Capitolo 4

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Max tirò la tenda e si ritrasse sconvolto. Quella che aveva visto e al cui saluto aveva risposto, con il senso d'imitazione di una scimmia ammaestrata, era senza ombra di dubbio la povera signora Landi. Sapeva fosse in fin di vita all'ospedale dopo essere stata investita da un'auto pirata davanti casa. Accidenti a lei, era forse deceduta? Sua madre glielo aveva detto che prima o poi sarebbe successo anche a lui. Gli aveva parlato di quel "dono" di famiglia che veniva ereditato di generazione in generazione non risparmiando nessuno. Mamma infatti lo aveva ereditato da sua madre che a sua volta lo aveva ricevuto dalla sua, ma lui cosa c'entrava? Alla fine era un uomo e proprio per questo aveva sperato che tali bizzarre capacità non gli spettassero. Essere il figlio di una sensitiva non era un motivo valido per ricevere a sua volta questo pesante fardello che avrebbe cambiato radicalmente la sua esistenza e la sua percezione della realtà. Per alcuni questa condizione sarebbe stata accolta come un regalo dal cielo, una possibilità unica e particolare. Per lui invece, era solo qualcosa che avrebbe minato oltremisura le sue poche certezze, rendendo la sua vita ancora più strana e scombussolata di quello che già era.

Facendosi coraggio, scostò nuovamente la tenda. La donna era ancora nel giardino della sua casa, sotto l'albero di fico che fissava la sua finestra con aria afflitta.

«Oddio» pensò tra sé, grattandosi la barbetta ispida. «Non mi sono sbagliato. È proprio la Landi», esclamò spaventato.

Sebbene si salutassero appena, dopo la tragedia era passato dai Landi con l'intento di salutare ed incoraggiare il marito. Una signora, che aveva scoperto fosse la madre della sventurata vicina, aveva ricevuto lui e Zoe con cortesia e li aveva accompagnati in salotto dove il povero sposo intratteneva alcuni costernati colleghi di lavoro.

Andrea Landi si era fatto spiegare per due volte dalla suocera chi fosse quello strano individuo con una lattante tra le braccia.

Quando lui imbarazzato gli aveva manifestato il suo partecipato dispiacere per l'accaduto, Andrea aveva finto per educazione di rammentare chi fosse. Per togliersi dalla spiacevole situazione, Max si era quindi congedato garbatamente, spiegando che doveva portare a casa la sua bambina che si era addormentata con il visino appoggiato alla sua spalla.

Ridacchiò pensando quanto dormigliona fosse la sua piccola donna. Zoe infatti, era una bambina tranquillissima ed allegra che Max accudiva ed adorava come il più felice tra i papà. Proprio per questo si sentiva abbastanza valido come "ragazzo padre", anche se sapeva che il futuro come genitore single di una bambina, non sarebbe stato per nulla facile. Comunque aveva deciso che avrebbe risolto i problemi quando si sarebbero presentati, guardando l'avvenire con ottimismo e godendosi le crescita ed i progressi della sua stupenda creatura.

La sua condizione di ragazzo padre era stata definita dalla sua ex ragazza Antonella, che dopo due anni di convivenza si era ritrovata incinta. Non avendo programmato la nascita di un figlio ed essendo una promettente donna in carriera, la sua ragazza aveva pensato di ricorrere all'aborto. Non voleva intralci alla sua vita lavorativa in ascesa e quando dopo numerosi discorsi e relative suppliche aveva acconsentito di portare a termine la gravidanza, aveva lasciato a Max la bambina e si era trasferita ad Hong Kong. Qui la sua ditta aveva aperto una nuova filiale e riconoscendo le sue capacità organizzative e amministrative, l'aveva nominata direttrice. Il loro rapporto era così naufragato, anche se riconosceva alla sua ex il pregio di essere rimasta in contatto con lui, per informarsi sulla salute e sulla crescita della piccola Zoe. Cosa potevano fare? Purtroppo Antonella non era fatta per essere madre, rifletteva Max durante le notti insonni in cui sua figlia non aveva voglia di dormire, quindi doveva accettare questa realtà e andare per la sua strada.

Dello stesso avviso però non era sua madre Egle la "sensitiva", o perlomeno l'unica sensitiva di famiglia prima di quella mattina. Quando Zoe aveva tre mesi, nonna Egle aveva preso le redini della famiglia e si era occupata a tutto campo dell'accudimento della nipotina. Antonella infatti, era partita poco prima del suo insediamento, risparmiandosi in questo modo battutine al fulmicotone ed improperi irripetibili. Fortunatamente Zoe aveva preso il latte di sua madre per i primi due mesi di vita ma poi Antonella lo aveva perso ed era passata al latte artificiale. Questo passaggio aveva segnato ineluttabilmente il suo distacco da loro, autorizzandone per certi versi la partenza. Così Egle aveva passato con lui e la piccola Zoe sette lunghi mesi, fantastici per sua figlia che adorava la nonna dalla quale aveva ereditato il colore degli occhi e l'aria birichina, ma impegnativi per lui che mal reggeva l'esuberanza materna. Egle da circa un mese non viveva con loro era infatti tornata a casa sua per importanti e quanto mai misteriosi impegni. Max non aveva indagato oltre sulle attività private di sua madre ma si era limitato a ringraziarla per tutto il bene che gli aveva fatto. Nonostante ciò Egle telefonava quasi quotidianamente al figlio, facendogli narrare tutti i progressi della nipotina che ora ad undici mesi stava cominciando l'esplorazione del mondo.

«Non vedo l'ora di vederla gattonare» diceva mamma estasiata dai suoi racconti, «Presto verrò a trovarvi e mi fermerò un po' da te se non ti dispiace, caro».

Max rideva tra sé e annuiva. Non era semplice liberarsi di Egle Pirozzi.

Si impose di non uscire sul balcone per quel giorno. Forse il probabile "fantasma" della signora Landi, avrebbe concentrato le sue attenzioni su un altro soggetto e su un'altra casa. Un fremito gli percorse la schiena quando ricordò che lei sapeva potesse vederla. Decise quindi che per qualche giorno non sarebbe neppure uscito di casa e si sarebbe fatto recapitare la spesa dal fattorino del supermercato. Il pensiero corse a sua madre. Forse avrebbe potuto aiutarlo, era pur sempre una sensitiva e da molto prima di lui! Istintivamente afferrò il telefono e compose il suo numero.


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