3.1 Verso il Lochlannach Clan

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"Light up the torches
and wake up the King

The smoke you've ignored
is a flame you can't contain
We circle the walls
and claw at the dirt
We growl from our guts
and howl until it hurts"

- Wolves, Rise Against

Staccandosi dallo stipite Kyle mosse alcuni passi nella sua direzione, senza però avvicinarsi realmente. Era chiaro che si stesse trattenendo dal dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma era anche altrettanto evidente che non volesse disubbidire al volere del suo Alpha – peccato che, all'ennesima occhiataccia, Joseph non riuscì a proseguire. Abbandonando malamente il proprio beauty case all'interno della valigia, il ragazzo alzò lo sguardo verso l'amico e, con uno sbuffo, chiese: «Problemi?»
Questi, continuando imperterrito a osservare tutto ciò che era stato riposto nel bagaglio, fece spallucce: «Stai facendo una cazzata.»
«Hai altre idee?»

L'uomo tacque.
Appunto, e come se nulla fosse Joseph riprese a sistemare le proprie cose.

«Come puoi essere sicuro che non ti riconosceranno?»
Aprì l'astuccio, dando un'ultima controllata al contenuto – il minimo indispensabile per un viaggio che, ad essere onesti, non avrebbe saputo dire quanto sarebbe durato; dopotutto non si avevano notizie certe della posizione del Lochlannach Clan da... anni. L'unica informazione quasi attendibile era l'area: uno spazio così ampio da comprendere Italia, Svizzera e Austria. Trovare quei bastardi sarebbe stata un'impresa ardua, già lo sapeva. Avrebbe potuto impiegarci una settimana, un mese, oppure un anno intero, ma dubitava che Douglas avrebbe aspettato tanto per mettere in scena la propria vendetta.

«Sono rimasto in disparte dal giorno in cui mi hanno battezzato a Fenrir, sono stato attento a non lasciare tracce di me nemmeno nel mondo umano. Non c'è nessuna mia foto sui social e men che meno tra le paginette di qualche rivista di settore, quindi mi auguro di essere cambiato abbastanza da essere pressoché irriconoscibile, in questi dieci anni.»

Kyle si passò una mano sul viso. Non sembrava convinto, affatto. Più ne parlavano meno lui dava l'idea di essere propenso a lasciarlo partire per quell'impresa suicida; e come biasimarlo del resto? Nemmeno lui avrebbe permesso al proprio migliore amico di compiere una follia di quel genere, eppure eccoli lì.
«E l'odore?» L'uomo gli si fece vicino: «Ci hai pensato a quello? Non credo di dovertelo ricordare, ma a prescindere dall'essere un Menalcan sei soprattutto un Fior-Ghlan. Il nostro sentore è forte, pungente e-»
«E ho il vantaggio di essere l'erede di un Alpha» sbottò Joseph riportando lo sguardo sull'amico: «Ho il profumo delle cose selvagge e questo può in parte tornarmi utile» scosse la testa, poi si rimise a frugare nel beauty case. Spostando lo spazzolino, il tubetto di dentifricio e il pettine, le sue dita incontrarono un'altra busta: «Ma se può rassicurarti ho preso anche questi» estraendola, ne ribaltò il contenuto sulle lenzuola, quasi a gesto di sfida. Tre fiale di plastica cozzarono l'un l'altra attirando l'attenzione di Kyle e lui le osservò dubbioso. Senza avvicinarsi cercò di capire cosa vi fosse al loro interno, ma dopo qualche momento di silenziosa riflessione domandò: «Dovrei sapere di cosa si tratta?» e l'altro, in risposta, rise.
«Mai sentito parlare de "i rimedi della nonna"?» afferrando la fiala più piccola la issò all'altezza degli occhi, rimirandola alla luce del mattino: «o della cailleach, se preferisci.»

«Pozioni?»

«C'è chi li chiama così, sì.»
E stavolta a ridere fu il suo vice: «Credi davvero che ti sarà sufficiente quella roba? Sono Neo-Ghlan, non imbecilli. Arwen non è un imbecille.»
Abbassando la boccetta, Joseph corrugò le sopracciglia: «Nessuno ha detto che lo sia» sibilò poi, infastidito dalla mancanza di fiducia dell'amico. Sapeva bene a quali rischi stava andando incontro, ancor meglio conosceva il suo nemico – l'ultima delle cose che avrebbe fatto sarebbe stata sottovalutarlo. Arwen Calhum era riuscito a sopravvivere per più di dieci anni al comando del proprio branco. Lo aveva protetto, sfamato, temprato e reso la piaga più fastidiosa per i Menalcan; e per riuscire in una simile impresa non bastava semplicemente essere fortunati, ci voleva del talento - e lui ne aveva da vendere. Quel tizio aveva reso degli inutili mezzosangue dei lupi degni di essere definiti tali, anche se nessun Fior-Ghlan lo avrebbe mai ammesso apertamente. Era stato bravo, forse fin troppo. Aveva appreso dal Duca ogni nozione utile per diventare un Alpha di tutto rispetto e, per questo, ora lui si ritrovava costretto a partire. Dovevano fermarlo prima che potesse davvero dar via a una rivolta, strappando dalle loro mani il potere. Cosa sarebbe potuto succedere se dei mezzosangue come loro avessero preso il controllo? Il caos.

«Fammi venire con te, allora.»
«No. In due potremmo insospettirli, te l'ho già detto» rimettendo via le fiale, Joseph chiuse la valigia. Sentiva i muscoli tesi, i nervi a fior di pelle e tutte quelle obiezioni non facevano altro che peggiorare la situazione, ma non poteva darlo a vedere. Sapeva bene che un minimo tentennamento avrebbe spinto Kyle a seguirlo anche contro i suoi ordini e, purtroppo, non si poteva permettere un simile lusso: meglio un singolo cadavere che la salma di entrambi ai piedi di Douglas. «Fidati di me, so quello che faccio.»
«Lo sai che mi fido. Ti ho scelto come mio Alpha perché vedo in te il futuro di questo branco, perché so chi sei e quanto vali. Darei la mia vita per te, per questo preferirei che cambiassi idea. So che hai promesso a tuo padre vendetta, che c'è di mezzo il tuo onore, ma... è una follia, te ne rendi conto? Potrai anche credere di sapere quello che fai, però dubito tu ci abbia riflettuto a dovere. Quante volte devo chiederti di valutare questa... cosa ancora per un po'?»
Joseph si passò una mano sul viso. Era stanco, esausto a dire il vero. Avrebbe voluto che la sua ultima mattina in quella casa non fosse così tesa, satura di frustrazione e rabbia. Gli sarebbe piaciuto partire con addosso ancora un minimo di serenità, la consapevolezza di star facendo la cosa giusta, eppure ogni suo tentativo di evitare quell'ultimo battibecco, di sentire il dissenso del proprio migliore amico riempirgli le orecchie era stato inutile. «Puoi farlo quanto vuoi, bràthair (fratello), ma tanto non mi fermerò ad ascoltarti. Ormai ho scelto. Il vecchio avrà la testa di Arwen o di chiunque sia entrato qui dentro.»
Avanzando tanto da arrivare quasi a sfiorargli la spalla, Kyle digrignò maggiormente i denti. Fu chiaro si stesse trattenendo dal ringhiargli contro e picchiettando l'indice sul bagaglio insistette: «Ti fidi così ciecamente di questa robaccia o della benedizione di qualche megera di zona?»
«No!» Sbottò il ragazzo prima di emettere un verso gutturale: «Ovvio che no! Ma se il volere di Arawn è che io lo raggiunga nelle Lande Selvagge non servirà né questo né un altro stratagemma per evitarlo. Meglio morire per mano di Arwen Calhum che per quella di Douglas o di Gabriel, quindi» e a quelle parole il silenzio cadde tra di loro. Un orecchio fine avrebbe potuto udire il tremolio delle loro corde vocali, il ringhio lieve che stavano provando a non far degenerare. Entrambi erano intenzionati a mantenere la propria posizione, ma Joseph non gliel'avrebbe data vinta: lui era l'Alpha e Kyle doveva accettare il suo volere anche se a malincuore.

«Finirai per farti male, se non addirittura morire.»

Tendendo un sorriso, il più giovane dei due mosse un passo indietro, mettendo nuovamente distanza tra loro. Controllando di non star dimenticando nulla infilò gli ultimi oggetti nelle tasche della valigia e poi, poggiando una mano sulla spalla dell'amico, scherzò: «Beh, allora assicurati di indossare il tuo completo migliore il giorno del mio funerale. Magari tra una lacrima e l'altra mia sorella potrebbe decidere di confessarti il suo amore, non puoi sfigurare!» E a quelle parole, Kyle alzò gli occhi al cielo. Le labbra gli si tesero appena, ma non a sufficienza per definirlo un vero e proprio sorriso; dopotutto non poteva permettersi di apparire meno contrariato di quanto in realtà fosse.
«Non cambiare discorso...»
Joseph issò il bagaglio con il braccio libero, poi mosse il primo passo: «Non sto cambiando discorso, sto semplicemente guardando al lato positivo» e una nuova falcata lo portò sempre più vicino all'uscita. Se ci si soffermava a sufficienza avrebbe quasi potuto dire di sentire una sorta di richiamo provenire da oltre la porta, forse la manifestazione del suo desiderio di soddisfare Douglas, di dargli un motivo per stimarlo e lasciarlo così libero – perché aveva imparato tardi che ogni atto di ribellione avrebbe spinto suo padre a stringere sempre più il cappio intorno alla sua gola, soffocandolo, educandolo all'obbedienza. Dopotutto, seppur erede dell'Alpha, restava comunque un suo sottoposto e, come tale, doveva essere d'esempio per tutti gli altri membri del Clan.

«Joseph...» Kyle si volse nel vano tentativo di trattenerlo ancora e i piedi del ragazzo esitarono appena.
«Non ho intenzione di farmi uccidere, okay? Mi basta solo ritrovare il Pugnale e-» ma l'altro non gli diede modo di finire.
«Tuo fratello ha già provato a uccidere Arwen. E tutti e due sappiamo com' è andata a finire.»
A quella controbattuta il Nobile rise. Passandosi le dita sul viso in un fallimentare tentativo di nascondere l'ilarità, Joseph scosse la testa: «Già, lo sappiamo. Per questo sono la scelta migliore. E sempre per questo motivo non mi tiro indietro, né lo farò poi. Sono il figlio di Douglas, ho l'onore del Clan da sanare e un dannato cimelio da recuperare, quindi, per l'amor del cielo, ti chiedo di smetterla di preoccuparti per me e di attenerti al piano, chiaro? Ho solo bisogno che mi tieni aggiornato, che mi aiuti da qui, nulla più.» Silenzio. I loro sguardi si sostennero per qualche secondo, si sfidarono esattamente come due bestie, ma alla fine Kyle distolse il proprio con un ringhio, sottomettendosi al suo Signore.
«Bene...» umettandosi le labbra, Joseph sentì un peso levarglisi dallo stomaco. In qualche modo la riluttanza dell'amico lo aveva davvero fiaccato, portandolo quasi a soccombere all'ansia che aveva cercato di tenere a bada - perché seppur nolente, non poteva dire di star partendo a cuor leggero.
«Prega Arianrhod per me, okay?»
Spostandosi i capelli dalla fronte e alzando ancora una volta gli occhi sull'interlocutore, Kyle sospirò: «Sempre.» Fu un'unica parola, un'affermazione semplicissima che, però, Joseph sapeva valer più di qualsiasi altra cosa. Era il modo che l'amico aveva per dimostrare affetto, lealtà incondizionata nei suoi confronti. Già, perché a dirla tutta il suo vice era ben lontano dall'essere un devoto, a malapena dalle sue labbra uscivano frasi di riverenza nei confronti degli Dèi, lasciando piuttosto spazio alle imprecazioni, eppure per colui a cui aveva giurato probità avrebbe creduto e pregato in loro, li avrebbe riveriti a proprio modo fin quando non lo avesse visto tornare a casa con in una mano il Pugnale di Fenrir e nell'altra la testa di Arwen Calhum – una speranza in cui, a essere onesti, voleva credere anche Joseph.

Tirando le labbra in un ultimo sorriso, il ragazzo riprese a camminare verso l'uscita e, una volta arrivato sulla soglia di casa propria, esitò nuovamente - peccato che ormai fosse giunto il momento dei saluti. Stava davvero partendo. Stava seriamente per mettere a repentaglio la sua vita più di quanto avesse mai fatto prima - cosa che, comunque, per un licantropo era quasi all'ordine del giorno - e tutto per un Clan per cui, a dire il vero, nel profondo del proprio cuore non sentiva di voler appartenere. Peccato però che fosse la sua famiglia, che il suo sangue di Fior-Ghlan ne sentisse il richiamo - e per quello stupido motivo non si sarebbe tirato indietro.
«Io vado, ci sentiamo presto.»

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