xiv. per un fine superiore

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H U N T E R

C'era qualcosa di Auradon che ad Hunter piaceva veramente tanto. E no, non erano il cibo e i vestiti incredibilmente puliti.

Il regno lo confondeva. O meglio: lo confondeva di più di quanto non lo facesse già l'isola.

Forse nessuno l'aveva mai notato, ma la vita tra gli Sperduti, per il figlio di Hans, non era proprio il massimo. Certo, aveva quasi tutti i ragazzi e le ragazze ai suoi piedi, incantati dal suo charm e dalla sua abilità nel mentire. Non c'era momento del giorno in cui fosse da solo. Prima o poi qualcuno lo approcciava: fosse per condividere con lui una risata malvagia sul gossip del momento o per rubargli il portafoglio, Hunter non era mai solo.

Sembrerebbe fantastico, no? Tutta questa fama. A volte gli sembrava di udire la voce di suo padre nell'orecchio ripetergli la stessa cosa: "È dalla fama che viene il potere. Se le persone ti amano e si fidano di te, allora le hai tutte in pugno".

E lui ci aveva creduto per tutta la vita. Anzi, ci credeva ancora. Era cresciuto così, non conosceva altro modo di vedere le cose. Sii popolare, beneamato, regale, bugiardo, e avrai tutto. La filosofia di suo padre era concisa e semplice: se vuoi qualcosa te la prendi, senza discutere.

Ma allora perché Auradon, il regno dell'altruismo, della gentilezza e dell'umiltà, gli faceva quell'effetto?

Quando era uscito da quella limousine, settimane prima, non avrebbe immaginato niente di tutto questo.

La scuola era noiosa, la mensa ottima, le camere con dei letti enormi e perennemente riscaldate. C'erano tante cose che gli potevano piacere.

Ma allora perché quella che preferiva era il suo compagno di stanza?

La prima cosa che gli era saltata in mente, non appena aveva visto Richard, era stata: "Wow, in camera con un musicista amante dei cani. Speriamo non puzzi troppo. Per lo meno è carino".

Cos'era successo, di così importante, da fargli adorare i momenti in cui il biondino suonava la chitarra, o giocava a palla con il suo dalmata? Di sicuro niente di buono.

E con il passare dei giorni la situazione era peggiorata.

Aveva iniziato a notare sempre più dettagli. Come il ragazzo arricciasse il naso se non riusciva a trovare le parole per una canzone; come i suoi occhi d'oro fuso assumessero una sfumatura rossastra da arrabbiato; e come quest'ultimi sembrassero brillare alla vista di una certa principessa dai capelli neri.

Hunter non era geloso di Esme. Diamine, lui non era mai geloso di nessuno! Come avrebbe potuto? L'intera Isola degli Sperduti era ai suoi piedi, tutti lo adoravano. Come poteva essere geloso di una ragazza qualunque?

Quel pomeriggio, il figlio di Hans si trovava steso sul suo letto, le braccia dietro la testa e gli occhi incollati al soffitto.

Era raro vederlo in quella situazione: vestito male e senza gel per capelli.

Era almeno mezz'ora che cercava di trovare una macchia di muffa sulla superficie immacolata della stanza, ma non c'era ancora riuscito. Neanche una piccola macchia d'umido!

Chissà cosa avrebbe detto suo padre. Non voleva neanche pensarci.

Ormai lui e i suoi . . . amici erano ad Auradon da quasi due settimane. Non potevano rimanere ancora per molto. Dovevano ricordarsi il loro obbiettivo: non era il cibo, non erano i letti caldi, non era un tetto sopra la testa, ma era recuperare una stupida bacchetta magica. Quella stessa bacchetta che avrebbe liberato i loro genitori e il resto dei loro amici.

Hunter sentì, per la prima volta, il peso che portava sulle spalle.

Lui, Mal, Jay, Evie e Carlos non erano delle persone comuni: da loro dipendeva il futuro dell'isola, dell'intera nuova generazione di Cattivi.

Dopo il fiasco al museo, nessuno aveva più nominato la missione. Mal continuava a ripetere loro che aveva tutto sotto controllo, che aveva un piano in mente. Ma era evidente che non ci credesse nemmeno lei.

Il figlio di Hans portò gli occhi sulla borsa di cuoio spellato appesa all'armadio. Quella che conteneva i resti della spada di suo padre.

"Vedi di trovare il modo di ripararla" gli aveva detto prima di partire. "E una volta fatto, sarà tua. Non ti va di aiutarmi a uccidere quelle due principessine una volta per tutte?".

Hunter non aveva mai pensato alla vendetta. Insomma, non aveva mai conosciuto né Anna né Elsa. Tutto ciò di cui era al corrente glielo aveva spiegato suo padre.

Si morse l'interno guancia, mentre si girava su di un fianco.

Il letto di Richard era completamente sfatto. Le lenzuola azzurro cielo facevano spazio alla sua chitarra, lasciata libera sul materasso, tra una piega e l'altra delle coperte. La cuccia di Freckles si trovava in un angolino, rossa e imbottita di gommapiuma. La solita pallina di plastica leggermente rotta che giaceva all'interno. Sul muro lì accanto erano appesi tre guinzagli diversi, uno dei quali aveva ancora un collare attaccato e . . . un foglietto?

Il figlio di Hans aggrottò le sopracciglia. Cosa ci faceva un pezzo di carta attaccato ad un collare per cani?

Rimase ancora un secondo ad osservare il foglio penzolare dalla striscia di stoffa.

Scosse la testa, girandosi dall'altro lato del letto.

Nah, non sarà niente di importante.

Chiuse gli occhi, deciso a fare un pisolino.

Non passò neanche un minuto che li riaprì, allarmato. Scattò a sedere, riadocchiando il foglietto di carta.

E se invece lo fosse? Se ci fosse scritto qualcosa di segreto?

Qual'era la seconda regola di suo padre? "Esplora, fai attenzione ai dettagli. Spesso la risposta è proprio sotto i tuoi occhi. Trovala, e avrai vinto".

Hunter corse verso il collare, prendendo tra le dita il pezzo di carta e aprendolo.

Si trovò davanti una grafia elegante e ordinata. Le lettere erano in stampatello minuscolo, ma sembravano scritte da una mano tremante, come da qualcuno completamente terrorizzato.

Perplesso, iniziò a leggere:

C'è qualcuno nel museo. Ho mandato indietro Freckles. Se non mi vedi tornare da te entro un'ora, manda qualcuno a vedere. Penso di avere un'idea di cosa stia succedendo.

Dovette trattenersi dal non barcollare.

Il cuore gli iniziò a battere così forte da sentirselo nelle orecchie, insistente come un tamburo. Gli sembrò di sudare freddo.

Il museo . . . Freckles . . . Richard . . . Esme . . .

Oddei.

Hunter afferrò la sua giacca di pelle, deciso a correre verso la stanza di Mal. Stava proprio per uscire dalla camera, quando i suoi occhi si posarono sulla borsa di cuoio contenente i resti della famosa spada di suo padre. Prese un respiro profondo. Doveva provarci.

Se la gettò a tracolla e uscì chiudendosi la porta alle spalle.

•✵•

«Ti ripeto che non ne sapevo niente!».

Era la sesta volta che urlava questa frase in faccia alla figlia di Malefica.

Non appena aveva spalancato la porta del dormitorio, si era trovato davanti Mal, Evie e un altro paio di ragazze che non aveva mai visto prima.

Le due Cattive gli avevano spiegato che si trattava di Jane e Lonnie, rispettivamente le figlie della Fata Smemorina e di Mulan.

Hunter non aveva lasciato loro tempo di aprire bocca che le aveva già sbattute fuori dalla camera in tutta fretta.

E di certo non aveva perso tempo a raccontare tutto a Mal ed Evie, mostrando loro anche il biglietto.

Inutile dire che avevano chiamato immediatamente Carlos e Jay. Quest'ultimo aveva protestato perché avevano interrotto l'allenamento per il Torneo, proprio ora che era riuscito a convincere il figlio di Crudelia a partecipare.

«Richard è il TUO compagno di stanza! È compito TUO coprirci le spalle! Ed è compito TUO fare attenzione a quello che sa!» sbottò per l'ennesima volta la figlia di Malefica.

«Mal—» iniziò Evie, in un tentativo di farle abbassare la voce, ma la ragazza dai capelli viola la battè sul tempo.

«Ora chi ci assicura che non l'abbia già detto a qualcuno?! Per quanto ne sappiamo potremmo essere sorvegliati!».

«Improbabile».

Di sicuro non si aspettava di sentire la voce di Carlos. Oppure, semplicemente, non la ricordava così fredda.

Hunter si girò verso il ragazzo, che era seduto a gambe incrociate ai piedi del letto di Mal, un computer in braccio.

Osservò lo sue dita volare sulla tastiera nera, mentre scrivevano chissà cosa.

Era rimasto talmente colpito dal suo tono di voce che ci rimise un po' a ricomporsi, ma, quando lo fece, si schiarì la gola e raddrizzò le spalle: «E tu come faresti a dirlo?». Accanto a lui, anche Mal guardava Carlos con le sopracciglia alzate, in attesa di una risposta.

Il figlio di Crudelia sollevò gli occhi dallo schermo e, per un attimo, Hunter fu certo di averci visto passare una scintilla rossa, ma era scomparsa prima ancora che potesse battere ciglio.

«Mentre voi litigavate come due idioti . . . ». Le guance di Mal diventarono rosse come un peperone, e Hunter non era sicuro se per rabbia o imbarazzo. Probabilmente la prima: Mal non era mai in imbarazzo. « . . . io ho hackerato il sistema di sicurezza della scuola» continuò, scoccando loro un'occhiata alquanto irritata. «E, per quanto sia stato difficile con le vostre urla nelle orecchie . . . ». Il figlio di Hans gonfiò le guance, mentre Jay al suo fianco soffocò una risata. « . . . nelle nostre camere non c'è alcun dispositivo di osservazione. Niente telecamere, niente microfoni, niente microspie, niente di niente. Se quella notte Esme ha veramente mandato un biglietto a Richard, lui, di sicuro, ha ancora detto niente né a lei né a qualcun altro. O a quest'ora saremmo tutti su una limousine, pronti per tornare a casa».

Hunter era rimasto a bocca aperta. Come diavolo aveva fatto a capire che il biglietto l'aveva scritto Esme? Decise di esporre i suoi pensieri, domandandoglielo.

Carlos sbuffò, un lato della sua bocca quasi inclinato in un sorriso: «Perché non siamo tutti come te, Hunter. Alcuni di noi sanno fare due più due».

Cioè? si chiese il figlio di Hans. Ma preferì non dirlo ad alta voce, facendo finta di accettare la risposta, qualunque cosa significasse, e annunedo.

Ci pensò Evie a salvarlo da quel momento di imbarazzo, battendo le mani: «Questo è Carlos De Mon! Ti ho sempre detto che con la tecnologia di Auradon avresti fatto faville!».

Il ragazzo in questione sembrò uscire da uno stato di trance, portandosi una mano dietro il collo e grattandolo in imbarazzo. Il solito sorriso impacciato era tornato sul suo viso.

«Non . . . non era niente, davvero . . . » disse, evitando lo sguardo di tutti e arrossendo come un pomodoro.

Jay ghignò, avvicinandosi e dandogli una pacca sulla spalla: «Oh, sì che era qualcosa, amico! Hai zittito Mal . . . » ridacchiò, puntando il dito verso la ragazza, che li stava guardando con la mascella serrata. « . . . e non è una cosa facile, credimi. Sono sedici anni che ci provo». E fece un'occhiolino alla sua amica.

Il figlio di Crudelia sembrò farsi ancora più piccolo, tanto era in imbarazzo. E poi sarei io l'idiota? pensò Hunter — Regola quattordici: un uomo non si mostra mai debole.

«Vi ringrazio per questo monologo totalmente inutile sulle capacità di Carlos» disse la figlia di Malefica. Persino Hunter poté cogliere il sarcasmo nella sua voce. «Ma ora, il vero problema è come liberarci anche della memoria di Richard».

Al figlio di Hans si fermò per un attimo l'aria in gola: «Aspetta . . . vuoi usare quell'incantesimo anche su di lui?».

La ragazza rise ironica: «A meno che non preferisci essere rimandato sull'isola in manette!». Un sorriso sornione le comparve sul viso, e incrociò le braccia al petto: «Perché? Che ti importa?».

Sta volta fu il turno di Hunter di arrossire.

Il bel volto di Richard gli era ricomparso in testa. Ma si costrinse a cancellarlo.

«Niente, niente. Non mi importa niente» rispose freddo. A volte, la sua capacità di mentire capitava proprio a fagiolo.

Mal sembrò crederci, perché annuì, dirigendosi verso Carlos e strappandogli il computer dalle mani.

«Ehi!» protestò lui.

«Alza il sedere, meticcio. Tu vieni con noi».

«Cosa, ehm, noi?».

La figlia di Malefica alzò gli occhi al cielo: «Sì. Noi. Io, te e Hunter. Chi sennò?».

«Scusami?» la interruppe proprio quest'ultimo. «Io che c'entro?».

La ragazza dai capelli viola sembrava stare per avere una crisi isterica: «Richard è il tuo compagno di stanza! Lo conosci meglio di tutti! A proposito, sai dove lo possiamo trovare a quest'ora?».

Il moro venne preso in contropiede, guardando l'orologio appeso alla parete, che segnava le 19 e 40.

«Do—Dovrebbe essere appena tornato dalle prove della banda» balbettò. Non ci stava capendo più niente.

Mal sorrise: «Perfetto! Ora, questo è il piano—».

«E io ed Evie che facciamo?» intervenne Jay. «Ci stiamo a girare i pollici finché non tornate?».

«E io che ne so!» esclamò la ragazza dai capelli viola. «Andate a cercare qualche informazione sulla bacchetta, rendetevi utili!».

Il figlio di Jafar si portò una mano al cuore, facendo finta di asciugarsi una lacrima: «Stai dicendo che siamo inutili?».

«Oh, per l'amor degli Dei! Jay—».

«Ok, ok! Cavolo Mal, Auradon sta consumando il tuo senso dell'umorismo» alzò le braccia al cielo, il ragazzo. «Andiamo Evie».

La figlia della Regina Cattiva rivolse un ultimo sorriso a Carlos prima di scomparire dalla porta insieme al suo amico.

Mal sospirò, prendendosi tra due dita il naso: «Bene, stavo dicendo. Io e Hunter entreremo nella stanza, mentre tu, Carlos . . . » il figlio di Crudelia sollevò la testa, sull'attenti. « . . . farai il palo, in caso arrivi qualche scocciatore. Dopodiché bloccheremo Richard e gli farò l'incantesimo. Tutto chiaro?».

Hunter ci pensò per un attimo. E gli venne un'illuminazione.

«Sì, tutto chiaro. Ma lo farò a una sola condizione».

I due Cattivi nella stanza lo guardarono interrogativi.

«E si può sapere cosa vuoi?» chiese Mal, mettendo le mani sui fianchi.

Il figlio di Hans deglutì, ma poi sorrise a trentadue denti, sfilandosi la borsa di cuoio e svuotandone il contenuto sul pavimento. I pezzi dell'arma, compresa l'elsa, tintinnarono sul pavimento, metallo contro marmo.

«Voglio che ripari la spada di mio padre».

Carlos spalancò gli occhi, che si accesero di curiosità. Mal, al contrario, ridacchiò.

«Ancora con questa storia? Cavoli, tuo padre deve tenere molto a questi vecchi pezzi arruginiti». Ne prese uno da terra e scrollò le spalle. «Va bene, dammi un attimo».

La bocca di Hunter sia aprì leggermente. Ok, questa non me l'aspettavo. «Sul serio? Cioè . . . non vuoi neanche contrattare?».

La figlia di Malefica sospirò, chiaramente esasperata: «Abbiamo già contrattato, se non te ne fossi accorto. La spada per il tuo aiuto, no?».

Il moro alzò un dito, facendo per ribattere, ma poi capì che non serviva a niente. «Ohhhh!» esclamò. «Sì, sì, giusto. Colpa mia».

Aggrottò le sopracciglia quando Mal e Carlos si scambiarono uno sguardo divertito.

«Bene» si ricompose la ragazza. «Diamoci una mossa».

Si diresse verso il suo comodino, tirando fuori dal cassetto il libro degli incantesimi.

«Nascondiglio a prova di ladro» sussurrò il figlio di Crudelia fra sé e sé.

«Oh, sta zitto!» gli scagliò un'occhiataccia, Mal.

La fata cattiva inizò a sfogliare le pagine ingiallite, soffermandosi di tanto in tanto a leggere qualcosa. Finché non puntò il dito su un foglio in particolare.

Gli occhi della ragazza si accesero di una luce verde mentre puntava un braccio verso i resti dell'arma e, con voce salda e autoritaria, pronunciava l'incantesimo: «Riporta la spada ormai perduta alla potenza che un tempo era temuta».

Un raggio di energia verdastra scaturì dal palmo della figlia di Malefica e, esattamente come un serpente prima di attaccare, circondò i pezzi di metallo. Questi si sollevarono in aria, iniziando a ricongiungersi quasi fossero tessere di un puzzle.

Il figlio di Hans osservò la scena in estatsi, incantato dall'incantesimo e dalla sua eleganza.

Pochi minuti dopo, la spada era completa.

Sull'elsa in bronzo e oro, incastonata di rubini, svettava una lunga lama a doppio taglio. L'acciaio era lucente e privo di imperfezioni, talmente liscio da potervici specchiare dentro.

Hunter vi si avvicinò tremante, quasi avesse paura che si potesse rompere di nuovo.

L'impugnatura aderiva al suo palmo, come se l'unico scopo della spada fosse quello di servire lui: Hunter delle Isole del Sud. È decisamente di mio padre — pensò il figlio di Hans.

«Finito?». La voce di Mal gli fece distogliere lo sguardo dalla lama nelle sue mani. «Abbiamo un lavoro da compiere». Non aspettò alcuna una risposta, era già sparita fuori dalla porta.

«Beh . . . bella spada . . . » gli disse Carlos, alzandosi dal pavimento. Poi si girò verso di lui con un ghigno: « . . . idiota». E pochi secondi dopo era andato anche lui.

«Oh, andiamo!» protestò Hunter, legando la spada alla tracolla della borsa, e rimettendola addosso.

«Nessuno riconosce i miei meriti» biascicò tra i denti, prima di seguire i suoi alleati fuori dalla stanza.

•✵•

Ok . . .

Era sicuro al 100% di aver chiuso la porta. Non c'era alcun dubbio su questo. Quindi, o alla Auradon Prep c'erano i fantasmi, oppure qualcuno era entrato in camera sua.

«Mal!» bisbiglio alla ragazza, fermandola giusto in tempo. Fece cenno a lei e Carlos di stare in silenzio, portandosi un dito alle labbra. I due annuirono.

«Non sai quanto mi sei mancata! Ormai, è praticamente impossibile parlarti!».

La voce di Richard, proveniente dall'interno, lì fece sobbalzare. Sta parlando con qualcuno — si disse Hunter.

«Anche tu mi sei mancato, Rick. Avevo proprio bisogno di passare del tempo con te».

Il figlio di Hans, così come quello di Crudelia al suo fianco, si congelarono sul posto. Questa era

«Esme» sussurrò Carlos.

Mal lo guardò ad occhi spalancati. Sembrava in ansia: «Cosa diavolo ci fa, lei, qui?» chiese.

Il ragazzo dai capelli bianchi scosse la testa, ma sembrava improvvisamente teso. Continuava a rivolgere alla porta socchiusa delle occhiate preoccupate, ma Hunter vi riuscì a scorgere anche una leggera irritazione.

Sorrise fra sé e sé. Guarda un po' chi si è preso una cottarella.

«Se è per questo l'hai anche tu per Richard!» bisbigliò di rimando il figlio di Crudelia.

Il moro battè le palpebre: «Cosa?». L'aveva detto ad alta voce?

«La volete smettere?!» sbottò Mal, sebbene continuasse a tenere un tono basso. «Sto cercando di ascoltare!».

Hunter chiuse di scatto la bocca. Quando voleva, la figlia di Malefica sapeva essere veramente autoritaria.

Decise di approfittarne anche lui, tendendo le orecchie e spostandosi verso lo spiraglio della porta, in modo da vedere cosa stesse succedendo.

Esme e Richard erano seduti sul letto del ragazzo, entrambi con le mani in grembo ed entrambi che fissavano il pavimento.

Si poteva quasi sentire la tensione che emanavano.

«Come va con Carlos?».

Al suono del suo nome, proprio quest'ultimo si sporse di più verso Hunter, facendolo quasi sbattere di spalla sulla porta.

Il figlio di Hans aveva tutta intenzione di spingerlo di nuovo indietro, ma alla fine non lo fece: in fondo, sapeva come si sentiva.

La melodiosa risata di Esme riempì il silenzio: «Non parliamo da due settimane, ed è questa la prima cosa che mi chiedi?».

Richard spalancò gli occhi: «Oh, no, no! Assolutamente! Non volevo, io—».

La principessa rise di nuovo, posandogli una mano sull'avanbraccio: «Rick, ti stavo prendendo in giro». Questo sembrò rilassare il ragazzo in maniera impercettibile.

La figlia di Esmeralda rise ancora, prima di sospirare. Un sorriso triste le incorniciava il volto: «Io . . . non lo so. Credo bene. Se anche quello che abbiamo si possa definire tale». Scosse la testa, portandosi una ciocca di capelli dietro un orecchio: «O se ci sia effettivamente qualcosa . . . ».

Con la coda dell'occhio, Hunter notò Carlos stringere i pugni, ma la sua attenzione era ancora rivolta ai due Buoni.

Richard annuì, tirando un lungo sospiro. Poi, però, la sua espressione di illuminò di colpo.

«Es».

La figlia di Esmeralda si girò verso di lui con un dolce sorriso sulle labbra: «Sì, Rick?».

«Ti devo dire una cosa importante».

Il figlio di Hans, Mal e Carlos osservarono con orrore il biondo che si alzava e camminava verso la cuccia di Freakles, che in quel momento stava sonnecchiando beatamente. Hunter appallottolò, senza accorgersene, il foglietto nella sua mano, prima di scambiare un'occhiata con i suoi compagni.

In un muto accordo, tutti e tre annuirono. Dovevano intervenire. Ora.

«Magico libro non indugiare e, subito, falla addormentare» sussurrò Mal.

Una nebbiolina, verde e leggera, si condensò nell'aria intorno a loro, e non perse tempo a raggiungere Esme e a farla cadere sul letto priva di sensi.

Richard non si era ancora accorto di niente, tanto era concentrato nel cercare il bigliettino tra i collari del suo cane.

La figlia di Malefica e il figlio di Hans non aspettarono un momento di più, entrando nella stanza e attirando così l'attenzione del biondo, i cui occhi si spalancarono per la paura. Tuttavia, non era rivolta a loro. Richard si precipitò verso Esme, beatamente addormentata sul letto.

«Cosa le avete fatt—».

Non riuscì a terminare la frase, che Hunter era già alle sue spalle. In un lampo, lo bloccò tra le sue braccia, portandogli una mano alla bocca per farlo stare zitto.

Il biondo poteva anche essere in forma, ma il figlio di Hans era cresciuto nei vicoli dell'isola, e in generale, lì, le risse non erano eventi così rari. Non fu un problema, per lui, immobilizzare il suo compagno di stanza.

«Bene, bene, ben—».

«Taglia corto, Mal. Non mi va di riascoltare il tuo stupido discorsetto da quattro soldi» la interruppe il moro, facendo una smorfia: Richard gli aveva tirato una gomitata sul fianco. «Fai l'incantesimo e andiamocene».

La ragazza dai capelli viola sbuffò, iniziando a sfogliare il suo libro: «Non sei divertente».

Hunter provò a non guardare. Ci provò con tutto se stesso. Ma le sue orecchie lo tradirono, stupide orecchie. Non lo volle ammettere: la sola vista di Richard che scivolava tra le sue braccia, privo di sensi, lo aveva fatto sentire da schifo.

E, ancora una volta, si chiese cosa avrebbe pensato suo padre. Che era una fallito? Uno stupido? Debole? La risposta la sapeva, ma aveva troppa paura anche solo di pensarla.

Cercò di non fare caso al russare di Richard, quella notte. E continuò a ripetersi che tutto quel dolore, suo, di Carlos, di Esme, avrebbe portato a qualcosa. Un fine superiore. O almeno lo sperava.


—— angolo autrice!

Capitolo orribile, ne sono cosciente. Penso che la grammatica, qui, sia andata a farsi una gita. Scusatemi vermante tanto, ma sto attraversando un periodo un po' particolare, che, tra le altre cose, ha portato a un blocco dello scrittore.

Ma vabbè. Spero almeno che il nuovo punto di vista vi sia piaciuto! Hunter è un personaggio interessante e molto più complicato di quanto sembri da scrivere. Ma volevo farvi vivere la vicenda da un'altra angolazione.

Domanda di oggi: la vostra Top 3 delle canzoni di Descendants 1?

La mia è questa:

1. Rotten To The Core
2. Did I Mention
3. If Only

Ci vediamo al prossimo capitolo!


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