Capitolo 14

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Egle Pirozzi era una piacente donna sulla sessantina dal temperamento forte e determinato che dopo un attimo di comprensibile smarrimento, con il coraggio di un leone e la violenza di un tornado, affrontò di petto la povera Elsa.

«Che intenzioni hai?», la interrogò fissandola di sottecchi. «Spero tu non voglia far del male alla mia nipotina o a mio figlio», aggiunse poi urlando inviperita.

«Mamma ti prego...», cercò di ammansirla Max, mentre la donna diventava sempre più nervosa.

«Tu stai zitto», esclamò Egle. «Ti avevo spiegato che non avresti dovuto invitarla in casa», lo sgridò quasi fosse un bambino.

«Non ho intenzione di far del male a Zoe e neppure a Max», cercò di giustificarsi la Landi.

«Allora dimmi perché sei qui nella loro casa!», ribatté la donna seccata, avvicinandosi a lei minacciosamente.

«Non sapevo dove andare, signora», rispose Elsa con voce tremante.

«Da quello che so, dovresti essere all'ospedale a decidere cosa fare del tuo corpo», la redarguì Egle.

«Infatti... », rispose non osando contraddirla.

«Almeno sei  al corrente delle condizioni in cui versi, cara?», domandò la Pirozzi apparentemente ammansita.

«Sembra che io non me la passi per niente bene, signora», rispose l'altra.

«Vedi la luce? Devi andare verso la luce, figlia mia», la consigliò la madre di Max.

«Verso la luce?», esclamò Elsa sbigottita.

«Dopo l'incidente non hai visto accanto a te un fascio di luce abbagliante?», s'informò la nuova arrivata.

«Assolutamente no», rispose Elsa.

«Allora abbiamo un problema, mia cara ragazza!», sbottò la donna.

«Elsa si trova ancora in bilico tra la vita e la morte», spiegò Max , «probabilmente perché ha ancora un compito da portare a termine qui sulla terra».

Per Egle la conclusione di suo figlio, sembrò ragionevole.

«Probabilmente non può ritornare nel suo corpo oppure morire, fino a che non riuscirà a trovare il nesso che la trattiene ancora qui. Spetta a noi aiutarla, perché questa situazione possa risolversi», concluse Pirozzi.

«Probabilmente è così, ma comunque io non gradisco la sua presenza e non mi fido di lei», dichiarò insofferente la madre.

«Dovrai abituarti alla presenza di Elsa», rispose Max abbandonandola nel corridoio e raggiungendo la cucina.

«Tu sei un pazzo», urlò Egle seguendolo. «Non è detto sia buona», continuò accomodandosi al tavolo.

«Elsa è diventata una cara amica per me e per Zoe» replicò l'uomo, mentre l'interessata sempre più imbarazzata fissava il pavimento.

«Testone!», sibilò Egle, «non hai mai capito nulla della vita».

A quelle dure parole, Max non riuscì a frenarsi.

«Devi finirla di criticare continuamente le mie scelte», urlò arrabbiato.

«Forse dovrei andarmene», esclamò Elsa sentendosi di troppo.

«Mamma devi smetterla subito», riprese inviperito l'uomo senza considerare l'imbarazzo della sua ospite.

«Le scelte di vita che pensi ti appartengano, non sono veramente una tua scelta. Ti sono state imposte, tuo malgrado, dalla madre di tua figlia», urlò Egle paonazza.

«Non sai nulla e parli...», esclamò lui con tristezza. «Antonella non ha sbagliato in nulla. Lei non voleva diventare madre ma ha esaudito la mia voglia di paternità», proseguì poi con mestizia.

«Lei ti ha abbandonato con una bambina in fasce!», obbiettò sarcastica Egle.

«Non sentirsela di essere madre è forse una colpa?», rispose Max contrito. «Non ha abbandonato sua figlia, l'ha lasciata con me che sono il padre.»

«Proprio una brava persona», replicò ridacchiando sarcasticamente Egle.

«Per tua informazione, Antonella chiede regolarmente ragguagli sulla salute e sulla crescita di Zoe», rispose lui. «Ha inoltre espresso il desiderio di venirci a trovare al più presto» continuò, lasciando la donna con un palmo di naso.

«Avvertimi quando arriverà, perché non voglio essere presente», sbottò sua madre.

«Tranquilla, neppure lei sente l'urgenza di rivederti», rispose lui divertito.

«Penso sia meglio che me ne vada», esclamò Elsa. «State parlando di questioni private e non vorrei disturbarvi», continuò timidamente.

I due litiganti tacquero all'unisono.

«Elsa che dici?», esclamò la voce di Max tornata improvvisamente calma e gentile. «Tu sei la benvenuta in questa casa. Vero mamma?» esclamò poi, fissando con autorevolezza Egle.

«Certamente», non tardò a rispondere la donna. «Se c'è posto per quella boriosa snob di Antonella, non vedo perché non ce ne possa essere per un'aspirante spettro senza pace», aggiunse poi maliziosamente acida.

Max fece finta di non aver sentito la sua ultima cattiveria ed andò a sistemare i suoi bagagli nella stanza che occupava abitualmente quando gli faceva visita.

Sciaguratamente la confusione che aveva accompagnato lo scambio di vedute tra madre e figlio, aveva svegliato bruscamente la piccola Zoe, facendo accorrere Egle nella sua stanzetta.

«Angelo mio come sei cresciuta!», esclamò appena la raggiunse, accarezzandole poi i radi e teneri riccioli castani.

«Mi somigli tanto...», continuò poi Egle stringendo la piccina tra le braccia. «Mi somigli più di quel testone di tuo padre», concluse infine ridendo.

La piccola che aveva ereditato da sua nonna i capelli ricci e gli enormi occhi azzurri, sembrava felice di rivederla. Dimostrava la sua gioia, emettendo dei gioiosi gridolini che si mischiavano alle allegre risatine. Conquistata da quella tenera creatura, Egle si scordò del suo scorbutico figlio e della ingombrante presenza che l'attendevano in cucina.

Quando li raggiunse tenendo la piccola tra le braccia, il suo malumore si era già trasformato in un ricordo passato.

Si illuminò accorgendosi che il "dono" di famiglia, già appartenuto a sua madre e a sua nonna, era stato ereditato anche dalla piccola Zoe, che con sua grande soddisfazione vedeva e udiva la Landi.

«E' tutta casa Pirozzi», continuò ad esclamare, «non somiglia per niente alla sua perfida madre».

Le sue inopportune provocazioni, ricevevano i sorrisi inconsapevoli della piccola e le proteste di Max. L'uomo non voleva assolutamente si sminuisse Antonella in nessuna maniera e soprattutto davanti alla bambina, la quale avrebbe dovuto crescere rispettando ed amando sua madre.

«Sei una rapa, figlio mio», rispondeva Egle, seccata dalle sue proteste. «Cosa vuoi che capisca questa piccolina...», concludeva poi irritante.

Gli occhi di Egle cercarono Elsa, quasi volesse una conferma a quanto stava affermando.

«Non so che dire!», rispose la donna. «E' presumibile e sensato pensare che Zoe somigli anche alla sua mamma», stabilì infine con gentilezza.

«Assolutamente no, mia cara», insistette Egle. «Antonella ha i capelli lisci e neri e gli occhi castani. Completamente diversa da Zoe, lasciamelo dire», concluse inopportunamente.

Max la fissava allibito. Non solo auspicava che sua madre non si immischiasse nella sua vita privata ma esigeva che sua figlia non fosse cresciuta con queste prerogative. Voleva evitare si biasimasse o si sminuisse sua madre che, sebbene lontana da lei, le aveva fatto il grande dono della vita.

Elsa comprendeva perfettamente il suo proposito e lo ammirava per la forza e l'onestà che dimostrava. Il candore del suo animo e la sensibilità del suo cuore, lo rendevano ai suoi occhi una persona unica e davvero speciale. Non sapeva esattamente cosa fosse accaduto tra lui ed Antonella e perché le cose per loro avessero preso una piega così inusuale, ma era certa che prima o poi Max le avrebbe confidato ogni cosa.


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