2.2 The Calhum Brothers

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"Crushed and filled with all I found
Underneath and inside just to come around
More, give me more, give me more"

- If I had a heart, Fever Ray


Seduta alla caffetteria in cui erano solite trovarsi, Marion attese l'arrivo di Aralyn cercando di tenere a freno i pensieri. Doveva resistere solo un altro po', non molto, si era ripetuta per quasi un'ora, eppure non poteva negarsi che tenere a bada il ricordo di Luke e i sensi di colpa a lui legati diventava ogni minuto sempre più complicato.

Nonostante le tre bustine di zucchero rovesciate nella tazza di tè, il sapore amaro che sentiva in bocca non sembrava volersi dissipare in alcun modo - e come sperarci? In fin dei conti era stata lei a mandarlo nel mattatoio che era Villa Menalcan, era per merito suo se quei dannatissimi Fior-Ghlan avevano messo la parola fine alla sua brevissima vita.
Diciassette anni erano nulla, solo un soffio. Quel ragazzo avrebbe potuto fare ancora così tante esperienze, scoprire la bellezza del mondo, abbracciare la sua nuova natura di lupo... e lei invece glielo aveva negato. Lo aveva fomentato, allenato e persuaso al punto di convincerlo di essere pronto per iniziare la sua vita da guerriero, ma in realtà non lo era affatto e lei se ne sarebbe dovuta rendere conto prima.

Mordendosi il labbro con eccessiva veemenza spostò lo sguardo dalla tazza tra le proprie mani al panorama fuori dalla finestra e lì, oltre il vetro sporco, percorse i metri di asfalto che delineavano il parcheggio e la strada fino all'edificio successivo facendole constatare un'unica cosa: la stessa desolazione che albergava in lei pareva aver colpito l'intero paesello. Ovunque posasse gli occhi incontrava la staticità più asfissiante che avesse mai sperimentato - e per un attimo le sembrò che anche il mondo condividesse un po' del suo dolore.

Socchiudendo appena le palpebre e passandosi un palmo sul viso, Marion provò a scacciare quel pensiero dalla mente. Dopo tutti gli anni nel Clan, le lotte senza esclusione di colpi e le Leggi inclementi dei licantropi, avrebbe dovuto saper gestire con più contegno simili situazioni, eppure ogni volta sembrava la prima. C'era sempre il medesimo vuoto nello stomaco, la lucidità latente, il cuore a pezzi - e non si spiegava come gli altri riuscissero ad andare avanti così facilmente. Era inerzia la loro? O effettivamente avevano capito come sopravvivere a quella guerra?

Tirandosi indietro una ciocca tornò a guardare lo spiazzo fuori dalla caffetteria e finalmente, con grande sollievo, scorse la figura di Aralyn avanzare nella sua direzione.

Avvolta in uno dei cardigan di Arwen e con un cipiglio tutt'altro che rassicurante in viso, la ragazza si fece largo tra la malinconia di quella giornata, ma prima di entrare nel locale, scorgendola, le rivolse un sorriso che Marion trovò estremamente dolce; già, perché Ara, a prescindere dal suo ruolo e dalla vita che aveva vissuto sino a quel momento, restava una delle persone più buone e amorevoli che avesse mai conosciuto, nonché una delle poche che potesse farla sentire meno sola. Era la sua famiglia, in qualche modo, così come lo erano l'Alpha, Garrel, Fernando e... sì, anche i gemelli.

«Scusa il ritardo, io... ci ho messo più del previsto» le sentì dire subito dopo esserlesi seduta di fronte e aver preso un lungo respiro.

Aveva un aspetto trasandato, quasi non avesse avuto tempo di sistemarsi. Sembrava accaldata, forse persino agitata, ma il rossore sulle sue guance e le pupille dilatate tradirono presto il vero motivo di quel look; e se qualsiasi altra persona, vedendola, avrebbe potuto sospettare che fosse tutta colpa del freddo di Settembre o della corsa fatta per raggiungere l'amica, per Marion non fu così.

«Non ti preoccupare, supponevo ci avresti messo un po'. Tra le medicazioni, la doccia, l'incontro con Arwen e il fatto di essere diventata la nuova eroina del Clan non potevo sperare ti liberassi prima» le sorrise: «Dannazione... è il sangue da Alpha che ti rende così incredibile o ogni tanto sai essere una persona normale?»

Aralyn sollevò le sopracciglia: «Se vuoi ti cedo tutto, soprattutto il sangue dell'Alpha» disse poi con una nota amara - e seppur nolente, la donna non poté evitarsi di cogliere il messaggio nascosto dietro a quella frase.

«Lo sai come la penso...» cautamente allungò una mano verso l'amica.
In passato avevano già affrontato quel discorso, eppure negli ultimi mesi, se non anni, Marion l'aveva vista diventare sempre più insofferente nei confronti della questione. Ogni volta che ne aveva modo, Aralyn aveva esternato il proprio fastidio nella speranza di trovare una comprensione che, forse, mai avrebbe fatto la sua comparsa nella morale di Marion - perché qualsiasi cosa ci fosse tra i fratelli Calhum doveva restare nascosta, platonica e, se possibile, un giorno sparire del tutto.

Ai Neo-Ghlan certe cose non erano permesse.

«Tu... non dovresti provare queste emozioni. È... è sbagliato, Ara. Lui non è un maschio qualsiasi, è... del tuo stesso sangue, capisci?»
L'altra scostò la propria mano e una risata nervosa le sfuggì di gola: «Sì, ne sono consapevole.»
«E allora perché ti ostini a-»
«Possiamo non parlarne?» A Marion non sfuggì il modo in cui la mascella dell'altra si contrasse, testimone silenziosa della tensione che doveva star avendo la meglio su di lei: «Perché sai, quando si tratta di agire senza pensare, o di lasciarsi guidare dai sentimenti e non dalla logica, capire chi tra noi due sia più stupida è abbastanza difficile.» A quel punto anche il modo in cui le pupille le si assottigliarono fu eloquente e, per un istante, Marion fu certa di sentire trafiggerle il petto al pari di lame. Non si sarebbe mai aspettata tutta quella cattiveria per... cosa? Un'ovvietà già ripetuta decine di volte? Eppure eccola lì, gratuita e dolorosa.

«Che vorresti dire?»

Forse, accorgendosi della malignità nelle proprie parole, la ragazza provò a tamponare la situazione con un timido «Nulla» - peccato che quella pronunciata fosse tutto tranne che una piccolezza.

«Parla» la esortò, ma l'amica finse di non udirla, mandando Marion su tutte le furie. Sapeva di essere colpevole, non aveva alcun bisogno di farselo sbattere in faccia a quel modo; e se Aralyn voleva giocare "pesante", sfoderando quel genere di argomentazioni, lei avrebbe fatto altrettanto.
«Sai cosa? Io sarò stata una stupida a credere che Luke potesse affrontare un capannello di Menalcan, ma almeno non cerco di entrare nel letto di mio fratello. Sia da umana che da bestia direi di avere una decenza più sviluppata della tua.»

Aralyn scosse la testa, bagnandosi le labbra: «Nemmeno scoparsi un minorenne, eppure nel mondo animal-»

«Nel mondo animale forse sarà anche normale avere un rapporto incestuoso, ma tu non sei né un lupo né un Fior-Ghlan, quindi rispetta la Legge dei licantropi.» E stavolta, a sussultare, fu la ragazza sedutale di fronte. «Prima o poi tuo fratello dovrà trovarsi una compagna per portare avanti la vostra stirpe. Cosa farai a quel punto?»

Con la coda dell'occhio Marion vide il fastidio contorcere maggiormente l'espressione dell'amica, così, per evitare di peggiorare ulteriormente la situazione, si morse la lingua. Doveva tacere, altrimenti sarebbe davvero finita male. Entrambe si erano permesse di superare il limite in un momento e luogo tutt'altro che opportuni, se ne rese conto nello stesso istante in cui i denti affondarono nella carne, ma sapeva anche che avrebbero potuto peggiorare la situazione se una delle due non avesse fatto un passo indietro - peccato che prima che potesse aggiungere altro Aralyn si alzò.

«Farò qualsiasi cosa Arwen mi dirà di fare, come sempre» poi, picchiando le nocche sul tavolo, la sentì aggiungere: «Ora scusami, ma credo che tutt'e due abbiamo bisogno di un po' di riposo. È stata una settimana stressante, non pensi?» Ma non le diede tempo di rispondere - ed esattamente com'era arrivata, la giovane si rimise sui propri passi.

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