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Justin

Sabato

Il weekend ci sarebbe stato utile per il grande passo: far scoprire ad Alis tutta la verità. Nathan era più determinato che mai soprattutto dopo aver avuto conferma che il suo ex migliore amico stava cercando di sottrargli la sua nuova migliore amica. Era proprio ciò che non volevo accadesse a me, non volevo che mi portassero via Ashley. Mi ero allontanato solo per trovare un modo per non farla soffrire. Forse mi odiava, mi stava insultando alle mie spalle, come biasimarla. Una volta saputa la vera causa del mio allontanamento, magari mi avrebbe perdonato, in fondo il suo orgoglio aveva un limite.

Jessica e Nathan sarebbero venuti a casa per decidere i nostri movimenti. Seguire i membri del gruppo o Alis stessa non era servito a molto, Nathan si fidava troppo e non pensava che Alis si sarebbe dimenticata della loro serata. Ci era rimasto male e non era nemmeno andato a scuola per parlare con noi. Per confortarlo e cercare di capire il suo comportamento, avevamo perso tempo. Il weekend era perfetto per recuperare quel tempo volato. Jessica non era coinvolta in nessun modo, ma ci aiutava lo stesso e le ero molto grato. In certe situazioni, grazie a lei, riuscivo a mantenere la calma con un suo semplice sguardo.

Osservai la sala, era tutto in uno strano e perfetto ordine. Ero stupito da me stesso e nervoso allo stesso tempo senza un preciso motivo. Le mie mani tremavano, le nascosi nelle tasche della felpa. Andai ad aprire la porta appena suonò il campanello. Tirai un sospiro di sollievo appena vidi Nathan che mi guardò dubbioso.

"Che succede? Aspettavi qualcun'altro?" chiese.

"Oh no no, solo te e Jess" risposi cercando di sembrare il più indifferente possibile. Non capivo nemmeno io cosa mi stava prendendo.

Rise per qualche secondo. "Guarda che ho notato come la guardi."

"Dove vuoi arrivare?"

"Io da nessuna parte, sono già arrivato qui", alzò le mani in aria con innocenza. Quando mi girai, rise di nuovo, così scossi la testa lasciando perdere il discorso. Almeno avevo la conferma di essere l'amico più divertente di Alis, Nathan non ci sapeva fare molto.

Il campanello suonò nuovamente, corsi ad aprirlo, ma per mia sorpresa trovai Michael. Lo lasciai entrare con ripugnanza, era a dir poco strano averlo così vicino dopo settimane che non parlavamo. Nathan seduto sul divano era confuso, salutò comunque Mike.

"Cosa ci fai qui?" domandai fingendo un carattere infastidito.

"Vorrei sapere perché non ci parli più, mi sembra piuttosto scontato."

"Perché mi avete nascosto la vostra relazione" sputai la prima bugia che mi venne in mente.

"Ashley può crederci, io no." Michael era una persona razionale, un aspetto di lui che mi metteva spesso in difficoltà.

"Allora credici anche tu." Mi girai verso Nathan per vedere se stava ascoltando e, per quanto potesse sembrare di sì, non lo stava facendo. Sembrava essere da tutta un'altra parte, si stava concentrando sulle piantine accanto alla poltrona in un mobiletto di vetro.

"Justin sai che non me ne andrò via finché parli" insistette. Mi stavo pentendo di aver scelto un amico come lui, sapevo che sarebbe realmente rimasto, anche a dormire se necessario.

Consultai Nathan per un secondo, o meglio, lo guardai come per chiedergli il consenso. Fece spallucce, era una mia scelta, ero io a dover decidere. E scelsi di dirgli la verità.

"Vogliamo scoprire i segreti dei Kings per raccontarli ad Alis. Non vogliamo che accada la fine di Lena. Lo sto facendo soprattutto per Ashley" e ripresi fiato aspettando un suo commento.

"Per farlo dovevi proprio allontanarti da tutti noi?"

"Sì, mi sarei distratto... E se mi avessero scoperto, mi avrebbero fermato, l'ultima cosa che desidero" affermai determinato.

"Come vuoi, ma potevi anche dirmelo."

"Così lo avresti raccontato ad Ashley?"

"Sembra che tu non mi conosca più." In realtà lo conoscevo bene, non sapevo perché farfugliavo negando la realtà. Si sedette sul divano come se fosse casa sua ed esclamò: "Quando si comincia? Da oggi faccio parte anche io della squadra!"

Sorpreso gli spiegai che dovevamo aspettare Jessica. Non capivo perché ci mettesse così tanto tempo, forse c'era traffico... in verità non sapevo nemmeno se l'avrebbero accompagnata i suoi genitori. Senza volerlo, iniziai a preoccuparmi e fare avanti e indietro per la sala sotto gli occhi confusi dei due presenti. Nathan cercò di tranquillizzarmi trovando qualche scusa plausibile per il suo ritardo e propose di spiegare a Michael le nostre intenzioni. Iniziammo con una piccola descrizione del gruppo, da come si era formato con Tyler, del suo misterioso e sospetto allontanamento e tutte le conseguenze dovute ai Kings inclusa la scomparsa di Lena. Forse erano troppe informazioni messe insieme, ma ero sicuro che le avrebbe digerite.

"È passata un'ora ormai" notai.

"Non proprio, ma in effetti è tardi, non possiamo perdere tempo" fece Nathan. Continuai a fare su e giù per concentrarmi e presi la decisione di andare a casa sua per controllare che stesse bene.

"Okey, io vado" sbottai, presi le chiavi e feci per uscire, ma me la ritrovai di fronte. Mi guardò sorpresa con la mano sospesa in aria in attesa di suonare il campanello. La abbracciai e finalmente mi scrollai i pensieri peggiori dalla mente; era lì e stava bene, o almeno fisicamente.

"Scusate ragazzi se ho..." iniziò e si fermò appena vide Mike seduto sul divano, così le spiegai quanto accaduto in sua assenza.

"Non importa, va tutto bene?" le chiese Nathan togliendomi le parole di bocca.

"Oh sì sì, possiamo concentrarci ora. Avete pensato a qualcosa di nuovo?" La osservai per capire se quella fosse la verità, ma non avevo grandi doti, così mi fidai.

"Nulla di nuovo. Abbiamo capito che seguirli non è efficace, non riusciremo ad andare ovunque loro vadano..." commentò Nathan.

"Potreste essere denunciati per atti persecutori, comunemente chiamato stalking" si intromise Michael.

"...intendevo che dovremmo quindi trovare un altro modo. Non possiamo seguirli, non possiamo scoprire di persona i loro segreti, ma magari qualcuno che li conosce è disposto ad aiutarci" continuò dopo l'interruzione.

Sembrava un'idea sensata, ma era troppo generale, dovevamo sostituire a quei soggetti dei nomi. "Sì, ma chi? Conoscete qualcuno dei Kings che possa aiutarci?"

"Non i Kings," precisò Nathan, "qualcuno vicino a loro. Pensiamo bene... Matthew aveva un fratello, se fosse ancora vivo saprebbe qualcosa. Chi altro ha fratelli?"

"Dan" risposi. "Jess cosa ne pensi?"

Le palpebre dei suoi occhi bloccati nel vuoto tornarono a sbattere riacquistando concentrazione. "Scusa, cosa dicevi?"

Era chiaro che qualcosa non andava e la precedente preoccupazione stava ritornando. Non riuscivo a trovare nemmeno il coraggio di chiederle quale fosse il problema, perché era così difficile farlo?
La guardai sperando che desse delle spiegazioni di sua spontanea volontà, ma aspettava una nostra risposta.

"Cercavamo di trovare un nuovo modo per convincere Alis che i Kings non sono così innocenti" dissi accrescendo la sua confusione nonostante fossi stato chiaro. Mi spiegai ulteriormente: "Pensavamo che magari qualche parente sapesse i loro segreti, Dan per esempio ha un fratello."

"Mmh sì" fu la sua unica risposta. Jess era assente da quando aveva messo piede in quella casa e non era sicuramente colpa del luogo, ma di altro.

"Jess", appoggiai una mano sulla sua spalla e il gesto le fece alzare il viso, "vuoi dirci cosa non va? Possiamo anche discutere dei Kings domani, vieni prima di loro."
Le ultima parole mi turbarono un po' cosi rimediai all'istante: "Voglio dire, sei nostra amica, se hai qualche problema puoi sfogarti."

Pensare che Jessica potesse avere dei problemi faceva strano e mi faceva stare male per certi versi. Il dolore sembrava l'ultima delle emozioni che le appartenevano. La abbracciai di nuovo, magari riuscivo a consolarla per un po'. Lei lo faceva spesso e mi sentivo sempre meglio. Si alzava in punta di piedi e con un piccolo saltello mi circondava con le sue calorose braccia, mi sollevava privandomi delle mie preoccupazioni e quello era il mio momento di farlo.

"Mio padre è tornato dall'estero" affermò e si allontanò dal mio corpo sciogliendo l'abbraccio. Nathan e Michael erano lì ad ascoltare e desideravo non ci fossero, così sarebbe potuta essere una conversazione solo tra noi due. "Era andato a lavorare lì, per vedere se le opportunità fossero migliori. Ora vuole trasferirsi."

La tristezza non riusciva più a nascondersi nell'indifferenza, né la sua né la mia. In me le emozioni variavano, dalla rabbia alla paura al dolore. Sembrava come se già non ci fosse più e io fossi solo per i corridoi della scuola. Tutti ridevano e scherzavano e io piangevo nella mia solitudine, senza Ashley, senza Alis, senza Jessica. Il suo sorriso era diventato un episodio del passato non in grado di ripetersi. Rivivevo la scena di lei che si allontanava da me sciogliendo un abbraccio per fare una confessione. Che senso aveva tutto quello? Che me ne facevo di un piano se non sarei riuscito a risolverlo?
Se ne sarebbe andata... e io restavo muto. Non la stavo aiutando come faceva lei, non le stavo togliendo le preoccupazioni, ne stavo aggiungendo altre. Mi sentivo impotente, non riuscivo ad asciugare le sue lacrime, le guardavo scivolare sulle sue guance.

Di tutto ciò che potevo far uscire dalla mia bocca, chiesi: "Quanta probabilità c'è che tu parta?"

Conservavo ancora un briciolo di speranza. Magari lei voleva andarsene, forse quel quartiere non le piaceva. Io da egoista avevo il bisogno che lei rimanesse. In passato non avrei creduto di averne bisogno, ma era così. Dovevo capire se potevo ancora sperare e per quanto tempo ancora.

"Non lo so. È tornato da qualche ora dalla Germania e già racconta di come sia tutto un altro mondo lì e di aver imparato qualche frase in tedesco... ma io non voglio andare. Nemmeno mi piace la Germania!" esclamò sollevandomi un po'. Riuscii a recuperare la forza per trovare le parole migliori per rassicurarla: "Ci siamo noi con te. Se non vuoi andare, non lo farai, piuttosto vieni a vivere con me!"

Intravidi un sorriso sulle sue labbra e mi ringraziò sussurrando. Per me sarebbe stato un sogno vivere con lei, ma non lo sapeva, nessuno lo sapeva. Nemmeno io riuscivo a capirmi, però quella ragazza mi faceva sentire bene, non potevo perderla.

Decisi di prendere qualche spuntino per far alzare l'umore. Dopo qualche chiacchierata, ritornammo sull'argomento per il quale eravamo tutti lì. Nathan prese di nuovo parola: "Quindi, stavamo parlando di Dan. Suo fratello maggiore è Ryan, non conosciamo le sue amicizie, ma sicuramente sa qualcosa dei Kings in quanto un membro di loro ha il suo stesso sangue."

"Messa così abbiamo creato un effetto indagine" ironizzai.

"Sto cercando di rendere tutto più interessante" spiegò.

"Come vorreste parlare con Ryan? O convincerlo?" rifletté Mike, giusta osservazione, ma avevo una risposta.

"Parlare è normale. Convincerlo sarà semplice. Alis aveva fatto la sua conoscenza, si era creato un legame tra di loro. Se tiene veramente alla nostra amica, lo dimostrerà." Una riflessione collettiva fece piombare il silenzio nella sala. Notai che Jessica controllava frequentemente l'orologio appeso al muro, così decisi di concludere lì la riunione. Nathan e Michael capirono subito le mie intenzioni e andarono via senza il bisogno di cacciarli, sarebbe stato un gesto troppo maleducato anche per me.
Restammo solo io e Jessica finalmente, uno di fronte all'altro ad aspettare la prima parola.

"Credi che dovrei andare?" chiese. Ero l'ultimo a cui andavano poste quelle domande, non sapevo dare consigli. Avrei voluto tanto saperlo fare solo per aiutarla, ero in difficoltà.

"Credo che sia tu l'unica a poter decidere. Se non vuoi farlo, dì a tuo padre che non sei d'accordo e che vuoi restare qui. Appoggierò qualsiasi tua decisione."

"Non vorrei pensassero che per me la famiglia non conti... è una scelta dura. Finalmente ho degli amici veri e non voglio abbandonarvi..."

"Già" fu il mio commento. La stavo ascoltando e pensavo a mille risposte diverse, tutte racchiuse in quel monosillabo.

I suoi occhi erano lucidi, voleva piangere, ma ancora era troppo presto per farlo. La sua bellezza non svaniva neppure dinanzi all'indecisione e alla tristezza. Il peggio era che non potevo fare niente se non osservarla e quasi consumarla. Iniziò a raccontarmi della sua vita di sua sponte e restai a sentire la sua voce incantato. Anche da piccola non aveva mai avuto migliori amiche, andava d'accordo con tutte le bambine, ma mai nessuno era stata talmente importante e speciale per lei. Jessica non si era nemmeno mai resa conto di ciò, le sembrava normale non odiare nessuno e altrettanto non essere disprezzata dagli altri; non aveva scoperto fino a quei giorni il vero valore delle persone, non erano state mai un grande appoggio per lei, fungevano quasi da sfondo alla sua vita, elementi di scena, non personaggi fondamentali. Sentivo il bisogno di spiegarle quanto fosse diventata importante lei per me, farle capire il valore delle persone. Il coraggio mi mancava.
Ritornò sull'argomento del trasferimento sottolineando la poca ammirazione per la Germania. Ogni tanto deglutivo per mandare giù il discorso, ancora troppo pesante per me, ma almeno riuscivo a trattenere le lacrime, il minimo che potessi fare. Se non avevo grandi parole da dirle, dovevo limitarmi a non farmi sentire un peso e alleggerire la sua debolezza.

"Andare a vivere lì sarebbe come ricominciare da capo, come rinascere. Ma non voglio tornare bambina, perché è così che mi sentirei: infantile. Non conosco la lingua, le strade... nulla" e si portò le mani sulla fronte disperata, a ogni parola si rendeva conto di quanto sarebbe stato difficile trasferirsi. Volevo annuire, ma era meglio stare immobile.

"Perché è così difficile restare?" azzardai.

"Non posso stare sola qui, anche se l'idea di andare là non mi va proprio giù... E poi... la famiglia è l'unica certezza che ho. Se restassi, chi mi assicura di avere qualcuno a fianco per sempre? Qualcuno onesto, di fiducia." Ferito, non feci altro che rimanere in silenzio, come se le dessi ragione. Al contrario non riuscivo a dare un senso a quelle parole, forse perché influenzato dal mio punto di vista. Io sapevo che le sarei stato accanto, lei come poteva esserne certa?

Suo padre era andato a lavorare lontano da casa solo per mantenere la famiglia, per assicurare un futuro migliore, per poi tornare e proporre di dare inizio a una nuova vita. Su di lui poteva contare.
Probabilmente sua madre era rimasta con lei, preparando pranzo e cena per assicurarle sempre un pasto pronto. Aveva un appoggio materno, una donna con cui confidarsi e confrontarsi. Su di lei poteva contare.
E poi c'ero io che potevo contare su di lei, per quanto ancora? Toccava a me, era il mio turno. Doveva capire che su di me poteva contare.

Mentre continuava a parlare degli aspetti positivi e negativi del Bronx e dei quartieri della Germania messi a confronto, presi il suo viso tra le mani delicatamente per paura di poter sbagliare una minima mossa. Mi guardò incerta e anche io avevo timore, ma avevo preso il coraggio, sentivo il cuore battere veloce, poi lento e poi di nuovo veloce. Non potevo nasconderlo, non potevo lasciarla andare. Avvicinai il viso al suo, chiusi gli occhi e la baciai.

La mente era più lucida di quanto si potesse pensare, non ero pentito, anzi sentivo una strana gioia alimentare le cellule del mio corpo. La mia espressione brillò nei pochi attimi successivi al bacio e si allargò un sorriso. Lei era bloccata, cercava di elaborare l'accaduto. E lì iniziò a crearsi qualche dubbio, forse era troppo presto o non provava i miei medesimi sentimenti. Quei dubbi caddero appena spuntò un sorriso sul suo volto, lì capii che l'avrei tenuta stretta, non l'avrei fatta scappare. L'abbraccio fu il mio primo gesto per confermare i miei piani. Sentii i suoi capelli lisci e morbidi intrecciati sulle mie dita, non era mai stata così vicina prima di allora e non si trattava di vicinanza fisica.

Come se potesse conoscere quali fossero i miei pensieri, appoggiai la fronte sulla sua e sussurrai con i corpi ancora a contatto: "Su di me puoi contare."

ℳ𝒶𝒹 •𝒶𝓂

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Primo aggiornamento di aprile. Domani è il mio compleanno, mentre oggi lo è di una persona speciale per me, ti voglio bene J.💕

- Quand'è il vostro compleanno?

Ci vediamo al prossimo capitolo, ci saranno diversi punti di vista oltre a quelli di Alis nel corso della storia, perché non sarà incentrata solo su di lei.
Nel frattempo, date segno del vostro passaggio ♡🌟

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