xii. piccoli passi

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

E S M E

La principessa si svegliò di soprassalto.

Era sudata, con il respiro affannato, e i capelli che ricordavano il nido di un uccello. Aveva appena avuto l'incubo più terribile di sempre.

Si era ritrovata in un'enorme distesa buia, ma per qualche motivo era riuscita a vederci attraverso. Non c'era anima viva. L'unica cosa che era riuscita a scorgere era stato il pavimento rosso scuro, che sembrava estendersi intorno a lei all'infinito. Era strano perché era riuscita a sentire come facesse incredibilmente caldo. Il colore rosso e la temperatura elevata la avevano fatta sentire a disagio: le era sembrato di trovarsi all'Inferno.

Poi una risata aveva squarciato il silenzio.

Era sottile, acuta ed era rimbombata da ogni lato. Le aveva fatto venire i brividi. La cosa peggiore era che lei la conosceva, quella inquietante risata femminile. La poteva sentire ogni giorno quando si specchiava, o quando Richard faceva una battuta. Sembrava impossibile, ma era la sua. Solo che al tempo stesso non lo era.

Quella che aveva sentito nel sogno era viscida, da mettere i brividi, fredda e malvagia. Non poteva essere la sua. Eppure il timbro di voce era lo stesso.

«Pensi di poterti ancora nascondere da me, Esme?» aveva detto. «Di poter continuare a scappare? A fuggire? Sai benissimo che ti troverò sempre!».

Un'altra risata.

E nel mentre, la principessa aveva corso. Corso in quell'immensa distesa di nulla, a perdifiato, pur di lasciarsi alle spalle quella cosa.

«Oh, non pensi di potermi sfuggire, vero? Mi sei sfuggita per tutta la vita, il tuo tempo a disposizione sta per finire». Esme non era sicura si potesse piangere nei sogni, ma lei lo aveva fatto di sicuro. «Presto dovrai fare i conti con me!».

Poi il sogno era finito.

Ma adesso tremava ancora, nonostante fosse cosciente di avere gli occhi ben aperti.

Sedici anni. Sedici anni. Aveva passato così tanto tempo a evitarlo. A sperare che si potesse lasciare tutto alle spalle, e che potesse trascorrere la sua vita in pace. Ed aveva funzionato. Per quindici meravigliosi anni. Si era trasformata nella principessa perfetta, a cui chiunque voleva bene e rispettava. Dio, era tutto quello che aveva sempre desiderato! Il suo più grande sogno!

E poche ore prima, quello stupido libro era riuscito a rovinarlo.

Si strofinò gli occhi per scacciare le ultime tracce di sonno rimaste. Sarebbe andata un attimo in bagno a schiarirsi le idee: magari stare davanti allo specchio l'avrebbe aiutata. Fece per togliersi le pesanti coperte di lana da dosso e— . . . aspettate un attimo . . . di lana?!

Iniziò a guardarsi intorno, rendendosi conto di non essere in camera sua. E a giudicare dalla pianta della stanza, ampia e rotonda, e dall'arredamento, composto da toni scuri e mobili in legno di tasso, si trovava in un dormitorio maschile.

Quasi saltò in aria quando alla sua sinistra sentì un paio di voci russare sommessamente.

Spalancò gli occhi redendendosi conto che si trattava di Jay e Carlos.

Il figlio di Jafar dormiva beatamente steso sul suo letto, un braccio sulla faccia, e una bolla di saliva che scoppiava ogni tanto nella bocca, colando poi su di un lato.

Quello di Crudelia, invece, si trovava seduto per terra, la schiena poggiata al materasso del letto sul suo amico. Anche lui aveva la bocca completamente spalancata, ma, almeno, non sbavava. Al contrario, dei piccoli sbuffi d'aria uscivano dalle sue labbra, muovendo uno dei riccioli bianchi e neri che si era afflosciato sulla fronte.

Peccato che entrambi russassero come dei tromboni. Sembrava non dormissero da decenni.

Come aveva fatto a non capire prima di non essere in camera sua? Le sue lenzuola non profumavano di caffè. Carlos le aveva ceduto il proprio letto.

La principessa deglutì. E non seppe dire se per imbarazzo o nervosismo. Forse entrambe.

Il pensiero di trovarsi da sola nella stanza di due ragazzi Cattivi non la faceva proprio sentire al sicuro, ma dopo averli visti entrambi beatamente addormentati, non ebbe il cuore di svegliarli.

Con un sospiro, decise di rimettersi anche lei a dormire. I pensieri prima o poi sarebbero spariti.

Dopotutto non aveva senso tornare nel suo dormitorio in quel momento. Audrey molto probabilmente la credeva già morta. Un paio d'ore in più non avrebbero fatto così tanta differenza.

•✵•

Non fu la luce del giorno che penetrava tra le tende a svegliarla. Bensì un leggero tocco sulla spalla destra.

La principessa tornò alla realtà accompagnata da un piccolo sbadiglio.

Ancora intontita dal sonno e con gli occhi chiusi, prese un lungo respiro a pieni polmoni, e sorrise sentendo un pungente odore di cioccolato e composti chimici inondarle le narici. Sentiva qualcosa di caldo e leggermente duro sotto la guancia destra, ma non ci fece caso.

«Ti prego Carlos, ancora cinque minuti . . .» biascicò con voce assonnata, avvicinandosi ancora di più alla fonte di calore su cui era distesa.

Ma poi la cosa calda e dura iniziò a vibrare, ed Esme aprì lentamente gli occhi, stranita. Ci mise un po' a capire che Carlos stava ridendo, e che lei si trovava appoggiata al suo petto.

La testa le stava urlando di saltare in aria e allontanarsi il più possibile. Sensato — pensò la principessa. Ma poi il cuore le disse di rimanere esattamente dov'era.

Non era logico, anzi: era completamente stupido. Però in quel momento stava provando delle belle sensazioni, sensazioni che la facevano sentire bene, al sicuro, protetta e incredibilmente in pace. Esme pensò che non si sentiva così da molto tempo.

Per la prima volta mandò a fanculo la logica; e la voce nella sua testa che le stava dicendo di scappare via si ammutolì all'istante. La figlia di Esmeralda sorrise. Dopotutto non è così male si disse. Le parole del cuore le piacevano molto di più di quelle della testa.

Si avvicinò ancora di più a Carlos.

«Abbiamo scuola oggi» le ricordò quest'ultimo, poggiando insicuro una mano sul suo braccio. «P—per quanto mi piacerebbe rimanere qui, e c—credimi lo vorrei tanto, non puoi saltare le lezioni».

Esme storse il naso: «E per quale motivo?» chiese. Poi si rese conto delle sue stesse parole, che mai aveva osato pronunciare, e sospirò. Per seguire i suoi ideali non aveva mai saltato un giorno di scuola. Ma la sola idea di farlo non le dispiaceva molto.

Sentì il ragazzo sotto di lei sbuffare divertito: «Perché non voglio che ti rovini la tua carriera scolastica perfetta» ammise sarcastico. «Ma principalmente perché i tuoi amici». Ad Esme non piacque il modo in cui pronunciò la parola. «Mi ucciderebbero se scoprissero che hai passato la notte qui. E per quanto io sia un bravo bugiardo — improvvisamente sentì i suoi occhi caffè addosso, che la scrutavano attenti — qualcosa mi dice che tu sia mille volte meglio».

Gli angoli della bocca della ragazza si inclinarono all'insù, e per non farsi sgamare, nascose la faccia nella felpa a schizzi neri, bianchi e rossi che il ragazzo indossava. «Tu si che mi conosci bene . . . » mormorò fra sé e sé, così piano, che Carlos non la sentì.

Poi emise un breve lamento: «Ma non voglio andarci!» protestò, in barba all'etichetta. «Oggi c'è Scienze Forestali Incantate! Preferisco qualunque cosa a quella tortura!».

Il figlio di Crudelia emise una risatina ironica: «E io ho 101 Rimedi di Bontà! Preferirei buttare quella stupida lavagna dalla finestra, eppure, sopporto e vado avanti!».

Esme sbuffò: «Touchè» ammise sottovoce, stavolta a tono abbastanza alto per essere sentita da Carlos, che vide sorridere soddisfatto.

Poi il ragazzo iniziò ad accarezzarle il braccio, e la luce del mattino brillò più del solito.

Una scarica elettrica le si diffuse in corpo, facendole venire i brividi. Nonostante i movimenti del figlio di Crudelia fossero timidi e leggeri, la loro sola presenza bastò a scatenare uno sciame di farfalle nello stomaco della principessa, che non poté sopprimere il sorriso da ebete che le si formò in faccia. Era ancora un po' nervosa accanto a lui, ma adesso era sicura fosse principalmente per un altro motivo, diverso dall'insensata paura che le aveva divorato l'anima fino ad allora. A calmarla ci riuscì il pensiero che lui stesse provando le stesse identiche cose.

«C—che ne dici di aiutarci a vicenda?» le domandò ad un certo punto il ragazzo.

La figlia di Esmeralda aggrottò le sopracciglia, tirandosi sù dal petto del Cattivo e scoccandogli un'occhiata confusa.

I loro visi erano talmente vicini, che Esme poté sentire il respiro di Carlos bloccarsi per un attimo in gola.

«Che intendi?» gli chiese.

Lui deglutì: «I—il professor Delay ci aveva già detto di fare coppia da ora in poi per i progetti di scienze».

Con tutto il caos che aveva provato in quelle settimane, se ne era completamente dimenticata.

«Se io ti faccio da, non so, tutor in chimica, fisica e—».

«E tutte quelle cose orribili» concluse Esme.

Il figlio di Crudelia alzò gli occhi al cielo, ma non riuscì a nascondere un ghigno compiaciuto: «E tutte quelle cose che tu consideri orribili» specificò. «Ti andrebbe di farmi allora da tutor in 101 Rimedi di Bontà?».

Lei fu presa in contropiede dalla richiesta.

Non le era mai andato a genio il fatto di dover partecipare alle "speciali" lezioni create apposta per i nuovi studenti. Le era sembrato stupido, inutile e, dovette ammettere, ne era stata spaventata.

Appena due settimane prima, il solo pensiero di trovarsi nella stessa stanza di un Cattivo le avrebbe fatto venire il voltastomaco, o l'avrebbe fatta scoppiare a piangere.

Ora, invece, si trovava nello stesso letto di uno di loro, e per quanto strano potesse suonare, le piaceva. Quasi come se trovarsi lì, in quel momento, tra le braccia di Carlos, fosse qualcosa di giusto. Di cui aveva bisogno.

Non era ancora sicura fosse la cosa giusta da fare, ma aveva deciso di lasciarsi alle spalle tutte quelle paranoie inutili.

Avrebbe considerato questi ragazzi innocenti finché non avrebbero provato il contrario.

Diamine. Ne erano succese, di cose, in due settimane.

Quindi, perché non fare da tutor al figlio di Crudelia? Magari avrebbe potuto scoprire di più su di lui, e sul suo modo di vedere le cose.

Esme poteva anche essere paranoica e diffidente, ma di sicuro non lasciava fatti o persone a metà.

Si sarebbe impegnata a capire meglio questo ragazzo. Anche se voleva dire sentirlo parlare del suo strano e inopportuno comportamento sull'Isola.

E, soprattutto, provava un desiderio ardente di passare più tempo possibile con lui.

«Ci sto» rispose alla fine.

Carlos la guardò come se avesse appena detto un'oscenità.

«In che senso ci stai?».

«Nel senso che si sto. Ti farò da tutor per 101 Rimedi di Bontà».

Il sorriso che le rivolse dopo questo chiarimento fu il più luminoso che lei gli avesse mai visto sfoggiare. E anche peggio. Sembrava che qualcuno gli avesse promesso l'intera riserva di cioccolato del mondo.

E la figlia di Esmeralda sorrise con lui.

Poi però si rese conto di una cosa, e aggrottò le sopracciglia: «Come mai sei anche tu nel letto? Pensavo stessi dormendo per terra».

Ed ecco che lo splendente sorriso veniva rimpiazzato da una smorfia imbarazzata. Le guance del ragazzo assunsero un'intensa sfumatura di rosso che ormai Esme conosceva molto bene.

«Ehm . . . i—io . . . t—tu» balbettò. «T—tu stavi, ecco, avendo u—un incubo. Almeno credo. Avevi iniziato a muoverti molto nel sonno, e . . . ehm . . . penso, c—credo, stessi p—piangendo. E m—mi hai colpito con un cuscino senza accorgertene» ridacchiò, mentre Esme si era di nuovo nascosta tra le coperte, ora anche lei in imbarazzo. «Mi sono svegliato, e ho cercato di tranquillizzarti . . . Solo perché volevo dormire! Mi stavi disturbando! Non pensare che l'abbia fatto perché tengo a te!».

La principessa non venne colpita da queste parole come si sarebbe aspettata. Ormai aveva capito che questi pensieri non erano veramente propri del ragazzo, ma gli erano stati ficcati in testa dell'educazione dell'Isola. Perciò rimase zitta, permettendogli di continuare a parlare.

«Mi sono steso un attimo vicino a te, e pochi minuti dopo ti sei calmata. Poi credo di essermi addormentato, e quando mi sono svegliato ti ho trovata letteralmente ab—abbracciata a m—me».

Gli era grata non le avesse chiesto niente del sogno. Non era pronta a parlarne.

Man mano che il discorso andava avanti, però, si era staccata sempre di più da Carlos, ritrovandosi dall'altro lato del letto. Come di consuetudine, in presenza di questo ragazzo era completamente imbarazzata.

«Oh . . . » disse. «Io, ecco, scusami . . . ».

Il ragazzo deglutì ed annuì.

Il silenzio in cui erano calati era carico di ansia. Entrambi stavano aspettando che l'altro dicesse qualcosa per spezzarlo.

Peccato che a farlo fu Jay, dall'altro lato della stanza.

«Non so se darvi degli idioti o vomitare».

La testa di Esme, così come quella di Carlos, scattò verso il figlio di Jafar che li stava osservando a braccia conserte vicino alla porta d'ingresso, già vestito e pronto per la giornata.

«Oh, vi ringrazio di esservi ricordati che questa è anche camera mia. Ora, se non vi dispiace, potreste smettere di comportarvi come una coppietta smielata, e darvi una mossa?».

La figlia di Esmeralda assunse una tonalità di rosso ancora più scura. Si alzò dal letto e corse vero il bagno a cambiarsi.

Ma riuscì comunque a sentire Carlos fare una domanda all'amico.

«E da quando ti importa di arrivare in orario a lezione?».

Jay sbuffò: «Non mi importa. Semplicemente i miei denti mi servono scintillanti per fare conquiste là fuori. Non posso permettermi di farmi venire le carie stando a sentire voi due».

•✵•

C'era stato un piccolo problema.

Avendo passato la notte lì, la principessa non aveva proprio dei nuovi vestiti da indossare. E si era espressamente rifiutata di provare una delle t-shirt che Carlos le aveva offerto. Poteva anche avergli dato una possibilità, ma non voleva dire che dovesse mettere i suoi vestiti. Era pur sempre una principessa, e c'era un limite a tutto.

Non poteva gettare nel cestino l'immagine mantenuta fino ad allora.

Non voleva neanche andare a disturbare Audrey, o, molto più verosimilmente, non la voleva fronteggiare. Chissà cosa le avrebbe detto.

Così il figlio di Crudelia aveva chiamato Mal ed Evie, che l'avevano aiutata (specialmente Evie) a trovare qualcosa per la mattina. E dopo mezz'ora di indecisioni (e dopo che Esme era quasi svenuta per la quantità di giacche, pantaloni e guanti in pelle nera che le due avevano) si era decisa per un semplice jeans blu e una leggera camicetta celeste della figlia della Regina Cattiva. Avrebbe preferito qualcosa di rosa, ma meglio di niente.

«Non ricordavo neanche di averla, quella camicia» aveva commentato la ragazza dai capelli blu. «Dovevo essere proprio disperata quando l'ho realizzata».

Esme era rimasta parecchio stupita dalla rivelazione. A quanto pareva, Evie realizzava i suoi vestiti da sola, come una vera stilista. Non era riuscita a trattenersi, e le aveva fatto i complimenti. Era seriamente impressionata.

Arrivò appena in tempo in classe per la prima ora. E per fortuna il resto della giornata andò bene. Passò a pieni voti l'interrogazione di Storia di Boscaioli e Pirati, e riuscì a terminare come voleva la scultura per il corso d'arte.

Neanche Scienze Forestali Incantate era stata così male.

Certo, non aveva capito niente di massa atomica relativa, massa molare, mole e tutte quelle inutili formule, ma era andata bene.

Bene nel senso che era riuscita a non far andare fuori di testa Carlos.

Il ragazzo aveva passato tutta l'ora a parlare sottovoce per non farsi beccare dal professore, perché doveva rispiegare ogni cosa ad Esme con quelle che lei chiamava "parole note al genere umano".

Diciamo solo che il figlio di Crudelia era uscito dall'aula con un leggero tic all'occhio e un paio di matite spezzate da lui stesso per frustrazione.

«Dai, non è stato così male!» esclamò la figlia di Esmerlada, dirigendosi insieme al ragazzo verso l'aula di 101 Rimedi di Bontà.

L'occhiata che le rivolse Carlos sembrava spaventosamente simile a quelle che si vedevano di sua madre nei libri di storia: esasperata e fuori di testa.

«Così male?!» sbottò il Cattivo. «Mi hai fatto ripetere per cinquanta volte, e sottolineo cinquanta, la formula per ottenere la massa molare! E la massa molare è uguale alla massa molecolare!».

«Appunto! E chi si ricorda cos'è la massa molecolare?».

Forse non avrebbe dovuto dirlo.

La faccia del figlio di Crudelia divenne rossa come la pelle dei suoi guanti senza dita. Sembrava quasi gli uscisse il fumo dalle orecchie.

«Cioè . . .» cercò di salvarsi la ragazza, ridacchiando nervosa. «Intendevo dire che me la ricordo! Ovvio, come farei a non ricordarmi che la massa molecolare è . . .».

Ma niente uscì dalla sua bocca.

Oh, cavolo.

Esme passò gli ultimi dieci minuti prima di entrare in classe a fuggire da un Carlos imbestialito.

Sfrecciò fra uno studente e l'altro, evitando gli armadietti che si aprivano e che quasi la colpivano in faccia.

«Fate largo!» urlò, facendo diradare il gruppetto davanti a lei.

«Carlos! Giuro che mi ricordo cos'è la massa molecolare! Devo, ecco, ehm, solo ripeterla un altro po'!» gridò al ragazzo dietro di lei, cercando di sembrare spaventata. Ma in realtà non riusciva a smettere di ridere.

In riposta le arrivò una specie di ringhio.

Caspita, a quanto pare il figlio di Crudelia ha ereditato anche qualche caratteristica canina — si disse fra sé e sé, mentre evitava l'ennesima porta che si apriva davanti a lei.

«Carlos!» riprovò, nonostante non riuscisse a smettere di sorridere. «Ti prego, possiamo parlarn—».

TUMP!

La principessa andò a sbattere violentemente contro il petto di qualcuno, così forte, che per un attimo vide le stelle e rischiò di cadere all'indietro.

Per fortuna, due braccia la presero al volo, riportandola in equilibrio. Per un attimo le girò la testa.

Ma questa smise immediatamente, non appena la ragazza si rese conto su chi era andata a intoppare.

Tirò un sospiro di sollievo vedendo dei caldi occhi cioccolato fuso dietro una zazzera di capelli biondi.

«Richard!».

«Es!» esclamò lui, abbracciandola d'istinto. «Stai bene? Ti ho sentito gridare! Da cosa stavi scappan—».

«Esme?».

La figlia di Esmeralda si staccò velocemente dalle braccia del biondo, senza sapere neanche lei perché, voltandosi verso la ragione della sua corsa.

«Carlos!» sorrise lei.

«Carlos» sputò velenoso Richard.

«Ehm, sì. È il mio nome» rispose il diretto interessato, mordendosi il labbro come ogni volta in cui era nervoso.

L'unica differenza era che stavolta Esme sentì il suo stomaco fare delle capriole, al gesto.

«È da lui che stavi scappando?» chiese Richard, scoccando un'occhiataccia al figlio di Crudelia.

La ragazza annuì, ma quando vide il suo amico avvicinarsi minaccioso al Cattivo, si mise subito in mezzo.

«Ehi, ehi, piano. Non mi ha fatto niente. Stavamo . . .» e si girò verso Carlos. «. . . scherzando. Niente di più».

Deglutì nervosa, quando notò gli sguardi in cagnesco che i due ragazzi si stavano lanciando. Che strano — pensò — tra i due non scorre di certo buon sangue, ma Richard non è proprio il tipo da essere scortese con qualcuno.

Il biondo fece per aprire nuovamente la bocca, ma il suono squillante della campanella lo fermò.

Davanti a lei, Carlos ghignò, avvicinandosi e mettendole un braccio attorno alle spalle.

Non si stupì del colore rosso che le tinse le guance. Da quando era diventata così nervosa accanto a lui?

«Dobbiamo andare» disse il figlio di Crudelia, mentre Esme cercava di evitare lo sguardo incredulo di Richard. «Faremo tardi a 101 Rimedi di Bontà. E sinceramente, non voglio proprio dire alla Fata Smemorina che sei stato tu a trattenerci. Non credo farebbe bene alla reputazione della tua famigliola perfetta». Il figlio dei Radcliffe sbiancò.

La ragazza lanciò con la coda dell'occhio un'occhiata di avvertimento a Carlos. Stava superando il limite.

Si scostò dalla sua presa, andando ad abbracciare il biondo.

«Non ascoltarlo». Sbuffò. Nonostante non lo stesse guardando negli occhi, poteva sentire benissimo il sorriso vittorioso che stava rivolgendo al Cattivo. «E togliti quella stupida espressione dalla faccia. Non so chi di voi due sia peggio».

Sospirò, staccandosi dalle braccia del suo migliore amico, e dirigendosi verso l'aula dell'ultima lezione del giorno.

«Esme!».

«Cosa?!» esclamò, girandosi di scatto, alle voci di entrambi i ragazzi.

I due si congelarono al tono autoritario della corvina.

Quest'ultima lanciò loro un'occhiataccia.

«Carlos, va' in classe. Non puoi fare tardi per colpa mia».

Lui fece per ribattere, ma uno sguardo duro della ragazza bastò a farlo arrossire e proseguire da solo per il corridoio.

La principessa schioccò la lingua sul palato, sebbene fosse un gesto che detestasse. Le reali come lei non potevano fare cose del genere. Erano troppo maleducate.

«Ho bisogno di parlarti Es . . .». Il suo sguardo si addolcì quando incontrò quello da cane bastonato di Richard.

«Lo so, lo so. Anch'io Rick, non sai quanto» confessò, affloscinado le spalle. «Ma adesso non posso, ok? Scusami, ci vediamo più tardi».

Il biondo annuì, mentre la figlia di Esmeralda tornava sui suoi passi, dritta verso l'aula di 101 Rimedi di Bontà.

Non si sorprese nel vedere Carlos che l'aspettava impaziente appena fuori dalla porta.

Non lo degnò di uno sguardo mentre si andava a posizionare accanto all lavagna, come sempre.

Era arrabbiata con lui. Perché si era comportato così male con Richard? Lui non aveva fatto niente di male! Ma cosa poteva aspettarsi da un figlio di Cattivo? Che fosse sempre gentile ed educato?

Esme ridacchiò senz'allegria mentre la Fata Smemorina entrava, salutando tutti con la sua voce squillante.

Ovvio che no — si disse. Carlos era l'esatto opposto di educato. Solo in alcune situazioni sembrava mettere da parte il suo atteggiamento saccente, ed era sempre per lei. Non sapeva se sentirsi onorata o chissà cos'altro. Ma di sicuro non le faceva piacere. L'etichetta prevedeva di essere composti e accomodanti con tutti, non solo con chi ti va a genio.

Poi però si ricordò che anche lei era stata così fino a qualche giorno prima. Non sopportava i figli dei Catttivi e li trattava di conseguenza. Scosse la testa, cercando di sopprimere quei pensieri che ormai non avevano più alcuna importanza.

Era ovvio che Carlos si comportasse in quel modo: Richard era figlio dei più grandi nemici di sua madre, ed essendo cresciuto tra maleducazione e odio, non conosceva ancora bene i loro opposti.

Gli lanciò un sorriso, quando lo sorprese a fissarla. Anche se era pieno di dubbi e preoccupazione.

Forse 101 Rimedi di Bontà poteva aiutare in questo. Certo, non sarebbe bastato a fargli cambiare l'atteggiamento, o il modo di pensare e agire, ma alcune basi da cui partire, forse, le avrebbe cementate.

Esattamente come lei non sarebbe mai riuscita ad aprirsi tutt'una volta, lui non sarebbe diventato "Buono" in una settimana. Piccoli passi pensò Esme, mentre scriveva sulla lavagna le domande del giorno. Piccoli passi.

—— angolo autrice!


Capitolo un po' leggero per farvi riprendere (ma soprattutto per far riprendere Esme) dalle emozioni di quello precedente. Devo dire che non è il massimo, ma alla fin fine ci sta.

Come vi è sembrato? Sto diventando troppo sdolcinata? Cringe? Vi prego ditemelo, che non vorrei niente di tutto questo.

Domanda del giorno: tra la materie della Dragon Hall (Arricchimento Truffaldino, Predisposizione Avanzata del Male, 101 Egoismi ed Egocentrismi, Scienze Misteriose, Biologia Contro Natura, Piani Malvagi e Tiri Mancini, e altre che non mi vengono adesso) quale vorreste frequentare? Io direi Arricchimento Truffaldino o Scienze Misteriose. Voi invece?

Vabbè, direi che per oggi è tutto! Al prossimo capitolo!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro