Capitolo 29

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Il signor Martino arrivò in casa Pirozzi intorno alle sedici di un pomeriggio di inizio febbraio.

Egle aveva preparato Max a questo importante incontro, confidandogli nuovi particolari sulla sua inaspettata relazione. Mesi prima quando era arrivata senza preavviso a casa del suo unico figlio, si era ripromessa di metterlo al corrente della sua nuova storia d'amore. La presenza di Elsa però, le aveva fatto trascurare tale proposito e gli avvenimenti successivi l'avevano obbligata a procrastinare ogni tipo di chiarimento con lui. Tuttavia aveva continuato a mantenere contatti telefonici con il fidanzato, pregandolo di portare pazienza per la situazione d'attesa che si era creata e tenendolo informato su quanto stava avvenendo in casa.

Martino era un uomo grassottello e leggermente stempiato, dal volto molto dolce e rassicurante, su cui spiccavano due meravigliosi occhi  scuri e luminosi.

Impacchettato in un antiquato ed imbarazzante completo a scacchi tinta senape, recava con sé  una voluminosa scatola di cioccolatini da regalare alla famiglia e un mazzo di gladioli  freschi, con cui omaggiare l'affascinante Egle.

Pirozzi attendeva l'ospite seduto su una poltrona del salotto, sperando che quel forzato incontro non si risolvesse in una delusione per sua madre. Egle aveva tanto insistito per farli incontrare, asserendo che il "buon Martino" , oltre ad essere il suo fidanzato, si interessasse anche di parapsicologia. L'uomo si irrigidì seccato quando il promesso sposo si presentò alla porta, accolto dalle risatine infantili e i gridolini imbarazzanti di sua madre.

«Max, ti presento il mio adorato Martino Prushenko», esclamò Egle entrando in salotto con l'ospite. 

L'uomo fissò Max sorridendogli dolcemente e reggendo a fatica i fiori ed i cioccolatini, gli porse educatamente la destra.

«Piacere di conoscerla, giovanotto», esclamò bonario, «sua madre mi ha parlato molto di lei» .

«Piacere mio», disse l'altro, osservando perplesso quello strano personaggio. Dopo le presentazioni, la fantasia di Max cominciò a viaggiare a briglie sciolte. Chi poteva garantirgli con ragionevole sicurezza, che Prushenko non fosse uno spregiudicato trafficante di droga?  O peggio ancora, un terribile serial Killer? Non lo conosceva e voleva capire come difendere la madre, nel caso non si fosse rivelato l'uomo distinto che credeva.

Pensò che tale prudenza, non fosse causata esclusivamente dalla paura che lei potesse correre degli ipotetici pericoli. Si accorse con sorpresa che le sue  incertezze riguardo quell'uomo dipendessero da una certa gelosia infantile che l'aveva colto, quando aveva  saputo della relazione della genitrice. Non aveva mai provato prima d'allora, tale imbarazzante sentimento nei suoi confronti. Da quando suo padre li aveva abbandonati, Egle non si era più accompagnata a nessun uomo, occupandosi esclusivamente di crescerlo con amore ed equilibrio a dispetto della sua natura eccentrica. Il vederla quindi con un compagno accanto, rappresentava una novità talmente impensabile, da riuscire a far vacillare in Max, le sue già esigue e fragili certezze.

«Questi sono per te», esclamò Martino porgendo ad Egle i fiori. La donna lo ringraziò riconoscente.

L'ospite consegnò la scatola di cioccolatini al padrone di casa.

«Ecco», esclamò empatico, «un po' di dolce per sollevarla dalle amarezze dell'esistenza!».

Pirozzi lo squadrò attonito. Come poteva insinuarsi così inopportunamente nella sua vita privata? Si ricordò improvvisamente che sua madre avesse raccontato con dovizia di particolari a quell'estraneo, tutto ciò che era accaduto ad Elsa negli ultimi mesi. Egle era davvero una pettegola linguacciuta, forse più  indiscreta della stessa Aurelia Corsi detta anche la "Gazzetta del quartiere".

«Max ti prego, apri la scatola con i bon bon e tieni compagnia a Martino», esclamò la madre distogliendolo dai suoi pensieri. «Vado a mettere i fiori in un vaso ed arrivo subito», esclamò uscendo dalla stanza.

I due uomini rimasero soli , in totale silenzio. Il padrone di casa poté così scrutare  attentamente l'ospite, rendendosi conto quasi immediatamente della sua poca cordialità.

«Prego, si accomodi» esclamò, cercando di porre rimedio alla sua negligenza e indicando il divano al signore.

Martino sorrise e si accomodò sul soffice sofà. Trascorsero così qualche istante, ancora in totale silenzio. Prushenko osservava di sottecchi il figlio della sua donna, mentre Max faticava a scartare la confezione di cioccolatini, quasi felice di aver trovato un'attività che lo sottraesse a quella vicinanza imbarazzante. L'uomo ogni tanto gli rivolgeva qualche timido sorriso, cercando disperatamente  la maniera di iniziare un discorso tra loro.

«Fa piuttosto freddo in questi giorni», esclamò l'ospite trovando nella meteorologia l'unico spunto alla conversazione.

«Lei  crede faccia davvero così freddo?», rispose scrutandolo Max.

«Beh, certo... anche se indiscutibilmente abbiamo avuto invernate più rigide», mormorò l'uomo sudando copiosamente per la tensione.

«Tuttavia lei ora appare accaldato, quindi converrà che questo non sia esattamente un inverno particolarmente rigido», osservò Max impertinente. «Gradisce un cioccolatino?», esclamò poi nervoso, riuscendo ad aprire maldestramente la confezione di dolci

«Magari più tardi! », rispose l'altro preoccupato. 

«Dove ha conosciuto mia madre?», chiese Max in maniera brusca.

«L'ho conosciuta ad un convegno di parapsicologia», spiegò Prushenko.

«Oh dimenticavo! E' anche lei è interessato all'esoterismo...», rispose Max quasi divertito. Ora era ufficiale: mamma si era fidanzata con uno svitato come lei. 

 «Non definirei esattamente la parapsicologia una disciplina esoterica», sostenne Martino quasi ringalluzzito,  «la parapsicologia è la disciplina che studia con metodi scientifici tre categorie di fenomeni anomali: i poteri psichici, l'interazione tra mente e materia e  la  sopravvivenza dopo la morte!».

 «Quindi lei assisteva alla stessa conferenza a cui era presente anche mia madre?». S'informò Max con malcelato sarcasmo, immaginando l'incontro tra quei due personaggi eccentrici.

«Io veramente ero il relatore di quella conferenza», rispose Martino con soddisfazione.

Max si accarezzò la fronte, pensando che la madre non avesse trovato come fidanzato un semplice eccentrico, ma il più strampalato e deviato tra tutti gli eccentrici. 

«Visto che siamo entrati in argomento...», disse l'ospite emozionato, «vorrei chiederle formalmente il permesso di corteggiare sua madre!».

Pirozzi avvertì un brivido percorrergli la schiena e una gelosia bruciante serrargli la gola.

 «Trovo questa richiesta superflua ed ipocrita», esclamò piccato, «da quello che ho potuto constatare, avete già opportunamente cominciato una relazione a prescindere dal mio assenso».

La sua risposta secca e diretta, raggelò il timido spasimante. Martino abbassò il capo mortificato e frenò ogni tipo di reazione,  scorgendo proprio in quel momento, Egle rientrare in salotto. 

«Ho messo il vaso con i fiori sul mobile dell'ingresso!», disse gioiosa, accorgendosi quasi immediatamente, del volto corrucciato del suo ospite. «Martino, questo testone non ti avrà mica importunato?», chiese preoccupata indicandogli il figlio. 

 «Assolutamente no, mia cara», rispose l'altro, «tuo figlio è un ragazzo serio e davvero molto ospitale ed educato». Max si vergognò pensando che quei presunti pregi, non gli avessero impedito di umiliare e svilire Martino che senza cercare una rivalsa, aveva esaltato con nobiltà d'animo ed eccessiva condiscendenza i suoi meriti.   

«Insomma Max, ti è simpatico il mio fidanzato?», chiese la donna accomodandosi accanto all'amico.

L'ospite fissò imbarazzato il giovane uomo. Non avrebbe sopportato un'altra cattiveria da quel ragazzo e biasimava Egle per avergli posto una tale domanda.

«Sono davvero molto felice di averlo conosciuto e gli chiedo perdono se poco fa, sono apparso indelicato», rispose Max inaspettatamente. 

«Non deve scusarsi», dichiarò Martino con generosità. «Capisco perfettamente la sua posizione e spero che presto vorrà concedermi un chiarimento», aggiunse poi cordiale.

«Cosa dovete chiarire?», chiese Egle sospettosa.

Nessuno dei due uomini rispose.

«Or bene, mia cara», esclamò Prushenko rompendo il silenzio,  «stavo giustappunto raccontando a tuo figlio che mi occupo di parapsicologia».

«Certamente!», dichiarò la Pirozzi. «Oserei dire che sei tra i più grandi studiosi in questo campo», aggiunse orgogliosa.

"Bingo! Due pazzi si sono incontrati...Era destino!", pensò tra sé Max, considerando la singolarità e le similitudini di quella coppia. 

«Nonostante questo eccentrico interesse, insegno anche filosofia metafisica all'Università», dichiarò Martino sorridendo in direzione di Max.

Pirozzi sussultò. Gli parve che l'esimio professore seduto sul suo sofà, avesse percepito il suo maligno ed irrispettoso pensiero di poco prima. 

«Lavoro di grande prestigio», dichiarò tentando di recuperare credibilità. 

«Più che prestigioso, lo definirei formativo. Sto incoraggiando i miei allievi ad osservare le cose che ci circondano, spingendosi anche al di là della realtà oggettiva», rispose solerte il professore. 

«Infatti ci siamo conosciuti ad un convegno di parapsicologia su questo interessante tema», specificò Egle.

«Quel convegno è stato la mia fortuna!» ribadì il fidanzato, accarezzandola con lo sguardo. «Se non fosse stato per quel fortuito incontro, probabilmente non ci saremo mai conosciuti», aggiunse sorridendole teneramente e prendendole una mano.

Egle si sporse e sfiorò appena con le labbra la sua fronte stempiata.

«Ora però, basta parlare di noi», dichiarò la donna. «Penso sia giunto il momento di spiegare a mio figlio le tue teorie sulla situazione di Elsa», esclamò recuperando il suo senso pratico.

Max li osservò con biasimo. Gli sembrava impossibile che due persone mature, quali erano sua madre ed il professore, tubassero come due colombi e usassero dirsi "ti amo" al telefono. Il loro comportamento gli appariva quello di due adolescenti alla prima cotta, piuttosto che l'equilibrato rapporto amoroso di due attempati signori. Abbandonò tali riflessioni e si concentrò sul discorso di sua madre.

«Martino dopo aver ascoltato attentamente tutta la nostra storia», proseguì Egle sicura, «ha formulato alcune ipotesi interessanti e per certi versi risolutive...».

«Lo spero davvero», rispose Max.

 «Questa è più di una speranza, giovanotto», esclamò il professore. « Fin dai tempi antichi, gli uomini hanno tentato di spiegare i fenomeni paranormali a cui tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo assistito. Per capire cos'è la morte però, dobbiamo prima riflettere su cos'è la vita.»

L'uomo fissò il volto di Max, scoprendolo inaspettatamente interessato al suo discorso.

 «Uno dei più grandi filosofi di tutti i tempi, Platone, elaborò la dottrina dell'Essere», continuò il luminare, «le teorie neoplatoniche che da lui prendono origine, considerano che prima ancora della materia con cui noi interagiamo, vi sia un piano superiore chiamato Iperuranio. In quel luogo  coesistono tutte le idee da cui scaturisce la vita in questo mondo. Lì, le idee esistono imperturbabili per sempre, mentre qui si "incarnano"...»

«Si spieghi meglio...», chiese Max confuso.

«Ecco, prediamo come esempio un comune albero. Se questo esiste, secondo Platone, lo dobbiamo all'idea intrinseca di albero che è presente nell'Iperuranio e che si riflette in questa nostra esistenza materiale...», tentò di spiegare il professore.

«Quindi sulla terra sono presenti gli alberi perché secondo Platone, a monte esiste l'"idea" di albero?», chiese Pirozzi disorientato.

«Esatto!», esultò il suo interlocutore. 

Lo squillo fastidioso del cellulare di Egle, abbandonato su uno dei mobili del salotto, interruppe  il discorso.

 «Scusatemi, vado a rispondere nell'altra stanza », si giustificò la donna accomiatandosi.

I due uomini ripresero il discorso da dove era stato troncato.

«In natura però, non esiste un'unica tipologia d'albero. Gli studiosi ne hanno classificato a migliaia. Questo a suo parere che significa? », esclamò curioso l'improvvisato allievo.

«Significa che come possono esserci diverse varietà di alberi, possono esserci anche diverse tipologie d'esistenza. Probabilmente Elsa sta cercando di rientrare nel suo corpo ma non riuscendoci, o riuscendoci parzialmente, quando smette di provarci, vaga in altri piani astrali e in altri mondi a noi sconosciuti», concluse Martino.

«Lei sta cercando di dire che se noi siamo qui in questo preciso istante, è perché esiste la nostra "idea"... La nostra essenza».

«Bravo, ha detto bene! La nostra "essenza", non la nostra "anima"!», esclamò il professore. «L'essenza è quell'idea che vive in un piano superiore al nostro e che permette ad Elsa, come a tutti noi, di avere un corpo fisico. L'anima invece, se svincolata dal corpo, potrebbe viaggiare su piani differenti», concluse Martino completando il discorso. 

«Quindi l'anima di Elsa, in questo momento, potrebbe essere ovunque?», ribatté Max.

«Esatto!», rispose il professore, « Elsa potrebbe agire su un piano spirituale parallelo al nostro mondo, oppure operare in una dimensione  materiale che non ci appartiene».

«Tale probabilità mi sembra assurda», osservò Max. «Nulla di tangibilmente oggettivo, ci permette di avvalorare questa bizzarra teoria», concluse tristemente

«Si sbaglia, mio caro Pirozzi!», rispose ridacchiando Martino, «è proprio per questo motivo, che tutti voi riuscivate a vederla e a parlarle. Lo riuscivate a fare, sebbene il suo corpo fisico giacesse inanimato in ospedale».

Egle interruppe nuovamente il discorso, entrando trafelata in salotto.  Il suo volto appariva pallido e teso, mentre con una mano si massaggiava il braccio sinistro. 

«Mamma che succede?», chiese preoccupato Max, «ti senti male?».

La donna lo fissò per alcuni istanti visibilmente provata. 

«Era Monica...Chiamava dall'ospedale», mormorò con voce flebile. «Elsa si è svegliata!», riuscì ad aggiungere sopraffatta dall'emozione. 




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