Capitolo 12: Chiavi

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OCTAVIA

 «Galaw.»

Zane ruppe il silenzio, tirando a sé le redini e facendo rallentare il grosso cinghiale. Avevo già sentito quella parola, l'aveva pronunciata Wilburn una volta giunti ad Ynda. Con ogni probabilità si trattava di una frase usata per comunicare all'animale di arrestare la propria corsa. A conferma di ciò, il carro iniziò a rallentare, fermandosi pochi metri più avanti, accompagnato da un breve cigolio delle ruote.

«Casa, dolce casa» mormorò il ragazzo in un tono privo di calore.

Neanche mi voltai a guardarlo, continuai a fissare le immense porte in ferro battuto davanti alle quali ci eravamo fermati. Una delle due ante era aperta, lasciando intravedere l'interno del palazzo. Scorsi giusto un corridoio in pietra, prima che Zane si alzasse in piedi, oscurandomi la visuale. Fletté le gambe e, con un piccolo balzo, fu a terra in un battito di ciglia, ammortizzando tutto il peso del corpo sulla gamba ancora sana.

Tenendo ben salde le redini nella mano sinistra, fece qualche passo e tirò con forza l'anta ancora chiusa, aprendo così un passaggio per il carro all'interno dell'edificio.

Con un fischio ed una strattonata, obbligò il cinghiale a riprendere la sua camminata, per poi arrestarla immediatamente dopo, una volta entrati.

Mi guardai le mani, fissando la corda che teneva uniti i miei polsi. Legata. Ma non del tutto prigioniera, avevo ancora la possibilità di muovermi.

Diedi un fugace sguardo al ragazzo che, dandomi le spalle, non sembrava affatto curarsi di me. Ormai sapevo di trovarmi ad Aer e, in quel momento, avevo scoperto anche dove Zane risiedeva. Possedevo tutte le informazioni base di cui avevo bisogno. Difficilmente mi si sarebbe presentata un'occasione migliore di quella per tentare la fuga.

Con uno scatto, mi girai e saltai oltre lo schienale in legno del carro, volta già in direzione delle porte.

L'atterraggio non fu dei migliori. Finii per sbilanciarmi in avanti, ma, attutendo la caduta con le mani, mi rialzai in una frazione di secondo. Giusto un paio di metri e sarei stata libera. Ma la luce dell'esterno verso cui ero proiettata, mi fu preclusa quando le due immense porte di metallo si chiusero all'improvviso, accompagnate da un sonoro boato.

Mi bloccai, mentre il cuore mi saliva in gola. Cos'era successo?

Non mi voltai, ma recuperando il coraggio, mi mossi nuovamente in avanti, decisa a spingere le ante in cerca della mia liberà. Tuttavia un violento stridio mi precedette, accompagnato dalla chiusura del grande chiavaccio che sigillava l'ingresso.

«Te la fai scappare da sotto gli occhi?» domandò un voce a me ignota.

Un rheol di metallo, fu l'unico pensiero che riuscii a formulare prima che una mano mi afferrasse entrambe le spalle. Istintivamente torsi il collo, mordendo una delle due mani che mi bloccavano.

Lo sconosciuto ritrasse l'arto, emettendo un cupo lamento.

«Agguerrita la ragazza» constatò, afferrandomi le bracciola e bloccandole contro i fianchi.

«Non sarebbe comunque andata lontana» rispose Zane, apparentemente non sorpreso dalla situazione.

«È da un bel po' che non ci si vede» disse rivolto a Zane, il quale rispose con una svogliata alzata di spalle.

Il nuovo arrivato era un ragazzo, sicuramente più grande di noi, dai lunghi capelli color miele, raccolti con un elastico, e dalla corta barba ispida che gli contornava il volto.

«Riconoscimento, prego.»

Una terza voce s'intromise. Voltai lo sguardo assieme agli altri due ragazzi, notando un ragazzo di cui, fino a quel momento, avevo totalmente ignorato l'esistenza. Stava seduto dietro ad un bancone, in un angolo dell'ingresso, e teneva in mano una matita mordicchiata sulla cima.

«Oh, ma fammi il favore Aric, sai benissimo chi è» lo canzonò il ragazzo che mi tratteneva.

«Le regole sono regole Kyle, lo sai bene» replicò il primo.

«Tenente Zane Levian.»

«Siete imbarazzanti, toglietevelo quel bastone dal culo ogni tanto» commentò il ragazzo, che, a quanto avevo capito, doveva chiamarsi Kyle «Piuttosto, lo sai che tuo zio non è in città, vero?»

Incurante del fatto che anche io potessi avere una volontà, mi spintonò in avanti, costringendomi ad avanzare.

«Così pare» rispose Zane, sollevando i suoi occhi stanchi.

«E la ragazza?»

Di nuovo la voce del ragazzo al bancone s'intromise.

«Octavia Anderson.»

Come fa a conoscere il mio nome?

«Mh, ha un viso familiare» constatò il ragazzo, spingendomi di lato ed osservandomi da sopra a sotto «Ma non doveva avere i capelli rossi la ragazza di cui Knight aveva parlato?» continuò, tornando a rivolgersi
a Zane.

«Non hai nessuna lezione da seguire Kyle? Nessun novellino da spaventare o uccellino da torturare?» lo provocò Zane, evadendo la domanda.

«Direi di no, in effetti mi diverto anche così. Vuoi che ci pensi io a lei?» disse, scrutando fin troppo intensamente la mia scollatura strappata.

Contrassi i muscoli, roteando indietro la spalla per cercare di allontanarlo, per quanto possibile.

«È a carico mio» affermò Zane, senza dare la possibilità di contraddirlo.

«Rheol di terra, metallo o sabbia?» domandò il ragazzo al bancone.

«Santo cielo Aric, ma sai con chi stai parlando? Ti sembra anche lontanamente possibile che il nipote di Levian non sappia in che prigione vada collocata la sua prigioniera?» intervenne Kyle.

«Priva di poteri» rispose ai comandi, riferendosi a me.

«Sai che trovo peggiorato anche te? Insomma, con quello lì» disse, indicando il ragazzo al bancone «mi sono rassegnato tempo fa. Ma in te nutrivo ancora un po' di speranza! Non ci si vede da anni, ormai, e non hai nulla da raccontare?»

«Non proprio, in effetti.»

«Ho capito, facciamo che se ne riparla in mensa stasera. Sicuro che non vuoi che me ne occupi io?»

«Ho detto che sono affari miei» ripeté Zane, contraendo i muscoli del viso.

Sembrava che l'unica emozione che riuscisse a provare, in quella spira di apatia che lo avvolgeva, fosse la rabbia.

«Ho capito, ho capito. Vi lascio soli» asserì Kyle, lanciando uno sguardo ammiccante.

«Non sono consentiti rapporti intimi coi prigionieri» puntualizzò Aric.

«Era una battuta, mai sentito parlare d'ironia?» gli rispose con un sospiro.

Zane, ignorando l'intera scena, si avvicinò leggermente zoppicante al bancone e, posando una mano su di esso, indicò il carro.

«Sotto il posto di guida c'è uno scompartimento con la mia roba, falla portare nella mia stanza» disse, rivolto ad Aric «E per quanto riguarda il Grawnffrwyth, affidalo a Thad.»

«Ma sei stato ferito!» esclamò Kyle, notando solo in quel momento la macchia scura che tingeva i pantaloni del compagno.

Complimenti! Dora l'esploratrice ti fa un baffo, pensai sarcastica.  

«Guarirà» rispose Zane, con una stanca alzata di spalle «Tu, piuttosto, hai capito bene quello che ti ho detto? Non dimenticate nulla» continuò, rivolto al ragazzo dietro il bancone.

«Ho capito, stai tranquillo. E... » continuò, sporgendosi oltre il tavolo «Per quanto riguarda il, ehm, carro?» domandò, fissando perplesso ciò che ne rimaneva.

«Per quel che vale, potete anche bruciarlo.»

Diedi uno sguardo al pezzo di legno che ci aveva condotto sin là: effettivamente non era messo molto bene.

Sentii la presa di Kyle sciogliersi lentamente, per essere sostituita da quella di Zane.

«Ora noi andiamo alle prigioni» disse, non rivolgendosi a nessuno in particolare.

Spingendomi in avanti, mi fece strada lungo i corridoi di quel grosso edificio. Io mi lasciai trasportare passiva, una svolta dopo l'altra, una rampa dopo l'altra. Cercavo di memorizzare il percorso, ma, più di ogni altra cosa, cercavo di pianificare un piano di fuga. Uno qualsiasi.

Arrivati a metà strada, incontrammo un gruppo di persone in divisa. Un mormorio si sollevò al nostro passaggio, dal quale riuscii a distinguere solo un paio di saluti, rivolti a Zane. Ovviamente, non rispose a nessuno di loro, ma, continuando a camminare, proseguì lungo il nostro percorso, battendo solo un pugno ad una ragazza che glielo aveva offerto in segno di saluto.

Scesa una terza, piccola, rampa di scale, ci ritrovammo in quelle che doveva essere le prigioni.  Esattamente all'ingresso, spostato sulla destra rispetto a dove ci trovavamo noi, stava un ragazzo addormentato. Completamente accasciato su di una sedia, ne utilizzava una seconda per poggiarci i piedi. Un lieve russare accompagnava i suoi respiri.

Senza troppi convenevoli, Zane diede un calcio alla sedia su cui il ragazzo poggiava i piedi. Quest'ultimo, perdendo l'appoggio, scivolò in avanti, strozzando un respiro per il brusco risveglio.

«Spiacente di aver interrotto il tuo sonno, ma ho bisogno di una cella» disse, spingendomi in avanti.

Il ragazzo parve confuso per qualche attimo, poi, rendendosi conto di quello che era appena successo, si riscosse, rialzandosi prontamente in piedi.

«Tenente Levian, che sorpresa rivederla» si affrettò a rispondere, sistemandosi la divisa «Una cella, sì, subito» continuò, infilando le mani in una scatola ed estraendone, poco dopo, una chiave che, per me, era esattamente identica alle altre.

«Non dirà a suo zio di quello che stavo facendo poco fa, vero?» domandò poi preoccupato.

«Non sono affari miei» replicò, seguendo il ragazzo con la chiave che, nel frattempo, si era avviato verso una cella.

«Vi ringrazio» farfugliò il ragazzo «A proposito, ha saputo che suo zio non si trova più ad Aer?»

«Sì, sì, non sei il primo ad avermelo riferito» replicò Zane in tono leggermente scocciato.

«Ecco qui!» esclamò, una volta giunti di fronte ad una delle celle. Senza aspettare una risposta, infilò la chiave nella serratura e la fece scattare.

Quasi compiaciuto del proprio operato, il ragazzo estrasse la chiave ed aprì la porta che permetteva l'entrata nella cella.

Fu proprio in quel momento che due mani spuntarono improvvisamente fuori dalle sbarre della cella accanto, afferrando l'una la spalla del ragazzo e l'altra i vestiti di Zane. Con un rapido gesto Zane si scostò, costringendo il proprietario di quelle mani a mollare la presa. Non altrettanto celere fu la reazione dell'altro ragazzo che, invece, schiacciato dalla forza dell'aggressore, crollò a terra, non riuscendo neppure ad attutire la caduta.

Con una violenta spinta Zane mi scaraventò all'interno della cella, facendomi sbattere contro la parete opposta e cadere a terra. Il colpo fu così violento che, per un paio di secondi, non riuscii neanche ad alzarmi.

Senza curarsi di me, Zane afferrò il polso dell'aggressore, torcendolo e liberando così il suo compagno.

Dando un colpo di reni, mi spinsi in avanti avvicinandomi all'uscita, proprio mentre la porta della cella si chiudeva, spinta dal ragazzo che era appena stato liberato. Un click riecheggiò nell'aria, sancendo la chiusura della serratura e, quindi, la mia definitiva prigionia.

«Prima o poi cadrete, ricordate le mie parole!» urlò l'uomo che stava nella prigione accanto alla mia.

Un paio di urla si sollevarono dalle altre celle della stanza, come fossero grida di battaglia.

I due non sembrarono neanche accorgersene, probabilmente abituati alle minacce dei carcerati. Piuttosto, Zane si voltò in direzione del ragazzo, puntandogli il dito contro «Non l'hai ancora imparato che bisogna tenere una certa distanza dalle celle occupate? È o non è questo il tuo lavoro?»

I lineamenti del suo volto erano contratti, ed gli occhi dorati ardevano di rabbia. Con una spinta, allontanò la guardia, per poi portarsi una mano dietro il ginocchio. Un colore scarlatto tinse le sue dita non appena sfiorò la gamba. La ferita doveva essersi riaperta per lo sforzo.

«Io... lui... di solito» tartagliò il ragazzo, spaventato.

«Non cercare di scusarti, vedi solo di fare bene il compito che ti è stato assegnato» ringhiò Zane, avviandosi verso l'uscita.

Il ragazzo lo seguì, fin quando il moro non scomparve oltre la soglia dell'ingresso.

«Io...» continuò farfugliando tra se e sé «...almeno sono riuscito a chiudere la cella prima che la prigioniera fuggisse» finì, riferendosi a me.

Peccato che il mio intento non era quello di uscire, pensai soddisfatta, rigirando tra le mani la chiave che ero riuscita a raccogliere.

Angolo autrice
Tanto per cambiare, anche oggi ho iniziato dall'angolo autrice senza aver scritto il capitolo, ma tanto ormai non è una novità!
Allora? Come state? Mi siete mancati! È febbraio e, come previsto, gli esami sono finiti e finalmente ho il tempo per scrivere, leggere, vedere serie televisive ecc! Na pacchia insomma!
Son partita dall'angolo autrice per una serie di ragioni:
- In primis, è da una vita che non scrivo e volevo riprendere un po' la mano
- Poi è tardi ormai, son tipo le 17 e dubito che, in ogni caso, riuscirei a terminare il capitolo 12 entro sera. (A chi di voi scrive: quanto ci mettete in media a realizzare un capitolo? Perché io almeno un pomeriggio ci impiego, poi ovviamente varia e talvolta i capitolo li faccio a pezzi... però in media il tempo è quello! Son l'unica tartaruga?)
- Ho un po' sonno, infatti mi sa che dopo aver terminato quest'angolo farò pausa merenda
- Mi andava di chiacchierare un po'
- Ho finito le motivazioni

E dunque... Signori è da tipo inizio dicembre che non pubblicavo un capitolo dal POV di Octavia! È un'infinità di tempo! L'avevo abbandonata laggiù, sola soletta, in una città sconosciuta, nelle mani del suo rapitore. Non so, forse serviva un breve riassunto delle puntate precedenti, visto che era da tanto che non scrivevo... in caso ditemelo, che lo aggiungo in cima al capitolo o magari vi faccio un riassunto nei commenti, se preferite. :)
So già che, con quello che ho in mente, ne verranno fuori due capitoli, ma, se riesco, cercherò di pubblicarli vicini, in quanto son molto correlati (Quindi sì, anche il capitolo 13 sarà dal punto di vista di Octavia). E Zane? Non mi esporrò, per non far pendere i giudizi né da una parte né dall'altra; però sarei curiosa di sapere un po' le vostre impressioni!
Infine, vi farà ridere sapere che la parte più difficile, di questo capitolo, è stata trovare la parola "chiavaccio". Signori, non mi ricordavo assolutamente come si chiamasse! Mi veniva chiavistello, catenaccio, serratura. Mi sono persino andata a leggere i manuali delle serrature delle porte per trovarlo (adesso sono ferratissima sulla costruzione di porte per esterni hahahah).

Ultima cosa prima di passare ai trivia (ne metterò tre perché son scomparsa per un po'): ma quanto è brutto Wattpad in versione rosa-violetto? Speravo che dopo San Valentino tornasse normale, ma siamo al 19 ed ancora, ogni volta che lo apro, questo colore mi tira un cazzotto dritto dritto nell'occhio. Sono l'unica?

TRIVIA
1) Le due guardie che Zane, nell'epilogo del primo libro, non ha salutato, sono le stesse che Lydia e Chris incontrano alla locanda (mentre stanno cercando Octavia) e di cui origliano la conversazione.
2) Nel primo capitolo in cui incontriamo Octavia, lei ci dice che sta leggendo un libro di Murakami. Questo perché, mentre scrivevo, mi sono voltata ed il primo libro che ho visto sul mio comodino è stato proprio "Kafka sulla spiaggia".
3) Il nome April (che nel nostro caso è un cognome) deriva dal nome del mese di aprile che, a sua volta, proviene probabilmente dal latino aperire, ovvero "aprire", riferito allo sbocciare dei fiori. Quindi, proprio come "Ilan", mi sembrava un nome bello ed anche piuttosto azzeccato.
Secondo altre interpretazioni, il nome del mese proviene invece da Apru, trasposizione etrusca di Afrodite, dea greca dell'amore.

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