xiii. scuola, canzoni e . . . oh, guarda! una maledizione!

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*ALLERTA CANZONE!*

C A R L O S

La lavagna era talmente piena di possibili risposte che a Carlos stava venendo il mal di testa.

L'esercizio assegnato dalla Fata Smemorina era "Cosa faresti se . . ?". In poche parole dovevi scegliere l'alternativa giusta tra quelle proposte in base alla situazione.

Il figlio di Crudelia avrebbe voluto sbattere la testa sul banco per frustrazione. Le domande erano talmente stupide da essere di una difficoltà disarmante. Ne aveva già sbagliate sette.

La preside continuava a dire loro di scegliere l'opzione che più gli sembrava giusta. Ma era poco funzionale, in quanto per lui ed i suoi amici il concetto di "giusto" era ben diverso da quello della donna.

Era strano. Si stava sforzando con tutto se stesso di ragionare come un Buono ma, per quanto ci provasse, la sua testa gli diceva sempre di rispondere in un altro modo.

Dovette ammettere che una parte di sé lo trovava appagante. Sull'Isola era sempre stato considerato debole, tenero, non interamente cattivo. Tutti a scuola lo prendevano in giro, era costantemente sul radar di molti bulli. Persino sua madre lo riteneva un Cattivo scialbo. Lì ad Auradon, invece, era il contrario. Chiunque lo temeva. Qualsiasi suo piccolo movimento o parola era considerato malvagio, viscido. Non poteva fare un passo senza che qualcuno gli lanciasse un'occhiata di disgusto o paura. Certo, anche qui veniva preso di mira da alcuni ragazzi, ma, differentemente dall'Isola, era per le sue origini e per il aspetto. Lì poteva essere sé stesso e le persone lo avrebbero comunque temuto. Dal suo punto di vista era una pacchia.

All'ennesimo esercizio sbagliato, lasciò andare la penna nera sul banco con una smorfia.

Non si arrendeva molto spesso, ma quelle domande erano veramente impossibili.

Jay fece lo stesso accanto a lui, buttandosi di schiena sulla sedia con fare drammatico.

Hunter, invece, era ben concentrato sul suo foglio, la fronte aggrottata e gli occhi che saettavano da una domanda all'altra. Sembrava veramente determinato a finire il tutto.

«Fra poco lo brucerai se continui a fissarlo in quel modo» strascicò annoiato Jay.

«Non è colpa mia se io mi concentro e voi no» rispose il figlio di Hans senza alzare gli occhi dal pezzo di carta. Poi, dopo una pausa, aggiunse: «Secondo voi è meglio squartare o avvelenare un bambino che mi ha dato dello stupido?».

Carlos e Jay si scambiarono un'occhiata esasperata.

«Bene!» esclamò la Fata Smemorina. «Se avete finito, Esme passerà a prendere i vostri esercizi. E preparatevi per un'attività collettiva!».

Tutti e cinque i figli dei Cattivi sospirarono all'unisono.

Carlos osservò imbarazzato la principessa che iniziava a ritirare i fogli. Guardò il suo, e sperò che non vi leggesse le risposte. Non ci teneva a passare per stupido davanti a lei: sicuramente considerava quelle domande facilissime. Nonostante il loro accordo di quella mattina, dove aveva promesso di fargli da tutor, preferiva comunque apparire sicuro.

Quando Esme arrivò davanti a lui, si scambiarono un'occhiata fugace, e la principessa gli riservò un piccolo sorriso di incoraggiamento.

Però poi, una volta posti gli occhi sul suo foglio, fece una smorfia.

Carlos sospirò. Sì, aveva sbagliato tutto.

«Esme, cara, ti dispiacerebbe iniziare a scrivere le prossime domande alla lavagna mentre io correggo gli esercizi?» chiese dolcemente la Fata.

La figlia di Esmeralda annuí educata.

Ancora domande — pensò Carlos, sconsolato. Per la prima volta non desiderava altro che la giornata scolastica finisse.

Pochi minuti dopo, due nuovi quesiti spiccavano sulla lavagna, bianco su nero.

"Se vi affidano un neonato che piange molto, cosa fate?"

"Se trovate per terra un fialetta che contiene veleno, cosa fate?"

Se si fosse trovato sull'isola le risposte erano ovvie: probabilmente avrebbe vuotato il veleno nel bicchiere di qualcuno e lasciato perdere (per essere diretto come diceva sua madre), ma poi, invece, se lo sarebbe portato a casa per analizzarlo.

E il giorno dopo l'avrebbe fatto bere a qualche ragazzino del primo anno per poi osservarne i risultati in laboratorio.

Macabro? Forse sì, ma era la sola vita che conosceva. Ed il solo modo che aveva per sopravvivere sull'isola.

Domande come quella te le rivolgevano all'asilo o i primi anni di elementari, e ormai Carlos le conosceva a memoria. Solo che adesso doveva trovare un modo completamente diverso per rispondervi.

«Allora».

La voce composta e vellutata di Esme lo riportò alla realtà.

«Immaginate di trovarvi in queste situazioni, come vi comportate?» chiese. «Evie, cosa faresti se trovassi una fiala di veleno?».

Oh no — pensò Carlos. Adesso erano a risposta aperta? Se usciva da quell'aula con una sufficienza sarebbe stata una grazia divina.

«Dalmata» imprecò tra i denti. Non si era reso conto di aver usato la parolaccia preferita di sua madre.

«Beh . . . » iniziò la ragazza interpellata, mentre si arrotolava distrattamente una ciocca di capelli blu su un dito. «Probilmente la porterei a mia madre, e insieme spalmeremmo il veleno su una mela. Oppure lo verserei nella mia collana come scorta di riserva».

Sembrava che qualcuno avesse appena immerso Esme in una pozza di melma. L'espressione che aveva in volto era di puro stupore e disgusto.

Come se fosse una novità pensò Carlos — Ci vorrà più del previsto ad aprire la mente di questa ragazza. Ma a lui piacevano le sfide, e non si sarebbe tirato indietro.

La principessa cercò di mascherare il suo sdegno schiarendosi la voce, ma non serví a molto.

«N-—Nella tua collana? Perché proprio nella tua collana?».

Il figlio di Crudelia ridacchiò fra sé e sé, e stessa cosa fece Evie dall'altro lato della stanza.

«Non l'avevo detto? Il mio ciondolo è un porta-veleno! Me l'ha regalato mia madre per il mio sesto compleanno!».

Mal, accanto a lei, si agitò nervosa, ma non alzò comunque lo sguardo dal suo sketchbook.

La Fata Smemorina scattò in piedi dalla sedia della cattedra, come caricata a molla, e si diresse lenta verso la figlia della Regina Cattiva.

Un domatore di leoni si comporta allo stesso modo - pensò Carlos. Ma non era una cosa negativa. Se gli abitanti di Auradon vedevano lui e i suoi amici come delle belve feroci, almeno avevano la paura dalla propria. Forse il piano di conquista del regno sarebbe stato più facile del previsto.

Mia madre sarà fiera di me! si disse il ragazzo — Le dimostrerò di non essere bravo solo a pulire. Quando le avrò portato la bacchetta dovrà considerarmi un vero Cattivo!

I suoi occhi si posarono per un decimo di secondo sulla figlia di Esmeralda poco lontana da lui.

E lei? gli sussurrò una vocina in testa — Quando i Cattivi avranno conquistato Auradon, e tua madre sarà finalmente fiera fiera te, che ne sarà di lei?

Scosse la testa.

Per il momento mise a tacere quei pensieri. Forse per ansia, forse per fretta. O più semplicemente perché era troppo spaventato per rispondervi.

«Evie, tesoro, ti dispiacerebbe consegnarmi un attimo la tua collana? Devi capire che qui, portare con sé del veleno, non è concesso».

La ragazza fece per protestare, ma poi, ad un'occhiata ammonitrice di Mal, acconsentí con un sospiro. Anche Carlos la notò. Sicuramente la loro leader non voleva attirare l'attenzione più del dovuto.

Evie si sfilò il gioiello dal collo e lo porse nelle mani della preside, che non perse tempo a metterlo in tasca. Gli occhi con cui osservò la donna tornare a sedersi mandavano scintille.

Carlos, invece, guardava curioso Esme che, a capo piegato, segnava qualcosa su un quaderno. Quando rialzò lo sguardo, le sue iridi si rivolsero proprio a lui, che non poté fare a meno di mordersi le labbra in ansia.

«Tu invece, Carlos? Cosa faresti?» chiese la principessa, mentre i suoi occhi, per quanto si sforzassero, tornavano sempre a guardare il labbro inferiore che il ragazzo teneva tra i denti.

Il figlio di Crudelia lo notò, e non riuscì ad impedire che un angolo della sua bocca si alzasse all'insù.

Poi sentì Jay al suo fianco fingere un conato di vomito.

In risposta gli lanciò una gomitata nel fianco destro che lo zittì all'istante, ma che non lo fece rimanere fermo.

Rispose con la stessa moneta, cosa che Carlos non apprezzò molto. Pochi secondi dopo i due stavano facendo a pugni sul banco.

Uno allo stomaco, uno su una guancia e poi uno sulla mascella. Jay ci stava andando giù pesante. Ma il figlio di Crudelia non era da meno. Nonostante fosse fisicamente più debole del figlio di Jafar, sapeva di essere più piccolo e veloce: era riuscito a bloccare e a restituire già quattro colpi. Mentre una parte di lui era concentrata a schivare e a ribattere, un'altra si ritrovò a ridere. Erano più di due settimane che non si sgranchiva un po' come faceva sull'isola. Stava iniziando a sentirne la mancanza. Non dei lividi e dei graffi sia chiaro, ma del fatto di poter passare più tempo con Jay, esattamente come a casa loro.

Con sua madre che lo trattava sempre da schiavo e la scuola che lo stressava (e con "scuola" intendeva Reza), i momenti leggeri con il suo migliore amico erano meno di quanto si potesse immaginare. Leggeri come una bella rissa amichevole, come un furtarello diurno al banco del pesce di Ursula, o come una scappatoia notturna ai resti della Jolly Rogers solo per nascondere l'amato uncino di Harry, in modo che il giorno dopo non lo trovasse e andasse fuori di testa.

La vita su quella macchia di terra poteva essere dura: potevi stare perfettamente in forma il giorno prima, e poi essere trovato mezzo morto il giorno dopo; potevi iniziare la mattinata con tutti i migliori propositi del mondo, e poi ritrovarti derubato, senza braghe, e con una guancia sanguinante solo a mezzogiorno. Per questo dei piccoli momenti di respiro, di gioia, erano così preziosi.

Carlos amava l'isola. Ovvio che l'amava. Per sedicianni quei vicoli bui e sporchi erano stati le sue vene, quelle baracche in lamiera le sue cellule, e la Dragon Hall il suo cuore pulsante. Casa sua, la Porta del Diavolo, era anche la ragione dei suoi incubi ricorrenti, ma era casa. E non l'avrebbe sostituita, né avrebbe sostituito i suoi amici, con alcuna cosa al mondo. Non importava quanto cioccolato e videogiochi Auradon avesse da offrire.

«RAGAZZI!».

Settimane prima, se gli avessero detto che sarebbe stato spaventato da una fata, probabilmente sarebbe morto dalle risate.

Eppure il grido che lanciò la Fata Smemorina fermò immediatamente la rissa tra lui e Jay.

Esme, accanto a lei, evitava il suo sguardo. Sembrava arrabbiata.

«Io . . . vi invito a mettere in pratica questa vostra grande energia . . . sul campo per il Torneo! Stanno cercando giocatori per la nuova stagione, e sono sicura che sarebbe un ottimo metodo per . . . sfogarvi».

Con uno sbuffo, il figlio di Crudelia si tolse una ciocca dei capelli di Jay dal naso, mentre si rimetteva seduto sulla sedia.
Non aveva la minima idea di cosa fosse questo "Torneo", e non ci teneva a scoprirlo.

«Oh no, no, no. La ringrazio, ma qualsiasi cosa sia . . . passiamo!» ridacchiò nervoso. Ma all'occhiata che gli rivolse il figlio di Jafar seppe di non avere molta scelta.

Forse per Torneo si intendeva qualcosa di rilassante, tipo una gara in campo scientifico. Magari poteva piacergli.

Ma qualcosa gli diceva sarebbe stato esattamente l'opposto.

•✵•

Al suono della campanella si precipitò subito da Esme.

Doveva chiederle spiegazioni riguardo il suo strano comportamento.

«Esme!» chiamò, ma la principessa lo ignorò, continuando a camminare tra la folla di studenti senza girarsi indietro.

«Esm—». Il nome gli morì in gola quando vide con chi si stava abbracciando. Richard la stringeva tra le braccia, e poteva vedere perfettamente il sorriso che la ragazza gli stava rivolgendo.

Improvvisamente non si sentiva più tanto sicuro.

Tuttavia, non riusciva capire. Lui . . . cosa aveva lui che non andava? L'aveva trattata male? Non gli era sembrato, almeno rispetto ai suoi standard sull'isola. Era incredibile: nonostante cercasse in tutti i modi di essere gentile con lei e di assecondarla in tutto e per tutto, tornava sempre dal figlio dei Radcliffe.

Sua madre lo avrebbe chiamato un fallito e, onestamente, le avrebbe dato ragione.

Stava perdendo contro un Radcliffe. Ovvio che sua madre sarebbe stata disgustata da lui: i suoi acerrimi nemici stavano ancora vincendo. Esattamente come il piano malvagio di Crudelia era andato in pezzi per via di quella famiglia di seccatori, anche il suo . . . beh, Esme non era proprio un piano malvagio, ma— Oh, andiamo! Avete capito! Piano malvagio o no, la principessa si stava allontanando da lui.

Nonostante ciò, continuava a non comprendere Esme.

Sembrava costantemente indecisa: prima gli dava l'illusione di essere interessata a lui, e poi se ne tornava tra le braccia del biondino. Era un tira e molla che sembrava non avere fine. Carlos non aveva mai sperimentato qualcosa di più frustrante. Quasi avrebbe preferito ritrovarsi in una lite con Reza. L'avrebbe gestita molto meglio.

La gelosia era un'emozione conosciuta sull'isola. Tutti, lì, erano gelosi di qualcosa. Ma di una ragazza? Non si era mai sentito.

Magari l'atmosfera di Auradon gli stava dando alla testa, e quindi non riusciva a ragionare lucidamente. O forse no. Dalmata, è tutto così confuso — si disse. Era così che ci si sentiva da innamorati? Ed era amore quello che sentiva? Cos'era l'amore?

Si portò le mani nei capelli, mentre si mordeva il labbro inferiore in ansia. Da quando era arrivato ad Auradon sembrava farlo molto spesso.

Quando rialzò lo sguardo, deciso a parlare con la ragazza, era già sparita, e insieme a lei anche il biondo rompiscatole.

Il Cattivo sospirò, guardandosi intorno. La giornata era finita, e fino all'ora di cena non c'era molto che potesse fare. Dalla sua ultima scappatina nelle cucine ormai quelle erano sempre chiuse a chiave e, sinceramente, non gli andava di andare da Mal per chiederle di fare un incantesimo. Non si fidava molto di quel suo vecchio libro.

Mentre si dirigeva verso il dormitorio maschile, i suoi pensieri tornarono allo strano tomo che lui, Esme, Evie e Mal avevano trovato la notte prima.

Non avrebbe mai scordato quelle sensazioni.

Un'intensa energia gli aveva riempito il corpo, mandando ogni sua cellula a fuoco. Gli era sembrato di venire immerso in una vasca di lava: ma di un fuoco rigenerante, come di una fenice che risorge dalle ceneri. Si era sentito forte, potente, capace di qualsiasi cosa. Per un attimo avrebbe giurato di aver sentito i suoi occhi brillare, quasi come un antico potere che cercava di fuoriuscire, usando le sue iridi come porta verso l'esterno.

A pensarci ora, la faccenda suonava al quanto inquietante.

Poi, quando Esme gli aveva sfiorato un braccio, tutto era finito. Il fuoco era scomparso, rimpiazzato dall'acqua gelida, una doccia fredda. Un ritorno alla realtà tutt'altro che piacevole.

Ancora si chiedeva come la principessa avesse fatto: per lui sarebbe stato impossibile distogliere lo sguardo.

Si tirò un po' di pelliccia dalla coda che portava appesa a un fianco. Era incredibile, no— era impossibile. In un modo o nell'altro, qualunque cosa facesse, la sua mente tornava sempre alla figlia di Esmeralda. Forse era vero che la magica bontà di Auradon gli stava dando alla testa.

Arrivato davanti alla porta della stanza sua e di Jay, frugò nelle tasche. Niente. Controllò nella taschina del giubbotto. Ancora niente. Dove diavolo era la chiave?!

Nervoso, provò a girare la maniglia della porta, ma questa non ne voleva sapere di muoversi.

Dopo altri cinque tentativi, Carlos sospirò, sedendosi a terra, le spalle rivolte verso il legno dell'entrata. Vi appoggiò la testa.

Poi, sotto la porta, notò un piccolo pezzo di carta. Incuriosito, lo prese.

"Ti ho fregato le chiavi :p

Se ne hai bisogno, porta le tue chiappe sul campo per il Torneo. Oppure puoi aspettare fuori dalla porta fino a quando torno!

Divertiti!!!

-Jay"

Chissà perché non era sorpreso.

Sbuffò, accartocciando il foglietto. Sperava di poter giocare a qualche videogioco, così, tanto per schiarirsi le idee. Non aveva previsto la possibilità di aver "perso" le chiavi.

Liberi da ogni costrizione, i suoi pensieri ricominciarono a vagare, annebbiandogli la mente. Esme che non gli rivolgeva più la parola, sua madre che gli dava del debole, Esme che rideva di lui, sua madre che lo rinchiudeva insieme alle trappole per orsi, Esme che sorrideva a Richard, sua madre che lo prendeva a schiaffi. Esme, sua madre, Esme, sua madre, Esme, Esme, Esme, ESME!

«BASTA!» strillò, la fronte impregnata di sudore.

Un altro sospiro, sta volta più profondo. Chiuse gli occhi.

Li riaprì quando una leggera melodia, proveniente dalla fine del corridoio, gli giunse alle orecchie. Era sommessa: sicuramente proveniva da dietro qualche porta chiusa.

Non seppe neanche lui perché, ma iniziò a cantare. Sperava solo di rilassarsi.

*PER QUESTA CANZONE METTO I SOTTOTITOLI IN ITALIANO. SOLO PERCHÉ CREDO SIA PERFETTA PER LA RELAZIONE TRA CARLOS ED ESME, E PERCHÉ VOGLIO FAR CAPIRE LE PAROLE A TUTTI. GRAZIE PREGO CIAO*

Some days, you're the only thing I know
(Certi giorni, sei l'unica cosa che conosco)
Only thing that's burning when the nights grow cold
(L'unica cosa che brucia quando le notti si fanno fredde)
Can't look away, can't look away
(Non posso distogliere lo sguardo, distogliere lo sguardo)
Beg you to stay, beg you to stay, yeah
(Ti imploro di restare, imploro di restare, sì)

Non poteva negarlo. Esme era sempre nei suoi pensieri. Ormai era un punto fisso nella sua vita che, semplicemente, non poteva ignorare. Era lei che lo faceva sentire vivo, era lei che lo aiutava a respirare, era lei che lo faceva sorridere, ed era lei che lo faceva arrabbiare.

Sometimes, you're a stranger in my bed
(A volte, sei una sconosciuta nel mio letto)
Don't know if you love me or you want me dead
(Non so se mi ami o mi vuoi morto)
Push me away, push me away
(Mi respingi, mi respingi)
Then beg me to stay, beg me to stay, yeah
(E poi mi implori di restare, implori di restare, sì)

E invece, lei? Cosa provava? Di sicuro qualcosa di altrettanto intenso, ma era in positivo o in negativo? Dalamata, quella ragazza lo faceva andare fuori di testa! Era più indecisa di Anthony Tramaine, nipote della Perfida Matrigna, in un negozio di abbigliamento! Un momento prima era dolce, simpatica, spiritosa con lui, e quello dopo lo ignorava e gli lanciava occhiatacce. Un problema di cinque pagine di matematica sarebbe stato più facile da risolvere. Certo, lui amava le sfide, ma per quanto ancora poteva andate avanti?

Carlos si prese la testa fra le mani.

Call me in the morning to apologize
(Mi chiami la mattina per scusarti)
Every little lie gives me butterflies
(Ogni piccola bugia mi fa sentire le farfalle nello stomaco)
Something in the way you're looking through my eyes
(Qualcosa nel modo in cui mi stai guardando negli occhi)
Don't know if I'm gonna make it out alive
(Non so se riuscirò ad uscirne vivo)

Nonostante questo, tutto di lei lo mandava in estatsi: i suoi capelli, così setosi e profumati; i suoi occhi, talmente scuri da ricordare le tenebre del castello di Malefica; il suo corpo, così sinuoso e perfetto; e, per quanto gli costasse ammettere, il suo carattere. Il modo in cui poteva essere così dolce, umile, buona. Ma anche così diretta, bugiarda, cattiva.

Per Carlos, la principessa Esme, era un perfetto equilibrio di luci e ombre.

Stringendo i denti, si alzò da terra.

Fight so dirty, but your love's so sweet
(Combatti così sporco, ma il tuo amore è così dolce)
Talk so pretty, but your heart got teeth
(Parli così educatamente, ma il tuo cuore ha i denti)
Late night devil, put your hands on me
(Diavolo della tarda notte, mettimi le mani addosso)
And never, never, never ever let go
(E non lasciarmi mai, mai, mai)

Sempre di più, sempre di più quei pensieri, quelle immagini, lo inondavano. Milioni di scenari, belli e brutti, dove Esme era presente. Ogni volta, lei era lì: che lo guardava da lontano, che gli sorrideva, che rideva di lui o con lui, che gli dava uno schiaffo, un pugno, un calcio. Che lo baciava.

Qualcosa dentro di lui si spezzò.

Un'ondata di nuove opzioni, di emozioni, di sensazioni, presero a corrergli nel corpo. Gli inondavano le vene, e non diminuivano. Aumentavano sempre di più. Sempre . . . sempre di più.

Fight so dirty, but your love's so sweet
(Combatti così sporco, ma il tuo amore è così dolce)
Talk so pretty, but your heart got teeth
(Parli così educatamente, ma il tuo cuore ha i denti)
Late night devil, put your hands on me
(Diavolo della tarda notte, mettimi le mani addosso)
And never, never, never ever let go
(E non lasciarmi mai, mai, mai)

Quella ragazza era la sua migliore ipotesi, il suo migliore esperimento, il suo migliore sbaglio e la sua migliore teoria.

Il figlio di Crudelia si avviò verso la biblioteca con un sorriso.

Some days, you're the best thing in my life
(Certi giorni, sei la cosa migliore della mia vita)
Sometimes when I look at you, I see my wife
(A volte quando ti guardo, vedo mia moglie)
Then you turn into somebody I don't know
(Poi ti trasformi in qualcuno che non conosco)
And you push me away, push me away, yeah
(E mi respingi, mi respingi, sì)

Ormai non gli importava più.

Avrebbe lottato per lei, qualunque cosa sarebbe successa, qualunque cosa avrebbe dovuto fare. Prendere la bacchetta? L'avrebbe fatto. Distruggere Auradon? Anche quello. Rinnegare sua madre e diventare un Buono? Qualunque cosa pur di averla vicino.

Call me in the morning to apologize
(Mi chiami la mattina per scusarti)
Every little lie gives me butterflies
(Ogni piccola bugia mi fa sentire le farfalle nello stomaco)
Something in the way you're looking through my eyes
(Qualcosa nel modo in cui mi stai guardando negli occhi)
Don't know if I'm gonna make it out alive
(Non so se riuscirò ad uscirne vivo)

Se lei lo avrebbe respinto, lui ci avrebbe riprovato ancora. E ancora, e ancora, e ancora. E quando le speranze sarebbero state perse, l'avrebbe lasciata andare. Tutto, pur di vederla felice.

Fight so dirty, but your love's so sweet
(Combatti così sporco, ma il tuo amore è così dolce)
Talk so pretty, but your heart got teeth
(Parli così educatamente, ma il tuo cuore ha i denti)
Late night devil, put your hands on me
(Diavolo della tarda notte, mettimi le mani addosso)
And never, never, never ever let go
(E non lasciarmi mai, mai, mai)

Carlos si sentiva come non mai, mentre apriva le porte della ormai familiare biblioteca. Nessun studente in vista. Strano.

Ogni sensazione che provava, per quanto piccola, lo colpiva come un'ondata di vento improvvisa. Gli sembrava di volare ma, allo stesso tempo, di essere incredibilmente pesante.

Le sue emozioni sembravo moltiplicate per mille.

Fight so dirty, but your love's so sweet
(Combatti così sporco, ma il tuo amore è così dolce)
Talk so pretty, but your heart got teeth
(Parli così educatamente, ma il tuo cuore ha i denti)
Late night devil, put your hands on me
(Diavolo della tarda notte, mettimi le mani addosso)
And never, never, never ever let go
(E non lasciarmi mai, mai, mai)

Non seppe fermarsi quando il cancello color ebano della Sezione Proibita gli comparve davanti. Tese le braccia e, con un movimento deciso, lo spalancò.

La stessa energia del giorno prima lo travolse, attirandolo ancora una volta come una calamita.

Solo che adesso era ben consapevole di essa, ed ebbe l'impressione di potervi resistere. Peccato non fosse vero.

Blood on my shirt, rose in my hand
(Sangue sulla mia maglia, rosa nella mia mano)
You're looking at me like you don't know who I am
(Mi stai guardando come se non sapessi chi sono)
Blood on my shirt, heart in my hand
(Sangue sulla mia maglia, cuore nella mia mano)
Still beating
(Che ancora batte)

Il libro della Guerra dei Due Mondi era di nuovo davanti a lui, l'energia violacea più lucente che mai, che lo attirava come una lampada fa con una falena.

Ignorò l'ultimo accenno di buon senso, avvicinandosi al leggio.

Ormai si era anche scordato di star cantando, eppure, la sua voce aumentava di volume ad ogni passo.

Fight so dirty, but your love's so sweet
(Combatti così sporco, ma il tuo amore è così dolce)
Talk so pretty, but your heart got teeth
(Parli così educatamente, ma il tuo cuore ha i denti)
Late night devil, put your hands on me
(Diavolo della tarda notte, mettimi le mani addosso)
And never, never, never ever let go
(E non lasciarmi mai, mai, mai)

Posò le mani ai lati del tomo, gli occhi fissi su di esso, ipnotizzati dall'energia che prometteva.

Le pagine iniziarono a sfogliarsi da sole, veloci e scrocchianti. La luce aumentò ancora.

Fight so dirty, but your love's so sweet
(Combatti così sporco, ma il tuo amore è così dolce)
Talk so pretty, but your heart got teeth
(Parli così educatamente, ma il tuo cuore ha i denti)
Late night devil, put your hands on me
(Diavolo della tarda notte, mettimi le mani addosso)
And never, never, never ever let go
(E non lasciarmi mai, mai, mai)

Di scatto, si fermarono ad una pagina vuota.

La pergamena gialla aveva delle macchie più scure ai lati, ma Carlos non ci fece caso. La sua attenzione era rivolta alle parole che si stavano formando sulla carta.

In lenti ghirigori, le lettere comparivano una dopo l'altra, eleganti come l'incantesimo di una fata. L'inchiostro in cui erano scritte era rosso come il sangue.

Anzi, no.

Era rosso come il rossetto di sua madre.

Never, never, never ever let go
(E non lasciarmi mai, mai, mai)

Quella sera, il figlio di Crudelia tornò nella sua stanza senza alcun ricordo dell'esperienza vissuta.

Non rammentava della canzone, né della biblioteca, né del libro. Non rammentava l'inquietante colore rosso che aveva tinto le sue iridi.

E, soprattutto, non ricordava la frase comparsa su quelle antiche pagine.

"Le tenebre sono inquiete. L'oscurità è liberata".


—— angolo autrice!

Non so cosa dire per questo capitolo. Se non che è più bipolare di Esme: inizia come qualcosa di carino, dolce, semplice, e poi, BOOM! Oscurità, potere, occhi rossi e casini!

Voi che ne dite?

Domandina del giorno: adesso andiamo dall'altro lato della barriera... che materia (Grammatica Regale, Scienze Forestali Incantate, Storia di Boscaioli e Pirati, Storia e Geografia di Auradon, Norme di Sicurezza per Internet, Virtù e Valori, Cheerliding/Torneo/Spade&Scudi, Fate Cattive, Matematica, 101 Rimedi di Bontà e altro che adesso non ricordo) vorreste studiare ad Auradon? Io direi Scienze Forestali Incantate (sì, mi piace scienze, ok?) e Fate Cattive.

Alla prossima!

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