Sfida all'Ultima Pinta

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La vita, si sa, è una minestra agrodolce che conviene buttar giù senza troppe storie. Ci si siede a tavola e si conversa piacevolmente coi vicini, senza accampare pretese né fare proteste sciocche sul posto che ci è stato assegnato.

In fondo, è stato per tutti un invito 'gratuito' e allora ristorante di lusso o trattoria, banchetto o desco contadino, meglio questa scodella che il nulla del non nascere.

Certo, ad alcuni sarebbe potuta andar meglio... tipo, noi troll non è che proprio siamo riusciti affascinanti! Vorrei sapere a chi è sembrato geniale darci un dito in meno per mano, e, soprattutto, una pelle che non può resistere alla luce del sole e ci pietrifica. È una gran sfiga, se permettete, questa cosa!

Ma tant'è, eccoci come i vampiri a girare solo di notte. Almeno non risaltano troppo certe mancanze di raffinatezza, e non si distingue se le nostre unghie siano coperte di fango o smaltate di grigio antracite.

Pure, ogne scarrafone è bell' a mamma soja, e mia madre mi rimirava compiaciuta, quand'ero un piccolo troll, un trolley bagaglio a mano, diciamo.

E così son venuto su con l'idea di poter far conquiste, nell'universo femminile delle troll. Se stasera son qui a prendermi una sbornia, è appunto per questa stupida illusione che avevo cullato di poter trovare una compagna, con cui piacevolmente occuparmi della produzione artigiana di un set completo di valige. Già me li figuravo, cinque pezzi dal trolley al beauty, uno più carino e coccoloso dell'altro.

E la femmina che corteggiavo era davvero una troll come si deve, bella grossa dove serve e con un nasone decisamente di carattere, come la corta coda pelosa. Ma ero appunto lì lì per strapparle il fatidico sì, che era arrivato LUI, il famoso Rutto Selvaggio, il campione locale di bevute di tutta la contea, arrivato per disputare la finale di "All'ultima Pinta", sfida tra i campioni delle rispettive categorie: Orchi, Nani, Folletti e Troll.

Era passato tra un codazzo di fans, e il suo olezzo aveva distratto la mia bella. Ho visto la mia fine sul suo viso, cantava il bardo, ed è una gran bella descrizione di quel che successe. In un lampo fui scaricato nella palude romantica dove mi proponevo di sedurla, in compagnia del complessino di rane che avevo assoldato e che  pretesero anche il pagamento.

E il giorno dopo eccolo lì, il campione, al bancone con gli altri tre che si preparavano alla gara. Il Fantasy Pub traboccava di avventori curiosi, e in prima fila un mucchio di orchesse, follette, nane e troll sgallettate, ululavano e gorgheggiavano isteriche per sostenere i quattro, tirati a lucido da far ribrezzo.

Mai visto un troll gareggiare in pulizia con un folletto, che schifo! E con che savoir faire, si scambiavano convenevoli augurando la vittoria al più forte... ma entro la fine della serata, con un po' di fortuna, avrei avuto la soddisfazione di vederli meno azzimati e trionfi; particolarmente quell'ipocrita viscido figlio di troll che mi aveva soffiato la ragazza, abbindolandola con due svenevolezze che puzzavano di bugia lontano un miglio.

Un soldo per i tuoi pensieri, si dice.

Beh, un filtro per leggere il pensiero costa parecchio di più, in verità, ma era una spesa che avevo deciso di fare. Il mago che me l'aveva preparato mi aveva ammonito che l'effetto sarebbe durato poco, ma l'avevo rassicurato che mi sarebbero bastate due ore.

"La dose nella fiala va diluita in un contenitore da quattro pinte, come mi hai descritto il barilotto, e sarà sufficiente bere qualche sorso per ottenere di leggere il pensiero altrui come se la gente stia parlando ad alta voce. Naturalmente parlo di gente vicina, diciamo quella non oltre sei, sette piedi".

Piedi umani o piedi troll?, ero stato sul punto di chiedere sogghignando, ma sarebbe stata una battuta loffia e già noi troll siamo considerati abbastanza loffi, per rafforzare l'idea. Avevo grugnito e pagato, e ora aspettavo il momento.

Accanto al bancone del Pub c'era una piramide di mini barilotti, di quattro pinte l'uno, con ciascuno dei quali si sarebbero colmati i quattro bicchieri destinati ai campioni, ad ogni giro.

Storicamente, servivano dai quaranta ai cinquanta giri, prima di stendere un vero campione. Avevo versato il siero in un barilotto che immaginavo sarebbe stato aperto al quindicesimo giro, più o meno. Abbastanza perché non avvertissero un minimo di gusto diverso, e perché già un po' d'alcool li rendesse CALDI.

"Scoprire quello che la gente pensa veramente di te può non essere gradevole", aveva commentato il mago quando gli avevo ordinato il siero. 

"Lo spero proprio", era stato il mio commento.

E ora, prudentemente oltre il limite dei sette piedi, aspettavo. Potrei scommettere sul momento in cui sono arrivati al barilotto 'pompato'. L'orco, che aveva sorriso mellifluo, tutto politically correct, si era voltato di scatto verso il vicino folletto, e aveva digrignato i denti.

Si sa che opinione hanno i folletti del resto del mondo, ma in particolare degli orchi. Il piccoletto l'aveva guardato di traverso, di sotto in su, scostandosi appena, con un'espressione vuota.

Rutto Selvaggio poi, aveva ridacchiato con aria ebete, mentre il nano era rimasto con la pinta a mezz'aria, prima di buttarla giù e ringhiare inferocito.

Mi ero accomodato meglio e avevo sorriso soddisfatto. 

Da quel momento in poi, era stato un crescendo. Inizialmente credo non si siano nemmeno resi conto che quelli che arrivavano loro erano pensieri. Infatti, l'orco aveva reagito a parole e aveva francamente detto al folletto che quel suo ridicolo cappellino a punta l'avrebbe usato volentieri come sputacchiera, se glielo avesse prestato, e il folletto aveva agitato le orecchie innervosito.

Il nano aveva riso dell'uscita sul cappello, ma poi improvvisamente irritato aveva suggerito al troll di ingoiarsi qualche saponetta, che il suo fiato era famoso per quanto era pestilenziale! Badasse a quello, prima d'aver da ridire sui suoi denti d'oro. Dal che immagino che quello avesse pensato qualcosa di poco piacevole sui denti finti del nano, che luccicavano ad ogni bevuta, contro il bordo del boccale sollevato.

Di "dente finto"  in "fiato puzzolente", di "cappello ridicolo"  in "pelle sudicia", di "pulce schifosa"  in "bestione ottuso", di "ti sfracello come una zanzara" a "ti disfo come una margherita,  per decidere se ti ammazzo o non ti ammazzo", l'atmosfera al bancone aveva preso fuoco.

Gli organizzatori della sfida avevano tentato di farsi avanti come moderatori, per salvare la serata, ma il problema era stato che, avvicinandosi, i loro pensieri erano apparsi, per i quattro, come insegne al neon sulle teste del barista e dei giudici.

"Calma ragazzi, va tutto bene", aveva proclamato un giudice sorridendo bonariamente, ma:

 "A chi daresti un cazzotto in testa per farlo star buono?", era insorto il nano.

"Ma...ma...", aveva tentato di protestare sorpreso il primo, mentre l'orco s'era alzato con l'intenzione di stringere le manone al collo dell'altro giudice che aveva incautamente imprecato, col pensiero, sugli ascendenti di quel bestione.

"Tu mia nonna non la devi nominare", aveva preso a urlargli, mentre quello s'arrampicava rapido su uno scaffale e cominciava a bersagliarlo di bicchieri.

In breve il pub si era trasformato in una rissa gigante, perfino le pareti sembravano prendere parte alla zuffa, perché alcune creature magiche muovevano gli arredi contro gli avversari e, davvero, era uno spettacolo da vedersi! Io mi ero tolto cautamente di mezzo alle prime schermaglie, e mi beavo di certe scenette gustose che avevano come protagonista il mio rivale Rutto Selvaggio.

Troppo stupido per capire che una femmina di qualsiasi specie è molto più pericolosa del maschio di qualsiasi altra, aveva allontanato con malagrazia una folletta, intervenuta a difendere suo cugino che il troll aveva afferrato per la collottola e teneva sospeso, a studiarne gli sforzi mentre prendeva a pugni l'aria.

La folletta se l'era presa a male e ora il povero troll fuggiva inutilmente a zig zag, mentre quella lo raggiungeva ovunque con uno spadino che era l'equivalente di un ago da siringa che si conficca nel deretano. Il poveraccio guaiva spaventato e quella zac, lo punzecchiava facendolo saltare in aria. Zac, zac, zac il troll impazzito, il famoso Rutto Selvaggio, aveva infilato infine la porta ed era scomparso all'orizzonte, giurando che non sarebbe tornato mai più in questa contea infernale.

Anche l'orco aveva avuto i suoi guai, fronteggiando il campione nano sulla cui statura aveva osato ridire. Ora, nessuno ignora che se un insulto un nano non può ingoiare, è un'allusione a ciò che è all'altezza del suo naso. È una volgarità che non può rimanere impunita, e infatti l'orco aveva strabuzzato gli occhi e fatto una vocina sottile, quando il nano l'aveva colpito all'altezza in questione.

Un'orchessa si era indignata e preoccupata, e il nano aveva riso da gradasso qual era. Nuovamente un maschio aveva dovuto constatare la pericolosità femminile, a prescindere dalla reciproca specie, e anche il secondo campione si era dileguato, promettendo che non avremmo più visto i suoi occhi. Infatti, non vedemmo a lungo che la sua schiena sfumare all'orizzonte.

Il terzo campione, intanto,  era stato portato via raggomitolato in barella, frignando sulla sua infertilità futura, mentre il quarto  era rimasto irreperibile per un'altra ora buona. Quando infine il giudice sulla mensola s'era azzardato a scendere, e il suo collega era riemerso dalla latrina in cui si era barricato, il salone era ridotto un groviglio di sedie e tavolini fracassati tra cui si aggiravano pochi avventori arzilli, con un po' di lividi e l'adrenalina addosso di una scazzottata epocale.

"Allora, chi lo vince il titolo di quest'anno?", avevo chiesto serafico al barista, i cui capelli dritti battevano la concorrenza di un porcospino terrorizzato.

"Fu...fu... fuori di qui!", aveva farfugliato rauco per tutta risposta. Mi ero stretto nelle spalle sorridente. 

In tutto quel macello, la graziosa creatura che aveva infranto il mio cuore, rapita dall'avvenenza di Rutto Selvaggio, era rimasta vittima del suo Karma. Mi aveva scaricato senza riguardo e similmente era stata scaricata.

Si era buttata nella mischia in difesa del suo campione ma non aveva ricevuto alcuna riconoscenza. Quando Rutto l'aveva vista a mal partito, presa in un groviglio di orchesse e nane inferocite che si menavano a borsettate, aveva pensato a tutto tranne che a fare il cavaliere e aveva badato a salvare piuttosto il suo scalpo.

Non che potessi biasimarlo veramente, quello in cui la mia fiamma si era buttata era diventato un incontro di Wrestling veramente bestiale. Comunque, lei ne era uscita ammaccata in molti sensi, fisici e morali.

Avevo meditato se far qualcosa. Aveva il completino elegante con cui era entrata ridotto a striscette lacere, così che tentava pudicamente di coprirsi con le manone dalle quattro dita che la sorte le aveva affibbiato. E il dito in più sarebbe servito, diciamolo, visto che una troll ha parecchia roba da coprire se vuol essere pudica. 

"Posso?", le avevo offerto con garbo il gilè elegante con cui mi ero agghindato. Me lo ero tolto con calma, procurando di mettere in evidenza il mio fisico integro. In tutto quel caos di musi rotti e occhi ammaccati, sfavillavo come l'unico cristallo sano di una vetrina in frantumi.

"Grazie", aveva detto con voce sommessa accettando il gilè. Ero un bel po' più alto di lei , e il mio gilè sulla gonna sbrindellata riparava il giusto e le dava sollievo. Si era raddrizzata più a suo agio e aveva sorriso timida, incerta se potesse farsi perdonare il tradimento sconsiderato del giorno prima. L'avevo soppesata con aria severa.

"Francamente non hai un bell'aspetto", avevo detto con aria volutamente superiore, e quella era sprofondata nell'imbarazzo.

"Beh, io vado", avevo proseguito, "pare che non ci sia un vincitore per il titolo, quest'anno. Rutto Selvaggio ha deluso, direi".  E affondavo con soddisfazione il dito nella piaga.

"Sì", aveva risposto facendo la vocina, a occhi bassi, "direi che ha veramente deluso. E dire che in fondo il mio campione l'avevo già trovato...", e aveva alzato appena il musetto, a sbirciarmi tra le ciglia.

Avete presente, il musetto di una troll femmina? Quel colorito verdastro, quell'adorabile pelle a buchetti, turgida come la scorza d'un agrume? Quelle ciglia folte, lunghe come le setole d'uno scopettone? Lo so che non avrei dovuto mai perdonarla, ma era così mortificata... e da vicino sentivo il suo sudore solleticarmi le nari, mescolato all'effluvio di sangue delle orchesse cui aveva strappato brandelli di pelle, ancora imprigionata sotto le sue unghie... ho finito per sorriderle e quella non si è fatta sfuggire lo spiraglio.

Ha finto d'avere le ginocchia molli e mi ha chiesto di portarla fino alla sua grotta. E per strada non ha fatto altro che alludere ai miei muscoli, e strofinarsi a me, in cerca di sostegno. Sono arrivato alla grotta carico come un troll di montagna, sbavante come avessi assistito ad uno spettacolo di spogliarello. Si è fatta aiutare a sedersi sul giaciglio odoroso di ortica fresca e lentamente ha sfilato il gilè, per ridarmelo.

A distanza di un anno, amici cari, sono di nuovo al Pub, per la Sfida all'Ultima Pinta.

I campioni sono al quarantottesimo giro ed è chiaro che il nano vincerà, è l'unico ad afferrare il boccale mentre gli altri tre afflosciati sul bancone biascicano pietà. Ma non ho intenzione di andar via, dopo la proclamazione, finché l'erculeo bestione che gestisce il Pub non mi butterà fuori a scopate sul fondoschiena.

Solo allora tornerò da lei a dirle chi ha vinto, come ho promesso. È stata una gran cosa che per una notte abbia avuto un'ottima scusa per star fuori; non avete idea del numero di decibel che le urla di un piccolo troll possano raggiungere!

Altro che set di valige... se sopravvivo, prima di rischiare nuovamente una paternità vado a insultare un nano. Se ben ricordo, così qualcuno è rimasto infertile a vita, fortunato!



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