VII. Francisca.

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Presente.
                                              
Soundtrack – Feel Me, Selena Gomez.

🌻

"Gwyn non pranzerà con noi?"

Nella mensa brulica una quantità indefinibile di studenti, ma non c'è ombra delle parigine e il basco inconfondibile della mia migliore amica. Certo, non è il massimo chiedere informazioni a suo fratello maggiore, nonché l'uomo da cui dovrei stare lontano il più possibile, ma è l'unica opzione che ho.

"No, pranza in orari diversi dai nostri. In giornata, aveva un incontro privato con il signor Harpkinson."

Da quando siamo qui dentro, lui non sta perdendo occasioni per guardarmi negli occhi, mentre io preferisco concentrare le attenzioni sulle mie gambe. Siamo seduti a un tavolo, e stiamo attendendo i suoi amici a raggiungerci. Mi sistemo meglio la gonna a scacchi, ma le sue costanti occhiate le avverto su ogni strato della mia pelle. Lui ha i gomiti rilassati sul tavolo ed è chino davanti, e quando lo schermo del suo cellulare si illumina ho l'impulso di guardare.

Ma non devo farlo. Perché l'idea che potrebbe farsi di me potrebbe risultare errata. Non voglio che pensi che, dopo quanto accaduto fra noi qualche giorno fa nei corridoi della scuola, ora sia tutto risolto.

Il chiacchiericcio nella stanza che si riempie è un toccasana, perché mi permette di non pensare alla constatazione che noi due siamo insieme. E l'imbarazzo che proviamo entrambi dal giorno di quella situazione avvenuta in corridoio è palpabile, consapevoli che dovremo fare un grosso lavoro di fiducia prima che tutto possa iniziare a risolversi. E, quantomeno, ritornare a guardarci l'un l'altro senza pensare a tutte le parole che vorremmo dirci.

"Tua sorella sì che sa come attirare l'attenzione."

Ammetto di averlo detto anche e soprattutto per fare in modo che quel messaggio sul suo telefono non avesse la priorità.

Non mi dispiace che trovi un modo per non rendere imbarazzanti le nostre conversazioni scomode, ma allo stesso tempo vorrei...parlargli? Raccontargli la mia mattinata? Rivivere i momenti di un tempo in cui le risate, le battute e la serenità riempivano le nostre giornate? Nulla di tutto questo. Devo scacciare dalla mia testa questi pensieri, e sperare che Chris e gli altri arrivino il più presto possibile. Ma è difficile quando lui, alla mia affermazione, solleva lo sguardo dal cellulare e mi guarda accigliato.

"Tutti gli uomini della Toronto Music Academy le hanno già messo gli occhi addosso."

Ora, la sua espressione visiva è ancora più corrucciata, ma sa quanto me che sia un dato di fatto. Sin da quando sono entrata in classe questa mattina, avrei potuto riconoscere Gwyn tra mille. Ho notato il suo charme impeccabile e il suo solito profumo di cocco e vaniglia che emanavano i suoi capelli e il suo corpo, per non parlare del fisico meraviglioso e sinuoso che è riuscita a mettere su.

È sempre stata bella, ma adesso ha raggiunto un'apice che fa impallidire.

Dall'ultima volta che ci siamo viste, sono cambiate molte cose. Lei non è ancora a conoscenza della mia scelta di cedere a mio cugino tutte le catene di mio padre intestate a mio nome, ma non ho alcuna intenzione di avere qualcosa che mi conduca ancora al suo cognome, sebbene io ne porti ancora il marchio. Così come non è a conoscenza che ho ripreso i miei amati corsi di make-up. Ci vorrà del tempo prima che io possa trovare un'agenzia degna del calibro della Vyrga Company, ma allenarmi nella mia passione non è mai un male. Se il destino sarà dalla mia parte, i miei sacrifici e le mie domande d'ammissione verranno prese in considerazione da coloro a cui ho inviato la documentazione e stretto le dita.

"Cosa te lo fa pensare?" mi chiede, notando solo ora che ha estratto dalle tasche del suo giubbotto di jeans una bustina con un bastoncino di liquirizia. Strappa l'apertura e ne mordicchia la punta, e io mi sento inspiegabilmente avvampare.

Dannazione.

Sono passati anni. Mi fa ancora lo stesso effetto.

E non dovrà mai saperlo.

Oggi indossa una camicia bianca molto sottile che mi permette di avere più di una fantasia illecita. La cravatta verde non aiuta la mia resistenza nello sbirciare, ma sono i suoi occhi su di me a fermarmi dal curiosare troppo, perché altrimenti lui noterebbe il mio interesse.

Deglutisco impercettibile, poi mi torturo i polpastrelli delle dita mentre li fisso. "Onestamente? Li comprendo. Gwyn è sempre stata una ragazza meravigliosa, e di buon cuore. Ci nasci con quel tipo di magnetismo e portamento elegante. Non farebbe differenza se sfilasse su una passerella di moda o a scuola. È nata per non passare inosservata, e io vorrei un briciolo della sua confidenza."

Mi meraviglia il modo in cui lui sta reagendo alle mie risposte. Ho dedotto che l'argomento sorella gli provochi fastidio o addirittura frustrazione, e vorrei capirne il motivo. Ma dubito fortemente che riuscirei a estirparglielo.

"E poi, hai visto come la fissava il Capitano?"

Eccolo. Il punto di non ritorno.

Sentivo di toccare un tasto importante, perché la lezione con Mr. Harpkinson ha sollecitato la mia curiosità innata. Arthur ha preso le difese di Gwyn quando l'insegnante l'ha rimproverata della disattenzione nella lezione, e la conosceva solo da qualche minuto. A qualunque esterno verrebbe da dire che sia la galanteria di un uomo che vede una donna in difficoltà, e l'idea non è tanto lontana da ciò che è Arthur come persona. Ma c'era dell'altro.

Durante la lezione, mi sono girata qualche volta, e averlo beccato che fissava la schiena della Hills non era una coincidenza. Una può esserlo. Cinque, sei, sette, assolutamente no.

E non mi sono immaginata neanche come la scrutava ed esaminava durante il battibecco precedente al rimprovero del professore. Lei le avrà risposto qualcosa di negativo quando mi sono girata per provare a udire la conversazione, e come la stava studiando lui...

Santo cielo, Gwyn, mi auguro te ne sia resa conto. Era così palese.

"No. Mi sarà sfuggito."

Beve un lungo sorso d'acqua da una bottiglietta, e noto l'ennesima volontà di raggirare l'argomento. Ma io non cedo.

"Peccato. Avresti notato come la stesse divorando con gli occhi."

"Francisca." La sua voce è diversa, lo sguardo abbassato. "So benissimo come gli uomini guardano mia sorella."

E la schiettezza del tono mi raffredda. Ma conosce il mio essere testarda, e voglio andare fino in fondo alla vicenda.

"I ragazzi."

Attendo che continui la frase, ma non lo fa. "I ragazzi cosa?"

"L'hanno conosciuta. Nel salone di casa."

"Oh. Non lo sapevo."

"E non sono così sciocco da fingere di non vedere la realtà. Si sono comportati come se non vedessero una donna da... un decennio? E sei consapevole che non sia così. Vedi Blade, per esempio."

Gli ho servito la frecciatina su un piatto d'argento. A mia discolpa, posso dire che non rientra nei suoi interessi conoscere le dinamiche della mia vita privata. Non più. Ma invece potrebbe sapere del mio tira e molla con Blade, onde per cui la mia risposta sorge spontanea.

Basta menzogne. Ne sono state dette abbastanza da rovinare tutta la mia esistenza. Gli devo almeno questo.

"Io e Blade non stiamo più insieme."

I suoi occhi nutrono un luccichio che non vedevo da tempo. Troppo tempo per poterlo riassumere. Ma lui tenta con ogni possibilità emotiva di nascondermi quella sensazione di sollievo che gli sta riempiendo il corpo, la mente e il viso.

"Mi dispiace."

"Sarai anche un'artista, Paul, ma le bugie non ti sono mai riuscite bene."

Non mi risponde. Non ne ha il coraggio. È consapevole di trovarsi in una posizione di svantaggio, perché ho ragione. Ho ragione su questo e molto altro. Avevo ragione quando gli dicevo che non aveva mai dimenticato la sua ex, e ho ragione adesso. Non è per nulla dispiaciuto della rottura, ma vuole essere rispettoso nei miei riguardi.

"Deduco che non sia di mio interesse saperne le motivazioni." bisbiglia.

"Esatto."

Ancora una volta, una nostra conversazione che prende una piega difficile. Gli spettri del nostro passato a ricordare che fra noi non potrà essere mai e poi mai una situazione semplice. E maledico i suoi amici per non essere qui con noi, ma il suo schiarirsi la voce mi dona un po' di conforto e speranza.

"Mia sorella spaccherà il mondo. Ne sono sicuro."

Il sorriso che gli vedo fare è uno dei più sinceri e genuini che io abbia mai visto. Soltanto con me era capitato di vederne la stessa intensità, e mi si stringe il cuore all'ennesimo ricordo nostalgico che dovrei scacciare.

"Ricordo il suo amore per la musica. Ma da qui a intraprendere una vera e propria strada per vivere di questo...non me l'aspettavo. Ama New York. È parte di lei, e i cambiamenti sono sempre passi importanti." dico.

"Ha sempre voluto farlo. Anche quando avrebbe dovuto ancora capirlo. Il suo legame con la musica è... particolare."

E capisco di non dover insistere nel conoscere quel particolare. Come lui ha rispettato la mia scelta di non accennare alla situazione travagliata con Blade.

"Quindi sono contento che ora ne abbia la possibilità. Ha una determinazione esemplare. La porterà a fare grandi cose. E nulla determina un futuro più di un animo sofferente."

Altra domanda che ingoio giù. Non è mio diritto saperne di più. "La squadra, invece? Come procede?"

Il sollievo nel mio cambio di rotta è evidente anche nelle sue spalle rilassate. "Quest'anno ci giochiamo la NHL."

"Cavolo. Gli allenamenti saranno una passeggiata." ironizzo.

E stiamo davvero trovando... un equilibrio?

"Altroché." Ride piano e leggero a sua volta, e giochicchia con il tappo della sua bottiglietta. "Kart è un mastino. Arthur è la sua reincarnazione giovane. Ma dopo anni di sacrifici e tirate d'orecchie, sembra che tutto stia girando verso la giusta direzione. Per fare un esempio, Ares sta migliorando con i ritardi e Jul ha smesso di far incazzare il coach con i carichi pesanti il triplo. Dall'ultimo strappo muscolare, ha cambiato testa."

"Perché lo fa?"

"Be', chiediglielo tu. Magari con una bella donna si confida. Con noi è una tomba."

"Come fa a conciliare il lavoro da personal trainer, l'accademia e gli allenamenti?"

"È proprio questo il punto. Si sta massacrando, e il Mister sta cercando di fargli capire che sono più i danni che potrebbe fare esagerando che diminuendo. Il giorno della conversazione, è stato Chris a smorzare il tono suggerendogli di allenarsi le dita con lui davanti alla PlayStation, ma abbiamo riso tutti tranne lui. C'è qualcosa che non va, e sono pronto a scommettere che in parte riguardi anche la situazione con Blade."

Io mi irrigidisco. "Che situazione ha con Blade?"

"Oh no, nulla di tremendo. Nessun omicidio. Ma sai, sono molto amici. E tra amici, capita di litigare. Anche per delle sciocchezze. Quando io e Arthur ci teniamo il muso, l'orgoglio non sa da dove traboccare. Ma devo ringraziare il suo prendere sempre l'iniziativa. Tra Blade e Jul invece c'è un equilibrio che rende la dinamica estremamente ardua, perché sono capaci di non parlarsi per giorni. Settimane. Mesi."

Torturo i lembi della mia gonna con le dita. "E ora si parlano o...?"

"Si parlano, per fortuna. Ma è successo qualcosa che li ha portati a essere più... cauti? Si può dire? Non so. Non riesco a decifrare i loro visi quando si rubano occhiate a vicenda. In qualsiasi contesto. È come se di mezzo ci fosse una donna. E cazzo, anche basta. Le regole dello spogliatoio sono chiare. Se uno di noi..."

Si ferma per un istante. I nostri occhi sgranati sono inchiodati. E il mio cuore cessa di battere per qualche secondo.

"Aspetta un attimo."

"No, Paul. Non ti azzardare." quasi ringhio.

"Perché?"

"Uno, perché non ne hai il diritto. Due, perché sono l'ultima persona al mondo che vorrebbe ritrovarsi immischiata in un triangolo."

"E allora perché la tua rottura coincide–"

"Io e Blade non abbiamo rotto adesso. Punto."

Un silenzio imbarazzante, dovuto anche alla tonalità della mia voce. Ma devo essere chiara, perché fino ad oggi le nostre vite sono state fin troppo manipolate dai tornaconti e dalle bugie altrui.

Poi il suo volto muta. Ci intravedo un velo di dolcezza e comprensività, e impallidisco quando compie un gesto che proprio non mi sarei aspettata. Tutti i muscoli del mio corpo ricordano lastre di ghiaccio, e il respiro per poco non si strozza in gola. Prendo coraggio, e anch'io fisso il soggetto delle sue attenzioni.

Una mia mano è racchiusa nei suoi palmi.

Sul tavolo.

Davanti a tutti.

Ignoro il leggero sfarfallio nello stomaco, ma aumenta all'aumentare dell'audacia di quest'uomo. Le mie guance saranno una vampata vivente, poiché il suo essere così intraprendente non si conclude e...

Le gambe.

Ho una mia gamba incastrata tra i suoi polpacci.

Sotto il tavolo.

E sono in trappola.

Con il cuore, con il corpo, con la mente. Non c'è una sola parte di me che ha dimenticato le sensazioni suscitate dalle sue mani. Non c'è una sola parte di me che vorrebbe arrendersi all'idea di aver perso per sempre la possibilità di quei contatti.

Ma devo farlo. Per proteggerlo. Un loop infinito e vorticoso nei meandri della mia testa.

Non ci diciamo nulla. D'altronde, cos'altro potremmo aggiungere che eguagli il calore che sento nelle mie dita e nelle mie cosce e quello che intravedo nello sfolgorio delle sue iridi chiare?

Non respiro con regolarità, e ho come l'impressione che sarà così per parecchio. Perché lui tira ancora di più la mia gamba a sé, e la velocità del mio fondoschiena che scivola sulla sedia è proporzionale alla mia testa. Ci stiamo fissando. E ciò che intravedo nelle sue iridi potrebbe fare male alle fibre del mio cuore che stanno guarendo con premura.

Molto, molto male.

Ma dopo un interminabile minuto, la bolla viene scoppiata dall'arrivo dei ragazzi. E se prima avevo desiderato la loro presenza, ora mi ritrovo a maledirla. E maledico anche me.

"Vi prego, ditemi che oggi c'è il cheeseburger con la doppia porzione di fries."

Chris si siede accanto a me con una repentinità e goffaggine che in altri momenti mi avrebbe strappato una risata, ma oggi qualunque cosa si metta tra me e il momentaneo istante con il vice giocatore dei Black Lions è un punto a sfavore al mio buonumore.

"Sei un ingordo senza speranza, Dubois."

È la voce di Blade. E la differenza di reazioni la dice lunga sul perché io abbia ragione a tenere Paul lontano dai nostri affari. Io gli sorrido. Paul gli fa a malapena un cenno con il capo.

Mi auguro che questo nuovo anno accademico porti un po' di serenità a tutti noi, perché ne abbiamo bisogno. Non solo per il campionato dei ragazzi e la fibrillazione che comporta essere all'ultima annata di una prestigiosa ed acclamata accademia, ma per tutto ciò che ci spetta. Blade e Paul hanno di nuovo dei rapporti civili, ma comprendo che debba essere stato destabilizzante rivederlo dopo che abbiamo avuto questa conversazione e... tocchi.

Mi massaggio una guancia e noto che sono decisamente accaldata. Percepisco ancora la sensazione del suo pantalone strusciarsi contro il mio polpaccio, e mi domando quanto io debba essere disperata per ridurmi a reagire così a un contatto minimale.

"Che c'è di male nel desiderare un pranzo delizioso? Oh, ciao, Ortega! Bella fascia."

Mi tocca il girasole che mi permette di avvolgere una stoffa rosa intorno al mio capo, e questa volta lo ringrazio con un sorriso.

"C'è che il coach non ci penserebbe due volte a friggerti con un po' d'olio al posto delle fries." risponde Jul, che adesso ha raggiunto il nostro tavolo. Noto come eviti di sedersi accanto a Blade, e io e Paul ci diamo un'occhiata furtiva.

"Magari avrei un sapore migliore dei frullati a cui sto cercando di abituarmi."

"Cristo, Dubois, non starai seriamente bevendo quella roba?" ridacchia Blade, e il profumo proveniente dal suo vassoio pieno di pollo al vapore e patate al forno mi riempie le narici. Il mio già presente languorino aumenta a dismisura.

"E che altre alternative ho?"

"Magari qualcosa che non abbia la stessa consistenza di cosa rilasci in bagno."

Blade si sposta verso l'estremità della panca per fare spazio a un Ares in vena di battute, che ha un bastoncino di legno fra i denti.

In questa squadra hanno sempre qualcosa in bocca da mordicchiare. È un dato di fatto.

"Grazie, Copp, ora sì che salterò la cena delle prossime cinque vigilie di Natale della mia vita."

"Il solito schizzinoso del cazzo." borbotta Ares, con il bastoncino a confondergli la voce e l'agilità di aggiustarsi i lacci dei suoi stivaletti che ora appoggia sulla panca.

"E permettetemi di dirvi che avete un bel coraggio a lamentarvi del nuovo regime alimentare del coach. In palestra, ho casi di obesità in cui è difficile stabilire una dieta equilibrata che vada di pari passo con l'allenamento, perché molte di queste persone non rispettano i piani già dopo qualche settimana di prova." afferma Jul.

"Che è esattamente la fine che farò." provoca Chris.

"Schizzinoso del cazzo parte due." ripeté Ares.

"Tu sei l'ultimo che può lamentarsi." Chris gli dà una pacca sulla spalla per spingerlo. "Il giorno prima della consapevolezza delle schede, hai vomitato anche l'anima."

"Appunto. Mi sono goduto la pacchia finché è durata. Poi mi sono dato una ripulita. E quella sera ho avuto un sesso infernale con una ragazza del secondo anno. Quindi no, non mi lamento."

I ragazzi roteano gli occhi, scuotono le teste o ridono divertiti, e io intervengo per ribadire l'ovvio.

"Dov'è Arthur? E Phil?"

"Oh, ciao, bellezza. Non ti avevo visto." ironizza Ares, allungando una mano per dare il cinque. Io lo ricambio. "Che hai fatto ai capelli? Sono più luminosi."

Ignoro la sua domanda e insisto: "Mancano solo loro due."

"Il capo ha una giornata intensa. Doppi allenamenti in sala pesi e in queste ore dovrebbe essere in bagno a rigenerarsi. Phil è ancora in aula di sassofono con mia sorella. Potrebbe mangiare fuori come raggiungerci più tardi. Lui ha il regime più complicato di tutti, essendo musulmano. Ha determinati alimenti vietati dalla sua religione." mi risponde Ares.

"Lo vedi che ho ragione a dire che questa mensa è uno schifo, cazzo?"

Ignoriamo tutti l'affermazione di Chris, perché la mia concentrazione si è appena dissipata all'idea che Cordelia possa raggiungerci. Ma devo ripetere alla nuova me di prendere in considerazione le promesse fatte quest'estate.

"In ogni caso, io ho una fame da lupi." Jul si alza. "E non intendo stare qui ad ascoltare voi che parlate di frullati proteici dalla consistenza di escrementi, capelli e scopate colossali."

"La scopata colossale sono sicuro che non la disdegni." bofonchia Ares, torturando il bastoncino.

Jul lo guarda come a rimproverarlo, ma è divertimento quello che intravedo nei suoi occhi prima che abbandoni il tavolo per dirigersi verso la zona dei vassoi della mensa. Chris fa lo stesso e ci saluta temporaneamente, mentre Ares e Blade restano qui con noi.

È d'abitudine che Ares non sappia tenersi un solo pensiero in testa come un segreto di Stato, ma quando inizia ad alternare lo sguardo tra me e Paul e a sogghignare, prego che non apra quella boccaccia.

E invece la boccaccia la apre.

E nel peggiore dei modi.

"Gli stavi facendo un pompino e vi abbiamo interrotti?"

"Che cosa?" urlo io, seguito da un "No!" di Paul. E poi aggiunge: "Chi diamine farebbe un pompino in un luogo pubblico?"

Il ghigno di Ares è tutto un programma. Sia io che Paul restiamo sconcertati, e lui aggiunge alzando le mani: "Non voglio sapere la tua risposta."

Ares ridacchia, e poi tutti e tre ci giriamo verso Blade. Notiamo che è concentratissimo nello scrivere un messaggio chilometrico, e non ci degna di un solo sguardo quando si alza e dice distrattamente: "Scusate, ragazzi, io devo andare. Avevo dimenticato di... avere una commissione dopo la fine delle lezioni."

Paul è dispiaciuto. E questo piccolo dettaglio mi rincuora. "Non puoi almeno pranzare con noi?"

"No, non posso. Mi dispiace." Il suo tono è dolce, ma la velocità con cui si sistema la sciarpa e il cappello mi lascia piena di dubbi.

Non posso ignorare la cosa, e non mi trattengo. "È tutto okay?"

Lui si blocca nel sistemare la cerniera del giubbotto, e dal sorriso che mi dona capisco che non è qualcosa che riguardi me, Paul, Jul o chiunque altro gli passi per la testa. Ma dalla fretta con cui si veste e lascia il posto, io resto con mille dubbi e poche risposte. Più tardi gli scriverò. E voglio sapere ogni cosa.

"Dunque..." Ares trascina le parole per avvicinarsi di più a me. "Sono rimasti i più intelligenti."

Io ridacchio e scuoto la testa, Paul lo provoca e si massaggia le tempie. "Sei davanti ai miei occhi da pochi minuti e mi hai già fatto venire mal di testa, Copperfield."

"Buon segno. Ma capisco. Sono un tipo difficile da dimenticare. Soprattutto per gli Hills."

Il suo occhiolino non presagisce nulla di buono, e Paul sembra notarlo. Nonostante anche Ares si alzi per dirigersi nella direzione dei compagni, Paul lo blocca nel chiedergli: "C'è qualcosa che devo sapere?"

Ares si allontana con un ghigno che snerverebbe anche il più calmo degli uomini, spalanca le braccia e cammina all'indietro per un breve tragitto. Come a dire al suo amico: chissà.

Paul fa un profondo sospiro quando siamo di nuovo da soli. E io decido che il mio stomaco debba avere una priorità assoluta. Anche al di sopra di cos'era accaduto fra noi qualche istante fa.

"Non so te, ma io ho bisogno di dare un senso a questa mattinata sfiancante."

Mi squadra dalla testa ai piedi con un'occhiata veloce quando mi alzo. "Con la mensa dell'accademia?"

Sollevo un sopracciglio e sorrido con le mani sui fianchi prima di dirgli: "E sarebbe Chris quello schizzinoso, signor Hills?"

Lui si alza. È più alto di me. E sebbene ci separi un tavolo, il suo sorriso di risposta mi fa venire le vertigini come se fosse a un soffio. E quando mi raggiunge, fatico a mantenere un contegno visivo adeguato.

Il suo naso è a un centimetro dal mio. E nel fissare le mie labbra, mi sussurra senza la minima esitazione: "Lo sai. Non sono mai stato un tipo schizzinoso, girasole."

🌻

Devo ancora riprendermi da quel breve frangente di conversazione quando siamo al banco del cibo dove veniamo serviti. Paul ha fatto già provvista della sua amata cotoletta impanata e al forno con un contorno di verdure, mentre io vorrei puntare su un primo piatto, ma sono ancora indecisa. Davanti a me ci sono diverse opzioni, e i maccheroni con il formaggio fuso e la pancetta fritta mi stanno tentando da morire.

"Perché non li prendi?" mi chiede.

È accanto a me, e posso avvertire il suo profumo di agrumi nelle mie narici. Deglutisco prima di rispondere, perché è una conversazione scomoda.

"Non posso."

"E perché?"

Un attimo di silenzio. "La mia nutrizionista."

Rischia di bloccare la fila, ma non gli importa. Mi sta fissando con il suo vassoio pieno di cibo. In cerca di una risposta che non sono sicura di volergli dare.

"Non sapevo che andassi dalla nutrizionista." soffia appena. Come se quella notizia lo avesse sconvolto.

"Da poco. Ma non intendo fare la stessa fine dei frequentatori della palestra di Jul. Quindi, lascia che io diventi verde come un broccolo sbollito." Ci scherzo su, ma sono sicura che lui possa percepire il mio disagio nel parlarne.

Io continuo a mettermi i broccoli nel piatto, ma lui mi fissa. Mi fissa e gente dietro di lui ha iniziato a sbuffare. Sta bloccando il traffico... perché? Per guardare i miei movimenti e cercare di estrapolare informazioni? Tanto vale che io gliele dia, e faccia passare gli studenti dietro di lui.

Mi porto una ciocca dietro un orecchio, e ai broccoli affianco un po' di carote e insalate. "È solo momentaneo, Paul. Non preoccuparti."

"E questo momentaneo a quanto corrisponde?"

"Il tempo necessario per..."

Deglutisco.

Non ce la faccio.

"Per?"

Lui insiste. Si è spostato per far passare le persone, ma è comunque accanto a me a visionare ogni porzione che faccio.

"Per cosa, Francisca?"

Io non rispondo. Ho ancora lo sguardo fisso sul cibo che trasporto dai contenitori ai miei piatti. Ma lo sguardo che mi sento addosso è troppo indagatore, e mi costringe a inspirare ed espirare piano per rispondere in egual modo.

"Perdere un po' di peso."

Lo so. So che resta sbigottito dalla mia affermazione. Chiunque vedrebbe Francisca Ortega da fuori, noterebbe un buon fisico. Un buon sedere. E un buon seno. Ma non abbastanza per me.

"È un'esperta, Paul, non devi–"

"Preoccuparmi? Sì, lo faccio. Perché sei bellissima. Lo sei sempre stata, Francisca. E vorrei sapere se c'è qualcosa di cui non sono a conoscenza."

Lo sfarfallio ritorna. E questa volta è crudele, poiché mi costringe a contorcermi dall'ansia delle sue parole.

"Non... non è nulla di troppo complesso, ecco. Voglio solo togliere un po' di... chili superflui sulla pancia. Sto andando in palestra e alterno una buona alimentazione a un buon allenamento fisico. È ciò che dovrebbero fare tutti, no? Che male c'è se voglio farlo anch'io?"

Mio Dio. Sarò rossa come un peperone.

Mi vergogno tantissimo a parlarne. E farlo con lui, sblocca in me tutti i nostri ricordi insieme. Per tutte le volte in cui gli ho detto di non toccarmi. E per tutte le volte in cui mi si è chiuso il cuore a vedere lui tranquillizzarmi e accettare senza sforzo, pur di vedermi felice e a mio agio.

Non lo meritavo.

Non me lo sono mai meritata.

E non lo merito oggi.

"Nessuno. Assolutamente nessuno. Ma permettimi di dirti una cosa." Blocca la mia presa sul cucchiaio che trasportava le verdure dai contenitori al mio piatto, e io fisso il punto in cui le sue dita stringono con dolcezza il mio polso.

"Se lo fai per te stessa e per sentirti bene, è un conto. Se lo fai per piacere a qualcuno... è un altro."

Quella frase punge un milione di parti interne del mio animo. Ma al centro dello stomaco, fa più male. Perché sentirselo dire da lui ha una profondità valida all'epoca, e valida ora.

Ma non abbastanza da risolvere le mie paure. Non abbastanza da sentirmi bella come vorrebbero le mie canzoni. E non abbastanza da meritarmi la confidenza della sua mano sul suo fianco per sussurrarmi qualcosa all'orecchio.

"Sto bloccando la fila. Vado nella zona dolci e poi ritorno a tavola. Ti aspetto." E non sto immaginando le sue labbra più vicine al mio orecchio quando aggiunge: "E ricorda cosa ti ho detto."

Lo faccio. Perché per tutto il tempo che avverto i suoi passi allontanarsi, i miei occhi sono ancora fissi sul contenitore di verdure dinanzi a me. E il mio cervello si disconnette per qualche istante, lasciando che la gente sbuffi e mi lanci imprecazioni nel passarmi davanti.

Ma a me non importa.

Siamo io e le mie paure.

Quelle paure che mi hanno incasellata per anni, e ora sono di nuovo a galla. Quelle paure che hanno plasmato la mia mente, e non intendono allontanarsi.

Ma lui... lui tocca tasti del mio essere che non riesco proprio a chiarire a me stessa.

Nessuna lingua del mondo potrebbe spiegare la bontà e delicatezza con cui Paul riesce a farmi comprendere un concetto all'apparenza semplice, ma ingarbugliato nella mia mente. Ed è così perché sto fissando dei semplicissimi maccheroni con formaggio da più tempo di quanto io ricordi, e solo la voce accanto a me riesce a frastornarmi più della scelta di ascoltare o meno le mie paure.

"Se non li prendi tu, li prendo io. Ma ti consiglio di non lasciarteli sfuggire, Ortega. Sono la specialità dell'Academy."

Vellutata, sensuale, dolce.
Un tempo, era la mia condanna.
Ad oggi, sto cercando di abituarmi. E cicatrizzare quelle ferite che ci separano.

Sollevo il mento e giro il capo, come scossa da un sogno a occhi aperti, e mi ritrovo l'inconfondibile caschetto di Cordelia Copperfield il suo viso da femme fatale. A distanza di anni, la sua bellezza ancora mi provoca morse incurabili allo stomaco.

"Oh, scusami. Credevo–"

"Ti ho visto indecisa. E ho voluto darti un consiglio. Tutto qui." La calma nella sua voce è in contrasto con l'ansia che ha nel tono.

L'ansia di chi ci sta mettendo tutta sé stessa per risanare l'impossibile. Ma è dall'impossibile che partono grandi traguardi. Me lo diceva sempre la mia cara nonna.

"Davvero?" Provo ad allacciare una conversazione, ma è il massimo che riesco a dire.

Lei si china e, con sicurezza e decisione, raccoglie una consistenza di patatine fritte per portarle nel suo piatto.

E le mie mille paranoie prendono il sopravvento nello squadrare la perfezione con cui la sua divisa si adatta al suo corpo tonico e al suo seno piccolo e grazioso. E le sue gambe lunghe e snelle sono il colpo di grazia. Ingoio un groppo amaro.

"Certo. Ti consiglio davvero di provarli." sussurra.

Fa ciò che non mi sarei mai aspettata. La sua voce è ancora incerta e titubante, come ogni conversazione che abbiamo da parecchi mesi, ma i fatti contano di più. E al suo mestolo afferrato, pieno di maccheroni che passano dal contenitore di plastica al vuoto del mio unico piattino libero, qualcosa si smuove nelle profondità delle mie interiora.

Fisso a turni il cibo e le ciglia folte di Cordelia. Mi concentro sulla fatica con cui le sue labbra cercano di non tremare, fatica che non riesce a nascondere nelle sue dita lunghe e affusolate.

E apprezzo. Apprezzo da farmi stare male. Apprezzo da voler sperimentare la sensazione delle lacrime. Qui. Davanti a tutti.

Perché ciò che mi è accaduto nel giro di pochi minuti non me lo sarei potuta minimamente immaginare.

Paul che mi porta a riflettere sulle mie vere intenzioni personali. E Cordelia che mi aiuta a capirle.

Le stesse persone che un tempo mi avevano fatto così male, ora sono qui per aiutarmi.

E una sensazione nuova e leggera si muove nel mio stomaco quando lei incrocia il mio sguardo, mi sorride timidamente con le sue labbra piene di rossetto e mi supera per proseguire la fila di contenitori pieni di cibo e va a riempire il suo vassoio.

Io ancora una volta resto lì, immobile, per cercare di capire. Per cercare di metabolizzare.

E poi mi volto verso la sua figura e ne osservo i movimenti, con il vassoio tra le mani e il solo chiacchiericcio delle persone a ricordarmi che sono in questo posto.

Una consapevolezza si espande dentro di me, e io ho paura di affrontarne la realtà per restarne delusa o terrorizzata da un eventuale colpo di scena. Ma ci sono stati pochi momenti nella mia vita in cui ho capito con sicurezza che qualcosa di oscuro c'era già all'orizzonte. E con altrettanta sicurezza, sono sicura che non sia questo il caso.

Sorrido.

Sorrido come non accadeva da anni.

Perché il bagliore di certezza mi stringe il cuore, ma mi riempie gli occhi di lacrime.

Gli incubi intrecciati alla vita e alla morte sono alle spalle.

L'oscurità del giorno in cui tutto è cambiato, fra le mura di quel bagno, anche.

E forse entrambe, nel profondo del nostro animo... stiamo provando a voltare pagina.
E scrivere una nuova storia di speranze.

🌻

Dopo aver dato un'occhiata al tavolo dove si è andata a sedere Cordelia – è in compagnia di Anastacia e altri loro amici, e ridono a una battuta che ha fatto un ragazzo seduto accanto ad Anastacia – e aver riempito tutti i miei piatti sul vassoio, mi dirigo qualche minuto dopo alla tavolata dei Black Lions.

E grazie al cielo, i ragazzi non fanno neanche caso alla mia presenza. Stanno discutendo di match di campionato, e io posso immaginare il volto dell'uomo difronte a me ancor prima di sollevare il mento. Lo faccio solo dopo aver preso una forchettata dei miei maccheroni, e prego di riuscire a deglutirli tutti quando sento di voler ricambiare il sorriso genuino e colmo di gratitudine che mi sta donando Paul.

"Francisca Ortega?"

Una voce non familiare mi risveglia dal mio stato di trance.

"Sì?"

"Questo è per lei."

Accade tutto troppo velocemente. La mia unica certezza è il chiasso della mensa diminuito di qualche decibel, perché a Paul che si alza, mi accarezza le spalle per parecchi secondi, mi saluta così stranamente e dice ai suoi che ha una lezione fra cinque minuti, segue il gesto di una cameriera della mensa.

Davanti a me c'è un pezzo di torta. E il mio battito aumenta ancor prima di assaggiarne un pezzetto minuscolo.

Albicocca e vaniglia.

Il gusto sa di albicocca e vaniglia.

Il mio preferito in assoluto.

Di cui solo una persona ne è a conoscenza.

La mia lacrimazione sta facendo fatica a trattenersi a un semplice pizzicore. Ma butto giù il piccolo boccone, e ringrazio ancora che i ragazzi non vedano le mie mani tremanti mentre apro le pieghe del bigliettino incluso con il dolce. I miei presentimenti mi suggeriscono qualcosa di cui potrei pentirmi dell'audacia.

E una volta letto il contenuto, mi ritrovo a pregare con tutte le mie forze che i presenti della mensa ritornino a farsi gli affaracci loro. Che nessuno dei ragazzi noti la mia reazione. E a loro volta, dare un senso a un bagliore ritrovato dei miei occhi.

E a una luce nuova e brillante di cui mi spaventano le origini.

Quei chili non sono il tuo nemico.
E tu non sei mai stata più bella di così.

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