Era diversi centimetri più basso del moro, forse almeno sette, ma lo sguardo che gli rivolse, velenoso, cremisi e minaccioso come non l'aveva mai visto, lo fece sentire incredibilmente piccolo, quasi fosse tornato bambino e suo padre lo stesse sgridando per l'ennesima bravata "poco-regale".

Inconsciamente fece un passo indietro, stupito dall'improvviso comportamento del figlio di Crudelia.

E proprio quest'ultimo, alla vista del moro che indietreggiava, sorrise. Sorrise come un lupo affamato che sapeva di aver messo alle strette la sua preda.

Hunter rabbrividì. Aspetto a parte, non aveva mai paragonato Carlos a sua madre, in nessun modo possibile. Erano troppo diversi. Chiunque conosceva il timido e silenzioso Carlos, la vergogna dei De Mon. Tuttavia, in quel momento, il figlio di Hans fu certo di scorgere nei suoi occhi quella pazzia di cui tanto si decantava. Quella che aveva permesso ad una stilista qualunque di diventare una delle Cattive più famose e crudeli del mondo.

E per la prima volta da quando l'aveva conosciuto, tredicanni prima, Hunter la poté vedere riflessa nello sguardo di lui, latente e affilata, accattivante: un lupo che stava perdendo la pazienza e che presto l'avrebbe fatto a pezzi.

<<Non sai quante volte ti ho invidiato>> stava dicendo il figlio di Crudelia, sospirando in finto dispiacere. <<Quante volte ho desiderato essere te, avere le tue capacità di persuasione, la tua grinta, la tua sicurezza>>. Schioccò la lingua. <<Invece avevo niente di tutto questo: un ragazzino stupido e debole, che tutto ciò che sapeva fare era un miscuglio di composti chimici. Ho sempre voluto essere cattivo ma non ci sono mai riuscito>>.

Hunter non aveva la più minima idea di cosa stesse succedendo. E non avrebbe mai immaginato che si sarebbe mai trovato in una situazione del genere, messo alle strette dal piccolo e innocuo Carlos.

Forse, proprio questa sua ignoranza lo aiutò in quel momento, perché invece di scappare, chiamare Mal o qualunque altra persona che potesse aiutarlo e spiegargli la situazione, tutto quello che fece fu aggrottare le sopracciglia e chiedere: <<Come siamo arrivati a questo punto?>>.

Davanti a lui, il figlio di Crudelia sembrò venir preso in contropiede dalla domanda completamente inaspettata: <<Che cosa?>> domandò confuso, la scintilla rossa nei suoi occhi che vacillava per un secondo.

<<Sì, intendo . . . >> si morse una guancia, portandosi una mano al mento e grattandoselo. <<Stavamo parlando di te ed Esme e adesso, invece, stai delirando su— su— guarda, non so nemmeno cosa. Ho perso il segno dopo che i tuoi occhi sono diventati due semafori>>.

Non seppe dire se fosse stato qualcosa nel suo discorso assolutamente senza senso, ma Carlos spalancò le palpebre e ogni traccia di rosso scomparì dal suo sguardo. Hunter sbuffò: <<Bene ora che ti sei calmato, sono le . . . >> guardò l'orologio sulla parete. << . . . 16:30. Richard starà tornando dalla sua ultima lezione e molto probabilmente Esme è con lui. Quindi, prendi le tue cose—>> recuperò in fretta e furia lo zaino di Carlos e glielo spiaccicò addosso, facendo per poco perdere l'equilibrio al ragazzo. <<—e sparisci, vai dalla tua ragazza, fate quello che volete, falle vedere i tuoi nuovi occhietti, e basta>>.

Lo scortò poco delicatamente verso l'uscita, non facendo caso allo sguardo confuso del più piccolo: <<Come hai fatto a—>>.

<<Sì sì, anch'io mi sono divertito, ci vediamo domani>> e gli sbattè la porta in faccia.

Sospirò esausto, appoggiandosi per un secondo al muro dietro di lui. Lui era abituato ad essere confuso, ma in quel momento lo era più che mai. E una parte di lui, forse, non voleva neanche capire.

Scosse la testa, e con la coda dell'occhio si ritrovò ad osservare la spada di suo padre, ora riparata e lucente.

Stranamente, pù la guardava e più voleva distogliere lo sguardo. Ogni più minimo particolare gli ricordava suo padre, lo vedeva in ogni gemma, ogni riflesso, quasi potesse percepirne la presenza attraverso il freddo metallo.

E, ben presto, senza rendersene conto, si ritrovò dall'altro lato della stanza, la spada in una mano.

Era come se una strana presenza lo stesse chiamando . . . qualcosa di antico, potente, ma così tanto familiare . . . come un'oscurità che—

<<COSA CI FA UNA SPADA IN CAMERA NOSTRA?!>>.

Fu come essere risvegliato da un brutto sogno.

Hunter sussultò, perdendo la presa sull'arma quasi ne fosse stato scottato e osservandola cadere sul pavimento, tintinnando su di esso in modo strano, cose se avesse perso qualcosa che la rendeva molto più pesante.

Ora che la guardava, infatti, gli sembrava più luminosa.

Battè le palpebre, insicuro su ciò che era appena successo. Tuttavia, quando si girò verso la voce che aveva urlato, incontrando i caldi occhi di Richard, gli sembrò che un peso gli venisse levato di dosso.

Si rilassò impercettibilmente, le spalle che tornavano alla loro solita altezza, i denti che non si era accorto aver stretto smisero di toccarsi, e il pugno in cui aveva stretto una mano si aprì.

Dimenticò la strana energia che aveva sentito fluire dall'arma e, ben presto, l'unica cosa che a cui la sua mente riuscì a dare un senso furono gli occhi del biondino davanti a lui, che lo guardavano irritati e confusi.

<<Allora? Dove l'hai presa?>>.

Il figlio di Hans sorrise, e senza pensarci due volte riprese da terra l'arma di suo padre. Forse fu un gesto stupido, azzardato, incosciente, sta di fatto che questa volta successe niente. La spada era una semplice spada e nulla di più.

<<Tu che credi, boccoli d'oro? È un regalo di mio padre! Mi esercitavo per farti il culo a lezione di Scherma Principesca!>>.

Richard sospirò, entrando definitivamente nella stanza e chiudendo la porta dietro di sé.

<<Peccato che Scherma Principesca non esista. Te la sei inventata adesso>>.

Il moro aggrottò le sopracciglia, portandosi un dito al mento, iniziando a pensare: <<Sul serio? Avrei giurato che esistesse qualcosa del genere. Oh, beh, lezione o meno posso batterti in ogni caso>>.

Con una risatina che fece fare le capriole allo stomaco di Hunter, il figlio dei Radcliffe andò verso il suo armadio, frugandoci dentro.

<<Ehm>> iniziò Hunter. <<Cosa stai facendo?>>.

<<Sto cercando una cosa>>.

<<Che cosa?>>.

<<Questa cosa>>.

La sua mano affondò nelle pile di vestiti e ne uscì poco dopo portando con sé un oggetto lungo e appuntito, ricoperto da una federa in pelle nera.

Hunter spalancò gli occhi: <<Quella è—>>.

<<Un spada>> annuí Richard. <<Un paio d'anni fa ho preso alcune lezioni dal patrign— dal padre di Esme. Febo è uno dei migliori cavalieri del regno, sai? Quindi sono abbastanza sicuro che sarei io a farti il culo con queste>> disse sicuro, afferrando la spada dall'elsa circolare e muovendola attorno a lui.

<<E sai cosa?>> esordì poco dopo. <<Ho tutta intenzione di farlo. Seguimi>>.

Non gli diede il tempo di rispondere che aveva già aperto la porta, camminando giù per il corridoio.

Hunter ghignò stringendo più forte l'elisa tra le dita. Sarebbe stato interessante.

•✵•

Fino ad allora Hunter non aveva idea che nella scuola esistesse veramente un arena di scherma. Perché sennò si sarebbe iscritto di sicuro.

Era circolare, con il pavimento e i muri ricoperti dai colori del campus, degli enormi stendardi che pendevano dagli spalti sopraelevati. E fu solo quando Richard sguainò la sua spada, che in realtà si trattava di un elegante fioretto, lungo e appuntito, che Hunter seppe che il biondo faceva sul serio.

<<Woah, calmo, boccoli d'oro>> alzò le mani il figlio di Hans, adocchiando il ragazzo davanti a lui con aria preoccupata. <<Non è ancora arrivato il momento di staccarmi la testa. Nel senso, non saresti il primo: sull'isola c'è questa ragazzina che—>>.

<<Sta zitto>> esclamò Richard, con un tono talmente autoritario che Hunter chiuse subito la bocca, deglutendo e sentendo il suo cuore iniziare a battere più forte del normale. <<Parlate tutti così tanto dalle tue parti? Cos'è, vi piace fare conversazione? Beh, in un duello non si parla, non esistono le parole, solo i fatti>>.

Con un unico movimento fluido, il biondo iniziò a ruotare la lama intorno al suo polso, mentre il moro guardava la scena attonito.

<<Lo Stregatto ti ha mangiato la lingua?>> ridacchiò il primo. <<Dai, prendi la tua spada da due soldi e vediamo che sai fare>>.

Improvvisamente, l'arma di suo padre sembrava nuovamente pesante. Richard sorrise.

<<Non avrai paura di fronteggiare un Buono, eh, principino?>>.

Furono queste parole ad infiammare Hunter, mentre il suo sguardo diventava di ghiaccio e la sua presa si saldava sull'elsa. Sul suo volto nacque un sorriso quasi smielato, che mostrava i suoi denti bianchi, in un'espressione che ricordava fin troppo quella si suo padre poco prima di tradire la principessa Anna.

Non aspettò un minuto di più, scagliò una stoccata. Richard la bloccò per un soffio, scioccato, una ciocca di capelli che le era ricaduta sulla fronte. Hunter si abbassò, colpendo un piede del biondo e facendolo cadere di schiena a terra. Gli puntò la punta della spada alla gola.

<<Questo—>> ansimò Richard. <<Questo è giocare sporco!>>.

Il figlio di Hans scrollò le spalle, un sorriso impertinente in volto: <<Dovevi aspettartelo da uno come me>>.

Non aveva paura di dire una cosa del genere: dopo tutti gli anni passati sull'Isola ormai quelle erano parti del suo carattere, e per quanto lì ad Auradon non fossero accettate, Hunter non poteva semplicemente farle scomparire. E in quel momento, con Richard steso per terra, il suo sguardo di cioccolato che si scioglieva nel proprio, le labbra incurvate in un cipiglio irritato, era quasi grato di possederle.

Quello che non si era aspettato, però, fu il modo in cui il biondo sfuggì dalla sua presa. Sollevò la sua spada, scontrandola con quella del moro, che fu costretto ad indietreggiare. Un secondo dopo la situazione si era ribaltata.

Ora c'era Hunter per terra, il figlio dei Radcliffe che gli puntava la lama alla gola, orizzontalmente, un minimo movimento e il tutto sarebbe diventato un lago di sangue.

Ma al Cattivo non importava.

Non capì il come o il perché. Forse fu l'espressione compiaciuta del Buono, forse il suo sorriso orgoglioso, il suo odore di menta piperita che gli inondava le narici, forse fu quello strano sentimento che lo aveva inondato dalla prima volta in cui gli aveva stretto la mano. Sta di fatto che Hunter si ritrovò a prendere il biondo dal colletto del maglione e attirarlo a sé con un unico, deciso, movimento.

E fu quando le sue labbra incontrarono le proprie che tutto acquisì un senso.

Si scordò di suo padre, della bacchetta, dei suoi amici, di Esme, di Auradon, dell'Isola: tutto quello a cui riusciva a pensare era il modo in cui Richard si avvicinò ancora di più, come gettò la spada di fianco a loro e gli posò una mano su un braccio. Il modo in cui poteva sentire il sapore del frappè alla fragola che il figlio dei Radcliffe amava mangiare a metà pomeriggio insinuarsi tra uno schiocco di labbra e l'altro.

Quando si separarono per riprendere aria, fu come se tutto attorno a loro si fermasse. Iniziarono a guardarsi negli occhi senza dire una parola.

Hunter non seppe dire se si trattasse di un silenzio imbarazzato, confortevole o teso. Quello che captò, però, fu lo scatto con cui Richard si alzò da lui e corse fuori dall'arena, senza neanche recuperare la spada che appena cinque minuti prima aveva lanciato via.

—— angolo autrice!

Capitolo un pochino più corto del solito, ma non ce la facevo ad aspettare ancora ahah.

Well . . . capitolo particolare, non trovate?

A quanto pare il primo bacio di questa ff non è quello tra i due protagonisti . . . cosa ne pensate? Vi è piaciuto come l'ho descritto? Perché questa è letteralmente la seconda scena di bacio che scrivo in vita mia ahahah.

Domandina del giorno: momento preferito per adesso? Probabilmente vi rifarò questa domanda nell'ultimo capitolo del libro ahah. Ma sono curiosa.

E questo è tutto! Alla prossima!

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