34. Le paure hanno i giorni contati

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Edith tentò di articolare una frase di senso compiuto, ora che aveva realizzato di avere Lór in carne ed ossa davanti a lei, ma dalla sua bocca fuoriuscirono solamente una manciata di monosillabi indecifrabili – da, ma, ah, eh, do'. Allora le andò incontro senza arrestare la cantilena di lamenti, la camminata resa incerta dalla paura, come se il nero sotto i suoi piedi fosse in realtà un'illusione, pronta a inghiottirla al minimo passo falso.

Lór fu pervasa da emozioni contrastanti quando la vide sporgersi per tastarle il viso, di un innaturale grigio cenere. Non poté avvertirne il tocco, certo, ma il terrore che impregnava l'essenza di Edith l'attraversò dalla testa ai piedi, veloce alla stessa maniera di una scarica elettrica.

"Tu non dovresti essere qui" un ansimo di troppo la obbligò a tacere momentaneamente. Poi scosse la testa per non lasciarsi sopraffare dalla paura. "Come...?"

"Qui dove, per l'esattezza?" la interruppe Lór, senza mezzi termini. "Siamo nel Litlaus?"

"No. No, no, no" Edith negò di nuovo col capo, ma con più veemenza. Sul suo volto la tensione era più che evidente. "È difficile... spiegarti come e dove, ma... ti prego, ascoltami: non c'è tempo. Siamo-"

"Nel mio personalissimo parco giochi".

Lóreley ispezionò il buio circostante intanto che quella constatazione si ramificava all'interno di esso a mo' di eco: a parlare era stata una donna. Bionda, per giunta. Sì, biondissima e provvista di un senso di onnipotenza tale da renderla ridicola – ci avrebbe scommesso pure l'anima durante un patto col diavolo in persona. Tuttavia sarebbe stata una mossa al quanto sciocca, oltre che vana.

Perché adesso il diavolo camminava verso di loro, senza produrre rumore alcuno, l'oscurità che gli si diradava attorno ad ogni passo compiuto. A differenza delle due sciagurate, lei non vestiva i colori dell'oltretomba: il tubino rosso che aveva indosso faceva male agli occhi se guardato troppo a lungo. Questo confermava in pieno due ovvietà scontatissime – era Johanna ad avere il pieno controllo della situazione, che l'avessero voluto o meno. Era Johanna la proprietaria di quel lunapark discutibilmente morale, e loro non potevano fare altro che stare al suo gioco... sempre che fossero state lecite le sue regole.

Lóreley non tentennò nemmeno per un attimo, a differenza di Edith che quasi incespicò nei suoi stessi piedi mentre le sgusciava di fianco.

Johanna sollevò le braccia come per annunciarsi, scuotendo vivacemente i fianchi rotondi. "Ullalà, ma che magnifica sorpresa! E io che ero preparata a una visita soltanto... ma poco importa. Sapete come si dice, no? Più siamo e meglio è!" cinguettò. Poi inchiodò la sua attenzione sulla terza incomoda per eccellenza. "L'ho sempre pensato, biondina cara: tu hai una predilezione ai guai. Guai che non ti appartengono, certo, il che peggiora la tua situazione. Fai proprio bene a pensare tu sia una sfigata! Mi fai quasi pena".

"Mi reputi una sfigata, eppure non ti sono bastate due maledizioni per togliermi di mezzo".

"A quanto pare hai avuto culo, matricola, e ancora non riesco a spiegarmi come tu sia riuscita a scampartela" Johanna strizzò un occhio completamente nero con fare ammiccante, come nere erano le vene che le avvolgevano per intero il collo, a partire dal lato destro. Il vistoso rigonfiamento proprio sotto l'orecchio stava a significare una cosa soltanto: a rigor di logica, quella cattiveria non era tutta farina del suo sacco. L'idea che una sanguisuga stesse giocando a fare Ratatouille con le sue facoltà intellettive la disgustò.

'Fanculo, ce l'abbiamo sempre avuto sotto il naso!

Visto che Lóreley non aggiungeva altro ed Edith sembrava aver scordato il corretto uso di voce e lingua, Johanna continuò a girare il coltello nella piaga, facendo ciò che meglio le riusciva: sottomettere.

"Fai tanto la dura che non sei e questo mi fa imbestialire. Hai sempre la risposta pronta ma in realtà non vali niente. Sei una nullità. E le nullità devono restare al proprio cazzo di posto".

Lór non rispose neanche stavolta, troppo impegnata a darsi dell'idiota. Allora Johanna, che era distante dalle due meno di una quindicina di passi, riprese a camminare. In circolo.

"Stare con Bergljót deve averti montato la testolina, deve averti fatto credere di essere invincibile. La verità è che nessuno lo è – a parte me, ovviamente" mormorò la biondissima con spietata schiettezza. "Quel che più mi preoccupa è che ti ho sentita nominare il Litlaus, prima. A quanto pare sai della sua esistenza, quindi presumo tu sappia anche di noi. Della Cerchia, intendo, e dei gjöf. Questo è un bel problema: credo che tu ti sia appena scavata la fossa da sola" Johanna era adesso alle sue spalle, e Lóreley ne approfittò per strizzare gli occhi e morsicarsi il labbro. Che stupida era stata. "Ma un passo alla volta, ma chère, nonostante il tempo a nostra –vostra– disposizione sia poco. Non vedo l'ora di gustarmi le facce di tutti gli invitati quando vi ritroveranno... morte dalla paura. Soprattutto quella di quel cane di Bersi, Edith".

L'ultima interpellata non riuscì a frenare un sussulto e Lór temette il peggio.

"Morte... dalla paura?"

"Lóreley, no" sussurrò Edith, aggrappandosi poi al suo braccio. "Dobbiamo..."

"Dovete, devi semplicemente fare silenzio" intervenne Johanna. Era di nuovo nel loro campo visivo. "Sai, Lóreley, io ho un... dono, un gjöf molto particolare. Me l'ha concesso mamà quando ero soltanto una bambina. I bambini, lo sanno tutti, hanno molta fantasia, sono ingordi e non conoscendo il labile confine che c'è tra bene e male, mh... a volte può capitare che chiedano qualcosa di sbagliato, di infinitamente e moralmente sbagliato. Ecco. Io ho chiesto una di queste cose. Ho chiesto di voler conoscere le paure altrui. Ho chiesto di poterle manipolare, capire, servirmene a mio piacimento, e mamà mi ha ascoltata. Da quel giorno sono stata la bambina più felice del mondo. Pazzesco, non trovi? Ma basta chiacchiere, non sto più nella pelle: vediamo di cosa ha paura la nostra Dubois!"

Fu un attimo. Johanna assottigliò gli occhi, riducendoli in due fessure nere, e tese una mano in direzione della diretta interessata, l'indice a indicarla. Lóreley, in risposta, non poté fare a meno di balzare all'indietro e con uno scatto fulmineo si coprì lo sterno con entrambe le braccia. Sull'inizio non percepì nulla di specifico, tranne che il frustrante e irreale bisogno di coprirsi, poi qualcosa mutò di colpo.

Se avesse potuto spiegare in parole povere ciò che stava succedendo alla sua anima in quel momento, avrebbe di sicuro affermato che qualcosa mi sta spellando viva. Dire con certezza cosa le stesse accadendo sarebbe stata una pazzia, l'anima non era fatta di pelle e carne, eppure fu difficile cercare di ignorare le centinaia di pizzicotti che avvertiva ovunque: sulla nuca, sugli avambracci, sulle cosce, sulla pancia, dietro il collo, sugli zigomi. Allora Lór cominciò a grattarsi in maniera convulsa e incontrollata, finendo in ginocchio.

Edith, inorridita dalla scena, cascò all'indietro, ora vittima di una paura ancora più grande: quella di non avere il coraggio di agire.

Tutto si annullò con uno schiocco di dita.

"Oh" Johanna si picchiettò l'indice smaltato sul mento. "Abbiamo, vediamo cosa abbiamo... paura dei ragni... scontato, agh. Paura dei temporali. Davvero, biondina? A me rilassano tantissimo, figurati! Poi c'è, che cosa c'è..." e spezzò di proposito la frase, il giusto da accrescere l'inquietudine nel petto di Lór. "Bene, molto bene. Questa è una fobia davvero interessante: qui c'è qualcuna che ha paura di fallire! Che brutta cosa, il fallimento, neh, matricola? E, oh-oh... a quanto pare ho anche scovato la matrice che l'ha provocata, che colpo di fortuna!"

Lór sollevò la testa. "Non-..."

"Ían Geirsson, giusto? Ahi-ahi, che brutto trauma. Non dev'essere stato piacevole assistere a una morte così cruenta. Messo sotto da un Audi, che tristezza. Che ne dici, ti va di avere un confronto? Magari è il momento giusto per scambiarci quattro chiacchiere" Johanna rise di gusto e indietreggiò con un paio di saltelli giocosi. "In fondo è colpa tua se è morto".

In fondo è colpa tua se è morto.
È colpa tua se è morto.
Colpa tua.
colpa
tua

Se è

morto

"Ían".

Il tempo di reazione fu nullo. Lóreley non batté ciglio né si mosse per allontanarsi. Si limitò a restare a terra, inerme, le braccia abbandonate lungo i fianchi e la testa leggermente chinata di lato. Sembrava incarnare l'immobilità e la freddezza di una bambola rotta; il bambino che le vegetava davanti pure.

La terribile memoria di lui che conservava nella testa non aveva subìto alcuna distorsione da parte del tempo: il cervello che gli colava sulla spalla le ricordava comunque della gelatina e la voglia di riappiccicargli la mandibola col nastro adesivo la fece sentire stupida. E malata, mai guarita del tutto. Davvero era riuscita a conservare solo quell'immagine di Ían in tutti quegli anni? Davvero il suo subconscio era stato in grado di assorbire soltanto quella visione distorta di quello che era stato il suo migliore amico?

Johanna si fissò le unghie scarlatte. "Ops. Pensavo sarebbe stato più difficile buttarti giù. E invece, guardati... beh" esalò in un sospiro. "Vorrà dire che avrò più tempo a disposizione per giocare con Edith".

Ían allargò le braccia e lo scricchiolio d'ossa riempì l'illusione che le intrappolava.

Nah.

Lóreley sfarfallò le ciglia e una fossetta d'espressione le spiegazzò un angolo della bocca: seppure abbozzato si trattava di un sorriso. Piccino, sì, microscopicamente insignificante, ma pur sempre un sorriso fatto di cuore.

Nah.
Nah, non è stata colpa mia. 

Anche lei schiuse inaspettatamente le braccia. Poi si tuffò in avanti e abbracciò con foga quella che per anni era stata la sua paura più grande: il terrore di non riuscire più a ricordare Ían per come era stato. Un bambino capriccioso, un po' troppo prepotente e sicuro di sé, lamentoso e irascibile. Ma pur sempre suo amico, il suo migliore amico.

La paura di fallire c'era ancora, Johanna aveva fatto centro, ma non riguardava più quell'errore passato. Come detto da Gaël il mondo era formato da innumerevoli costanti e altrettante variabili incasinate. Lei, come qualsiasi altro essere vivente sulla faccia della terra, viveva proprio nel mezzo di quel tumulto cosmico e le andava bene così. A differenza loro era un essere umano a tutti gli effetti, e gli esseri umani falliscono, errano, imparano, riparano, accettano.

Hanno la forza necessaria a perdonare. Se stessi e gli altri.

Me stessa e Bo'.

Lóreley, per la prima volta, sorrise a tal punto da scoprire i denti, mentre ancora stringeva il bambino al petto. Aveva gli occhi lucidi e un'espressione serena stampata in faccia.

"No, Jo', ti sbagli: ci vuole ben altro per buttarmi giù. Avresti potuto tentare con i ragni, ad esempio, oppure chiudermi in ascensore per un giorno intero. Lì sì che sarei morta dalla paura".

Johanna, senza motivo apparente, ricambiò il sorriso subito dopo. Nonostante avesse di nuovo gli occhi tinti d'azzurro cielo, l'ammasso nero provocato dallo svangur le aveva già raggiunto lo zigomo e il seno destro.

"Sei una stronza e una sempliciotta del cazzo, Dubois, mi fai proprio girare le palle. Però sei forte, te lo concedo. Più forte di quanto io abbia provato ad essere".

E le scappò uno starnuto. 

✖ Nel prossimo capitolo, "Paralisi":

La verità era che seppur avesse infine scoperto dell'esistenza della Cerchia, non avrebbe potuto dire lo stesso delle migliaia di piccoli, malsani e pericolosi segreti che i suoi componenti si trascinavano dietro da anni, se non addirittura secoli. Scheletri che col passare del tempo si erano accumulati sul fondo di un armadio infinitamente piccolo e che avrebbero continuato a triplicarsi senza sosta, perché sarebbero comunque stati loro a volerlo, tutti loro. Non lei, non la gente comune e nemmeno il mondo intero.
Non riusciva più a compatirli.

Capitolo ricco di bastardaggine e di feels, ma enormemente necessario per la crescita emotiva di Lóreley. Mi scuso per l'angst a palate sulla fine, ma sapete che è più forte di me, no? E ringraziamo in coro il piccolo Gaël per aver aiutato (seppur senza volerlo), la nostra beniamina! Una tartina al salmone ti cambia la vita, appurato (?)
Oltretutto... che sia questo il punto di svolta tra biondina e biondissima? Nah, non corriamo troppo u_u
Mancano solo due capitoli alla fine della prima parte... perciò stay tuned e fatemi sapere cosa ne pensate! 

A venerdì 22, corvetti!

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