vi. 101 rimedi di bontà: la. materia. peggiore.

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E S M E

Non ricordava di essere andata a letto.

In realtà non ricordava neanche cosa avesse fatto la sera prima. Ricordava Hunter, ricordava Richard e ricordava la ricerca per scuola sul Tappeto Volante. Ma poi? Vuoto totale.

Si disse che era semplicemente stata una giornata stressante, e che quindi il suo cervello l'aveva rimossa. In tutta onestà, non sperava di meglio.

Si alzò, e andò a farsi una doccia, come ogni mattina. Per fortuna, tutte le camere del campus erano dotate di un bagno privato. Quando tornò in stanza trovò Audrey già pronta per andare a fare colazione.

«Non ti ho vista tornare ieri sera» le disse.

Esme aggrottò le sopracciglia, come se sperasse che qualche ricordo affiorasse dopo un'osservazione del genere. Quando però si rese conto che non sarebbe servito a niente, si rilassò, rispondendo alla sua amica con quanto di meglio poteva.

«Sono andata da Richard, e abbiamo studiato fino a tardi. Quando sono tornata stavi già dormendo. Ho preferito non svegliarti».

La figlia di Aurora annuì.

«Tu inizia ad andare» le disse Esme «Io mi vesto e ti raggiungo. Oh, e mettimi da parte due pancake con sciroppo d'acero e panna, se oggi li servono».

Audrey ridacchiò, scuotendo la testa, per poi chiudersi la porta alle spalle.

La principessa si vestì, per poi fermarsi davanti allo specchio a sistemarsi i capelli.

Aveva indossato dei jeans lunghi rosa pastello e una canotta di pizzo a maniche sottili di una sfumatura più scura. Prese il suo portagioie in oro rosa e si mise ai polsi un paio di braccialetti sottili in argento.

Quel giorno i suoi capelli erano più selvaggi del solito: doveva aver avuto proprio una nottataccia. Per fortuna qualche minuto dopo erano in perfetto ordine. E mentre se li spazzolava non potè fare a meno di pensare alla giornata che stava per iniziare.

Era il primo giorno di scuola per i cinque nuovi studenti. Esme non sapeva come sentirsi. Quel senso di inquietudine e di scetticismo continuava a roderla dentro, e non sapeva che fare. Di sicuro doveva sbrigarsi a mettere in chiaro le idee, in quanto fra qualche minuto avrebbe visto quei ragazzi in mensa.

Quindi, decise di ignorare completamente queste sensazioni, e dopo aver afferrato il suo zaino rosa e una giacca in jeans blu, uscì come una furia dalla camera, diretta verso il suo inferno personale.

E no, non intendeva la scuola.

•✵•

Il sole filtrava dalle enormi vetrate colorate, e i colori che illuminavano i muri di pietra servirono a rilassare leggermente la principessa. Era ad Auradon, il mondo dei Buoni. Non aveva motivo di temere quei ragazzi o le loro intenzioni. Fin quando sarebbe stata lontana da loro ed insieme ai suoi amici, tutto sarebbe andato per il meglio.

Stava proprio per sorpassare il gigantesco arco di pietra che precedeva le porte della sala mensa, quando venne fermata dalla Fata Smemorina.

«Oh tesoro! Finalmente ti ho trovata!» esclamò la donna.

Esme le sorrise dolcemente, chiedendole cosa potesse fare per lei.

«Stavo riguardando la tua pagella dell'anno scorso, e, come di certo sarai al corrente, il tuo rendimento in Scienze Forestali Incantate non è dei migliori».

La principessa sospirò, annuendo, per poi rivolgere uno sguardo alla Fata come ad intimarla a continuare.

«E visto che nessuno di noi vuole che questo si ripeta, che ne dici di aiutare con alcune mansioni per crediti extra?»

Esme sorrise raggiante. In tutta onestà, a lei piaceva molto la scuola. Imparare tutte quelle cose nuove . . . adorava rispondere alle domande che avevano una risposta, e riflettere su quelle che non l'avevano. Amava stare ore e ore china sui libri della biblioteca alla ricerca di nuove informazioni per i suoi progetti. Peccato solo che le scienze in generale non erano proprio la sua materia preferita. Anzi: faceva totalmente schifo. Che fosse fisica, chimica o biologia, c'era ogni volta qualcosa che non capiva o che non era in grado di fare. Una volta, l'anno prima, aveva quasi fatto saltare in aria il laboratorio della scuola.

Per questo era contenta di ottenere crediti extra in quel modo. Chissà, magari la Fata Smemorina le avrebbe fatto sistemare la biblioteca della Regina Belle (sarebbe stata un'ottima occasione per cercare qualcosa in più sulla perdita di memoria, già che c'era), oppure avrebbe messo in ordine le cartine e le mappe dell'aula di geografia e storia. Oppure-

«Ti sarei grata se mi potessi aiutare questa mattina con la prima lezione di 101 Rimedi di Bontà! Sai, la nuova materia creata apposta per i nostri nuovi cinque studenti. Mi servirebbe proprio qualcuno di gentile ed educato come te per aiutare quei poveri ragazzi».

La figlia di Esmeralda smise per un attimo di respirare. Aveva sentito qualcosa nella sua mente fare click, come se avesse reagito a ciò che aveva detto la Fata. Cercò con tutte le sue forze di aggrapparsi a quella sensazione, ma era sparita ancora prima che potesse provare a registrarla.

Ciò non toglieva il fatto che la preside le avesse appena proposto qualcosa di totalmente orribile.

«Cosa?!» esclamò Esme, il tono di voce più alto del normale. «Vuole che io aiuti loro? Con tutto il rispetto, signora preside, ma non pensa che sia una perdita di tempo? Non credo che qualcuno corrotto così nel profondo possa diventare buono soltanto con una lezione settimanale».

La Fata sospirò, annuendo come se si fosse aspettata una risposta del genere, e le poggiò le mani sulle spalle: «Esme» le disse in tono serio, guardandola negli occhi. «Sei sicura che la vera ragione per cui non vuoi aiutarli sia perché, nel profondo, hai paura di loro?».

La principessa si sentì il sangue gelare nelle vene. Ed esattamente come un meccanismo di difesa, qualsiasi tipo di emozione abbandonò il suo volto.

«Io non ho paura di loro» rispose, la voce così fredda e calma, che fece quasi rabbrividire la preside. »Credo semplicemente che non ci si debba fidare».

La donna sospirò una seconda volta, riportando le braccia lungo i fianchi. E dopo un lunghissimo secondo di silenzio, le rivolse uno sguardo forte e severo, ma era pieno di compassione: «Non lasciare che il passato condizioni il tuo vero essere, Esme. E soprattutto, non relazionare qualsiasi cosa che tu credi "malvagia", a quello che ha fatto tuo padre. Sai, si può trovare la luce anche nella più completa oscurità. A volte basta solo guardare con attenzione».

Tirò fuori da una tasca una piccola mappa della scuola: «L'aula dove si terrà la lezione è segnata con una x. Se te la senti, vieni pure. Ti aspetterò a braccia aperte. Ma se non vuoi, vedrò di mandarti a sistemare i libri della biblioteca». Le rivolse un ultimo dolce sorriso materno, per poi girarsi verso dove era arrivata. «Oh! E un'ultima cosa! Dai una chance a quei ragazzi. Prova a conoscerli, e vedi come va».

Diede un'occhiata al suo orologio da polso, spalancando poi gli occhi: «Oh, acciderbolina! Sono in ritardo! Io e quando ho deciso di incontrare il Bianconiglio! Mi avrà sicuramente contagiato!». E con quello, se ne scappò via nel corridoio.

Lasciando Esme da sola all'entrata della mensa, con una mappa in mano, una fame da lupi e zero idee su cosa fare.

•✵•

Il profumo del cioccolato e del caffè la stavano facendo andare fuori di testa.

La caffetteria era piena come ogni giorno. Centinaia di studenti si affollavano ai banconi per cercare di afferrare anche solo un pezzo d'arancia.

Per fortuna ormai sapeva come riuscire a procurarsi tutti i pasti migliori. Bastava arrivare in anticipo. Oppure avere come migliore amica una certa principessa figlia di Aurora che conoscesse i cuochi. Per Esme e i suoi amici erano sempre assicurate le parti migliori del buffet.

Appena entrata nella caffetteria cercò subito con lo sguardo Audrey, e la vide seduta al loro solito tavolo, circondata come sempre da Chad, Aziz, Richard e Bayley. La sua migliore amica la notò subito e la salutò da lontano, invitandola ad avvicinarsi. Esme le sorrise, ma non fece caso allo sguardo incredulo che le lanciò Richard.

Stava per avvicinarsi (aveva notato che la figlia di Aurora era riuscita già a procurarle un gigantesco piatto pieno di leccornie), quando qualcuno le venne contro, rovesciandole un intero vassoio addosso.

La principessa emise un piccolo gridolino vedendo tutto il suo outfit del giorno completamente rovinato. Un'enorme quantità di crema al cioccolato era sparsa sulla sua maglia e perfino sulle punte dei suoi capelli. Chi diavolo prende per colazione una ciotola gigante di crema al cioccolato? si chiese.

Stava per dirne quattro al colpevole, ma quando alzò lo sguardo, si ritrovò davanti Carlos.

«Ehi, sei tu!» esclamò lui. «Scusami tantissimo! E che non guardavo dove andavo e . . .».

Esme era stranita. E tanto anche. Si sarebbe aspettata delle risate e delle prese in giro (come sentiva in sottofondo dagli altri quattro figli dei Cattivi), non delle scuse. Per un attimo pensò che in qualche modo stesse scherzando, come se stesse cercando d'ingannarla, ma il suo tono di voce sembrava sincero. E nei suoi occhi vedeva una vera scintilla di dispiacere.

Così la figlia di Esmeralda si ritrovò a dire delle parole che mai si sarebbe immaginata pronunciare davanti ad un Cattivo.

«Non . . . non fa niente» gli disse, cercando di sforzare un piccolo sorriso. «Sul serio, non importa. Il cioccolato è facile da lavare via . . . almeno spero».

Una piccola risata nervosa uscì dalle sue labbra, mentre vedeva Carlos davanti a sé spostare il peso da una gamba all'altra, imbarazzato. Esme giurò di aver visto una piccola sfumatura di rosa farsi strada sulle guance del ragazzo.

«Ehm . . . ok» e con quello, il figlio di Crudelia si diresse verso il tavolo dei suoi amici, che lo accolsero con dei fischi di approvazione e delle pacche sulla spalla.

L'intera mensa era calata in un silenzio di tomba. Le sole voci che si udivano erano quelle dei cinque studenti, che chiacchieravano e mangiavano rumorosamente. Tutti guardavano la figlia di Esmeralda ad occhi spalancati, come se non si fossero aspettati una reazione del genere. E, a dirla tutta, non se l'era aspettata nemmeno Esme.

Ma poi decise di ricomporsi. Drizzò la schiena e, incurante del cioccolato che ormai le sporcava i vestiti, si sedette al tavolo di Audrey.

Pian piano gli studenti ritornarono a parlare tra di loro, ed Esme tirò un sospiro di sollievo. Tutti tranne i componenti del suo tavolo.

«Cosa cavolo era quello?» le chiese Chad.

«Non so di cosa tu stia parlando» rispose Esme, iniziando a tagliare con forchetta e coltello i suoi pancake. Stava cercando di apparire disinvolta, ma in realtà dentro di lei sentiva solo un'immensa confusione. Perché diavolo si era comportata così?

«Tu. La Principessa Esme. Miss "I Cattivi sono peggio del diavolo". Hai perdonato un Cattivo che ti ha tirato addosso un'intera ciotola di cioccolato. Senza pensarci due volte» spiegò incredula Bayley.

La figlia di Esmeralda alzò gli occhi dal suo piatto, solo per guardare i suoi amici e scrollare le spalle.

«Non ha fatto niente di grave».

Audrey, Chad e Bayley la fissarono a bocca aperta, mentre Aziz, al contrario, aveva un espressione furbetta in volto, valorizzata da un sorrisetto.

L'unico a non aver avuto una reazione precisa era Richard, che invece guardava la principessa che se fosse un fantasma, e non credesse alla sua presenza.

Esme lo notò, e gli lanciò un'occhiata interrogativa, a cui però lui rispose scuotendo la testa, ritornando a gustare i suoi wäffle.

Per il resto della colazione nessuno nominò più lo strano avvenimento, e tutti continuarono a chiacchierare di cose normali come ogni giorno. Soltanto Esme trovava difficile concentrarsi. I suoi occhi erano fissi sul tavolo dei VKs. E intanto la sua mente viaggiava a mille tra la conversazione avuta con la Fata Smemorina, lo strano incontro con Carlos, e l'inspiegabile vuoto di memoria di quella mattina.

I cinque studenti erano incredibilmente rumorosi. Le loro voci erano facilmente distinguibili tra il vociare generale della mensa, per non parlare di come stessero mangiando. Cavolo, sembrava che non gustassero un pezzo di torta da secoli.

Mal era la più silenziosa. Aveva davanti a sé un gigantesco piatto di uova e bacon, e non stava perdendo tempo a spazzolarselo tutto, ma si lasciava andare ad una battutina con gli altri solo una volta ogni tanto.

Evie, invece, chiacchierava con Hunter a tutta forza. In mano aveva un piccolo specchio dorato, con cui stava continuamente a controllarsi il trucco, mentre nell'altra reggeva una splendida mela rossa. La stava ammirando ad occhi spalancati, come se non credesse che un frutto potesse avere un colore così brillante. Hunter, accanto a lei, faceva ogni tanto un commento rumoroso su come il suo croissant alla marmellata fosse la cosa più celestiale mai creata.

Alla loro destra Carlos e Jay mangiavano letteralmente come maiali, rubando ogni tanto una qualche leccornia proveniente dal piatto dell'altro. Il figlio di Jafar aveva davanti a sé un'enorme pila di pancake sommersi dallo sciroppo d'acero, e cercava di mettersene in bocca quanti più possibili alla volta. Carols invece, avendo dovuto rinunciare alla sua enorme ciotola di solo cioccolato, si era tagliato metà di una torta alla panna e (indovinate?) cioccolato, che si stava praticamente ficcando tra i denti a forza. Le sue labbra e le sue mani erano completamente sporche, e lui non perdeva tempo a leccarsele.

A volte lui e Jay si scambiavano degli spintoni per prendere per primi delle noccioline ricoperte di zucchero che c'erano al centro del tavolo.

Esme in fin dei conti non era molto sorpresa. Essendo dei Cattivi non dovevano aver ricevuto un'educazione a tavola molto sofisticata, e per un secondo pensò fosse quasi divertente vederli reagire in quel modo solo per un po' di cibo.

Lo sguardo che Carlos aveva per la sua fetta di torta, ogni volta che ne riusciva a ingoiare un pezzo, era da morir dal ridere. Sembrava avere davanti a sé la cosa più preziosa del mondo.

E inconsciamente, guardando l'adorabile modo in cui cercava di usare il tovagliolo per pulirsi la bocca, la principessa si ritrovò a sorridere.

Tutt'un tratto questi ragazzi non erano più i figli dei criminali più pericolosi della storia. Erano dei semplici adolescenti che amavano i dolci come chiunque altro. Degli amici che scherzavano e chiaccheravano tra loro come sempre: come faceva anche lei ogni giorno con Audrey, Chad e Richard. Magari non erano poi così male.

Non fece neanche in tempo a finire di pensare questa frase, che un pensiero orribile risalì nella sua mente, facendole perdere il sorriso. Il suo sguardo era tornato di ghiaccio.

No. Non era possibile che dei Cattivi fossero effettivamente . . . gentili. Il loro unico scopo era distruggere tutto ciò che li circondava, e soltanto per il loro piacere personale. Come poteva anche aver solo pensato che questi ragazzi potessero non essere "male"? La parola male scorreva letteralmente nel loro sangue. E mai ci sarà qualcosa che cambierà questo fatto.

Esme passò il resto della colazione in silenzio a mangiucchiare i suoi pancake. Ormai le era passata la fame.

•✵•

La testa le faceva male per i troppi pensieri.

La giornata di scuola era a metà, e per fortuna non aveva avuto nessuna lezione in comune con i figli dei Cattivi. O almeno fino ad ora.

101 Rimedi di Bontà era l'ultima classe prima di pranzo, e se Esme voleva sperare di arrivare alla fine dell'anno con una pagella decente, si sarebbe dovuta dare una mossa e entrare nella stanza davanti a lei.

Solo che ogni volta che faceva per oltrepassare il confine tra il corridoio e l'aula, le sue gambe facevano inconsciamente uno scatto all'indietro, neanche ci fosse una barriera di fuoco a separarli. E doveva sbrigarsi a prendere una decisione, in quanto i cinque studenti sarebbero arrivati fra poco.

«Esme!».

La principessa sobbalzò sentendo dietro di sé la voce della Fata Smemorina.

«Sapevo saresti arrivata! Ti dispiacerebbe aiutarmi a scrivere sulla lavagna le domande per la lezione di oggi?».

E senza aver neanche il tempo di replicare, si ritrovò trascinata dentro l'aula, un gessetto già posizionato nella sua mano destra, mentre un foglio fresco di stampa era nella sinistra.

Esme aprì la bocca, facendo per protestare, ma poi, sentendo in lontananza le risate di cinque persone ormai molto familiari, la richiuse, girandosi di scatto verso l'enorme lavagna alle sue spalle.

Improvvisamente, l'imbarazzo prese il controllo del suo corpo, facendola arrossire vistosamente, mentre con una mano ricopiava le frasi stampate sul foglio.

Cosa avrebbero pensato i cinque vedendola lì con loro? Che anche lei aveva bisogno di studiare bontà? O le avrebbero fatto spiegare il vero motivo? Non serviva pensarci, ma la principessa arrossì ancora di più alla sola immagine dei nuovi studenti che ridevano di lei.

Si ritrovò a pensare che avrebbe dovuto insegnare a questi ragazzi come essere buoni, e nonostante una grande parte di lei fosse restia nel farlo, ce n'era una che in qualche modo era curiosa di vedere le loro reazioni a queste lezioni.

Ma nonostante questo, la sua mano iniziò a sudare e a tremare leggermente al solo pensiero che tra pochi minuti sarebbe rimasta da sola nella stessa stanza dei figli dei Cattivi per un'ora. Chiuse per un attimo gli occhi, prendendo un respiro profondo, e smettendo di scrivere. Era al sicuro con la Fata Smemorina. Non aveva niente da temere. I cinque erano solo dei ragazzi della sua età, e non avevano fatto niente di niente in confronto ai loro genitori. Erano dei semplici teenager che stavano per affrontare un'altra lezione nel loro orario scolastico, esattamente come lei stava per fare un'attività extracurricolare al solo scopo di ottenere crediti in più per quell'anno. Erano in una scuola, non in un campo di battaglia. E loro erano dei semplici studenti. Non doveva avere paura di nulla.

Ma allora perché aveva iniziato a sudare freddo non appena aveva sentito le voci dei ragazzi superare la porta d'ingresso dell'aula? Non aveva senso, giusto? Esme sospirò. La Fata aveva ragione. Era vero che metteva a confronto qualsiasi cosa attorno a lei con suo padre. Doveva smetterla. Nonostante l'azione di suo padre fosse completamente e indiscutibilmente disgustosa, non voleva dire che quei ragazzi avessero fatto qualcosa alla sua altezza. Non avrebbe portato a niente questo suo atteggiamento, se non a renderla debole e vulnerabile di fronte a tutti. E a farle passare l'anno peggiore della sua vita. Mal, Evie, Jay, Hunter e Carlos non erano suo padre. Era al sicuro.

Con un ultimo sospiro, finì di scrivere, per poi posare il gessetto e andare a posizionarsi ad un lato della lavagna. Vide la Fata Smemorina dare il benvenuto ai figli dei Cattivi, e non passarono neanche pochi secondi, che i suoi occhi incontrarono, per la seconda volta nella giornata, quelli di Carlos. Facendola gelare sul posto come di consueto.


—— angolo autrice!

Altro capitolo fatto!

Preparatevi perché nel prossimo torna il punto di vista di Carlos! Non vedo l'ora di pubblicarlo!

Comunque, ditemi come al solito come vi è sembrato il capitolo. Vi è piaciuta la perdita di memoria di Esme? Ve l'aspettavate? E soprattutto secondo voi riuscirà a recuperarla?

Immagine di sopra totalmente a caso perché non sapevo che diavolo mettere lol.

Domanda del giorno: canzone preferita di Descendants: Wicked World? Io amo Good is the new Bad e Evil! E non mi dispiacciono neanche Better Togheter e Kiss the Girl.

Alla prossima!

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