Capitolo 33

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Il professor Prushenko raggiunse casa Pirozzi in un piovoso pomeriggio di febbraio.

Era al corrente del momentaneo risveglio di Elsa e del suo dialogo con Max, elementi che l'avevano portato a formulare una sua personale ed innovativa ipotesi su quanto stesse accadendo. 

Max gli confidò che inizialmente Elsa, lo avesse confuso con un certo "Massimo" che a suo dire viveva nella misteriosa città di Korkian. La donna gli aveva anche rivelato d'essere trattenuta contro la sua volontà in quel mondo inospitale, reso singolare dal clima torrido e dalle due lune. 

«Non le ha detto nient'altro?», chiese interessato il professor Prushenko.

«Certamente! Prima di scivolare nell'incoscienza, mi confidò disperata di ricordarsi di tutti noi».

«Mi sembra una buona cosa!», notò Martino sorridendo.

«Professore, cosa sta succedendo ad Elsa?», sbottò Max innervosito dall' imperturbabilità del suo interlocutore.

«Non è questo il punto, ragazzo mio!», rispose Prushenko.

«Ah no?», commentò stupito Pirozzi.

«Chiediamoci piuttosto cosa sta succedendo all'intero universo», sentenziò l'altro, cercando le parole esatte per continuare il discorso.

Max ed Egle, seduti comodamente sul divano del salotto, lo fissarono sbigottiti. Anche Zoe sul tappeto, l'osservò verosimilmente stupita. La piccola nutriva una grande simpatia per Martino, che manifestava attirando la sua attenzione con risate e gridolini. Era innegabile che anche il professore ricambiasse quel tenero interesse, riservandole ogni sua affettuosa e premurosa benevolenza.

«Amore, non essere criptico!», esclamò Egle intervenendo nella discussione, «spiegaci con parole semplici, quello che secondo te sta avvenendo».

L'uomo seduto sul tappeto accanto a Zoe, concentrato a costruire una torre con i cubi, non rispose.

«Che diamine! Vuoi degnarmi almeno di una risposta?», urlò inviperita Egle.

«Scusa tanto tesoro!», rispose Martino balzando in piedi.

«Così va meglio!» approvò lei, ravvivando con una mano la folta chioma riccioluta  che le ricadeva a pochi centimetri dalle spalle. 

«Immaginiamo che tutto ciò che ha riferito Elsa corrisponda a verità», iniziò il professore. «In base a questo sarebbe abbastanza plausibile e coerente ipotizzare, che la nostra amica ci informi su fatti o circostanze di un mondo completamente diverso dal nostro».

«Chi ti assicura che quella che racconta sia una possibile realtà e non una semplice fantasia?», esclamò diffidente Egle.

Prushenko sorrise tra sé prima di rispondere.

«Me lo assicura la dovizia dei particolari con cui descrive le sue esperienze, mia cara! Questo è un elemento che non dobbiamo sottovalutare», esclamò dolcemente.

«Quindi i dettagli descrittivi dei suoi racconti diverrebbero la conferma della sua versione dei fatti?», sbottò Max. «Tutto ciò mi pare veramente assurdo».

«Dovete aprire la mente», tuonò Martino, «ed abituarvi a vedere le cose al di là della loro stessa apparenza».

I due ascoltatori sobbalzarono stupiti, vedendo quell'uomo mansueto così alterato.

«Dovreste imparare a ragionare non facendovi continuamente traviare dagli stereotipi e dai luoghi comuni. Solo attraverso questo esercizio raggiungerete la verità!», aggiunse Prushenko cercando di ritrovare l'equilibrio.

«D'accordo», esclamò Egle, «esponi pure la tua teoria, noi non ti interromperemo più!».

Martino sorrise tra sé, comprendendo che Egle avesse riconosciuto il suo errore e volesse fare ammenda. 

«Giorni fa...», esclamò l'uomo riprendendo il suo discorso, «mi è capitato di rileggere un interessante studio di alcuni fisici americani. Ho immediatamente collegato tali informazioni alla filosofia neoplatonica, ed ecco che i pezzi del puzzle sono rientrati tutti al loro posto».

Gli spettatori lo fissarono basiti, trovando tutto ciò misterioso e per certi versi incomprensibile. Tuttavia non osarono manifestare palesemente le loro obbiezioni.

«Mi spiego meglio, sto riferendomi alla teoria delle stringhe», sentenziò il professore accortosi del loro sconcerto.

«Teoria delle stringhe? Ne ho sentito parlare...», disse Max tentando di non lasciarsi sfuggire alcuna espressione che potesse innervosire Prushenko.

«Sono felice ne abbia una seppur vaga reminiscenza», esclamò l'altro, « anche se questa è ancora una teoria in fase di sviluppo, che tenta di conciliare la meccanica quantistica con la relatività generale...».

Egle e Max annuirono col capo , facendo credere a Martino di comprendere quelle indecifrabili nozioni.

«Dovete sapere che alla base delle particelle che formano la materia c'è il "quark", composto da filamenti di energia simili a corde. Queste "corde" sono le stringhe di cui vi parlavo» , dichiarò il docente.

I Pirozzi lo fissarono con interesse mentre Zoe, osservando divertita il professore, emise un allegro gridolino che apparve verosimilmente di approvazione.    

«Ognuna di queste stringhe può vibrare unicamente in un universo dotato di dieci dimensioni, producendo le particelle che compongono l'universo, lo spazio ed il tempo», concluse sicuro.

«Quindi se la teoria fosse esatta le dimensioni attorno a noi non sarebbero tre ma addirittura dieci?», sottolineò stupita Egle.

«Esattamente mia cara!», esclamò Martino applaudendo la fidanzata. « Le stringhe vibrando in dieci dimensioni genererebbero il nostro universo, così come tutti gli altri universi possibili».

 Anche Zoe batté le manine imitando il professore, mandando in visibilio tutti i presenti. 

Prushenko riprese il discorso, comprendendo l'urgenza dei suoi ascoltatori. Quella situazione oltre ad essere terribilmente dolorosa, doveva apparire loro anche inspiegabilmente contorta ed ostica. 

«Insomma per farla breve...Sto parlando della possibile esistenza di mondi paralleli», spiegò l'uomo. «Per qualche assurda circostanza, Elsa potrebbe essersi incarnata oltre che in questo anche in un altro mondo. La sua anima  però, unica ed esclusiva, si sposterebbe da una dimensione all'altra permettendo la sopravvivenza di entrambi i corpi materiali». 

«Tutto ciò potrebbe continuare per molto tempo?», domandò Egle.

«Non ne ho idea, ma credo che prima o poi dovrà decidere in quale realtà fermarsi», rispose Martino.

Un pesante silenzio calò nel salotto di casa Pirozzi. 

«Ma perché tutto ciò è accaduto proprio a lei?», chiese Max qualche attimo dopo.

«Purtroppo posso risponderle esclusivamente in via del tutto ipotetica...>>, replicò il professore  rattristato per non poter fornire certezze a quel ragazzo.

«E' già qualcosa», esclamò Pirozzi grato.

«A mio avviso è stata scatenata una reazione che ha permesso all'essenza di Elsa, di creare un corpo identico al suo in un'altra dimensione. Corpo che sarebbe stato solo un guscio vuoto se la nostra amica, proprio in virtù della sua condizione di comatosa, non avesse avuto la possibilità di balzare da una dimensione all'altra, rendendo propri ambedue gli organismi».

Max ed Egle lo fissarono sconvolti.

«Probabilmente tutto è iniziato a seguito dell'incidente che la coinvolse davanti casa», esclamò la donna.

«Non penso sia stato quello l'unico elemento scatenante», rispose Martino.

«Un momento...», disse Max, «Elsa mi riferì di uno strano fenomeno verificatosi nel cielo di quel bizzarro mondo». 

«Di cosa si trattava?», chiese Prushenko  incuriosito.

«Narrò fosse apparso uno squarcio sulla volta celeste, da cui fluì della materia luminosa», chiosò Pirozzi.

«Davvero strano! Apparentemente però, potrebbe trattarsi di un semplice miraggio cosmico», sussurrò il professore assorto.

«Mi preoccupa molto più di questo, sapere che Elsa venga trattenuta in quel luogo contro la sua volontà», esclamò sgomenta Egle .

«Infatti, proprio a tal proposito mi chiese di aiutarla», ribatté Max angosciato, «asserendo che qualcuno cercasse di riportarla in quello strano mondo» .

«Mi raccontò che si rivolse a lei chiamandola "Massimo"», continuò il professore.

«Assolutamente sì», rispose il giovane.

Prushenko sorrise tra sé.

  «A cosa stai pensando ?», lo interrogò Egle stordita dal suo divertimento.

«Credo solo mia cara, che Elsa potrebbe agire in una dimensione dove il tempo non segue i nostri parametri, relazionandosi con soggetti del tutto identici a quelli che conosce in questa realtà», esternò l'uomo.

«Vorrebbe dire che in quel luogo esistono delle nostre copie?», s'informò allibito Max.

«Probabile! Comunque ha fatto benissimo chiamarle "copie", perché quelle persone seppur identiche a noi, non sono noi>>, spiegò Prushenko.

I Pirozzi si fissarono allibiti.

«Quindi il mio "doppione" potrebbe essere quel famoso Massimo ?», chiese Max.

«Esattamente! Magari vi diversificate solo per qualche particolare, ma Elsa nel suo subconscio lo identifica con lei>>, risolse il professore.

Zoe cominciò a protestare per la fame. Era già ora di merenda ed Egle decise di condurla in cucina, dove un appetitoso omogenizzato alla frutta l'avrebbe ristorata e sfamata. Prima di uscire dalla stanza però, la donna si arrestò per un istante. 

«Come riuscirà la nostra amica  a tornare stabilmente in questa realtà?», chiese malinconica.

«Penso che la riuscita di tale intento dipenda esclusivamente dalla sua volontà e dal suo spirito di sacrificio», spiegò Martino. «Vedrete! Troverà certamente la maniera di tornare da noi», aggiunse poi sicuro. 

Egle e Max lo fissarono perplessi, capendo solo in parte quello che intendesse dire.




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