28.2. Se si perde, può sempre imboccare un sentiero

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Filemina Porter si guardava intorno con quella nota di impazienza, con i capelli questa volta ben tirati, la camicia e la divisa scolastica impeccabile e la gonna a pieghe rigorosamente tirata al di sotto del ginocchio. Odiava attendere, soprattutto se nel mentre avrebbe potuto benissimo cercare una via di fuga, un rifugio dove nascondersi. Non voleva andare ad Hogwarts. Avrebbe preferito di gran lunga rimanere con il fratello, visto che, di lì a pochi giorni, la sua presenza sarebbe divenuta più importante che mai.

Aveva caldo, le calze pesanti che le rivestivano le gambe spesse quanto un fusticino di legno in fiore, non erano state esattamente una buona idea. Ma suo fratello aveva insistito: Hogwarts era molto umida e lei, fragiluccia com'era, non poteva certo permettersi l'ennesimo dolore alle ossa, dato soprattutto dalla sua impossibilità di prendere il sole come le altre ragazze. Stava sudando, non solo per il caldo. Le bastava adagiare appena la mano sulla fronte, per ritrovarsi qualche istante dopo il palmo della mano sudicio.

Aveva guardato più volte in direzione della porta, ma non poteva assolutamente sgattaiolare via. Avrebbe peccato di presunzione se si fosse ostinata a credere che sarebbe riuscita nel suo intento: correre via insieme al vento, sotto il calore cocente del sole. Avrebbe rischiato un'insolazione, pur di rimanere accanto al fratello e buttare all'aria la sua carriera. Ma Porter non era mai stata insensata o impulsiva, doveva anche pensare al suo futuro e lei moriva dalla voglia di far abbassare la cresta a quel gruppo di palloni gonfiati che dirigevano la gazzetta del Profeta. Voleva a tutti i costi diventare una giornalista. Doveva solo cercare di ottenere abbastanza G.U.F.O. e altrettanti M.A.G.O. Sei in totale, o come minimo, almeno. Suo fratello ne aveva solo cinque, perché lei avrebbe dovuto scegliere una materia in più? Era alquanto fiduciosa nelle sue capacità, in fondo.

Alle calze spesse e di lana, si aggiunse il pesante mantello di ciniglia che il fratello le aveva adagiato sulle spalle. Adesso sì che stava sudando copiosamente. Senza farsi vedere, raggomitolò le calze all'altezza delle sue caviglie, scoprendo un bel pezzo di gamba. Se suo fratello se ne fosse accorto... ecco, altro che rimproveri da parte sua. Come minimo le avrebbe comprato un paio di calze almeno di trenta centimetri più lunghe.
«Non mi dirai che devo indossare anche il cappuccio...» inarcò un sopracciglio, fissando nervosamente il soffitto.
«Se non c'è troppo sole là fuori...»
«Ho messo la crema solare, fratellone.» Sospirò per l'ennesima volta la ragazza, visibilmente infastidita.
«Oh, allora in questo caso... non è necessario. Credo.»

Credi? Sembro un babbo natale a settembre! Hai sbagliato stagione!
Suo fratello stava per sicuramente per dire: «Hm, magari è meglio...»
Lo aveva bloccato sul dirsi, con un'occhiataccia che lo costrinse a indietreggiare di mezza suola.

Con un sorrisetto orgoglioso, le prese il piccolo faccino con entrambe le mani e le stampò un energico bacio sulla guancia, lasciandole sulla pelle un bel po' di saliva, che lei non perse tempo a pulire con la manica.

«Pronta?»
«Pronta.» Sospirò senza entusiasmo.
I suoi bagagli erano già stati spediti, a detta di Silente. Li avrebbe trovati già nel castello, come al primo anno.

«Bene! Fai attenzione mi raccomando a-»
«Alle lezioni» iniziò lei come ogni anno. Erano sempre le stesse parole, che ormai conosceva a memoria «Fai attenzione a non infrangere alcuna regola - come se mi addentrassi di notte... uhm, non so, nella "foresta proibita"? - a non prendere il sole.»
«E...»
«Ai gufi, sì, lo so. Che devo risponderti.»
Lysander le accennò un sorriso soddisfatto, l'aveva educata proprio bene.
«Bene. Hai dimenticato qualcosa.»
«Uffa! Sì, che mi vuoi bene.» Gli diede una spallata «Io no, però, quando fai il bigotto! Non ti voglio bene.»
«Hm hm, sempre la solita testarda!» La avvolse con forza a sé, e la ragazzina ricambiò tristemente l'abbraccio.
Lo sentì gemere di fastidio, forse per i dolori che stavano iniziando ad attanagliargli il corpo. Era sempre così, ogni mese, come se la sua malattia volesse ricordargli che di lì a poco si sarebbe manifestata in tutta la sua potenza. Odiava che non ci fosse lei al suo posto. Lei sarebbe riuscita a sopportarlo, non come suo fratello.
«Anche io ti voglio bene.» Singhiozzò lei, per il quinto anno di seguito.
Lysander, ovviamente, non ne aveva alcun dubbio.
«Lo so.» Ridacchiò, scompigliandole i capelli e facendola arrossire, questa volta visibilmente.

Provava un po' vergogna di essere trattata come una bambina davanti a tutti, anche nell'intimo, a dir la verità. Ma avrebbe fatto questo piccolo sacrificio per il suo migliore amico, il suo mentore.
Fu lui a separarsi dall'abbraccio, che sarebbe potuto durare in eterno per la ragazzina.

«Mi scriverai?»

Sempre quella domanda!
«Certo che no, stupido!» Sollevò maliziosa il naso.
«Non importa. Una ogni tanto...»
«Seh... e me le rifornisci tu le pergamene?» Inarcò un sopracciglio «Avrei bisogno di un baule solo per questo!»
«Ah ah.»
«Tu non vali tutti questi geloni.» Gli diede una spallata.
«Grazie.»

La recluta, rassegnato, sollevò per l'ennesima volta gli occhi al cielo, ignorando il sorrisetto di scherno che le pizzicava le orecchie.
«Sei proprio una piccola-»
«Lo so bene, un pixie.»
«Non era un complimento...»
«Hm... so anche questo!» Disse orgogliosa, voltandosi nella direzione degli altri maghi nella stanza.

Sarebbe andata ad Hogwarts con il professor Silente, quasi quasi stentava a crederlo! Margaret sarebbe impazzita, se l'avesse vista varcare la sala grande al seguito di Albus Silente, il mago che ammirava più di tutti. Il suo idolo era in quella stessa stanza, invece, e lanciava occhiatine timide al capo di suo fratello. Quei due... aveva sempre saputo che c'era sempre stato qualcosa di più, dallo stesso giorno in cui aveva varcato la soglia di casa Scamander perché il fratello consegnasse una letterina da parte della strega bruna. Tina sembrava sugli attenti, poiché non distoglieva lo sguardo dal suo professore, ogni volta che diceva qualcosa al tassorosso.
«È il caso di salutare tutti, non credi?»

Non c'è bisogno che tu me lo dica, borbottò infastidita la quindicenne fra sé e sé.

«Ovviamente.»
Fece un passo avanti verso il pasticcere, che sembrava, come al solito, attento alle esigenze della moglie. L'ombra di tristezza che aveva intravisto sul suo viso era quasi del tutto scomparsa, lasciando il posto a un sorrisetto allegro e cordiale. Non avrebbe mai immaginato che quel babbano avesse combattuto durante la guerra, in trincea. Per un attimo si era sentita spenta, ma subito dopo si era accorta quanto fosse forte e coraggioso, nonostante non fosse un mago ma un uomo qualunque. Un fiero grifondoro, a suo parere.
«La ringrazio, signor Kawasaki, per la sua compagnia e per i suoi dolci.» Gli strinse la mano, resistendo all'impulso di soffocarlo con un abbraccio.

Profumava di panna cotta e vaniglia, la sua combinazione preferita. Lo stesso odore tipico di Mielandia, non caratterizzato però da quel retro odore acidulo.
Ma lui la ignorò, e la strinse a sé in un abbraccio, scompigliandole i capelli bonariamente. Si ritrovò ben presto un sacchetto di carta in mano, con circa una decina di snasi al suo interno.

«Per la colazione di domani.» Le fece l'occhiolino.
Era davvero tanta roba... ma lei sapeva certamente dove metterla.
«Devi crescere, no?»
«Wow... Grazie!» Aveva spalancato gli occhi incredula.
Erano così dolci e carini con lei. Voleva loro un gran bene, nonostante li conoscesse quasi tutti da poco più di un giorno.

«Obbligherò mio fratello a spedirmi i suoi dolci!» Annuì comicamente «Promesso!»
E Jacob ridacchiò entusiasta.

«Per te sono gratis. Non è così, amore?»
E di nuovo le si sciolse il cuore nel petto, succedeva ogni qualvolta quel pasticcere si rivolgeva alla moglie con tanto affetto.

"Amore, piccola, bambina, tesoro, e..." tanti nomignoli che, se glieli avessero rivolti a lei, l'avrebbero fatta arrossire.

Erano così dolci, perfetti per stare insieme.
«Ma certo!» Le sorrise la legilimens, dandole un bacio sulla guancia e facendole l'occhiolino.

«Le farò un po' di pubblicità ad Hogwarts!» Dichiarò, con un sorrisetto furbetto.
«Ah, non è necessario!» Le fece un cenno di noncuranza, iniziando ad arrossire visibilmente, il che fece ridere la ragazzina, che decise di avvolgerlo in un altro abbraccio da far rompere le ossa.

«Suo marito è tanto caro, Signora Kowalski. Tienitelo stretto, Queenie!»
«Oh sì!»
«E... tanti auguri per il piccolo...»
«La PICCOLA.» La corresse prontamente Tina, orgogliosa, facendo ridacchiare la ragazzina.

La legilimens e la streghetta si scambiarono un altro sorrisetto e, ridacchiando all'unisono, si strinsero in un abbraccio, Queenie un po' più faticosamente, Filemina cercando di non urlarla e stringerla troppo, anche se vi erano almeno quindici centimetri alla vita che le separava. Aveva un sorriso così dolce, come quello di sua sorella, Tina, ma il suo era un po' più rassicurante e, forse, un po' meno materno. Era una ragazza d'oro anche lei, a giudicare dall'interesse che dimostrava verso i membri del gruppo, una mediatrice, in un certo senso. Le sue risatine alleggerivano l'atmosfera, anche se piuttosto tesa dai recenti avvenimenti. A volte, come il marito, sembrava dimenticare dove si trovasse, un po' persa fra le nuvole e le dolci prospettive che riservava al piccolo che custodiva in grembo.

Era contenta di averla conosciuta, la prima legilimens in vita sua, che si interessava - seppur in maniera quasi morbosa - ai suoi pensieri. A lei piaceva, nonostante avesse quel che di irritante.
«Sono così contenta di averti conosciuta, anch'io, bellezza!»

«Oh, anch'io!» Le fece eco l'auror francese stringendole eloquentemente la mano.
Con lui aveva scambiato sì e no mezza parola. Ma, nonostante tutto, sembrava un mago a modo e molto fedele agli amici di suo fratello. Un purosangue francese con una profonda tristezza celata negli occhi. Chissà perchè si era unito alla causa. Lui che sembrava possedere tutto. Gli strinse la mano e gli accennò un sorrisetto timido, ringraziandolo per averle insegnato - seppur passivamente - quel piacevole accento francese.

«Beh...»

E poi vi era lui: l'auror speciale.

Era addirittura più bello di suo fratello, Newt, il magizoologo che ammirava alla follia. Con quei capelli bruni e leggermente mossi che gli incorniciavano al massimo le orecchie, quel sorrisetto sghembo sempre disposto a deridere bonariamente il fratello. Dietro quel suo umorismo spiccato, sapeva nascondere la sagoma di un uomo che stava ancora cercando di rimettere insieme i pezzi.

Aveva sentito parlare, seppur brevemente, di quella sua fidanzata, una certa Leta Lestrenge, che, a detta di Newt, si era sacrificata per proteggerli entrambi. Aveva intravisto Tina sbuffare quando Newt aveva pronunciato il nome della ragazza e divenire incredibilmente seria, come se si fosse pentita di quel suo atteggiamento poco umile e irresponsabile. Forse anche New doveva essere stato molto innamorato di lei, come suo fratello. Quegli occhi avevano vissuto esperienze che un uomo normale non avrebbe mai neanche dovuto intravedere.

I fratelli Scamander... entrambi sembravano ancora alla ricerca di quella parte di se stessi che ancora non aveva avuto occasione di conoscere. Erano entrambi interessanti, l'uno opposto all'altro, soprattutto fisicamente. Aveva avuto la fortuna di conoscerli, seppur per pochissimi giorni.
«Signor Scamander! Cerchi di essere un po' meno speciale!» Gli fece l'occhiolino ridacchiando.
Intravide l'insegnante di Ilvermorny, una scuola che aveva avuto occasione di intravedere da lontano ridacchiare e incrociare lo sguardo del diretto interessato, e anche lei si lasciò scappare un sorrisetto velato.
«Ci proverò!» Ricambiò il pugno teso nella sua direzione.

Avrebbe tanto voluto dargli un buffetto sulle guance per tentare di scorgere un sorriso! Non che non ne fosse capace, ma... a volte le sembrava un po' troppo forzato!

Eulalie e Theseus Scamander. Sembravano in sintonia, insieme, come se si conoscessero da una vita. Lei non poteva saperlo, considerando che li aveva conosciuti da poco. Qualunque occhio attento avrebbe sicuramente scorto la loro - se così si poteva definire - amicizia. Vi era del tenero tra loro. La stessa tenerezza che aveva scorto in un'altra coppia, tutt'altro che definita, in quel gruppetto un po' sgangherato.

Sarebbero stati loro a salvare il mondo?

A prima vista, Filemina ne dubitava, nonostante avessero tutte le doti necessarie per divenire grandi. Poteva già sentire l'assenza di quelle figure nella sua mente. Filemina tendeva spesso ad affezionarsi a tutti, consapevole che le sarebbero tremendamente mancati.
Le battutine tremendamente ironiche di entrambi le sarebbero tanto mancate! Soprattutto quelle di Eulalie. Avrebbe tanto desiderato avere un 'insegnante come lei! Non che la Mcgranitt o Silente non fossero all'altezza ma... aveva appreso tantissimo con lei in poche ore di viaggio, che in mezzo trimestre con il suo professore di incantesimi. Poteva, tra l'altro, riferirsi a lei per nome, cosa che, ovviamente, non si sarebbe mai ostinata a fare con la Mcgranitt!

Tutti tremendamente diversi, chi con folte chiome e ricci, chi lisci e corti, alcuni di loro erano così alti! Altri un po' più bassi e tarchiati! Tutti, però, con la speranza negli occhi e un grande bisogno di dormire la notte.
«Mi raccomando a te, ragazzina!»
«Eccellerò in incantesimi, professoressa!» Le diede la sua parola.
Non che Lally ne dubitasse minimamente.
«Sei capace di grandi cose, piccola Fil. Divertiti!» La strinse a sé in un abbraccio, e la ragazzina ne memorizzò - o almeno tentò di farlo, ben consapevole che la mente umana memorizzava tutte le sensazioni, tranne che gli odori ( lo aveva letto in una rivista babbana ) - il suo odore: cannella e pergamene, odore di chiuso.

Era o non era, forse, un topo da biblioteca che, di tanto in tanto, viaggiava per salvare il mondo?

La pelle bruna le rimetteva in risalto le gemme incastonate perfettamente nel suo viso ovale. Era anche lei molto carina, come i quattro gioielli del gruppo.
Quattro donne, di cui un'auror, una legilimens, un'insegnante e una dolcissima magizoologa, come lei, con una leggera - nel suo caso, forse, non così leggera - cotta per l'autore di "animali fantastici e dove trovarli".
«Non farti mettere in punizione!»
«Non di certo!» Ridacchiò lei, portandosi una mano alla bocca, facendole cenno di voler mantenere la segretezza.

Le aveva insegnato alcuni banali incantesimi di difesa, come "incarceramus", con il quale aveva già pianificato di nascondere gli scocciatori in qualche sgabuzzino - magari legati ai manici delle scope, sui quali amavano molto pavoneggiarsi, a differenza sua - e il caro e immancabile "cunfundus". Quante cose avrebbe potuto fare combinando insieme quei due incantesimi che, seppur fossero non del tutto accettabili, erano innocui e perfetti come "incantesimi di difesa".

Per Lysander, la piccola Fil non esisteva più. Al suo posto si ergeva fieramente la figura di una ragazzetta che, ben presto, avrebbe fatto tanta strada nella vita e nel mondo del giornalismo.

Lui e Fil... quante cose avrebbero potuto affrontare insieme!

Non voleva pensarci, non ancora. Se lo avesse fatto, probabilmente non sarebbe riuscito a nascondere le lacrime, nonostante la pelle pallida che gli accarezzava le ossa.

Si sciolse fra le braccia dell'assistente del suo mago preferito. Avrebbe tanto voluto dirle che non ne valeva la pena, di trovarsi qualcun altro con cui realizzare il sogno inconscio di creare una famiglia, ma non poteva far altro che sorriderle in silenzio, soprattutto dinanzi a quel sorrisetto timido e introverso che le accarezzava le labbra.
Avrebbe tenuto al sicuro le creature del suo mentore, ne era certa, soprattutto a giudicare della riverenza con la quale sembrava riferirsi a loro. Le aveva insegnato come proteggersi e parlare a un avvincino e come evitare la piovra gigante che dominava le acque del lago nero, dove era solita andare nei pomeriggi meno impegnativi.

Aveva salutato quasi tutti: Jacob, Queenie, Eulalie, Theseus, suo fratello - che avrebbe dovuto salutare per la seconda volta - , l'assistente del suo eroe, il mago francese.
Mancavano solo due persone all'appello, alle quali avrebbe dovuto fare un piccolo appunto necessario: la ragazza in carriera e il magizoologo più grande di tutti i tempi.

Si avvicinò timidamente a Tina, alla dolcissima auror che avrebbe tanto desiderato avere come sorella. Lei la stava guardando con la stessa timidezza dipinta negli occhi e un sorrisetto tenero stampato sulle labbra.
«Ciao, scricciolo
Filemina ridacchiò quando, rigida come sempre, le allungò la mano perchè lei potesse stringerla. Stranamente non le dava fastidio nel sentirsi appellare in quel modo, era come se la facesse sentire un po' più grande della sua età, nonostante il nomignolo affettuoso.
«Non mi dai un abbraccio?»
«Sì» Mormorò sussurrando la trentenne, facendo un passo avanti per avvolgerla fra le braccia.

Tina poteva quasi sentirla tremare contro il suo petto, e si lasciò scappare una risatina divertita e intenerita.
«Sono così felice di averla conosciuta, signorina Goldstein. Più degli altri.» Mormorò con il viso nascosto contro il suo petto.
Si asciugò gli occhi contro il colletto della sua camicia, macchiato inconfondibilmente di caffè - a giudicare del forte aroma che riusciva a percepire soltanto poggiando il naso sul tessuto bianco.

«Anche io sono lieta di aver fatto la tua conoscenza. Posso scriverti ogni tanto?»
«Sempre!» Dichiarò lei decisa, allontanandosi dalla sua stretta, con un mezzo sorrisetto.
Scoppiarono a ridere quando Lysander si lasciò sfuggire un'imprecazione.
Perchè lei sì e io no, nonostante sia tuo fratello?

«Sì. Lei... si prenderà cura di lui, vero?»
«Sì. Ovviamente.» Le accarezzò la guancia «Non permetterò gli accada nulla di male.»
«Me lo promette?»
«Te lo prometto. Ti dò la mia parola da auror.» Le accarezzò la guancia.

Le si scaldò il cuore quando il sorriso riprese a risplendere sulle sue labbra, rincuorata dalla promessa. Suo fratello era tutto per lei, Tina poteva capirla, in fondo. Per anni era sempre vissuta con la responsabilità di una sorella che, come Filemina, cercava a sua volta di comportarsi come una sorella maggiore.

«Può prenderlo a calci quando vuole!»
«Lo so!»
«Hey!!»
«Meglio lei che qualcun altro, fratellino! Smettila di avere la luna storta!» Gli diede una spallata, lanciando un'occhiata rapida al suo capo, che annuì, cogliendo in quella frase detta senza malizia, il doppio senso di quella affermazione: faccia attenzione a questo periodo del mese, quando fatica a controllare se stesso.

Non voleva che gli altri ne fossero al corrente. Newt Scamander, forse, se ne era accorto, avendo parecchie esperienze con creature di gran lunga peggiori di suo fratello. Lui li aveva studiati, come aveva studiate tutte le altre bestie che teneva nella valigia. Suo fratello era una bestia. Ma Newt sembrava così gentile, era una persona buona.

Lui portava riverenza anche ai billywig, e lo avrebbe fatto anche con suo fratello. Forse avrebbe tentato anche lui di proteggerlo, come Tina le aveva promesso. Si avvicinò al magizoologo che, nel frattempo, si fissava nervosamente la punta delle scarpe, scarlatto ogni qualvolta suo fratello sghignazzava e mormorava qualche parola sul suo conto.

«Grazie per l'autografo, Newt.» Inventò una scusa per avvicinarsi un po' di più a lui, alzandosi in punta di piedi e strattonandolo verso il basso per i capelli per stampargli un bacio su una lentiggine sulla guancia. Era ben consapevole che, in quel punto dove le sue labbra lo avevano sfiorato, sarebbe apparso un lieve rossore.

«Di nulla!» Balbettò lui, paonazzo, lanciando un rapido sguardo verso la sua frangetta color pervinca.
Fece per allontanarsi quando la ragazzina lo bloccò per il polso e gli fece cenno di piegarsi alla sua altezza.
«Signor Scamander...» gli scostò un ciuffo ribelle dall'orecchio.
Si guardò intorno, evitando che gli altri potessero essere troppo vicini, infine si rivolse nuovamente a lui.

«Un consiglio da donna...»

Aveva un buon odore, di muschio, miele e pioggia, da certa, a Tina piaceva da impazzire - a giudicare di come cercava di coglierlo senza farsi vedere. Lo sentì tremare, e lei ridacchiò fra sé e sé. Forse ci avrebbe pensato per un po'. Proprio quel che lei voleva.
«Non ci pensi troppo, come dice spesso suo fratello. Se non vuole che qualcuno la prende al posto suo, cerchi di dichiararsi. La suaTina non aspetta altro.»
E, con un colpo energico del capo, gli voltò le spalle, sentendo dietro di sé la legilimens che ridacchiava, seguita a ruota dal fratello del magizoologo. Tina, invece, si guardava in giro confusa, cercando di capire perchè quei due si stessero sbellicando senza un motivo apparente.

«Bene.» Proferì Silente, che era rimasta in silenzio tutto il tempo a osservarli «Siamo pronti?»
«Prontissima, professore!»
«Benissimo, allora! Ah, ehm, Professoressa Hicks!» si rivolse alla collega «A breve le invierò un tuo, quando ne saprò di più!»
La donna annuì e gli strinse la mano, cordiale.
«Aspetterò.»

Sempre che il gufo non si fosse perso per strada...

Filemina si affrettò ad abbracciare il fratello, che le raccomandò all'orecchio di tenere per sé ciò che aveva appena appreso sulle maschere: una ragazzina non sarebbe mai dovuta essere a conoscenza di informazioni tanto riservate.
Solo tre mesi alle vacanze di natale. Solo tre mesi, durate i quali sarebbe rimasta lontana da tuo fratello.
«Torno a prenderti a natale, te lo prometto.» Purtroppo non aveva sentito pronunciare le parole che ogni anno le rendeva meno insopportabile il trimestre.

Silente la scortò con un braccio poggiato sulla spalla verso la porta, voltandosi appena a fissare il capo del dipartimento auror che sembrava avere troppi grilli per la testa.

«Faccia attenzione, signorina Goldstein. Ricordi che non esiste una sola strada da percorrere: se si perde, può sempre imboccare un sentiero.»

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