🦇 Primi raggi di sole 🦇

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Arrivai davanti alla porta d'ingresso; dopo due secoli sarei uscito da quella villa che era diventata una specie di tomba. Arrivò Grace a sistemarmi la camicia prima di uscire.

«Vanno bene i capelli?»

Con una mano me li scostò leggermente indietro. A parte il fatto che mi fidassi ciecamente di quella donna, nella mia umile dimora non vi era neanche l'ombra di uno specchio. Avevo permesso solo a Rose e Grace di averne uno nel bagno che condividevano. Non volevo vedere il mio riflesso. Lo specchio ti dice la verità, ti mostra tutto ciò che c'è dall'altra parta. E cosa c'era dall'altra parte?

Io, un vampiro.

Guardare in quello specchio era quasi come per Dorian Grey guardare il suo ritratto. Il mostro insito dentro me si mostrava in tutta la sua crudeltà, mostrava al mondo intero gli obbrobi commessi, mostrava l'anima del male.
Tutto il mondo vedeva Maximilliam Hardintton, ragazzo borghese, capelli neri leggermente ondulati con un ciuffetto ribelle che ricade al lato destro della fronte, occhi vispi di un verde acceso, naso dritto e mascella squadrata; io invece vedevo Max il vampiro, occhi rosso scarlatto, pelle quasi trasparente, talmente chiara da lasciare in evidenza ogni singola vena del mio corpo e canini aguzzi. Detto tra noi non era affatto una bella immagine.
Così, senza specchi in casa, avevo evitato che Grace e compagnia bella si prendessero un bello spavento. Avevo deciso che lei doveva essere il mio specchio. Certo dovevo sempre prestare attenzione alle superfici riflettenti, ma ormai ero allenato, notavo subito se c'era qualche pericolo di esporsi.

Sorrisi a Grace, presi un bel respiro, posai la mano sulla maniglia della porta e la aprii molto lentamente. I primi raggi di sole iniziarono a filtrare dentro casa. Uscire di nuovo? Sarebbe stata solo una passeggiata per capire la situazione e poi me ne sarei ritornato allegramente in quella tomba regale.

Uscii fuori chiudendomi la porta alle spalle. Il sole, già il sole.

Si dice che dovrei bruciare. No, non è così. Magari!

Mi avviai verso l'auto di Rose a passo spedito, prima andavo e prima sarei tornato tra le mie mura, sentivo il calore sulla pelle. Il sole non bruciava i vampiri, semplicemente li indeboliva. Mi rendeva più umano, lasciava che la mia pelle si impregnasse di sudore e che la stanchezza si facesse sentire. In parole povere aumentava la mia sete. La sete di sangue, quella che ho sempre cercato di soddisfare prima di ogni altra cosa, quella sensazione di profondo dolore alla gola nei momenti di magra e quella calda e armoniosa sinfonia del sangue caldo che attivava ogni senso: l'odore quasi metallico, il sapore dolce delle giovani ragazze, il rumore del cuore che decelera...
Il pensiero mi mise dei brividi quasi frenetici. Scossi la testa per scuoterlo dalla mente.

Entrai in auto e guardai lo specchietto retrovisore, vidi le mie iridi rosso fiammante per via della luce. Staccai lo specchietto con un solo colpo. Scesi rapidamente dall'auto, eliminai anche gli specchietti laterali e poi risalii tranquillo.

Niente specchi, in nessun posto.

Analizzai bene la situazione.

Allora, le chiavi vanno qui, poi le giro e si accende il motore e part...

Pensavo ogni singola mossa che facevo; la macchina fece un rombo, qualche colpetto avanti, qualcuno indietro e si fermò.

«No, non parte!», sbuffai portandomi le mani ai capelli. Lento le abbassai stringendo con forza il volante «Odio queste macchine infernali, preferivo i cavalli e le carrozze.»

Riprovai nuovamente, ma il risultato non cambiò.
Appoggiai la testa sconcertato al volante che di tutta risposta suonò. Grace nel frattempo si era affacciata alla finestra e la notai sogghignare. L'avrei visto lontano un chilometro quel sorrisetto. La sentii parlare a voce alta.

«Vuole una mano signore? Faccio uscire Rose?»

Ti diverti vero? Sono una schiappa con questi aggeggi.

L'idea geniale mi sfiorò la mente. Mi diedi un colpo in fronte con il palmo della mano.

«La marcia!»

Inserii la marcia tenendo il piede ben saldo sulla frizione, girai la chiave e il motore si accese.
Abbassai il finestrino.

«Tutto bene Grace, può ritornare alle sue faccende... vada, vada.»

Utilizzai il mio tono più autoritario con una punta di sarcasmo alla fine e lei mi fece un cenno con la mano rientrando in casa. Avrei giurato che ancora stesse ridendo di me, ma ero un incapace per certe cose e non ne avrebbe avuto tutti i torti.

Bene e ora andiamo a farci una passeggiata al lago.

Lasciai andare piano la frizione e diedi gas, la macchina iniziò ad avanzare e con mia grande soddisfazione notai che sapevo ancora guidare.

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