Capitolo 14: Sogno

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LYDIA

Il fumo era così denso da dare l'impressione di poter essere spezzato solo con la spada. La caligine tanta, troppa per non costringere gli occhi di chiunque a non socchiudersi.

Eppure, i miei occhi non soffrivano le taglienti raffiche del vento. Non bruciavano. Non lacrimavano.Vedevano tutto, rimanendo spalancati, incapaci di sottrarsi alla strage che sotto di loro si stava consumando.

Lingue di fuoco circondavano mura, giardini e palazzi, proiettandosi verso il cielo e tingendo le pareti di un rosso intenso. L'intera città ardeva tra le fiamme.

Ma incuranti di tutto, centinaia di uomini continuavano a combattere davanti ai miei occhi, raccogliendo tutte le energie a loro disposizione.

Avrei voluto gridare, ma non avevo voce. Avrei voluto fermarli, ma non avevo né braccia, né gambe. Mi sentivo forte, come se in me avessi avuto la possibilità di fermare tutto ciò. Ma, allo stesso tempo, non potevo che provare un'immensa impotenza nel non riuscire a farlo.

Più mi guardavo attorno, più ciò che riuscivo a vedere erano solo corpi di uomini che continuavano a combattere gli uni contro gli altri.

Sebbene potessi distinguere i due schieramenti, grazie alle divise nere indossate dai soldati del Regno della Foresta, non riuscivo a non pensare che quelli che vedevo erano solo e semplicemente uomini. Corpi, fragili come cristallo, deboli come foglie secche.

D'un tratto, il mio sguardo fu catturato da una delle tante figure. Un ragazzo. Un ribelle. Esattamente come gli altri, senza niente di più, né niente di meno.

Teneva con ambedue le mani una spada. Gli bastò un unico gesto e la lama si conficcò nella coscia di un suo avversario, facendolo crollare a terra.

lo vidi tendere improvvisamente l'orecchio, cogliendo certamente qualcosa che a me era sfuggito.

Estrasse con forza la spada, la roteò sopra la sua testa e, quasi fosse un passo di danza, la protese in avanti, parando il fendente che un altro soldato del Regno gli aveva appena scagliato. Il suo sguardo sembrava sicuro e deciso, ma in fondo ai suoi occhi era facile leggere una profonda paura.

Indietreggiò di due passi, prima di provare un primo affondo. Ma il soldato di fronte a lui era pronto e rispose al suo attacco senza troppe difficoltà. Non attendendo un secondo di più, il ragazzo si abbassò, tentando una seconda volta di colpire l'avversario, questa volta al polpaccio. Sperava certamente di coglierlo alla sprovvista. Proprio per questo la sua delusione fu immensa non appena il soldato si mosse fulmineo, sollevando il piede e riabbassandolo immediatamente dopo, bloccando a terra l'arma del ragazzo.

Ancora accucciato, il ribelle sollevò il volto, in uno sguardo di disperazione. Sapeva già quale sarebbe stata la sua fine di lì a poco.

Il soldato sollevò la gamba ancora libera e lo colpì in faccia facendolo cadere indietro e perdere la presa sulla spada.

Il ragazzo si voltò e, gattonando, tentò di allontanarsi. Fece giusto un paio di metri, poi, trovandosi di fronte ad un albero, ne afferrò il tronco e, facendo forza sulle braccia, provò a rialzarsi. Fu esattamente in quel momento che il soldato lo colpì alla base della schiena, trafiggendolo con così tanta potenza che l'apice dell'arma andò a conficcarsi nella corteccia dell'albero.

Il grido del ragazzo si levò in aria, mentre il nemico in nero estraeva la spada con un unico movimento e si voltava, dirigendosi verso un nuovo avversario.

Percepii distintamente la corteccia dell'albero staccarsi contro il petto del ribelle, mentre questo crollava di peso a terra, come un burattino a cui avevano appena reciso i fili.

Premendo ambedue le mani sulla ferita, cercò di girarsi, poggiando la schiena contro il tronco. Una smorfia di dolore distorse i tratti del suo giovane viso. Poi, qualcosa cambiò. Lo capii non appena vidi tramutare la sua espressione da sofferente in preoccupata.

Voltò indietro lo sguardo, sollevando un braccio e sfiorando, tremante, il punto in cui la spada si era conficcata nel tronco. Esattamente lì si era venuta a creare una piccola chiazza, nera come la pece. Lo vidi abbandonare nuovamente il braccio lungo il fianco ed abbassare lo sguardo sulla ferita, con le sopracciglia corrugate e gli occhi dipinti di terrore.

Cosa poteva esserci di più pericoloso di una ferita di quel genere? Cosa stava provando di più spaventoso?

Bruciore, mi risposi da sola, non appena iniziai io stessa a sentirlo.

Un lieve torpore che in breve tempo si tramutò in dolore. Avevo già provato qualcosa di simile, il giorno in cui ero svenuta ad Eira, inseguendo quel ladruncolo.

«Andrà tutto bene.»

Una voce delicata giunse alle mie orecchie. La voce di una donna.

«Vedrai, andrà tutto bene.»

***

«Ehi, sei sveglia?»

Sentii qualcosa sfiorarmi il braccio.

Mi tirai su di scatto, spalancando gli occhi e sottraendo il mio arto a quel tocco. Il mio respiro era spezzato ed irregolare, come se qualcuno mi avesse premuto un cuscino sulla faccia sino a quel momento. Le perle di sudore, che contornavano la mia fronte, mi si congelarono addosso al passaggio della prima folata di vento serale.

Sbattei le palpebre un paio di volte, cercando di rallentare i battiti del mio cuore e di mettere a fuoco la figura che si stagliava dinnanzi a me. Quel che vidi fu il viso, alquanto preoccupato, di April, che mi fissava coi suoi grandi occhi celesti a meno di un metro di distanza.

«Va... va tutto bene?» domandò impensierita.

Inspirai profondamente «Certo» affermai con un tono il più possibile tranquillo «è stato solo un brutto sogno» conclusi, incurvando le labbra in un delicato sorriso.

«La... la cena è pronta» mi disse con voce ancora un po' titubante, indicando dietro di sé.

Accennai un segno affermativo con la testa. La vidi annuire e girare i tacchi, raggiungendo con poche falcate tutti gli altri. Solo allora mi permisi di espirare.

«Solo un brutto sogno» borbottai nuovamente, tra me e me, mentre le immagini continuavano a scorrere vivide davanti ai miei occhi.

Scrollai le spalle, passandomi una mano tra i capelli intricati, smuovendoli un poco. Poi, svogliatamente, legai quei fili ramati in una frettolosa treccia laterale. Ancora un po' stordita dal sonno, mi stropicciai gli occhi.

Un falò ardeva a pochi metri da me. Risa allegre provenivano da lì e ciò bastò a tranquillizzarmi, più di quanto non fossi riuscita a fare da sola fino a quel momento. Il ritrovamento delle carte di Gomer ci aveva finalmente permesso di ritrovare un po' di speranza e, con questa, anche l'energia per continuare ad andare avanti.

Mi stiracchiai, emettendo involontariamente un piccolo gridolino.

Quel giorno avevamo camminato tantissimo, senza concederci neanche un minuto di pausa per festeggiare, il che ci aveva permesso di allontanarci in fretta dai territori di Ynda. Tuttavia, una volta fermati, non avevo potuto fare a meno di crollare a terra come una pera cotta, troppo stanca per fare qualsiasi altra cosa.

Ancora un po' turbata da quel sogno, ripensai alla giornata appena trascorsa:

«Meglio tornare su, non vorrei che Alika avesse già combinato qualche pasticcio.»

Ilan era stato il primo a parlare, slacciandosi da quel contorto abbraccio di gruppo che avevamo creato una volta ritrovato i documenti.

«Lo sai che è praticamente impossibile» aveva riso Chris, indietreggiando anche lui.

Eravamo usciti dalla stanza, riprendendo a salire verso l'uscita. I ragazzi erano andati avanti spediti, mentre io arrancavo lentamente dietro di loro; l'inquietudine che mi davano quel pozzo e quelle maledette scale sconnesse, infatti, non si era di certo affievolita. Per ultima chiudeva santa April, salendo pazientemente dopo di me.

Già quando stavamo in prossimità dell'uscita, la voce di Alika aveva ricominciato ad incanalarsi tra le pareti di roccia. Non riuscivo a capire cosa dicesse, ma di certo si trattava di un discorso continuo.

La nostra vista si era abituata talmente tanto alla penombra di quel posto che l'abbagliante luce del deserto costrinse tutti noi a parare gli occhi con l'avambraccio. Sicuramente, doveva essere una scena molto divertente vista da fuori. Dei polletti che giravano in tondo, in attesa di tornare a vederci.

La conferma la ebbi non appena udii la voce di Alika ridere alle mie spalle.

«Ma hai visto che buffi? Era esattamente come ti dicevo: andare in giro con quei due è sempre allucinante. Devo sempre fargli da mamma. E ricordiamoci che qui sono io la più piccola!»

Ci eravamo voltati tutti, ma lei non ci avava badato, continuando a sorridere alla guardia del Regno che Chris aveva messo fuorigioco poco prima di entrare nel pozzo.

Il ragazzo stava lì, di fronte a lei, con un bavaglio alla bocca, i polsi legati ed ancora la sabbia tra i capelli. La testa ed una spalla erano bendate e, di certo, era stata proprio Alika a prendersi cura di lui, considerando le condizioni in cui lo aveva lasciato Chris.

I suoi occhi guizzavano preoccupati dalla ragazza a noi e ritorno.

«Alika, ma che fai?» aveva domandato Richie perplesso, mentre Ilan si portava una mano alla faccia, scuotendola rassegnato.

La ragazza si era voltata a guardarlo poi, facendo spallucce, si era girata nuovamente verso il prigioniero.

«Temo proprio di dover andare, adesso» si era scusata, sollevando il braccio e colpendolo in testa col bracciale di ferro che portava al polso, facendolo crollare a terra come un sacco di patate.

Ma come, prima lo guarisce e poi lo colpisce di nuovo?

«Bene, bene, bene» aveva cinguettato, slegandosi il maglione che teneva in vita e poggiandoglielo sotto la testa «Avete trovato quel che cercavamo?» aveva domandato, voltandosi verso di noi.

Mi era sembrato un comportamento decisamente particolare il suo, per non dire strano. Ma mi ci era voluto meno di un giorno per capire che lei era esattamente così. In quel momento stava lì, vicino a quel falò a curare le ferite di Ilan con gesti rapidi ed esperti, anche se nel frattempo Ray e Chris la punzecchiavano in continuazione. Era evidente che sapeva cosa stava facendo.

I genitori dei fratelli Harvey erano entrambi Guaritori e, per quel che avevo capito, Alika aveva deciso di seguire le loro stesse orme, divenendo apprendista alla Base di Arjuna.

Posai entrambi i palmi a terra e mi alzai in piedi. Una folata di vento mi colpì ai reni, in un punto in cui il maglione si era sollevato. Improvvisamente, la vivida immagine della spada che aveva trafitto il ragazzo del mio sogno, mi apparve davanti agli occhi.

Sembrava tutto così reale.

Afferrai il bordo del maglione, pronta a tirarlo giù, ma esitai un istante. Volevo controllare se un minimo segno di ciò che avevo provato in quella visione era rimasto. Una traccia di quel bruciore. Una cicatrice. Qualsiasi cosa. Ma non ne ebbi il coraggio. Era meglio continuare a rimanere nel dubbio, piuttosto che avere la conferma di una terribile realtà.

Strattonai verso il basso il lembo del maglione e mi diressi verso i miei compagni.

Angolo Autrice
Ma ciao popolo di Wattpad! Cosa mi sono persa in queste settimane di assenza? Spero nulla di irrecuperabile!
Sono lieta di annunciarvi di essere riuscita a recuperare i computer e, anche se ho perso irrimediabilmente molti file e cartelle presenti sulla mia memoria, tutte le cose relative a Ddaear Arall fortunatamente non sono andate perdute!
Non so per voi, ma per me marzo è stato un periodo del cavolo... ma con lo spuntare di Aprile le cose hanno iniziato a girare lentamente (molto lentamente) per il verso giusto e, per quanto abbia seriamente odiato marzo con tutta me stessa, sono sempre più convinta che nella vita servano brutti momenti per imparare ad apprezzare quelli belli, per apprezzare quelle piccole cose che, invece, nella piatta e apatica normalità verrebbero sottostimate.
Ma, detto ciò, torniamo a bomba sul nostro pianeta parallelo... so di essere un po' arrugginita nello scrivere e per questo chiedo scusa
Allora, avevamo lasciato Lydia ben quattro mesi fa, sotto Natale, tutta felice e contenta per il ritrovamento delle informazioni!
Vi era mancata?
A me sì, parecchio! È così strano scrivere da due punti di vista diversi... ti immedesimi così tanto nel personaggio da percepirne proprio l'assenza quando lo si "abbandona" per un certo numero di capitoli (o di tempo).
Allora? Che cosa sta succedendo in questo folle mondo? Cosa sono questi sogni che Lydia continua, ogni tanto, a fare? Rappresentano qualcosa? Avvalorano l'ipotesi che Zane abbia preso una gran cantonata? O Lydia dovrebbe solo smetterla di mangiare tanto sempre e comunque prima di andare a dormire?
Ah, prima che me ne scordi, su Follia a Ddaear Arall ho pubblicato un capitolo riguardo al passato di Ddaear Arall... So che talvolta i riferimenti al passato di questo mondo creano un po' di confusione, prorpio per questo ho pubblicato questo capitolo, in modo che, se mai vi sorgessero dei dubbi, invece di dovervi andar a impelagare nei vecchi capitoli alla ricerca di risposte, possiate direttamente andare lì.

Bene, ho finito, promesso! Una volta dato pure l'esame peripasquale che mi ero riproposta di dare, ho potuto godermi un po' di vacanze... (Anche perchè a Pasqua avevo la bronchite, ma mi sono comunque imposta di festeggiare). Voi che avete fatto in queste vacanze? Festoni, viaggi o semplici cenoni di famiglia? Fatemelo sapere, se vi va ;)
Un bacio grande grane,
la vostra prolissa Olympia :*

TRIVIA
Vi siete mai chiesti il nome di Alika che cosa significhi e da dove provenga?
Bene, abbiamo diverse interpretazioni per il significato di questo nome. Pare che in Nigeriano voglia dire "la più bella", mentre in Urdu "Amore".
Ma quello a cui io mi affido e a cui sono più affezionata è il significato di "Confine", dallo Swahili.
La prima volta che ho sentito questo nome è stato tre anni fa, quando ho conosciuto questa piccola patatina dagli occhi più dolci dell'universo. È la cagnolina della mia coinquilina, che tra l'altro in questi giorni sta qui con noi.

È carino pensare quanto lei sia nera nera e quanto invece la nostra, di Alika, sia bionda e con la pelle chiara chiara.

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