Capitolo 21: Tregua

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OCTAVIA

Albeggiava già quando finalmente ci fermammo lungo le sponde di un ruscello. Avevamo slegato le sacche dalla sella dell'animale ed il tymor riposava tranquillo all'ombra di un ampio albero, mentre il ragazzo in maschera era accucciato presso la riva a ripulire le bende che aveva avvolte attorno alle mani a mo' di guanto. Lo imitai, inginocchiandomi a sciacquare la faccia. Guardando le mani immerse nell'acqua limpida quasi mi sorpresi nel constatare che esistesse al mondo ancora qualcosa di così puro.

La mia immagine riflessa rimandava gli sfocati contorni di una faccia distrutta: pelle pallida, ferite sul lato sinistro del viso e due occhiaie bluastre che ero certa mi accumunassero al mio compagno di fuga.

Mi rialzai, posando entrambe le mani sui fianchi e stiracchiandomi. D'istinto, mi voltai a guardare il ragazzo, domandandomi ancora come fosse stato possibile che mi ci fossi addormentata sopra, crollata come un sacco di patate. Il mio primo pensiero fu che mi avesse addormentata con un qualche tipo di sonnifero, ma per quanto cercassi di ricordare, nulla mi veniva in mente degli attimi immediatamente precedenti al sonno. Quello che so è che fu solo quando il grosso felino aveva arrestato la sua corsa che mi ero svegliata, non più cullata dal suo costante dondolio.

Senza starci molto a pensare, mi avvicinai alle sacche che erano state diligentemente appoggiate al il tronco dell'albero contro cui lo stesso tymor stava ronfando. Col tatto cercai qualcosa da sgranocchiare, fin quando non afferrai quella che mi parve essere una mela, la estrassi, soddisfatta nello scoprire di averci azzeccato. Mi accucciai, grattando il grande felino dietro l'orecchio ed infine mi poggiai al suo caldo fianco, come Ilan mi aveva insegnato.

Le ricche fronde delle piante che ci circondavano mi nascondevano parzialmente alla vista del ragazzo. Non ci avevo fatto caso sino a quel momento, ma la vegetazione mi sembrava diversa, differente da quella che avevo avuto modo di apprezzare fino a quel giorno su Ddaear Arall. Non avevo la più pallida idea di dove ci trovassimo, ma sentivo che eravamo penetrati all'interno dei confini del Regno della Foresta.

Chiusi gli occhi solo per un istante, inspirando profondamente e cercando di rilassarmi. Mi trovavo dispera chissà dove assieme ad un presunto salvatore misterioso eppure, ripensando a tutti gli avvenimenti passati, quella manciata di secondi in cui riuscii a concedermi un momento di respiro mi sembrò avere dell'incredibile.

Ancora mille pensieri contrastanti ronzavano nella mia testa, tuttavia mi costrinsi a metterli in fila uno per uno e dargli un ordine, cercando contemporaneamente di accordare logica e istinto. Ero certa del mio "fiuto", ma si può mai esser veramente certi di qualcosa?

Lui stava ancora lì, accucciato sulla riva del fiume dandomi le spalle, con le mani immobili a carezzare la superficie dell'acqua e in quell'istante, lo giuro, avrei dato qualsiasi cosa per riuscire a leggere nella sua mente. Si era tolto la maschera, che in quel momento giaceva lì, accanto a lui, col profilo di lupo volto verso il cielo.

Ancora pensierosa, addentai la mela, provocando un crack evidentemente abbastanza forte da richiamare la sua attenzione. Lo vidi scuotere il capo, posando entrambe le mani sulle ginocchia e facendo leva per alzarsi. Solo in un secondo momento si accorse di aver scordato a terra la maschera. Fece per piegarsi nuovamente a recuperarla quando lo bloccai.

«Non c'è bisogno che continui a nasconderti, Zane.»

La sua mano, ancora protesa verso la maschera, ebbe uno spasmo, quasi impercettibile, ma sufficiente a farmi incurvare le labbra in un sorriso di vittoria.

«Come?»

«Hai capito bene, so chi sei» ripetei quasi divertita, aggiungendo dopo una breve pausa ad effetto «Ma dai, il ginocchio destro ferito, la conoscenza della base a menadito, mancava solo un invito scritto» come se fosse la cosa più ovvia dell'universo.

Devo ammettere che non fu semplice mantenere il tono della voce fermo e credibile, dato che non avevo alcuna certezza di quello che avevo affermato. La mia, in realtà, era stata più che altro una sensazione, qualcosa che non avrei saputo neanche spiegare, ma che i suoi movimenti o anche solo il suo semplice contatto, mi avevano fatto sorgere. Ma questo ovviamente non potei ammetterlo.

Lo vidi, esitante, sfiorarsi l'incavo del ginocchio con la punta delle dita, poi, di punto in bianco, si voltò d'impeto nella mia direzione puntando quei suoi occhi d'oro fuso su di me. Il suo sguardo era carico d'ira e per un istante temetti sul serio di vedermelo saltare addosso, come un animale, come quel lupo che fino a poco prima gli aveva mascherato il volto.

Sollevai istintivamente la mano in cerca di qualcosa da afferrare, una pietra o anche solo un pezzo di legno. Tuttavia, prima che io avessi effettivamente trovato qualcosa con cui difendermi, vidi i suoi occhi spegnersi e il suo volto contratto rilassarsi lentamente.

«A breve avrei comunque dovuto dirtelo, tanto meglio così» disse, quasi rassegnato.

«Come?» mi lasciai sfuggire un po' confusa, facendo ricadere delicatamente la mano a terra a sfiorare il fianco del grosso felino.

Il tymor in tutto ciò, dormiva ancora beato, come se nulla fosse successo.

«Non è mia intenzione portarti a Drew come mia prigioniera» continuò, rialzandosi e scrocchiandosi le dita delle mani, ritrovando già il pieno controllo della sua voce.

Riconobbi immediatamente Drew, come la città in cui si trovava Kimaris, tuttavia due furono le affermazioni in quella frase che mi lasciarono senza parole. Innanzitutto mi aveva immediatamente rivelato la nostra destinazione, cosa che solitamente aveva cercato di tenermi nascosta, come durante il viaggio verso Aer, anche perché era un'informazione che effettivamente sarebbe potuta andare a mio favore. Ma soprattutto, in che senso non mi voleva portare come sua prigioniera? E allora perché mi stava portando con sé?

Mi guardai istintivamente i polsi. Ancora erano evidenti i segni passati delle corde e non potei fare a meno di contrapporli a quel senso di assurda libertà che poco prima mi aveva pervasa.

«Non riesco a capire, allora perché mi porti con te? Perché inscenare tutta quella fuga? Perché questa volta non temi che scappi?»

«E tu perché non sei scappata mentre io bevevo al fiume? »

Toucher, pensai, ritrovandomi solo in quel momento a domandarmi perché effettivamente non fossi già montata in sella al tymor e fuggita per chissà dove.

Non risposi, ma ci pensò lui a farlo: «Perché non sai dove sei, non sai dove andare, ma soprattutto sapresti di startene andando via a mani vuote dopo essere stata a un passo dalle informazioni di cui avete tanto bisogno.»

Sgranai gli occhi, ma prima che potessi controbattere, lui continuò, avvicinandosi per poi accucciarsi di fronte a me «So bene cosa cercavi in camera mia, e ti assicuro che non avresti potuto scegliere posto peggiore in cui rintracciarle. Al contrario, io ti sto portando esattamente lì, o pensavi sul serio che mio zio se ne separasse mai?» disse, alludendo sicuramente alle informazioni necessarie a liberare Au Maite «Inoltre, come prigioniera sai essere veramente una palla al piede, che ne dici di provare qualcosa di diverso?» Sorrise, sapeva benissimo di averla vinta lui quella volta.

Uno a uno, palla al centro, ammisi mentalmente.

«E come pensi di giustificarmi una volta arrivati a Drew? Non potrai mica farmi entrare come se niente fosse» incalzai, cercando di capire quale fosse il suo piano.

«Certo che sì, invece, nessuno conosce il tu viso. E comunque in caso, potremmo sempre spacciarti per Aylen Caltrow, no?» mi rispose, come se fossimo veramente complici.

Deve aver battuto la testa, fu la prima spiegazione che riuscii a darmi in quell'istante. Ma fu il secondo pensiero che mi fece rabbrividire: Come faceva lui a sapere di Aylen?

«Non credi che sarà abbasta facile risalire a te come mio... liberatore

Mi suonava decisamente strano dirlo.

«Direi proprio di no; giusto il giorno prima ho inscenato la mia partenza, con tanto di lettera di avviso inviata a mio zio Kimaris, motivo per cui siamo anche già attesi a Drew» mi spiegò «L'unica mia preoccupazione riguarda Kyle» continuò, abbassando la voce.

«Kyle?» domandai, ricordando proprio in quel momento il momento in cui a Zane era caduta la maschera durante il loro scontro «Ah, è vero!» esclamai allora «Ma perché ti, anzi ci ha lasciati andare?»

«Vorrei avere una risposta da darti, ma la verità è che neanche io ne ho la più pallida idea» mi rispose, dopo una breve pausa di qualche secondo. Si vedeva che faceva fatica a rispondermi, come se dovesse ogni volta lottare contro la sua stessa natura.

«Perché mi dici tutto ciò?» non potei fare a meno di chiedere.

«Perché devi fidarti di me.» Sembrava più un ordine che una richiesta.

«E allora dimmi il perché di tutto ciò. Perché mi hai liberata di nascosto e portata con te?»

«Non... non posso dirtelo.»

Sul serio? Lo guardai, inarcando le sopracciglia. Forse non si rendeva conto del paradosso in cui ci aveva catapultati. Posai entrambe le mani a terra e, facendo forza, mi alzai in piedi e gli diedi le spalle volta a osservare il tymor, sempre più convinta a montargli in groppa per fuggire chissà dove, ovunque, ma lontano da lì.

Il pensiero che più mi martellava la mente era che Zane doveva sicuramente avere in mente qualcosa ed io dovevo in qualche modo essergli utile, magari per un qualche scambio, o forse una garanzia. Eppure qualcosa continuava a non tornare.

«Sicura di voler gettare un'occasione simile?»

La voce di Zane mi giunse alle spalle. Chiusi gli occhi, facendo un respiro profondo, consapevole di aver fatto una scelta di cui poi mi sarei certo pentita.

Mi voltai, lui era ancora accucciato nella stessa posizione di prima. Gli tesi una mano, dicendogli: «Ok, tregua. Ma sappi che non mi fido.»

«Perfetto.» rispose semplicemente, ignorando la mia mano e alzandosi da solo, ritrovandoci così faccia a faccia. Era alto, molto più alto di me, ma non mi spaventava.

Rimanemmo per neanche una frazione di secondo immobili, uno di fronte all'altro, poi lui, facendomi un cenno svogliato della mano, si scostò, dirigendosi verso le sacche «È ora di ripartire.»

Sapevo non avesse torto quindi, senza aggiungere altro, mi chinai a raccogliere la mela mezza morsicata che avevo lasciato a terra. A poca distanza giaceva una pietra di poco più piccola del mio pugno. Pensai che avere comunque qualcosa con cui difendermi non fosse una cattiva idea e la raccolsi, incastrandola tra l'anca e i pantaloni e poi coprendola con la maglia.

«Quindi...» iniziai, mentre riponevo la mela nella sacca dei viveri «Tuo zio è uno dei pochi Munus di Ddaear Arall.»

«Sì» mi rispose secco.

«E tu...no, giusto?»

«No» continuò, chiudendo una sacca e legandola alla sella del tymor. Mi voltai a guardarlo, non potendo non notare una punta di amarezza nella sua espressione, quasi di rancore.

«Ma non dovrebbe essere qualcosa di ereditario? Perché in quel caso, anche tuo padre avrebbe dovuto avere il Dono, no?» continuai, avvicinandomi con l'ultima sacca.

«Non nominarlo» esclamò, irrigidendosi di punto in bianco.

Mi bloccai, quasi spaventata dalla sua reazione. «Ma chi?» domandai.

«Passami la sacca» disse, senza rispondermi e tendendo la mano in mia direzione per poi strapparmi la borsa di mano «Ah e Octavia» era la prima volta che mi chiamava col mio nome «Non trovi che portare con te una pietra non sia il migliore dei modi per iniziare una "tregua"?» domandò sarcastico, indicando con lo sguardo il mio fianco.

Il tono della sua voce era tornato ad abbassarsi, ma in fondo ai suoi occhi riuscivo ancora a veder qualcosa bruciare.

Angolo Autrice:

Buenos dias amigos, che ne pensate di questa coppia Zane/Octavia in veste di "partners in crimes", molto della serie Bonnie e Clyde. Ma cos'avrà veramente in mente Zane? Qualcuno ha una qualche ipotesi? E Octavia avrà fatto bene a seguilo, almeno per ora?
Mammamia ragazzi, devo ammettere che scrivere questo capitolo è stato più difficile del previsto, devo riprendere la mano che ora come ora sono un bradipo che al confronto Flash (Zootropolis) è na scheggia, vi giuro! Ho scritto la prima pagina e ci ho messo un pomeriggio intero.... E non mi piace nemmeno, e il resto comunque taaaanto tempo! Sarà che negli ultimi tempi il massimo del mio estro artistico si esprimeva nello scrivere la lista della spesa e la ricetta per il ciambellone, ma vabbè (però ora so fare un ciambellone da paura, o meglio, la mia futura coinquilina sa farlo, ma io sono un'ottima assistente, provare per credere!). Ero così disperata per il fatto di non riuscire a scrivere decentemente che prima ho scritto una finta lettera di presentazione del libro ad un'ipotetica casa editrice e poi sono venuta qua giù, a esercitarmi un po', gli angoli autrice mi sciolgono sempre un sacco e mi rendono tanto felice.

TRIVIA
Le pareti delle stanze di Gomer all'interno del Pozzo sono rivestite da arazzi. L'idea mi è venuta in mente quando il padre di una mia amica voleva regalarle un arazzo da appendere in camera a Perugia poiché la sua stanza era molto umida e gli arazzi impediscono l'umidità, avvalorando la sua proposta dicendo che nel 1400 il re di Francia aveva regalato a Giovanna d'Arco un arazzo proprio per proteggerla dall'umidità. Allora mi sono detta, quale posto può necessitare di arazzi più di un pozzo?

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