xi. inquietanti scoperte

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*PREPARATEVI CHE QUESTO
CAPITOLO È IL PIÙ LUNGO CHE
ABBIA MAI SCRITTO. SPERO SIATE
PRONTI A LEGGERE*

E S M E

Voleva spegnersi.

Sentiva troppo, percepiva troppo, tutto era troppo. Stava impazzendo.

Per quanto ci provasse a ricacciare indietro quelle sensazioni, loro tornavano a galla, e non l'abbandonavano più. Le scorrevano in corpo, nelle vene, forti e accattivanti come la peggiore delle droghe. Ne voleva di più. Ma allo stesso tempo non ne voleva.

Ne era diventata dipendente, ma non c'era altra cosa che volesse di più che smettere. Basta. Basta provare tutte queste cose! Quel calore, così tenero e confortante, che la infiammava ogni volta che lo vedeva arrivare verso di lei, con il sorriso smagliante, i capelli bianchi e neri ancora scompigliati dal sonno, e gli occhi caffè profondi e luccicanti, la faceva andare fuori di testa.

Ma in bene o in male? Non lo sapeva neanche lei.

E quando sentiva quelle emozioni risalire dal suo cuore, avvolgendola nel loro dolce abbraccio, lei fuggiva. Fuggiva da lui. Faceva dietro front, e lo evitava per tutta la giornata. Nelle ultime ore, era arrivata al punto di saltare le lezioni pur di non vederlo.

Perché lei doveva evitarlo. Non poteva lasciare che quelle stupide sensazioni annebbiassero il suo giudizio. Non poteva permettersi che la rendessero debole. Debole e stupida. Non voleva finire come sua madre, anni e anni prima. Non poteva farsi piacere quelle sensazioni. Ma non riusciva, per quanto ci provasse e riprovasse, a resistergli.

Lui era diventato un punto fisso nella sua vita. Fermo e stabile come la più antica delle quercie. Ed Esme non desiderava altro che trovare una motosega abbastanza grande per abbatterlo una volta per tutte. Se solo avesse avuto il coraggio di impugnarla.

«Buona fortuna con quei ragazzi! Se non sarai tornata entro mezzanotte, manderò qualcuno a vedere se hai ancora i capelli intatti»

La figlia di Esmeralda annuì ad Audrey sovrappensiero, non avendo capito una sola parola che aveva detto.

Erano le nove di sera, e aveva appena finito di cenare, pronta per recarsi in biblioteca per la punizione.

L'atmosfera cupa della notte non faceva altro che renderla più inquieta, osservando i rami degli alberi che sfioravano il vetro delle finestre come le sottili dita di un demone.

Rabbrividì, stringendosi di più nel cardigan di lana che indossava.

Persino l'ambiente circostante sembrava ricordarle lui: Carlos De Mon. Fra pochi minuti l'avrebbe rivisto e non aveva idea di come comportarsi.

E Mal ed Evie? Anche loro erano delle Cattive. Anche loro avevano delle origini non proprio confortanti. Era per colpa di Mal se adesso avrebbe dovuto scontare quella punizione . . .

La principessa sospirò, entrando dal grande portone di legno che portava nella biblioteca.

No, non era colpa di Mal. Era colpa sua. Era stata sua la scelta di mettersi a ridere. Erano suoi quei pensieri che le avevano fatto chiamare i suoi compagni stupidi. Era lei la ragazza che era uscita da quell'aula sorridendo come una pazza.

E anche la responsabilità di quella punizione era sua.

Nello stanzone dagli alti scaffali regnava il silenzio. Non era proprio una sorpresa. Ad illuminare l'ambiente vi erano delle piccole lampade posate sui banchi di lettura, mentre dei lampadari in vetro e bronzo pendevano dal soffitto, regalando alle pareti un dolce color caramello che faceva sembrare la stanza l'interno di un carillon.

L'odore di carta e pelle antica inondava ogni angolo, facendo girare la testa e chiudere gli occhi alla principessa. Inspirò. Era uno dei suoi odori preferiti.

Essendo quasi arrivata l'ora del coprifuoco, non c'era più nessuno a sfogliare i grandi tomi che riempivano le mensole della stanza. Era una scelta saggia: meglio non trovarsi lì dopo l'orario di chiusura, sapendo che la Fata Smemorina era la preside. Gli orari da rispettare erano un'ossessione per la vecchia fata grassottella.

Esme controllò l'orologio in oro rosa che aveva al polso. 21:15. Era in ritardo di cinque minuti, ma i suoi "compagni di punizione" non erano ancora arrivati. Non sapeva se esserne grata o seccata.

Sbuffò impaziente battendo, per un paio di secondi, il piede a terra.

Ma poi decise di passare il tempo dando un'occhiata in giro. La biblioteca era uno dei suoi posti preferiti, e ormai sapeva a memoria le sezioni dedicate ad ogni genere letterario. Ci passava così tanto tempo per le sue ricerche di storia, che ormai sembrava fossero i libri stessi a trovarla. Girava un angolo, e il libro che cercava era già lì ad aspettarla, nello scaffale giusto, all'altezza giusta.

Molti le dicevano che era solo la sua immaginazione, ma Esme era piuttosto sicura ci fosse nell'aria un qualche tipo di magia creata dalla Fata Smemorina. Ma non aveva prove per dimostrarlo, e se n'era stata zitta.

Si diresse verso la zona dedicata alla psicologia: aveva intenzione di cercare informazioni sulla strana perdita di memoria di una settimana prima.

Non era ancora riuscita a rammentare niente di quella sera. Per quanto si concentrasse sulla giornata, i suoi ricordi arrivavano fino alla serata con Richard e poi si interrompevano. Quasi come ci fosse un muro che le impedisse di andare oltre nella sua mente.

Ma era impossibile, giusto? Dove mai si era vista una cosa del genere?

La sezione dedicata a questo era piuttosto piccola, ma i libri che c'erano sugli scaffali sembravano vecchi di molti anni.

Si avvicinò ad uno con la copertina completamente rossa e iniziò a sfogliarlo. Il titolo diceva: "La mente umana: magia o scienza?".

Con un lungo sospiro, iniziò a leggere una pagina. Tanto non le importava se i VKs l'avrebbero trovata lì: non aveva niente da nascondere. Be', forse qualcosa sì, ma non era quello il caso.

Non riuscì a capire per quanto tempo fosse rimasta ferma davanti allo scaffale, in piedi a leggere. Potevano essere stati dieci minuti come un'ora.

Il libro menzionava tante cose interessanti, e la perdita di memoria era tra queste, ma niente su una specie di muro mentale blocca-ricordi.

Stava per passare ad un altro libro, mettendo a posto quello appena letto, quando sentì qualcosa poggiarsi sulla sua spalla sinistra.

La principessa cacciò un urlo, voltandosi e prendendo il braccio del malcapitato, girandolo e scaraventandolo di schiena a terra, facendogli emettere un grido spaventato. A quanto pareva le lezioni di autodifesa di Febo servivano a qualcosa.

Ancora con il fiatone, la principessa decise di dare un'occhiata alla persona che aveva appena steso. Ma quando i suoi occhi ne incontrarono un paio color caffè molto familiari, il respiro le si fermò in gola.

In quel momento la situazione era questa: Carlos di schiena a terra, con Esme a cavalcioni su di lui, e un braccio sotto il suo mento.

Quando la figlia di Esmeralda si rese conto della strana ed equivoca posizione, non poté fare a meno di arrossire violentemente, e vide Carlos sotto di lei fare la stessa cosa.

Ma nessuno dei due diede segno di volersi alzare.

«Mi hai fatto prendere un colpo!» esclamò Esme, alcune ciocche dei suoi capelli mosse dal respiro affannoso che le usciva dalle labbra.

«E tu reagisci sempre così quando qualcuno ti sorprende?!» ribattè Carlos.

Era un bene non ci fosse nessuno in biblioteca a quell'ora, o sarebbero stati cacciati per il loro tono di voce.

La principessa sbuffò: «Non è colpa mia se sei così silenzioso».

Il figlio di Crudelia rispose con quella che sembrava una risata, ma era soffocata dal braccio che la ragazza teneva ancora fermo sulla sua gola: «Trucchi del mestiere» disse, un ghigno che aleggiava sul suo volto.

Era chiaro stesse cercando di provocarla. Esme sorrise, e accettò la sfida: ora che stavano parlando faccia a faccia, tutti i suoi dubbi e i suoi sospetti sembravano svaniti, come se il ragazzo potesse spazzarli via solo con il suono della sua voce.

In un moto di autostima, si avvicinò al figlio di Crudelia ancora sotto di lei: «È uno dei trucchetti che vi insegnano sull'isola?» chiese ad un palmo dal naso.

La vicinanza del suo viso a quello di Esme sembrò mandarlo in tilt, perché annuì in silenzio, gli occhi fissi in quelli neri di lei. Esme ridacchiò mentalmente.

«Interessante. E dimmi, quali altre cose hai imparato? Ti andrebbe di insegnarmene qualcuna?» gli sussurrò all'orecchio, con voce bassa e seducente.

La ragazza giurò di averlo sentito rabbrividire, e lei, intanto, non riusciva a smettere di sorridere. Era bello sentire di avere, per una volta, il coltello dalla parte del manico. La faceva sentire potente.

Ormai aveva capito che anche Carlos provava dei sentimenti per lei. Non sapeva di che tipo, ma di sicuro erano forti quanto i suoi.

Dal modo in cui il ragazzo deglutì, e dalla strana pressione che Esme parve sentire improvvisamente su una coscia, non c'erano dubbi al riguardo.

«I-io . . . e-ehm . . .».

Esme si allontanò dal volto del ragazzo, ma rimase comunque a cavalcioni su di lui, appagata nel vederlo così docile e sotto il suo controllo.

E dovette ammettere, che non le dispiaceva neanche la vista di lui sotto di lei, con i capelli bianchi e neri completamente scompigliati, gli occhi spalancati che la fissavano adorante, le guance rosse, e le labbra carnose e rosee che non riusciva a smettere di mordersi in ansia.

La principessa fece per aprire di nuovo la bocca, ma al suono di una nuova voce si girò di scatto.

«Carlos! Hai trovato Es- OH, PER TUTTI I FOLLETTI!».

Evie si trovava in piedi all'inizio del corridoio di scaffali, le braccia sui fianchi e un'espressione scioccata in volto.

Esme si allontanò da Carlos così velocemente, che inciampò suoi stessi piedi, e vi ricadde di nuovo sopra.

Ora aveva la testa sul suo petto e le mani sulle sue braccia. A quanto pareva la situazione poteva ancora peggiorare.

La principessa alzò la testa verso quella del ragazzo, e scoprì che lui la stava già guardando, le guance più rosse di quanto gliele avesse mai viste. Era sicura che fossero nella stessa situazione.

Un gridolino eccitato di Evie riportò Esme, e le sembrò anche Carlos, alla realtà.

«Siete così carini! Sapevo di aver fatto bene a scommettere con Mal! Era solo questione di tempo prima che-».

«Aspetta, aspetta, aspetta . . .» la interruppe il figlio di Crudelia, alzando la testa e girandola in direzione della ragazza dai capelli blu. Esme era così imbarazzata che si era scordata di doversi alzare da terra. O dal petto del ragazzo su cui era distesa.

«Scommettere su cosa?» chiese, innarcando entrambe le sopracciglia.

La figlia della Regina Cattiva si gelò sul posto con una risatina nervosa.

Prima che potesse rispondere, un'altra voce femminile risuonò sugli alti muri di pietra della biblioteca.

« . . . su quando vi sareste messi insieme».

Mal uscì da dietro una fila di scaffali, a braccia incrociate, e con un cipiglio annoiato sul viso.

«Evie non la smetteva di parlarne, e ho accettato. Non pensavo che sarebbe effettivamente servito». Alzò un sopracciglio verso Carlos, che in quel momento stava cercando di diventare un tuttuno con il pavimento.

Esme per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Ancora non riusciva a muoversi, tanto la situazione era inverosimile.

«Testa di Mirtillo, forse è meglio se lasciamo un po' di privacy ai due piccioncini. Dopotutto, sembrano volere del tempo per loro».

Le due figlie di Cattive ridacchiarono all'unisono, scomparendo un attimo dopo dietro la fila interminabile di tomi di filosofia, tre scaffali più avanti.

Adesso, il silenzio rimbombava nelle orecchie della principessa. Aveva serrato gli occhi, non volendo guardare ancora Carlos. Era sicura di non essere mai stata più in imbarazzo.

«N-non ascoltarle».

Lentamente aprì le palpebre, e le sue iridi si persero per l'ennesima volta in quelle di lui.

«Vogliono solo provocarci. Fidati di me, che le conosco da anni. Specialmente Mal» ridacchiò, e senza rendersene conto poggiò le mani sui fianchi della principessa. Cosa che non migliorò il rossore sulle sue guance.

«Sono abbastanza sicuro che due come noi non hanno molte possibilità di mettersi insieme, non credi?».

A queste parole, Esme fu sicura di aver sentito il suo cuore incrinarsi. E ancora una volta non capiva perché.

Normalmente avrebbe ribattuto con un commento sarcastico o pungente, ma per la prima volta si sentì male. Esisteva veramente una parte di lei che desiderava stare con questo ragazzo? Esme non riusciva a crederci. La sola possibilità che un Cattivo potesse piacerle le faceva venire l'urgenza di vomitare. Ma per quanto una parte di lei volesse effettivamente farlo, c'è n'era una più grande che le stava urlando di abbassarsi e baciare il figlio di Crudelia sulle labbra.

Sarebbe stato così facile.

Forse avrebbe potuto mettere in chiaro i suoi sentimenti. Chissà, magari era solo una stupida ed insensata cotta che si era presa. Un solo bacio e avrebbe capito che era soltanto qualcosa di stupido.

«N-non . . . n-non credi?» ripeté Carlos.

Esme apri la bocca, ma poi la richiuse. Sospirò, e annuì.

Non era possibile che qualcuno come lei e qualcuno come lui potessero funzionare. Tantomeno avere un finale felice. Cosa avrebbe pensato sua madre? Le avrebbe ancora rivolto la parola, se avesse saputo che usciva con il figlio di Crudelia?

E Audrey? Esme teneva alla principessa figlia di Aurora con tutto il suo cuore. Era la sua metà, la considerava sua sorella. Le avrebbe fatto piacere una cosa del genere? Come l'avrebbe presa? Avrebbe terminato la loro amicizia? Preferiva non pensarci.

Per quanto questi sentimenti nei confronti di Carlos erano forti, non era pronta a rinunciare alla sua migliore amica. Si sarebbe fatta passare questa . . . cotta, e tutto si sarebbe sistemato.

Si alzò, pulendosi con le mani le ginocchia piene di polvere.

Sospirò ancora.

Ma questo non voleva dire che avrebbe rinunciato a passare del tempo con Carlos.

Ormai aveva capito che non poteva continuare a rinnegarlo. Sentiva qualcosa per il figlio di Crudelia, e avrebbe dovuto accettarlo. Molto probabilmente ci sarebbe voluto tempo, molto tempo, ma ci avrebbe provato. E avrebbe provato anche a vedere lui e i suoi amici sotto una luce diversa. Continuare a sputare veleno non sarebbe servito a niente.

Aveva abbastanza forza di volontà per stare con lui e contemporaneamente farsi passare questi stupidi sentimenti.

Non avrebbe rinunciato né ad Audrey né a Carlos per il momento.

Si avvicinò a lui, ancora di schiena a terra, e gli porse la mano.

«Faremmo meglio a trovare le altre . . . » mormorò, le guance ancora rosse. «È tardi ormai, e dovremmo darci una mossa a sistemare i libri. La Fata Smemorina non è proprio un cucciolino se non si rispetta il coprifuoco».

Lui sorrise a trentadue denti, gli occhi che brillavano di felicità, e accettò il suo aiuto, tirandosi su.

La principessa sussultò sentendo quanto fossero fredde le sue mani. Le immaginava calde e sudaticce come le proprie, ma a quanto pareva si sbagliava.

«Hai freddo?» gli chiese, non riuscendo a trattenere la curiosità.

Lui le rispose con un'espressione confusa, ma poi, seguendo la direzione del suo sguardo, capì.

«Oh! No, no. Non ho freddo».

Esme gli rivolse con gli occhi la domanda scontata a cui voleva risposta.

Carlos ridacchiò, e iniziò a tirare i ciuffetti di pelliccia che aveva sulla giacca.

«Ecco . . . diciamo che a furia di vivere sull'isola si impara a stabilizzare il proprio battito cardiaco e la sudorazione corporea» spiegò, mentre entrambi si dirigevano verso il centro della biblioteca.

La figlia di Esmeralda sollevò le sopracciglia, stupita: «È veramente possibile una cosa del genere?».

Lui annuì: «Con anni di allenamento credo di sì. Ma forse è principalmente una cosa mia: con mia madre è meglio non mostrare alcun segno di debolezza. Non che gli altri siano messi meglio, certo».

Esme era rimasta completamente a bocca aperta.

Con questo discorso era chiaro intendesse che lui, e anche gli altri, davanti ai loro genitori non potevano essere deboli. Non potevano piangere, o sfogarsi, o anche solo lamentarsi. Se erano tristi o spaventati non potevano chiedere alle loro madri o ai loro padri un po' di affetto. Gli avrebbero riso in faccia. O peggio.

Il modo in cui ne aveva parlato Carlos era così tranquillo... come se fosse una cosa da tutti i giorni, e che la sperimentasse chiunque. Come se fosse qualcosa di giusto.

Questo ragazzo aveva imparato con le sue sole forze a stabilizzare il suo battito cardiaco e la sua sudorazione! Era . . . era quasi inquietante.

Il figlio di Crudelia aveva molta più stamina di quanto dava a vedere. Molto probabilmente valeva quanto cinque e più principi lì ad Auradon.

«Mi dispiace . . .» si ritrovò a dire Esme, così piano che il ragazzo accanto a lei non sentì niente.

La principessa sospirò. Forse avrebbe dovuto esserne felice: se Carlos era cresciuto in un ambiente dove avere paura era considerato sbagliato, di sicuro non avrebbe apprezzato un po' di pietà.

Non che la provasse. Ci teneva veramente.

«Allora!».

La voce squillante di Evie le rimbombò nelle orecchie.

«Come è andata? Cosa avete fatto? E da te, signorino De Mon, mi aspetto un resoconto dettagliat-».

«Evie, dacci un taglio» si intromise Mal alzando gli occhi al cielo. «Diamoci una mossa a finire questa punizione. Devo finire di leggere il libro di mia m-».

«SI! Hai perfettamente ragione Mal! Muoviamoci!» la figlia della Regina Cattiva si avvicinò a quella di Malefica, interrompendola, e insieme sparirono nel labirinto di scaffali.

Esme aggrottò le sopracciglia, confusa. Cosa era appena successo?

«D-dai, dovremmo dare una mano anche noi. Da dove cominciamo?» le chiese Carlos, evitando nervosamente il suo sguardo.

Strano - si disse la ragazza - stanno nascondendo qualcosa?

Scosse la testa, indicando al ragazzo accanto a lei la sezione di mitologia.

Doveva smettere di tornare sulla difensiva. Era normale avessero dei segreti, esattamente come chiunque altro lì ad Auradon. Compresa lei. Non aveva il diritto di giudicarli per questo.

Prese un respiro profondo. Sarebbe stato difficile imparare a fidarsi di questi ragazzi, ma ci avrebbe provato con tutta sé stessa. Avrebbe stretto i denti e cercato di vedere il lato positivo. Non avrebbe permesso a nessuno di loro, né a sé stessa, di rovinare il suo secondo anno di scuola.

In un angolo della sezione di mitologia trovarono una pila enorme di libri che aspettavano di essere smistati. Erano dappertutto: a terra, l'uno sull'altro, e poggiati in disordine sugli scaffali.

Esme si girò verso Carlos, alzando lo sguardo per guardarlo negli occhi. Lui ricambiò. Entrambi sospirarono.

Diamoci una mossa - si disse la principessa.

•✵•

Ad Esme la biblioteca piaceva. Ma quattro ore all'interno erano veramente troppe.

Avevano sistemato tutte e ventiquattro le sezioni disponibili: messo i libri sugli scaffali (lei e Carlos avevano insistito perché fossero posti in ordine di autore); ordinato le pergamene e i documenti nello studio della bibliotecaria, e fatto l'inventario per i nuovi tomi che arrivavano da ogni angolo di Auradon.

Verso l'una di notte erano tutti e quattro completamente distrutti. Non avevano neanche la forza di alzarsi dal pavimento e tornare in camera.

Esme era seduta tra Evie e Carlos, con la testa posata sulla spalla di quest'ultimo. A lui sembrava far piacere, perché non disse niente per tutto il tempo, anzi, ogni tanto le regalava dei sorrisini sfuggenti. E la principessa rispose ad ognuno di essi.

Era liberante non dover più sentire quella grandissima ansia che aveva provato fino a poche ore prima. Si sentiva leggera.

«Cosa pensate ci sia lì?».

La figlia di Esmeralda guardò verso dove Evie aveva indicato, notando poco lontano dalla sezione di matematica e fisica, un cancello dalle imposte di ferro nero. Era alto, e il metallo scuro sembrava ardere alla luce delle lampade.

Esme rabbrividì. Sapeva che posto era quello.

«La Sezione Proibita . . .» sussurrò.

Tristemente gli altri tre ragazzi la udirono nel silenzio in cui era immersa la stanza.

«Anche qui c'è una sezione proibita?» chiese Mal, stupita.

La principessa annuì, aggrottando le sopracciglia: «Che intendi con "anche qui"?».

La figlia di Malefica sbuffò, incrociando le braccia, e appoggiandosi con la testa al muro.

«Alla Dragon Hall c'è quella che noi chiamiamo "la Biblioteca dei Segreti Proibiti". Ma quello che c'è dentro è tutt'altro che "proibito" - fece le virgolette con le dita, in maniera annoiata - più che altro sono solo vecchi documenti e mappe dell'isola» . Rivolse un'occhiata eloquente ad Evie e Carlos, ed entrambi deglutirono, come se stessero rivivendo un brutto ricordo.

Esme decise di lasciar perdere, annuendo.

«Non so di preciso cosa ci sia dentro la nostra - spiegò indicando il cancello con un cenno del capo - ma la Fata Smemorina fa ogni anno un discorso agli studenti dicendo che è, per l'appunto, proibito entrarci». Non sentiva il dovere di dover tenere queste informazioni lontane da loro. Dopotutto, era curiosa anche lei di scoprire cosa contenesse quella sezione.

Sentì Carlos accanto a lei muoversi eccitato. Quando si girò verso di lui per guardarlo, ci vide una curiosità intensa quanto la propria.

«Che ne dite di darci un'occhiata?» domandò Mal, un luccichio malizioso negli occhi.

Esme deglutì, ma vide sia Evie che Carlos annuire energicamente.

«Ci sto!» esclamarono all'unisono, per poi rivolgersi un sorriso.

Tutti e tre i figli di Cattivi si girarono verso l'unica Buona nella stanza, che ancora non aveva detto niente.

La principessa, sentendo la pressione degli sguardi, iniziò a torturarsi l'orlo del cardigan.

Voleva decisamente darà un'occhiata. Diavolo se lo voleva! Tutte le volte che era venuta a leggere qualcosa, la sua attenzione cadeva sempre sullo strano cancello. Emanava qualcosa che lei non aveva mai compreso a pieno. Un'energia negativa, forte, accattivante. Ne era sempre stata attratta.

Ma valeva la pena infrangere una regola così importante? Ci doveva essere un motivo per cui era stata creata. La Fata Smemorina, per quanto vecchia, non diceva cose a caso.

Ci doveva essere qualcosa di interessante dall'altro lato dei cancelli, se era stato vietato andarci.

Un modo di dire diceva che "la curiosità uccise lo Stregatto", ma visto che quest'ultimo era un gatto magico, e quindi difficile da far fuori . . .

Esme prese un respiro profondo, alzandosi da terra.

«Andiamo» disse, avviandosi verso la sezione proibita.

Carlos si alzò di scatto, correndo subito al suo fianco, mentre Mal ed Evie alzarono gli occhi al cielo, prima di mettersi in piedi e seguirli anche loro.

Quando Esme tocco il metallo dei cancelli, per aprirli, sentì un brivido freddo correrle lungo la spina dorsale. E non era uno di quelli piacevoli che provava molto spesso con Carlos, neanche lontanamente. Questo era gelido, come se dei cubetti di ghiaccio le scorressero lungo la schiena. Non era di certo un buon segno.

Ma si fece coraggio, e facendo un po' di presa sui piedi, aprì una porta.

Non perse tempo a farsi domande, ed entrò. Gli altri tre ragazzi dietro di lei la seguirono a ruota.

L'interno non era molto diverso dal resto della biblioteca: non c'erano banchi di lettura o lampade, e dei piccoli lampadari pendevano dal soffitto. Ma la cosa che rendeva inquietante la stanza era il modo in cui le luci colpivano i muri. Non c'erano finestre, quindi la luce non riusciva a disperdersi adeguatamente. Al contrario creava delle sfumature rossicce, donando all'intera sezione un'atmosfera lugubre. Alla principessa non piaceva nemmeno un po'.

«Finalmente un posto decente. Non pensavo esistesse qualcosa del genere in questo mondo di sorrisi e fiorellini» esclamò Mal, mentre Carlos annuiva accanto a lei.

«Non sono sicura che mi piaccia» strascicó Evie. «È troppo simile al mio castello».

Esme non seppe dire quale delle due affermazioni l'avesse sorpresa di più.

Gli scaffali, lì, erano molto più polverosi che nello stanzone principale. E i libri che ospitavano, sembravano anche più antichi.

«Di preciso, cosa stiamo cercando?» chiese Carlos.

Anche Esme avrebbe voluto saperlo.

Mal face spallucce: «Qualche libro interessante, di incantesimi o robe così» spiegò. Poi si rivolse alla figlia di Esmeralda: «Cosa sai su questo posto?».

La ragazza si morse un labbro in ansia: «Non molto. La Fata Smemorina diceva sempre che è pericoloso entrarci a causa della magia "troppo imprevedibile"».

«Imprevedibile?» domandò Carlos, avvicinandosi alla principessa. «Cosa intendi?».

Esme scosse la testa, mentre con la coda dell'occhio cercava di leggere i titoli di alcuni libri.

«Non ne ho idea» ammise.

Non riuscì a capire per quanto tempo girarono tra quei mini corridoi, ma quando Evie li chiamò le sembravano passate ore.

«Ragazzi!» gridò. «Venite! Dovete vederlo!».

La figlia di Esmeralda corse verso dove proveniva la voce della ragazza, seguita da Carlos e Mal. Si ritrovò davanti, circondato da scaffali, un leggio con sopra un enorme tomo.

Era chiuso, con la copertina in pelle nera e rifinito in oro. Le pagine erano completamente gialle, segno che si trovava lì da diversi anni, e tra di essere spuntava un segnalibro rosso sangue.

Ma la cosa più strana era rappresentata dalla luce viola che filtrava tra un foglio e l'altro.

Esme si congelò sul posto, rimasta a bocca aperta.

Il libro sembrava emanare energia propria. Forte ed accattivante come una calamita. Era potente. La principessa sentì una scarica elettrica passarle lungo la schiena, cosa che le fece drizzare tutti i peli delle braccia. Percepiva questa elettricità tutt'attorno a lei: intensa, provocante, bellissima. Per questo poté capire quanto fosse pericolosa.

Era magia.

Ma non sembrava quella che di solito si percepiva nell'atmosfera di Auradon, che era calma e confortante, come uno degli abbracci di sua madre. Quel sottile velo di magia era una cosa così normale, che ormai nessuno ci faceva più caso. Dopotutto, dopo il decreto della Bestia che ne proibiva l'uso, quasi nessuno la praticava più. Le bacchette e i libri d'incantesimi venivano tirati fuori solo per occasioni importanti, come la nascita, il battesimo o il matrimonio di qualcuno. O, come sarebbe stato per Ben fra alcuni mesi, per le incoronazioni.

Ma quella che le vorticava intorno in quel momento, che le faceva venire la pelle d'oca, e che la tentava in maniera incredibile, non era come niente avesse mai sentito.

E non era sicura fosse una cosa buona.

Quando riuscì a trovare la forza di volontà per distogliere lo sguardo dal libro, trovò i figli di Cattivi accanto a lei completamente ipnotizzati dal potere che il tomo emanava.

Non battevano neanche le palpebre.

Esme pensò che molto probabilmente anche lei era stata nella stessa situazione pochi secondi prima.

Si avvicinò a Carlos e gli posò, seppur in modo tremante, una mano sul braccio, facendolo tornare alla realtà.

«Cosa . . .» iniziò, ma la sua voce era roca. Se la schiarì. «Cos'è successo?».

La figlia di Esmeralda fece spallucce, indicando Mal ed Evie alle spalle del ragazzo. Lui sobbalzò nel vedere l'espressione vacua sul volto delle sue amiche.

«Anche tu eri così prima che ti toccassi. Non so cosa sia, ma di sicuro funziona come una calamita» gli spiegò.

Entrambi deglutirono, ma poi Carlos si avvicinò alle ragazze, sfiorando loro la mano, cosa che le fece sobbalzare.

«Cosa diamine è quella cosa?!» protestò Mal, guardando, stavolta con della leggera preoccupazione, il libro.

«Oddio! Stare così tanto in quella posizione mi ha fatto lacrimare un occhio!» esclamò Evie, guardandosi in uno specchietto portatile. «Ho il mascara sbavato!».

In tutta fretta estrasse un tubetto dalla borsetta rossa che portava sempre con sé, iniziandosi a passare il pennellino sulle lunghe ciglia.

Mal si prese il naso tra le dita, sospirando.

«Qualcuno mi può spiegare che diavolo sta succedendo?» chiese poi, incrociando le braccia al petto, e guardando Carlos ed Esme.

I due si scambiarono uno sguardo, e la principessa incominciò a raccontare tutto quello che aveva provato: da quando aveva guardato il libro, a quando era riuscita ad uscire dalla strana trance, e come aveva liberato pure il figlio di Crudelia.

«Ferma, ferma» la interruppe Mal. «Si può sapere come hai fatto a liberarti da sola da tutta la faccenda "dell'ipnosi"?».

La Buona scosse la testa, confusa.

Ci aveva pensato in realtà, ma non ne aveva la più pallida idea. Aveva semplicemente cercato di riprendere coscienza del suo corpo e ci era riuscita. Magari era stata solo fortuna.

La figlia di Malefica la osservò impassibile per un secondo, come se stesse cercando di capire se fidarsi o no. Ma poi lasciò perdere con un'alzata di spalle.

«Secondo voi dovremmo darci un'occhiata?» domandò Carlos, indicando il libro.

Evie, che aveva finito di ritoccarsi il trucco, annuì, arricciando le labbra: «È ovvio che si tratta di un qualche tipo di magia, magari vuole semplicemente che leggiamo una pagina».

Mal ghignò: «Bene. Allora che ne dite se lasciamo gli onori di casa all'unica vera Auradoniana nella stanza?». La testa di Esme scattò verso la ragazza dai capelli viola. «Questo bel volume appartiene al tuo regno! È tutto tuo! Non essere codarda!».

La figlia di Esmeralda le lanciò un'occhiataccia. Me lo chiedi soltanto perché qui la codarda sei tu - pensò.

Si girò verso il libro, leggermente preoccupata. Ma dopo aver preso un respiro profondo, decise di provarci.

Come se avesse percepito la sua presenza, la luce che brillava tra una pagina e l'altra aumentò d'intensità, invitando la principessa ad avvicinarsi.

E lei lo fece. Si avvicinò ancora di più, come stregata dalla magia che il libro emanava.

La pelle nera che ricopriva la copertina era stranamente fredda sotto il suo tocco, l'energia che fuoriusciva dalle pagine che iniziava a fluttuare attorno al polso della ragazza.

Si fece coraggio e aprì alla prima pagina.

Non successe niente. Nulla di nulla. Il volume continuò a brillare come prima. Non esplose, non ci fu un raggio di magia, non scomparì, e non volò via. Rimase lì, fermo come un normalissimo libro.

Esme lasciò andare il fiato che non si era accorta star trattenendo.

«È tutto ok . . .» mormorò fra sé e sé.

Si girò verso i tre Cattivi, invitandoli ad avvicinarsi con un sorriso.

Quando si trovarono tutti e quattro attorno al leggio, il silenzio sembrò farli andare fuori di testa.

«Allora?» scattò Mal, impaziente.

«Allora cosa?» domandò Esme.

«Leggi, no? Sfoglialo, vedi se c'è qualcosa di interessante!».

La figlia di Malefica stava veramente testando la pazienza della corvina, quella sera. Sbuffò, puntando gli occhi sulla prima pagina e iniziando a leggere.

«"LA MAGIA OSCURA: POST GUERRA DEI DUE MONDI"».

«Guerra dei due mondi?» chiese Evie, confusa. «Cosa sarebbe?».

Nessuno degli altri tre ragazzi seppe rispondere.

Esme riprese a leggere: «"Voci narrano che dopo la grande guerra avutasi circa settant'anni fa, tra le forze del Male (Cattivi) e quelle del Bene (Buoni), tutti i regni magici conosciuti siano stati colpiti da una terribile maledizione"».

Il silenzio che regnava intorno a loro era quasi inquietante. Nessuno sembrava nemmeno respirare, tanto erano rapiti dalla storia che stavano ascoltando.

«"La guerra (1949-1979) fu molto sanguinosa, le perdite per entrambi i lati furono incredibili, ma alla fine i Buoni ne uscirono vincitori"».

Esme fu sicura di sentire Carlos, Evie e Mal sbuffare.

«"Subito dopo la fine dello scontro, e dopo la creazione degli Stati Uniti di Auradon, l'Isola degli Sperduti vide la luce. Così come i suoi prigionieri, che vi entrarono per la prima volta. Tuttavia, non tutti sanno cosa successe poco prima che la Regina di Ogni Male vi venisse spedita"».

Esme deglutì, e stessa cosa fecero Evie e Carlos accanto a lei. Mal, invece, batteva il piede sul pavimento in ansia.

«"Temporaneamente rinchiusa nelle prigioni del castello del Re, la fata cattiva conosciuta con il nome di Malefica, utilizzando gli ultimi attimi della sua forza, pronunciò una formula. Questo incantesimo aveva lo scopo di condannare per sempre il cuore dei Buoni che sarebbero venuti in futuro, i giovani, i figli degli eroi che l'avevano sconfitta. Si dice che la maledizione consista in un'oscurità indelebile, costantemente presente nei corpi di questi ragazzi. Tuttavia, per qualche strano motivo (probabilmente dovuto allo stato debole della fata in quel momento), anche i figli dei Cattivi ne vennero colpiti. Il che condanna entrambe le fazioni. Questa oscurità è debole, dormiente, ma pur sempre vera ed accattivante. Niente la può scalfire, ma al tempo stesso, solo poche cose la possono scatenare. Scoprire cosa lo faccia dipende solo da questi ragazzi maledetti"».

La figlia di Esmeralda era sicura di aver smesso di respirare. Un'ondata di terrore la travolse, facendola congelare sul posto, e con il suo corpo la sua voce.

Sentì le lacrime salirle agli occhi, che iniziarono a pizzicare. Le mani le tremavano, il respiro era tornato ma si era fatto irregolare. Improvvisamente le sue gambe non la reggevano più, e si dovette mantenere con le mani al leggio, stringendolo forte.

La sua più grande paura era davanti a lei. Tutto quello che aveva sempre temuto, quella sensazione che sapeva scorrerele in corpo, era appena stata confermata. Quelle intere giornate a cercare di essere qualcun altro, a cercare di non far uscire quell'oscurità che le girava nelle vene, che non la rendeva idonea a vivere ad Auradon. Il sudore, le lacrime versate, gli abbracci di sua madre non sarebbero serviti comunque a niente. Niente. Era strano associare quella parola a tutto quello che aveva passato. Niente, nulla, nothing, nada. I suoi sforzi erano stati tutti inutili.

In quel momento, l'intero mondo le crollò addosso. Poche righe erano bastate a distruggerla completamente. E anche lei crollò, colpendo di testa il pavimento sotto di lei.

Neanche i caldi occhi di Carlos riuscirono a salvarla questa volta.

—— angolo autrice!

5508 parole. 5508 FOTTUTE PAROLE!! Questo capitolo lo amo con tutta me stessa, in ogni suo aspetto, e spero sia piaciuto anche a voi.

Cosa intendeva Esme con "tutto quello che aveva fatto"? Idee? Vi è piaciuto il colpo di scena? E l'intera scena nella sezione proibita? La storia della maledizione che mi sono inventata vi intriga?

E che mi dite della scena tra Esme e Carlos😏?

Domandina del giorno: vorreste essere figli di un Cattivo o di un Buono? E di chi? Io sicuramente di un Cattivo, ma ci sono alcuni Buoni che non mi dispiacerebbero. Vorrei essere figlia o della Volpe di Pinocchio (che secondo me sarebbe figo) o della Fata Turchina. Sì mi piace Pinocchio, ok?

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e perdonatemi se vi ho fatto aspettare tanto!

Alla prossima!

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