Capitolo 18

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L'ipotesi che il "sospeso" di Elsa fosse la cattura del pirata della strada che l'aveva investita, abbandonandola poi senza prestarle soccorso, fu per Egle la supposizione più accreditata ed accettabile. Le sue "Sibille" avevano sancito, senza ombra di dubbio, che presto il delinquente sarebbe stato arrestato dalla polizia e assicurato alla giustizia.

Le speranze di Egle però, non vennero condivise con lo stesso entusiasmo da Max e da Elsa che nonostante non riuscissero ad ammetterlo, speravano che il momento del commiato arrivasse il più tardi possibile. I due scoprirono di avere moltissime cose in comune e di condividere molti propositi e convinzioni. Elsa rivelò a Max, il suo dolore per non essere diventata madre, lodandolo con parole lusinghiere per la dedizione con cui si occupava della figlioletta. Dal canto suo l'uomo si confidò con lei, confessandole le sue più pressanti inquietudini. Sua figlia non aveva ancora pronunciato la sua prima parola di senso compiuto e nonostante per il pediatra non ci fossero problemi, tale ritardo, forse più supposto che reale, lo preoccupava. Qualche sera prima della vigilia, i due giovani si allontanarono per una breve passeggiata in paese. Il piccolo centro quasi totalmente addobbato da luminarie e soggetti natalizi, fu quasi un toccasana per Max, che desiderava vivere un Natale sgombro dalla tristezza del passato. L'anno precedente lui ed Antonella, forzatamente sotto lo stesso tetto, non avevano celebrato la ricorrenza. Il loro rapporto era ormai naufragato e proprio per questo motivo, sentivano di non aver nulla da festeggiare in coppia. Zoe non era riuscita a riunire i suoi genitori, anzi li aveva separati ancor di più, per questo Antonella aveva deciso di partire appena dopo le feste e trasferirsi velocemente ad Hong Kong. In quell'improbabile atmosfera natalizia, tra una poppata di latte in polvere e l'altra, una giovane madre si accingeva a preparare le valigie per la sua prossima partenza. Max giurò che non avrebbe ignorato un altro Natale per nessuna ragione al mondo e mentre camminava con Elsa al suo fianco, si convinse che quell'anno la festa sarebbe stata certamente più serena. La presenza di lei, gli regalava una pace ed una serenità che aveva da tempo scordato. Con molta probabilità se l'avesse conosciuta prima dell'incidente, si sarebbe permesso di corteggiarla, pur rendendosi conto di non essere esattamente il suo tipo d'uomo. Nonostante questa triste convinzione, Max era felice del suo aspetto. Si considerava un uomo abbastanza piacevole e prestante, con un volto regolare e due stupendi e teneri occhi nocciola. Dal canto suo Elsa, malgrado fosse stata per anni innamorata del suo Andrea, si rese conto che suo marito non avesse mai avuto per lei le attenzioni e le delicatezze che le riservava Max. Il tempo trascorso con Pirozzi, le aveva fatto rivedere la figura e lo spessore umano di Andrea Landi, facendole scoprire di aver perso ogni genere di attaccamento e stima nei suoi confronti. Si ritenne fortunata che un uomo così arido di sentimenti, fosse passato ad Anna, accorgendosi di non essere più innamorata di Andrea, forse da molto tempo.

La sera della vigilia di Natale, Egle Pirozzi si era occupata di imbandire la tavola a festa. Benché Elsa non cenasse, la donna aveva apparecchiato rigorosamente per tre come era sua abitudine fare.

Aveva steso la tovaglia ricamata delle feste, posizionando il centrotavola natalizio che avevano scelto insieme al centro commerciale. Le posate dorate ed i calici di cristallo, creavano un contrasto di grande effetto sulla tovaglia ricamata, facendo sentire Elsa felice e spensierata come non le succedeva più da tempo. Ripensò a sua madre e a Sara, chiedendosi come avrebbero trascorso quella ricorrenza. Ogni vigilia di Natale la passava con loro, costringendo Andrea ad accompagnarla. Suo marito non gradiva la compagnia delle sue congiunte ma si rasserenava il giorno successivo, quando si recavano per il pranzo di Natale nella casa della sua famiglia. Ora a quel pranzo ci sarebbe andata Anna, una donna che probabilmente avrebbe potuto regalare ai suoi genitori il tanto agognato nipotino.

«Che hai cara?», le chiese la Pirozzi vedendola pensierosa.

«Nulla Egle», replicò lei cercando di sorridere.

«Pensieri?», insistette l'altra preoccupata.

«Sto pensando a mia madre e a mia sorella», rispose malinconica, «è il loro primo Natale senza di me».

Elsa sentì un nodo in gola mentre pronunciava l'ultima frase, riuscendo a trattenere a stento le lacrime.

Egle la fissò con empatia.

«Potresti telefonare a casa », propose con partecipazione.

«Non mi sentirebbero!», disse l'altra scoraggiata.

«Potrai comunque fare gli auguri a tua madre anche se lei non li sentirà», rispose Egle.

«Hai ragione! Componi il numero per me, prima che torni Max», strillò eccitata la giovane battendo le mani.

Egle ubbidiente afferrò il cellulare e compose il numero che Elsa le scandiva. Appena udì il segnale di chiamata in corso, passò l'apparecchio all'amica.

«Pronto?», rispose dopo qualche secondo la voce ben impostata di Monica.

«Mamma, sono Elsa», gridò lei scoppiando in lacrime.

«Pronto?», continuò perplessa sua madre.

«Mamma, vi auguro buon Natale con tutto il mio cuore», continuò piangendo Elsa.

Dall'altra parte un silenzio profondo le fece pensare che Monica avesse interrotto la comunicazione.

«Mamma vi amo e vi amerò per sempre», concluse singhiozzando.

Stava quasi per spegnere il telefonino quando avvertì che sua madre stesse piangendo.

Non aveva riattaccato ma udendo la sua voce, si era bloccata per lo stupore e l'emozione.

«Elsa, Elsa, sei tu?», urlò piangendo Monica.

«Sono io mamma», replicò lei cercando di controllarsi.

«Ieri sono venuta in ospedale», rispose dolcemente sua madre, singhiozzando senza più nessun freno. «I medici mi hanno comunicato che la tua situazione fosse stabile ma che difficilmente ti saresti risvegliata dal coma. Ed invece...»

Improvvisamente la telefonata s'interruppe. Forse Monica era svenuta per l'emozione, oppure era semplicemente caduta la linea. Sebbene la prima ipotesi la spaventasse, Elsa sentì una grande malinconia invadere la sua anima. Sua madre aveva percepito la sua voce, probabilmente illudendosi si fosse svegliata dal coma. Sarebbe stato difficile per lei, accettare che tutto ciò non fosse vero e probabilmente avrebbe attribuito quello che sarebbe apparso come uno scherzo maligno, ad una crudele mitomane.

Confusa abbracciò Egle, piangendo disperatamente di dolore e nostalgia. La donna commossa e tremante le carezzò i capelli e pianse per qualche minuto con lei.

«Cerchiamo di ricomporci, mio figlio sarà qui a momenti», esclamò la cartomante sciogliendosi da quell'abbraccio.

Riuscì appena a terminare la frase, quando udirono il rumore delle chiavi girare nella serratura.

«Avete sentito il notiziario?», urlò Max appoggiando sul tavolo il panettone artigianale appena acquistato in pasticceria.

«Non ancora, caro», rispose Egle confusa.

L'uomo accese il piccolo televisore della cucina, non accorgendosi minimamente che sua madre ed Elsa avessero pianto.

«Prima di chiudere il telegiornale locale», esclamava la cronista, «ripetiamo la notizia data all'inizio di questa edizione». Egle ed Elsa si avvicinarono all'apparecchio e si misero all'ascolto.

«E' stato catturato il pirata della strada che il ventitré ottobre scorso, ha investito e ridotto in fin di vita Elsa Ferrari Landi di anni trentadue», proseguì la giornalista.

Elsa fu pervasa da una miriade di sensazioni. Si sentiva felice che quel manigoldo fosse stato assicurato alla giustizia, comprendendo però che se quello fosse stato il cavillo che la teneva sospesa tra la vita e la morte, presto avrebbe dovuto abbandonare definitivamente i Pirozzi.

«L'uomo, un ventitreenne tossicodipendente è ora rinchiuso nel carcere cittadino in attesa della formalizzazione dell'arresto», continuò la cronista, «il marito della vittima è stato avvisato poco prima dell'edizione serale del nostro TG. Concludiamo augurando a questa famiglia e a tutti gli spettatori una serena vigilia di Natale».

«Mia cara, l'hanno preso!», strillo Egle battendo le mani. «Forse fra poco conoscerai il tuo destino», continuò felice.

Elsa si sentiva strana. Da una parte era contenta per quella novità e dall'altra si sentiva triste come non lo era mai stata prima.

«Per caso vedi la luce?», chiese Egle preoccupata.

«Non vedo nessuna luce», rispose convinta lei.

«Almeno sai cosa dovresti vedere?», appurò la Pirozzi.

Elsa tacque. Non sapeva esattamente cosa intendesse dire Egle con quel "Vedi la luce?".

Quindi, sentendosi sciocca si fece forza chiedendo all'esperta cosa avrebbe dovuto vedere.

«Le anime vengono guidate da un fascio di luce splendente che le accompagna nell'aldilà», spiegò senza tanti complimenti la sensitiva.

«Non devi far altro che entrare in esso e seguirlo», continuò la Pirozzi, «è molto più scintillante delle luci di questo mondo e ti posso assicurare che lo riconoscerai subito», concluse poi commossa.

In verità Elsa non vedeva nessun fascio di luce scintillante. Che non la volessero nell'aldilà? Probabilmente era destinata a ritornare nel suo corpo esanime ma per vedere se il suo destino fosse realmente questo, doveva raggiungere l'ospedale.

Max diventò improvvisamente triste, quasi le parole di sua madre gli avessero provocato un certo disagio. Andò a controllare Zoe che giocava sul tappeto variopinto del salotto, accanto alla tavola imbandita. Sollevò sua figlia e la fece accomodare nel seggiolone. La piccola protestò e scalciò energicamente, tranquillizzandosi quando vide Elsa accomodarsi sulla sedia accanto a lei. La donna iniziò a raccontarle una favola, imboccandola con la pappa al semolino che nonna Egle aveva preparato apposta per lei. La bambina mangiava con appetito, spalancando la boccuccia, ipnotizzata dall'evolversi della fiaba. "I tre porcellini" era una storia molto carina che Elsa sapeva raccontare in maniera divertente, donando ad ogni personaggio una voce diversa. Mentre Egle serviva il caciucco, Max stappò il prosecco . Il tappo di sughero con uno botto, volteggiò nell'aria cadendo proprio tra le mani della piccola Zoe.

«E' sinonimo di grande fortuna, piccolina», esclamò Elsa dandole un buffetto sulla guancia.

La bimba per niente spaventata rise di gusto, portando il tappo alla bocca.

«E no signorina!», protestò suo padre togliendole il turacciolo dalle manine, «il vino per ora è meglio lo lasci da parte».

Tutti risero divertiti e sebbene Max apparisse sereno, Elsa sapeva che dentro di lui qualcosa lo preoccupava.

Zoe si addormentò profondamente mezz'ora dopo aver mangiato la sua cena. Dormiva come un angelo con la testolina appoggiata al ripiano del seggiolone, i ricciolini castani scompigliati e la boccuccia leggermente aperta.

«Meglio che la porti a letto», esclamò Max.

«Certo caro, le faremo scartare i doni domattina», rispose Egle.

L'uomo sollevò la piccina dal seggiolone e tenendola amorosamente tra le braccia, la condusse in camera sua.

«Bene!», esclamò la Pirozzi osservando il figlio uscire dal salotto. «Vado a prendere le orate in cucina. Sono ancora in forno e dovrebbero essere pronte!», dichiarò sorridendo.

Elsa rimase sola in salotto.

Si alzò dalla sedia e afferrato un tovagliolino di carta, cominciò a pulire la tavoletta del seggiolone di Zoe, sporca di semolino. Finito il lavoro, gettò la salvietta sul piattino di plastica della piccola. Una luce abbagliante colpì i suoi occhi appena li rialzò dal tavolo. Era una radiazione luminosa unica ed inusitata, uno splendore che non esisteva nella realtà terrena. Fece un balzo all'indietro quando si accorse che quel fascio di luce sfolgorante, si stava allargando investendola col suo bagliore. Sentì che tale riverbero pur cercandola, allo stesso tempo la respingesse, quasi non la ritenesse degna di godere del suo conforto. Il terrore si impadronì di lei. Perché Dio non voleva accoglierla nella sua grazia e nel suo amore?

«Eccomi!», esclamò Egle rientrando nella stanza, reggendo due piatti con le orate.

Come era apparso il fascio luminoso diminuì la sua intensità, scomparendo gradualmente alla vista di Elsa. Egle non si accorse di tale presenza luminosa ma notò, preoccupata e sconvolta, il volto basito della sua amica.

«Cosa c'è cara, hai visto un fantasma?», chiese alla ragazza ridacchiando.

«Ho visto la luce, Egle», rispose l'altra sbigottita.

«Santo Cielo», esclamò la sensitiva poggiando le stoviglie sul tavolo.

«Ho visto la luce ma sembra non volermi ancora con sé», rispose Elsa tristemente.


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