¹⁶. 𝘊𝘰𝘯𝘤𝘭𝘶𝘴𝘪𝘰𝘯𝘦

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La sala era gremita di persone, che si accalcavano le une sulle altre per sporgersi a guardare il palchetto montato al centro della stanza. Sopra di esso stavano un uomo molto anziano, collegato a una flebo, una coppia di Levatrici Spirituali e due Sorveglianti, uno per lato.

La superficie del palco era divisa in due da un video olografico, che stava mostrando l'immagine di un giovane uomo che sorrideva e correva verso il mare, lasciando impronte profonde sulla sabbia. Di fronte a lui vi era una donna immersa nell'acqua fino alle ginocchia. Indossava dei veli bianchi che svolazzavano trasportati dal vento, e sorrideva al giovane uomo in procinto di raggiungerla.

Florian entrò di soppiatto nella sala, e si mise a osservare quelle scene con un po' di malinconia. L'anziano che calcava il palchetto piangeva già da un pezzo, e con lui anche qualche persona nel pubblico.

Le Conclusioni prevedevano sempre la fase di Anamnesi, ovvero la raccolta dei ricordi del quasi-Concluso. Sullo schermo venivano riprodotti video e olografie della sua vita, e le persone che avevano contato qualcosa per lui salivano a turno sul palco per ricordare eventi speciali, raccontare aneddoti o lusingarlo con lunghi encomi.

Ovviamente non sempre chi veniva Concluso meritava realmente ciò che gli veniva rivolto. Nel caso si fosse trattato di qualcuno di non gradito alla propria comunità, i suoi conoscenti ricevevano un "aiuto" pecuniario da parte del Regime. Ogni Conclusione doveva accompagnare felicemente il Concludente, in modo che fosse contento e soddisfatto prima di raggiungere il paradiso del Resettismo.

Ian sapeva tutto di quell'impianto perché, qualche anno prima, i Sorveglianti si erano recati da lui per farlo partecipare come discorsista a una di quelle farse. Una sua concittadina piuttosto scorbutica avrebbe dovuto essere Conclusa da lì a poco, e i Sorveglianti avevano previsto che non si sarebbero presentati in molti alla sua cerimonia.

Florian aveva cercato di ritrarsi dall'impiego, salvo poi scoprire che fosse obbligatorio. Eddie aveva risolto la situazione, quella volta, offrendosi volontario per tenere il discorso al suo posto. Santo ragazzo.

Così la Conclusione della signora aveva guadagnato un encomio da parte di un LaBo che decantava la bontà dei biscotti che lei non gli aveva mai offerto, o la gentilezza del saluto che non gli aveva mai rivolto. L'anziana a quelle parole aveva annuito con gli occhi lucidi, ignara e felice, con dieci milligrammi di liquido Joy in corpo e il morbo di Met che le consumava anche le lacrime.

Ricordando quell'episodio surreale, Florian osservò meglio l'uomo sul palco. Anche lui aveva le carni consumate dal morbo di Met, nome preso da "Methusalem", personaggio di una vecchia religione che aveva vissuto una vita spropositatamente lunga. Dalla Quarta Guerra Mondiale in poi quel morbo si era diffuso incontrollabilmente, e chiunque ne era affetto. Assomigliava alla lebbra, per certi versi, dal momento che sfigurava le carni allo stesso modo.

Si era appreso che il morbo di Met tendeva a rimanere sopito per tutta la vita all'interno del corpo, per poi attivarsi una volta raggiunti i 68-69 anni di età, con l'invecchiamento cellulare nella sua ultima fase.

La medicina continuava a brancolare nel buio, nonostante i team migliori del mondo fossero al lavoro per trovare una cura. La soluzione escogitata dalla Chiesa del Giudizio erano state invece le eutanasie pubbliche chiamate "Conclusioni", rese obbligatorie una volta raggiunti i settant'anni di età, col morbo già pienamente attivo.

In quel modo la Chiesa riusciva, in un solo colpo, a fornire una morte dignitosa e a disfarsi con discrezione di una "unità sociale" improduttiva. Le poche persone rimaste al mondo non avrebbero potuto occuparsi degli anziani inabili al lavoro e bisognosi di assistenza, non quando questi costituivano più del 50% della popolazione.

Quasi nessuno aveva avuto da ridire: chi moriva era contento di porre fine alle proprie sofferenze in un tripudio di feste in proprio onore, e negli ultimi anni di vita riceveva dalla Chiesa aiuti economici, cure e trattamenti estetici per preservarsi al meglio fino alla fine.

La scena sul video olografico cambiò, e si passò dal mare all'inquadratura esterna di una casa di campagna. Prima che la transizione fra le due immagini sfumasse, tuttavia, Florian ebbe il tempo di scorgere un cambiamento durato qualche frame. Qualcuno aveva dimenticato di eliminare una breve oscillazione di camera che mostrava la spiaggia ricoperta di spazzatura, appena attorno alla scena con i due sposini che si abbracciavano felici.

Durò un paio di secondi, ma Ian fu sicuro che in molti l'avessero vista, anche se fecero finta di nulla, continuando a sorridere. Si guardò attorno, ma non notò espressioni dubbiose. Sospirò e continuò a osservare il video, abbandonando la propria espressione stupita in favore del torpore generale.

– Come se non se ne fossero accorti – disse una voce.

A parlare era stata una donna in piedi appena accanto a Ian, un po' più bassa di lui. Indossava un maglione logoro e un jeans arrotolato sui bordi, forse per evitare di inciampare. Aveva il trucco rovinato dal pianto, e i suoi lunghi capelli castani sembravano paglia spettinata. La donna fumava una stecca Joy con disinvoltura, e soffiava il fumo davanti a sé in sottili anelli concentrici, che si espandevano a dismisura sino a dissolversi del tutto.

– Accorti di cosa? – le chiese, continuando a guardare verso lo schermo. Non voleva rivolgersi direttamente a lei. Aveva imparato da tempo a comprendere in anticipo con chi fosse raccomandabile parlare e con chi no, e qualcosa lo fece dubitare di quella donna.

Lei non rispose, e Florian notò una lacrima scenderle sulla guancia, trasportando con sé una striscia scura di matita per occhi. Si sentì a disagio per quella visione, anche se la donna continuava a sfoggiare uno sguardo distaccato.

– Condoglianze – si affrettò a dire, indeciso sul da farsi.

La donna tirò un'altra boccata e sputò il fumo in un fiotto denso davanti a sé. Si girò dubbiosa verso di lui, poi si accorse della lacrima che le stava solcando il viso. La asciugò col polsino del maglione, lasciandosi una macchia nera sulla guancia.

– Non sto piangendo. Non è neanche mio, il Concluso. Sono solo un po' allergica al fumo delle Joy – gli rispose, con una voce rauca.

Florian aggrottò la fronte. Quella donna era una spettatrice come lui, eppure non stava seguendo nessuno dei protocolli prescritti al pubblico volontario delle Conclusioni: conforto ai familiari, scambio di aneddoti inventati sulla vita del Concluso e una generale benevolenza. Lui, al contrario, appena entrato nel padiglione si era subito adeguato al suo ruolo, nonostante stesse passando di lì per caso.

– Dovrebbe spegnerla. Non si può fumare durante le cerimonie – le disse, tanto per risponderle qualcosa, e anche leggermente preoccupato che i Sorveglianti potessero prenderla di mira.

Lei lo guardò di sbieco e tirò un'altra boccata.

– Non darmi del "Lei", a occhio abbiamo la stessa età – gli disse. – E poi, se lui può drogarsi, io posso accendermi una stecca di felicità sintetica – continuò, indicando l'anziano sul palco collegato alla sua flebo.

Per legge, il Concludente aveva diritto a una dose endovena di liquido Joy. Le endorfine che gli scorrevano in corpo fungevano da tranquillante a basso costo. Lo aiutavano ad accettare meglio il proprio destino, godendosi la cerimonia in pace. La Chiesa, tempo prima, aveva parlato di "morte indolore", e Ian l'aveva sempre trovato un orribile ossimoro.

Florian non sapeva sinceramente come ribattere, a quel punto. Tuttavia, non ebbe bisogno di porsi quella domanda, che la donna ricominciò a parlargli da sé.

– Non la trovi una bellissima farsa? Ho ricevuto un bel gruzzolo per fare numero qui dentro. Chi l'avrebbe mai detto che avremmo toccato il fondo così – disse, guardando nel vuoto. – Una bellissima farsa. Come la scena con la spazzatura sulla spiaggia. Tutti l'hanno rimossa nell'istante stesso in cui l'hanno testimoniata. –

La donna alzò i suoi occhi cinerei su di lui, nascosti da una tendina di capelli ondulati. Il suo sguardo incontrò gli occhi di Florian, chiari allo stesso modo.

– Ma io ti ho visto. Il tuo sguardo fremeva mentre passava quella scena, e ti sei girato per controllare se qualcun altro l'avesse notata. Ti ho visto – ripeté, quasi in una cantilena.

Ian iniziò a sudare freddo. Chi è questa donna? Si chiese. Una Risveglista? Una Sorvegliante sotto copertura, venuta per valutarmi per una RA?

Si ostinò a non risponderle nulla, rimanendo immobile. Fu aiutato nello scopo dallo stridio di un microfono, che le fece riportare gli occhi sul palco.

Una delle Levatrici Spirituali si stava rivolgendo al pubblico. Si era incollata il microfono carotideo alla gola, e la sua voce risuonava cristallina in tutta la sala.

– Questa è stata la vita del signor Pessoa, stimato membro di questa comunità. Adesso lasceremo che lui stesso dica due parole, salutando tutti degnamente prima di tornare dai suoi cari defunti, nel Paradiso che lo attende. –

La Levatrice fece giusto in tempo a incollare il microfono sul collo di cartapesta dell'uomo, che gli altoparlanti all'interno della sala iniziarono a diffondere una voce che tutti conoscevano molto bene.

Lo schermo olografico che fino a quel momento aveva riprodotto la vita del signor Pessoa aveva iniziato a trasmettere l'immagine del logo della Chiesa del Giudizio, due mani che si stringevano con il pianeta Terra a fare da sfondo.

Ian guardò il grande orologio in alto nella sala, che riportava come orario le 12. L'ologiornale solitamente veniva tramesso a mezzogiorno in punto, ma non era consuetudine che passasse anche negli schermi delle cerimonie di Conclusione. Forse si trattava di una comunicazione d'urgenza. E a farla, a quanto pareva, era il Presidente in persona. Le persone nel pubblico si concentrarono tutte a guardare l'ologramma, col fiato sospeso. Ian notò che anche la donna accanto a lui aveva lo sguardo puntato sullo schermo.

– Carissimi concittadini, vi auguro un buon pomeriggio. "Pace e prosperità" a tutti voi. – disse Abramizde, facendo il segno della "pace sociale" della Chiesa del Giudizio. Alcuni ripeterono il gesto, ma molti rimasero imbambolati ad ascoltare.

La comunicazione si concluse poco dopo, con le immagini dell'alluvione nella zona C. Tutti sembrarono straniti, come se quell'intermezzo fosse stato un uragano e non un semplice comunicato. Alcuni iniziarono a bisbigliare, raggruppandosi in drappelli. I Caschi Rossi sotto al palco rimasero a riposo, muovendo solo i muscoli necessari a fargli scambiare un'occhiata tra loro.

Florian, come molti altri nella sala, aveva compreso il vero significato delle parole del Presidente. Ieri non è successo nulla di particolare, dimenticate.

Già quella stessa mattina aveva avuto l'occasione di sentire una persona usare delle metafore meteorologiche per descrivere gli accaduti del giorno precedente, e gli sembrò estremamente ironico che il Presidente avesse fatto la stessa cosa.

Accanto a lui la donna con la sigaretta era come scomparsa. Sembrava che avesse approfittato dell'ipnosi generale per darsela a gambe. Furba. Oppure aveva raggiunto qualche collega. Florian era ormai convinto che si trattasse proprio di una Sorvegliante inviata per monitorarlo da vicino. Ma io devo essere scaltro. Devo andarmene via da qui, prima che...

Il suo flusso di pensieri fu interrotto dal signor Pessoa in persona, ancora sul palco. Si era piazzato al centro esatto, stagliandosi davanti allo schermo come un cartonato grottesco. Il suo dito mangiucchiato dal morbo di Met era puntato verso l'ologramma, e dalla sua figura era provenuto un alto urlo che aveva fatto voltare verso di lui tutti i presenti nella sala.

L'anziano si ergeva dritto e fiero, nonostante avesse in corpo il liquido Joy. Nelle olografie che punteggiavano le pareti della stanza Ian aveva potuto osservare che Pessoa era stato un Generale nella Quarta Guerra Mondiale, e qualcosa del portamento militare gli era rimasto.

Tutti stettero col fiato sospeso, mentre l'uomo iniziò a parlare con la voce impastata. I Sorveglianti ai suoi lati iniziarono a essere irrequieti.

– Ci avevano detto che non sarebbe più nato nessuno... Che sarebbe stato definitivo – disse, cercando di non far accavallare le parole. – Che avremmo vissuto al meglio... Se avessimo accettato. Abbiamo accettato di morire! – urlò. Le persone in sala ebbero un sussulto. Ogni viso sembrò pendere dalle sue labbra.

– Perché, figlio mio? – chiese l'anziano con gli occhi lucidi, rivolgendosi a un uomo in prima fila. – Perché mi è dato di morire? –

L'uomo al quale si rivolse aveva il volto rigato dalle lacrime. In quel momento Pessoa incanalava un sentimento che aveva iniziato ad aleggiare nella sala: una tristezza mista a un rifiuto. Un rifiuto nei confronti della Chiesa, che pretendeva che tutti chiudessero gli occhi ancora una volta, per la pace e la prosperità.

Pessoa diede un calcio alla sua flebo, facendo crollare l'intera colonnina giù dal palco. La bombola che conteneva il liquido Joy si fracassò in mille pezzi, e alcuni vetri colpirono gli spettatori, che iniziarono a urlare. La siringa gli si staccò dal braccio, e Florian si chiese se gli si fosse spezzato l'ago in corpo.

L'uomo scese dal palco quasi cadendo, raccogliendo le sue ultime forze. Iniziò a correre a passi maldestri verso la folla, che si aprì al suo passaggio come per magia. Alcune persone delle file più esterne avevano iniziato a fuoriuscire dal padiglione, e Ian si ritrovò schiacciato dalla calca. Ebbe giusto il tempo di vedere l'anziano che si avvicinava claudicante verso di lui, e poi non capì più nulla.

Si udì il suono di uno sparo, e la folla strillò di rimando, muovendosi come una sola onda per schiacciarsi verso terra. Pessoa continuò a camminare trascinando una gamba, sulla quale si stava allargando una macchia di sangue. Si avvicinò a Florian, uno dei pochi rimasti in piedi, e gli prese l'avambraccio.

Chissà in che visione delirante, guardando il suo viso lo aveva scambiato per un altro quasi-Concluso affetto dal morbo di Met, e non per un trentenne con delle cicatrici da ustione. I suoi occhi lo fissarono senza vederlo davvero.

L'uomo si aggrappò al suo braccio e disse una sola parola.

– Scappa. –

Poi Florian sentì un lungo fischio, e vide l'anziano lasciare la presa, cadendo di lato. Dietro di lui stava un Casco Rosso, con la canna della pistola ancora dritta davanti a sé e del flebile fumo che ne fuoriusciva a spirali.



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