𝒩𝒪𝒱𝐸

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ARTEM

𝐿𝒶 festa di San Kenneth era una vera rottura di coglioni. In città avevano una cultura e regole tutte loro che faticavo a comprendere.

San Kenneth era il patrono della città, e ogni 10 maggio si celebrava la tradizione della "Notte Sonnambula". Varie leggende raccontavano che il santo fosse sonnambulo e che morì proprio il quel giorno per essere caduto dalle scale mentre dormiva. Quindi, c'era la tradizione di restare svegli per strada fino al mattino per vedere il fantasma vagare per la città. Si diceva che chi riuscisse a vederlo potesse esprimere due desideri: uno necessario e uno per capriccio. E il santo li esaudiva davvero, o almeno così raccontavano le vecchiette, mentre si vantavano di averci parlato realmente.

lo sinceramente non ci credevo e pensavo fosse solo un pretesto per uscire e divertirsi, specialmente per i giovani. Organizzavano o dei falò, oppure delle serate in cui si spostavano in vari luoghi a seconda dell'orario; alcune persone delle città vicine venivano appositamente per la festività ed era un momento di riconciliazione per tutti. Poi c'erano coloro che organizzavano mini feste, chi si ubriacava o chi fumava canne.
Ed io in tutti gli anni avevo fatto parte degli ultimi due gruppi.
-Dai Max non essere asociale-, stavo praticamente implorando il mio migliore amico di trascorrere la serata con me e Roman che stranamente non era con Émilien e volevo approfittarne. -Non sono asociale, ma preferisco piazzarmi un dildo nel culo anziché uscire a fare baldoria con voi-, ero sotto casa sua dopo averglielo proposto su WhatsApp e dopo che mi aveva bloccato. Ovviamente
avevo deciso di non arrendermi ed ero andato da lui di persona.
-Non ci sarà Émilien e nessuno del suo gruppo. Neanche i miei amici perché sono andati in discoteca e ho deciso di non unirmi a loro-, mi guardò dall'alto al basso e aspettò che continuassi a parlare.

-Parteciperemo io, tu, Roman, Roxy e Will.- Alzò gli occhi al cielo e tentò di rientrare in casa, ma io bloccai la porta impedendogli l'accesso.
-Roxy e Will? Stai scherzando, Artem?-
-Sì, capisco che sono le persone meno divertenti del pianeta Terra, ma è comunque meglio di nulla.-
-Preferirei il nulla. Grazie dell'invito, ma declino e proseguo.-
Tentò nuovamente di rientrare, ma io bloccai la porta con la mano sopra la sua testa, essendo più alto di lui. Max si voltò e mi guardò torvo, ma intervenni prima che potesse parlare. -So che potremmo stare in compagnia migliore, ma per me non ha importanza. Vorrei solo trascorrere del tempo con te e Roman, siccome non vi vedo mai-

Il ragazzo mi scrutò con aria disgustata. -Artem, quei due parlano incessantemente di sesso e delle varie posizioni sperimentate nell'arco di ventiquattro ore... dovremo sopportarli per tutta la serata.-
Sollevai gli occhi al cielo. -Dai Max, cambierò argomento. Non li vediamo da due anni, sarà pur cambiato qualcosa, no?-
-Ehm... no?- Chiese perplesso mentre io scuotevo la testa.
-Certamente sì, fidati. Allora sarai presente?-
Sospirò pesantemente incrociando le braccia sul petto, passeggiando avanti e indietro per qualche istante prima di voltarsi bruscamente verso di me, fissandomi con i suoi occhi nocciola.
-Va bene, accetto, ma se dovessero iniziare con l'argomento "sesso" ce ne andremo immediatamente.-
Posai una mano sul suo petto, guardandolo seriamente negli occhi. -Te lo prometto, ci alzeremo e ce ne andremo.-

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-Cazzo mi credete se vi dico che essere fottuti contro un tronco dell'albero, non fa male come pensano in tanti?-
Era già trascorsa mezz'ora dall'inizio delle storie di Roxy su come Will l'avesse coinvolta in "avventure" pubbliche. Max appoggiava la guancia sul palmo della mano, mescolando distrattamente il drink con la cannuccia, guardandomi con un'espressione di massimo disagio.
-Scusa-, mimai con un movimento delle labbra ma ricevetti solo un'altra occhiata torva in risposta.
Il Flawless era un magnifico bar notturno, a mio avviso molto sottovalutato. L'atmosfera risultava intima, con pareti decorate da varie luci a led, creando un piacevole gioco di colori tra il viola e il blu. I divanetti in pelle erano estremamente confortevoli; se avessi fatto un breve riposino su di essi mi sarei svegliato senza nessun dolore, completamente ristorato.
Ero seduto tra Max e mio cugino di fronte a Roxy e Will, due amici d'infanzia che sapevano essere divertenti... almeno quando non parlavano delle loro esperienze sessuali.

-Allora, Will, come va con il lavoro?- Chiesi cercando di cambiare argomento.
Will aveva cominciato a lavorare all'età di vent'anni. Dopo il diploma, aveva trascorso un anno facendo lavori occasionali in giro per la città in cui risiedeva, finché finalmente era riuscito a ottenere un impiego fisso e un proprio ufficio. Roxy al contrario proveniva da una famiglia agiata e aveva acquistato un appartamento dove i due ora vivevano; si occupava di tutte le spese. Pur avendo la stessa età, Roxy non sentiva la necessità di lavorare, grazie all'eredità di famiglia.
-Oh, molto bene grazie! Finalmente sto ottenendo un vero stipendio e sono soddisfatto. Il mio ufficio è così piacevole che mi invoglia a passare intere giornate lavorando... oh, per caso vi ho raccontato di quando Roxy mi ha fatto un pompino sotto la scrivania mentre lavoravo?-
Max alzò le mani al cielo con espressione esasperata:-Idi nahui-, disse in russo seguito da un grande sospiro. Feci del mio meglio per trattenere il riso di fronte alle facce perplesse dei due fidanzati e alla sconvolta espressione di Roman.

La conversazione procedette senza ulteriori interruzioni e discutemmo di progetti futuri, di vari pettegolezzi della città e di altre argomentazioni simili. Il tempo volò via rapidamente. Eran le due e mezza del mattino quando, mentre Roman parlava seriamente del suo lavoro, qualcuno entrò dal portone principale del locale e nel momento in cui il mio sguardo si posò sul nuovo arrivato, rimasi completamente congelato.
Mi trovai a fissare un paio di occhi nocciola che mi guardavano altrettanto intensamente. Laetitia varcò la soglia del bar, emanando subito un magnetismo che pervase l'intera stanza. Era ovvio che non passasse inosservata e molti dei presenti si voltarono per guardarla. Era accompagnata da due ragazzi e tre ragazze, tra cui anche Hailey, che mi notò e mi sorrise.
Le ricambiai il gesto con un cenno del capo osservando il gruppo dirigersi verso un tavolo non troppo lontano dal nostro, dove li aspettavano altri due ragazzi.

Si unirono al gruppo e io non distolsi lo sguardo dalla sua figura. Improvvisamente, voltò il capo e mi lanciò uno sguardo da sopra la spalla, prima di voltarsi completamente e sedersi.
Sentii una strana sensazione nello stomaco, come se fossi su una giostra... e l'insolito era che mi piaceva e desideravo provare quella sensazione ancora.
Max si accorse di tutto e sghignazzò mentre accendeva una sigaretta, Roman mi guardò confuso e io abbassai gli occhi sul tavolo.
-Quindi, stavi dicendo... che tuo padre ha avuto un aumento?-Domandai a Will sentendo il bisogno di spostare la mia attenzione altrove. Nel frattempo, i due fidanzati non sembravano accorgersi del mio turbamento interiore mentre lottavo per resistere al magnetismo di Laetitia.

E lottavo anche contro la tentazione di avvicinarmi a lei e sbatterla al muro. Dio, quella ragazza suscitava in me pensieri mai provati per nessun'altra. Era una guerra persa in partenza ma mi ostinavo a non accettarla persino quando, mentre Will raccontava, i miei occhi si dirigevano verso di lei contro la mia volontà. Era diventato un riflesso naturale, non ci facevo più caso.
Ma nonostante ciò mi ostinavo e mi convincevo che potevo farcela... mantenendo lo sguardo puntato su di lei. Il cellulare squillò e lo estrassi dalla tasca per controllare, leggendo il nome di papà. Sospirai e mi scusai con i presenti, poi mi diressi verso l'uscita posteriore del locale in cerca di tranquillità.
-Allo?- Risposi alla chiamata.
-Oh Artem. Sei fuori?-
-Sì papà, è successo qualcosa?-
-No, volevo solo accertarmi che Ysabel fosse con te, ma a quanto pare non lo è...-

Cazzo, probabilmente mia sorella aveva mentito ai nostri genitori per rimanere fuori più a lungo con le amiche. Essendo più piccola, non le era permesso restare fuori fino a tardi la sera e ogni tanto mi usava come pretesto per prolungare la sua assenza. Non mi dava fastidio, purché non combinasse guai, altrimenti la colpa sarebbe ricaduta su di me.
-Sì papà è con me. Tra un'ora sarà a casa, non preoccuparti. Le darò le mie chiavi così tu e mamma potrete dormire tranquilli.-
Sentii mio padre bisbigliare qualcosa in ucraino con qualcuno, probabilmente con mia madre.
-Va bene, stai attento. A domani mattina.-
Non ebbi il tempo di rispondere che chiuse immediatamente la chiamata. Sospirai profondamente, ricordando che quel momento rappresentava il primo contatto che avevo avuto con papà dopo due mesi di assoluto silenzio, dovuto a una pesante lite.

Alzai lo sguardo: la Luna piena splendeva alta nel cielo e mi concedetti qualche istante per ammirarla. Mi trovavo in una strada buia, tuttavia illuminata da quella magnificenza. Stupenda e al contempo irraggiungibile, mi ricordava qualcuno... sospirai, ricordando la promessa che mi ero fatto solo pochi minuti prima ma già sapevo di aver fallito. Il suo pensiero mi accompagnava costantemente dalla sera della festa; era quasi passata una settimana e non riuscivo a scacciare via la breve conversazione avuta.
Mi aveva notato, mi aveva parlato e cazzo... mi sembrava di aver ottenuto un biglietto gratuito per il paradiso perché mi sentivo su una nuvola per l'entusiasmo. Quelle sensazioni mi facevano stare bene e il ricordo di lei e dei suoi occhi che mi scrutavano attentamente, guardandomi dal basso per la differenza d'altezza... era diventato il mio scenario preferito per i momenti sotto la doccia.

La porta alle mie spalle si aprì, ma io non mi voltai, completamente assorto nei miei pensieri mentre contemplavo la Luna. Presi il cellulare e avvertii mia sorella, esortandola a tornare a casa e aggiungendo qualche minaccia nel messaggio, giusto per spingerla ad obbedirmi. Inviai il messaggio e sospirai; nell'aria fluttuava l'odore di una sigaretta accesa, suscitando in me il desiderio di fumarne una, ma quando cercai il pacchetto nelle tasche, mi resi conto di averlo lasciato sul tavolino.
-Blyat- imprecai, voltandomi per tornare dentro, ma il mio corpo si bloccò di colpo alla vista di Laetitia, che fumava una sigaretta da sola.
Anche lei aveva il viso rivolto verso il cielo con gli occhi persi nell'ammirare la Luna, mentre io mi perdevo nell'ammirare lei. In quel momento non riuscii a decidere chi fosse la più bella delle due, ma di una cosa ero certo: brillavano allo stesso modo.
Riflettei sul dover trovare qualcosa da fare, perché se si fosse accorta della mia presenza, soprattutto del modo inquietante con cui la stavo fissando sarei potuto passare per psicopatico e non volevo dare una cattiva impressione. Soprattutto dopo tutte le figuracce fatte durante la festa, non sapevo con esattezza che idea avesse di me.

-Hey Jessica Rabbit, vieni a fare un giro con noi?- Urlò una voce maschile ed io tornai alla realtà.
Per sfortuna.
Un gruppo di ragazzi rideva tra di loro mentre la guardavano come se fosse un pezzo di carne da divorare. Lei fulminò la persona che aveva parlato, per poi tornare a contemplare la Luna indisturbata.
Ma purtroppo egli non demorse:-il gatto ti ha morso la lingua? Dai su ti diamo un passaggio a casa- uno di loro sghignazzò e diede una gomitata amichevole all'amico. -Sarebbe un peccato se le avesse morso la lingua, chissà di cosa è capace- risero in gruppo e si avvicinarono ulteriormente alla ragazza. Strinsi i pugni mentre la rabbia cresceva man mano che la distanza si riduceva.
-Ce lo vuoi mostrare, coniglietto?-Domandò un ragazzo provando a strapparle la sigaretta dalle dita. -Ma che problemi hai?- Laetitia perse la pazienza e lanciò un'occhiata torva allo stronzo. -Nessuno, sto semplicemente scherzando. Quindi perché non vieni? Ti accompagno a casa.-
-Preferirei farmi dieci chilometri a piedi piuttosto che entrare in aiuto con te. Puoi tornare da dove sei venuto.- Egli si avvicinò ulteriormente e i ragazzi restarono a guardare la scena divertiti. Laetitia notò il ragazzo avvicinarsi ma non si mosse di un millimetro indietro. Anzi, lo guardò dritto negli occhi, prese un ultimo tiro di sigaretta per poi gettarla al suolo, calpestandola col tacco.

Lo stronzo ghignò e tentò di afferrarla per il braccio, ma lei si scansò, provocandolo ulteriormente.
Tentò di afferrarla nuovamente e lei lo respinse con forza, scatenando la reazione del gruppo alle spalle del ragazzo. Avanzarono verso di lei cercando di aiutare l'amico. Laetitia si trovò in difficoltà, sopraffatta dal numero di ragazzi che cercavano di avvicinarsi a lei e il mio cuore balzò nel petto. Spaventato, mi precipitai in avanti e afferrai la vita della ragazza per trascinarla con me, lontano da quegli stronzi. -Ma che cazzo state facendo? Siete impazziti?!-
Il capobanda mi scrutò con aria di superiorità, mentre tra l'affanno gli si distese un sorriso malefico. -E tu chi cazzo sei?- Continuai a stringere Laetitia contro di me sentendo l'adrenalina pulsare nelle mie vene. -Sono la persona che ti spaccherà la faccia se non muovi il culo lontano da lei.- Risero tra di loro e la mia rabbia crebbe ancora di più. Non ero uno che amava le risse, ma quei figli di puttana avevano davvero oltrepassato ogni limite.
-Costringerla a venire con voi? Ma cosa vi passa per la testa?- Gridai e uno di loro mi ordinò di calmarmi. -Stavamo solo scherzando. Porca puttana tu e la figa di legno fareste meglio a rilassarvi e a cogliere l'ironia.-

-Ironia? Ma hai perso la testa per caso? Trascinare una ragazza è uno scherzo per voi? Approfittatori del cazzo- esclamai con disprezzo.
Laetitia non rispose, sembrava piuttosto calma per essere una ragazza che avrebbe potuto rischiare qualsiasi cosa, se non fossi stato lì. Si scambiarono degli sguardi tra loro, il capobanda cercò di avvicinarsi minaccioso ma fu fermato da uno dei suoi compagni.
-Dai, lascia perdere.-
Nel giro di qualche minuto sparirono e rimanemmo soli, io e Laetitia. Non mi ero neanche accorto di continuare a stringerla al petto, finché il suo profumo non mi pervase le narici. Mi resi conto di averla con la schiena appoggiata al mio petto e con il mio avambraccio avvolto attorno alla vita. Le sue braccia erano distese lungo il busto mentre lei guardava davanti a sé, immersa nei suoi pensieri. Ne approfittai per respirare il suo delizioso profumo, una fragranza che si mescolava con lo shampoo. Sapeva di cocco o forse vaniglia; non riuscivo a distinguerlo con precisione, ma mi piaceva. Era leggero, fresco e delizioso.

Avrei desiderato inclinarmi in avanti e affondare il viso tra i suoi capelli o nel collo, ma la grande differenza di altezza avrebbe reso quel gesto tutto tranne che discreto. Aumentai la pressione sul suo corpo e la avvolsi ancora di più, sentendo la sua schiena aderire al mio petto e di conseguenza il suo culo premere contro il mio cazzo, risvegliando sensazioni che avrei
preferito rimanessero sopite.
Sospirai, tentato di darmi uno schiaffo per assicurarmi che non fosse solo un bellissimo sogno.
Passai la mano dal fianco allo stomaco, lentamente, quasi per accertarmi che fosse reale, che la stavo toccando davvero, che fossi lì con lei.

Purtroppo, fece improvvisamente dei passi avanti con un balzo, ponendo distanza tra noi. Avvertii immediatamente il vuoto mescolato al risentimento; ce l'avevo tra le braccia ed era fuggita via come un animale in gabbia. Alzai lo sguardo e la fissai mentre ancora mi dava le spalle. Laetitia voltò il capo e mi guardò al di sopra della spalla. -Grazie- disse semplicemente, per poi iniziare a camminare nell'oscurità.
Qualcosa mi suggeri che dovevo lasciarla andare, che dovevo seguire il consiglio di Hailey e non andare troppo oltre. Quel contatto improvviso e stretto era stato troppo per entrambi.
Dall'altra parte, però, non riuscivo ad accettare quel distacco dopo averla tenuta tra le braccia; volevo continuare a starle vicino.
Lo avvertivo come bisogno.

Istintivamente feci alcuni passi in avanti. -Lascia che ti accompagni a casa- dissi e lei non si fermò.
-Posso tornarci benissimo da sola- rispose freddamente, strinsi la mascella per il nervosismo. -Come fai a comportarti così dopo quello che è successo?-
-Semplicemente non mi importa.-
Le corsi dietro, ma Laetitia sembrava non curarsi del fatto che la stessi seguendo come un disperato... probabilmente era abituata.
-Non ti importa della tua incolumità?-
Non rispose, limitandosi ad alzare la testa al cielo e ad osservare le stelle con aria pensierosa. -Stasera mi accompagni a casa e tornerò sana e salva. Ma non sarà sempre così, perché non avrò sempre compagnia. Quindi, a che serve preoccuparsi della propria incolumità quando già si è consapevoli che prima o poi accadrà? Non oggi, ma sicuramente domani.-

Quella risposta mi sconcertò e ci volle qualche istante per elaborare il tutto. Realizzai che non doveva essere la prima volta che le succedeva qualcosa di simile e provai una rabbia furiosa.
-Anche se non vuoi, ti accompagnerò.- Non replicò e io ne approfittai per affiancarla e camminare in silenzio al suo fianco.

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