xxᴠɪ - ɪ ɴᴇᴇᴅ ꜱᴀᴠᴇ ʀɪɢʜᴛ ɴᴏᴡ, ᴄᴀɴ ʏᴏᴜ ʜᴇᴀʀ ᴍᴇ ᴄᴀʟʟɪɴɢ ᴏᴜᴛ?

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Il primo passo è andato.

Sentire Liv mi ha fatto bene, per quanto abbia fatto riaffiorare in me un passato di colpevolezza nei suoi confronti.

Ma lo sto facendo proprio per questo. Per cambiare.

Per risalire dal baratro e farle capire che niente è scontato nei suoi atteggiamenti verso di me.

Un passo avanti. Piccolo, ma non insignificante.

Ora tocca a quello più difficile, quello che richiederà più tempo prima di passare a gradini ancora più alti.

Devo ricostruire dei momenti belli qui dentro e per farlo, ho bisogno di altre persone.

Ho bisogno di chiedere aiuto.

La Worley mi ha chiesto la risposta ad una domanda che non conosco ancora, ma non posso trovarla se non decido di liberarmi di ogni peso.

E come ha detto lei, scegliere questa via è molto più difficile. È molto più coraggioso.

E forse, finalmente, è arrivato il mio momento di essere coraggiosa.

Non posso concentrarmi su me stessa e su quello che è il mio passato e che ora preme sul mio presente, se non risolvo ciò che mi sta attorno.

Quando cammino verso i sentieri stretti che mi portano alla tana so che devo mantenere il focus su questo e non lasciare che i demoni facciano il loro gioco malsano su di me.

Prendo un respiro profondo, anche due.

Provo a calmare l'ansia che sta iniziando a scorrere nelle mie vene. La faccia tacere, condendo il mio cervello di pensieri positivi.

È complicato per una come me, nessuno ha mai detto il contrario.

Perché quando sei abituata a vivere in una coltre di paranoia e a vedere tutto in modo negativo, fare anche un passo in più verso un colore diverso dal nero, è faticoso.

Per questo Addie è la persona migliore da cui iniziare, già propensa a credere che tutto andrà bene.

Già pronta a sentirmi parlare e a condividere le mie stesse volontà.

Nonostante abitiamo la stessa camera, in questi ultimi giorni, non abbiamo mai parlato e non ci siamo neanche viste.

Quando lei torna in stanza, io sono già a letto, rinchiusa sotto l'ammasso di lenzuola per rendermi invisibile al mondo.

Ma ora è arrivato il momento di porre fine a tutto questo. Di ricostruire ciò che abbiamo rotto.

Lascio che il sentiero dei nidi di ragno, come piace chiamarlo a Pin, sia solo l'anticipazione di ciò che avverrà, mi preparo pure un discorso in testa che sicuramente non seguirò.

Ma voglio credere che le parole usciranno come vogliono, confuse ma sincere.

Cammino piano, sento la tensione, ma non è paura, è determinazione.

Prendo un altro respiro profondo, cercando di calmare il battito accelerato del mio cuore. I sentieri stretti mi guidano alla tana e i miei pensieri si rincorrono senza tregua. Mi concentro su Addie, sul suo sorriso che sembra sempre così rassicurante.

Non posso continuare a nascondermi sotto le lenzuola, come se il mondo potesse dimenticarsi di me.

La mano si poggia sulla maniglia, chiudo gli occhi e mi do la spinta per aprire e dare inizio a tutto.

Quando li riapro però e mi ritrovo all'interno della stanza non posso credere a niente di ciò che sto vedendo.

Non è la prima volta, ma il contesto e la situazione è nettamente diverso.

Come rivivere un flashback, dove una persona però non è la stessa.

«Non ci posso credere» bisbiglio incredula.

Occhi sgranati, la mano che non riesce a lasciare la maniglia che tiene la porta spalancata.

Immobile, sconvolta, mentre davanti a me Addie infila letteralmente la sua lingua all'interno della bocca di un ragazzo che non è Nick.

E contro ogni previsione l'altra persona non sembra neanche dispiaciuta della cosa. Anzi.


✘✘✘


«Non è come pensi, posso spiegare» qualche minuto dopo, accortasi della mia presenza Addie sta cercando nuovamente di giustificarsi.

Ormai ci ho fatto l'abitudine, per quanto si accaduto solo una volta, ma certamente con tutti i preparativi mentali che avevo attuato, vedere qualcosa del genere mi lascia perplessa.

Cole rotea gli occhi allontanandosi da lei e spostandosi verso la parete dove appoggia la schiena.

«Cos'è non hai mai visto due che limonano?» lui non ci guarda neanche, come se non gliene fregasse realmente nulla.

«Ma da quando... cioè... e tu non eri in isolamento?» i miei occhi fanno avanti e indietro dalle due figure.

L'idea che fra Addison e Cole ci sia qualcosa mi lascia interdetta.

Non che non fosse possibile, dopotutto Cole non ha mai fatto mistero del suo amore verso certe pratiche ma dall'altro lato, pensavo che Addie lo schifasse.

È strano, ma allo stesso tempo mi fa rendere conto di quanto io non abbia mai visto oltre il mio naso fino ad ora.

Concentrata sui miei problemi e incapace di vedere cosa mi stesse accadendo attorno.

«Sono uscito» Cole alza le spalle sospirando mentre Addie cerca di sistemarsi i capelli e i vestiti alla bene e meglio.

«In realtà è successo solo oggi... non è niente di che.» la bionda cerca di divagare mentre l'altro se la ride divertito.

«Ah quindi gli ultimi due giorni ad esplorarmi la gola è stata la tua sosia?» ghigna prima di ricevere un'occhiataccia dall'altra.

A vederli ora, con occhi diversi, forse non è così male.

Sembrano cane e gatto. Letteralmente due opposti eppure, due pezzi per incastrarsi non devono essere uguali, altrimenti collidono.

«È che ero da sola, aspettavo che tornaste e poi lui è arrivato qui alla tana... c'eravamo solo e lui e...» balbetta Addison, incapace di produrre una scusa solida per ammettere il tutto.

«E quindi perché eri sola hai deciso di andare con il primo che ti capita?» non so perché alzo il tono di voce.

In fondo non mi riguardano le sue scelte. La vita è sua.

Ma allora perché mi da fastidio averlo scoperto così?

«Ehi calma con le parole tu... ho dei sentimenti.» Cole si infila nel discorso, palesando una finta offesa con tanto di mano che va al cuore.

«Ma stai zitto!» diciamo in coro io e Addie, con la stesso sguardo omicida che lo porta ad alzare le braccia in segno di resa.

«Dico solo... non ci pensi a Nick? Come la prenderebbe?» sto accampando scuse pure io. Tutto per non dire il vero motivo della mia delusione.

«Senti... è stato lui a chiudere non io e... ho delle esigenze. Non è perché se tu non ne hai allora non devo averne neanche io.» risponde con lo stesso tono duro e affilato.

Silenzio.

«No, no Flame mi è uscita male non volevo dire questo...» aggiunge poco dopo cercando di fare dei passi avanti.

La rabbia ha preso possesso di entrambe. Rabbia immotivata dovuta a giorni di incomunicabilità.

Chiudo gli occhi, cerco di riprendere la calma.

E io che pensavo di riunire tutti. Ma ci aveva pensato lei ad escludere me.

«Oh invece volevi dire proprio questo Addie. Da quant'è che te lo tenevi dentro?» sputo parole prima di voltarmi verso l'uscita. «Scusate se vi ho interrotti.» aggiungo.

«Flame, aspetta! Lo sai che non volevo.» tenta di fermarmi lei.

La sua voce squillante mi arriva dritta alle orecchie.

So che ho esagerato, che non avrei dovuto arrabbiarmi, che il motivo per cui non me l'ha detto prima era solo la vergogna o forse proprio a causa mia e del mio evitarla.

Eppure quella botta finale ha fatto male, e continua a farlo mentre mi incammino nuovamente verso l'istituto.

✘✘✘

Aumento il passo, risalgo le scale, sto attenta a non essere vista mentre chiudo il passaggio alle mie spalle.

I corridoi sono vuoti come immaginavo eppure io sento mille rumori.

Le mie mani vanno a tappare le orecchie come se potessi placare le voci nella mia testa, la miriade di pensieri che si scaglia contro di me.

Ho deciso di mantenere una promessa per qualcuno che ora mi ha deluso.

Ma l'ha davvero fatto o sono io a pretendere troppo?

Dopotutto, io non le ho mai davvero dato niente in cambio.

Chiudo gli occhi appoggiandomi al muro, regolo i respiri.

Sto diventando pazza qui dentro, più di quanto non fossi già.

Almeno prima era meglio, non avevo amici, non credevo di volerne.

Quando non conosci non hai niente da perdere.

Ho preso le mie medicine? Non me lo ricordo.
Forse dovrei dire alla Worley di aumentare la dose.

Sì le ho prese me lo ricordo.
Ma perché sto pensando a questo ora?

Mi scoppia la testa, fa male.

Non riesco a tenere gli occhi aperti.

Mi sento confusa.

Addie, River, Aaron, mio padre.

In successione i volti delle persone da cui mi sono sentita tradita.

Ghignano, ridono di me, della mia ingenuità.

Mi ripetono che me lo sono meritato, che sono egoista, che ho sbagliato tutto.

Sto cercando di liberarmi di queste immagini, ma più cerco di scacciarle, più si fanno vive e insistenti. Ogni angolo della mia mente è invaso dai loro sguardi di rimprovero.

Perché non riesco a liberarli? Perché devo essere tormentata così?

Ogni risata echeggia come un martello, ogni parola di biasimo si pianta nel mio cuore come una spina avvelenata.

Devo concentrarmi. Devo ricordarmi perché sono qui. La promessa.

Sì, ho fatto una promessa.

Ma a chi? E perché?

Le voci nella mia testa diventano sempre più forti, le loro risate sempre più penetranti. Cerco di pensare a qualcosa di positivo, qualcosa che mi aiuti a calmarmi, ma ogni tentativo sembra vano.

Mi ricordo del giorno in cui tutto è iniziato, del momento in cui ho deciso di fidarmi di qualcuno. Sembrava una buona idea allora. Pensavo che avere degli amici mi avrebbe aiutata, mi avrebbe fatta sentire meno sola. Ma ora, guardandomi indietro, mi rendo conto di quanto mi sbagliassi. Non ho fatto altro che aprirmi alle delusioni e ai tradimenti.

Forse dovrei parlare con la Worley. Forse dovrei chiedere aiuto. Ma una parte di me è terrorizzata dall'idea. E se anche lei mi deludesse? E se anche lei mi stesse riempiendo di cazzate solo perché è il suo lavoro farlo?

Anche se sembra impossibile, anche se ogni passo è un dolore insopportabile, devo continuare. Devo farlo per me stessa. Perché se c'è una cosa che ho imparato in tutto questo tempo, è che l'unica persona su cui posso davvero contare sono io.

Non devo farlo per Addie, per Liv o per chiunque altro.

Devo farlo per me.

«Flame» mi sento chiamare.

Quando alzo lo sguardo mi rendo conto di dove sono realmente.

Sono ancora nel corridoio, accasciata contro la parete.

Sembro una stupida.

«Ce la fai ad alzarti?» un sussurro, non riesco neanche ad inquadrare chi sia a parlarmi.

Però annuisco, mi faccio forza, riprendo possesso delle mie gambe e mi aiuto con il muro per riprendere l'equilibrio.

Ancora in piedi. Non ancora fuori dal bicchiere.

E poi apro davvero gli occhi. Faccio scorre via il velo di oscurità che stava puntellando contro la mia mente.

«Che è successo? Ti sei sentita male? Devo chiamare uno dei medici?»

Troppe domande Nick. Troppe domande.

Vai con calma.

«Solo un giramento di testa Nick. È tutto ok. Ho mangiato poco a pranzo.» mento.

E io non so mentire.

Ma è con Nick che sto parlando, l'essere più ingenuo e buono che io abbia mai conosciuto in vita mia.

«Vieni, ti porto in cucina e vediamo se è rimasto qualcosa.» sorride facendomi cenno di seguirlo «Ma non dirlo alla Worley ok? È il nostro segreto.»

Deglutisco, contraggo la fronte, ci ha creduto veramente o forse vuole solo farmelo pensare.

«Ce la fai a camminare? Non posso toccarti e con una barella o una sedia a rotelle daremmo nell'occhio»

Quando dicevo che dovevo circondarmi di cose positive non avevo pensato a Nick.

Per quanto lui sia sempre così disponibile e carino nei confronti di tutti non ho mai ricercato un rapporto con lui.

Annuisco silenziosamente, trascinandomi dietro di lui ma cercando di essere veloce, almeno nella mia concezione di velocità al momento.

Lo vedo guardarsi attorno, farmi cenno di spostarmi quando le telecamere sembrano inquadrarci, prima di aprire la porta della cucina e invitarmi ad entrare di corsa, chiudendola alle sue spalle.

«Allora... qui abbiamo...» storce la bocca, avvicinandosi al frigo dove gli avanzi del pranzo vengono tenuti per lo staff.

«Nick, non devi davvero... va tutto bene. È stato solo un giramento di testa.» mi sento anche in colpa a stare lì. Lui che dovrebbe lavorare, con me che so qualcosa che potrebbe fargli male.

«Guarda che i giramenti di testa sono qualcosa. E poi se qualcuno sapesse che ti ho trovata così e ti ho lasciato da sola mi vorrebbe morto» ridacchia continuando a darmi le spalle, mentre sospirando mi siedo su uno degli sgabelli presenti.

«Intendi la Worley?» chiedo confusa.

«Anche... ma pensavo più a River... e ad Addie ovviamente.» tira su l'angolo delle labbra solo da un lato prima di portare davanti ai miei occhi un succo di frutta alla pesca rinchiuso in un cartone rettangolare e infilzando nel buchino apposito una cannuccia di carta. «Tieni. Non è molto, ma è zucchero, può solo farti bene.»

Lascio che la saliva scenda lungo la mia gola, prima di prendere fra le mani l'involucro e tirarlo verso di me.

«Grazie» sussurro «Comunque... per quanto riguarda Addison e River... non credo gli importi più» aggiungo, avvicinando la cannuccia alle labbra.

«Che intendi dire?» domanda.

«Beh River non mi parla neanche più ed Addie... abbiamo litigato.» ammetto prima di prendere un altro sorso dalla cannuccia.

Lui rimane un attimo in silenzio prima di sedersi di fronte a me su uno sgabello.

«Sai... River è un ragazzo particolare. Sia chiaro, lo siete tutti qui dentro. Ognuno di voi ha sofferto a suo modo ma molte volte... e includo anche me in questo, tendiamo a credere che i nostri sentimenti, i nostri problemi e le nostre emozioni siano meno importanti di quelle degli altri e le sminuiamo. Forse lo fa perché ha paura di farti del male.» spiega.

«Sì, tutta la storia del proteggermi da sé stesso e bla bla bla, neanche fosse uscito da un film o da un romanzo rosa per ragazzine» sospiro «Ma non mi dice niente. Non parla. Non posso sapere da cosa dovrebbe proteggermi. Dovrebbe lasciare a me la scelta e non prenderla lui. Non se poi arrivano altre persone a parlare al suo posto.» scoppio.

È facile parlare con Nick, non pensavo.

Lo è più di parlare con la Worley. Forse perché è più grande ma allo stesso tempo così vicino alla mia età.

Mi ricorda Liv sotto certi versi, ma senza il rapporto di parentela che mi impedisce di essere al cento per cento sincera.

Lui si lascia scappare un verso che assomiglia ad una risata mozzata prima di tornare a parlare, guardandomi, mentre prendo un altro sorso di succo di frutta.

Mi sento meglio, e non so se è per lo zucchero o per questa conversazione improvvisata.

Forse è davvero questo che mi serve, parlare con qualcuno che non sta lì a giudicarmi o a scrivere su un taccuino cosa pensa di me.

«Non tutti siamo in grado di esprimere a parole ciò che proviamo Flame. Non so se sia per una questione sociale dove, soprattutto per noi ragazzi, c'è quell'immagine di forza e impassibilità che ti rende più virile. Per me sono cazzate, ma molte volte... succede che il cervello ti porta a credere che sia così. Ma tutti soffriamo, solo che lo facciamo in modo diverso e con alcuni, come nel caso di River, devi avere la pazienza di scavare un po' di più.» sorride di nuovo, le sue dita che vanno a spizzicare qualcosa da una ciotola, dove un chicco d'uva gialla viene prelevato e portato alla sua bocca.

«Hai mai pensato di fare lo psicologo?» chiedo, sorridendo di nuovo a mia volta e sfiatando una risata sul nascere.

«Per l'amore del cielo, no. Non ne sarei in grado. Magari so guardare oltre quello che la gente vuole far vedere, quello sì, ma non significa essere in grado di curare delle ferite mentali. Dare consigli e saper ascoltare, non è lo stesso di prendersi cura di anime tormentate.» risponde.

Annuisco, altro sorso di bevanda mentre abbasso lo sguardo.

«Ma tornando a noi, per quanto riguarda Addie... è normale litigare fra amici. Ma solitamente non è mai per il motivo per cui avviene. C'è sempre altro dietro. Se ti importa di lei, di chiarire, allora cercate di trovare quale sia la reale ragione.» altro consiglio dispensato. «E sono certa che Addie ti voglia bene come tu chiaramente ne vuoi a lei Flame.»

«E tu? Tu l'amavi? L'ami ancora?» lo chiedo. Perché il conoscere la verità e non potergliela rivelare, è qualcosa che in questo momento mi disturba.

«Non so. Addie è fatta di luce sai? Oddio troppo zucchero, mi ricompongo» dice ridendo di sé stesso «Il fatto è questo Flame. L'amore si sviluppa in molte forme. E a volte, lasciare andare è anche una forma di esso.» lo vedo che smette di guardarmi, portando gli occhi alle sue mani giunte sopra il bancone.

«Ma comunque... se hai finito di bere la tua merenda ricevuta illegalmente, io devo tornare a lavoro. La mia pausa è finita purtroppo» si alza, scendendo dalla sua seduta prima di invitarmi a farlo anche io.

«Hai rinunciato alla tua pausa per me? Nick... non dovevi.» scuoto la testa, mentre schiaccio con le mani il contenitore del succo per poi gettarlo nella pattumiera vicino.

«Oh non farne un caso di stato. Mi ha fatto piacere.» risponde «E ora vai, hai due persone che aspettano di ritornare nella tua vita.»

Sorrido, annuisco, prendo un respiro profondo prima di uscire dalla cucina e seguire le sue indicazioni per non farmi notare da nessuno.

Forse Nick ha ragione, forse c'è ancora speranza di rimettere insieme i pezzi.

Devo solo crederci davvero. Fino alla fine.

▪▪▪▪▪

NOTE DELL'AUTRICE

Spero che il concetto sia chiaro. Perché purtroppo quello che dice Nick, nella società è vero.
Se sei uomo, di sesso maschile, non sei tenuto a soffrire. Devi mostrarti forte, non puoi piangere.

SMETTIAMOLA VERAMENTE.

Smettiamola con queste cazzate che la società e l'attaccamento al passato ci impone.

L'essere umano gioisce e soffre, allo stesso modo.
Non importa cosa tu abbia fra le gambe.
Sentitevi liberi di essere chiunque vogliate essere.
Sentitevi liberi di piangere se avete bisogno di farlo.
Di ridere se siete felici.
Esisterà sempre chi vi giudicherà e chi lo troverà strano, ma voi fregatevene.

Essere voi stessi, è il regalo più bello che possiate farvi.
Nessuno è perfetto, nessuno è fatto di ghiaccio.
Tutti proviamo emozioni.

xoxo
Neens

Vi ricordo che mi trovate su insta o su tt: neensonwattpad

Rispondo sempre e leggo sempre.

E se anche questo capitolo vi è piaciuto, vi invito a lasciare una stellina e a consigliare F.E.A.R. anche ai vostri amici.

Vi voglio bene e grazie di tutti i commenti e dei vostri messaggi che ricevo ogni giorno.❤️

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