Capitolo 21. Terzo Passo.

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I due si guardarono indietro, e per l'ultima volta osservarono quel luogo grigio, di sofferenza, di ingiustizie e di torture. Nate non riusciva a crederci. Era libero.
Era da veramente troppo tempo che bramava la libertà, e ora che poteva respirarla, toccarla, voleva anche viverla.  Ma questo ancora non era possibile.

-Saremo pure liberi, ma non siamo comunque al sicuro.- disse Ernest come se avesse letto nel pensiero Nate. Tirò fuori una mappa dallo zaino, la dispiegò e indicò un punto sulla carta.
-E' qui che dobbiamo arrivare, è la città svizzera più vicina a dove ci troviamo noi.-

-Sciaffusa?- chiese Nate.

-Esatto.-

-Quanto ci vorrà?-

-Normalmente dai 9 ai 10 giorni di cammino, di più se ci fermiamo la notte. Ma noi dobbiamo passare per le vie più nascoste e impervie, ci metteremo almeno il doppio del tempo.-

Nate comprese che non sarebbe stato facile. Quello che era l'ultimo passo verso la salvezza era in realtà il più lungo e faticoso. La Svizzera era tutt'altro che vicina. 

 -Prendi lo zaino ora. Meglio sparire da qui velocemente!-
Ordinò Ernest. 

I due si alzarono e fecero per incamminarsi. Qualcosa però bloccò Nate. Avvertì uno strano pizzicore scorrere lungo il suo polpaccio sinistro. 
Anche Ernest si fermò di colpo, qualcosa non andava.
Con un gesto rapido si scoprì la gamba destra e la tastò con la mano, per capire di cosa si trattasse. Nate, istintivamente, lo imitò. 

-Anche a te fa male la gamba?- chiese Ernest.

-Sì.- disse Nate - Devo aver preso una piccola scossa, anche se non so in che modo. Ho dolore solo alla gamba però. Tu stai bene?-

-Stessa cosa. Questo ci rallenterà ulteriormente.- sbuffò Ernest.

-Il fatto che non ce ne siamo resi conto subito significa che non è un ustione grave. Saremo comunque in grado di camminare.- affermò Nate.  

-Sì, è molto strano che entrambi siamo rimasti colpiti nello stesso punto. Dobbiamo sbrigarci in ogni caso. Forza, andiamo.- 

Ernest e Nate, con un passo più lento di quello che avrebbero voluto tenere, si inoltrarono nel bosco che, secondo la mappa, si estendeva per parecchi chilometri.
Le ustioni procuravano loro un dolore fastidioso. Nate però, si era abituato a camminare con fastidi e dolori più grandi, poteva fare anche questo. In quanto a Ernest, era tenace, non si sarebbe mai fermato per così poco. 

-Dobbiamo allontanarci il più possibile prima che sorga il sole. Ci metteranno un po' a capire che stavolta nessun detenuto è uscito e che quello che manca all'appello sono io, quando se ne accorgeranno, capiranno che la tua scomparsa e la mia sono collegate. Faranno uscire delle truppe a cercarci.-

-Quante possibilità abbiamo di scampare ai segugi?- chiese Nate.

-Non c'è più nessun segugio.- rispose Ernest in tono beffardo.-O almeno, non quelli buoni. Le squadre di ricerca uscite tre giorni fa hanno portato i cani migliori con loro per cercarti, ma non sono ancora rientrate, probabilmente ora sono veramente lontani da qui.-

Nate ne fu sollevato. -Ma manderanno comunque qualcuno a cercarci!-

-Vero, ma tre giorni fa sono partiti moltissimi uomini, il campo non si priverà di altre SS, usciranno in pochi stavolta.-

A Nate sembrò sfuggirgli qualcosa. Non riusciva a capire il perché dessero tanta importanza ad una persona che prima di evadere non era nient'altro che un insignificante numero tra i tanti.
-Perché tre giorni fa sono stati mobilitati così tanti uomini per trovarmi? Dopotutto sono solo un insignificante detenuto per loro.-

-Ti sbagli, tu ora per loro sei un testimone. Se impiegano così tante forze nella ricerca è perché ci tengono a mantenere il segreto della barbarie compiute all'interno del lager. Non vogliono che la voce si diffonda. Se le forze avversarie lo venissero a sapere le conseguenze sarebbero catastrofiche per il Terzo Reich.-

-Ora capisco.- disse Nate. In effetti prima di arrivare al campo di Buchenwald non aveva idea di cosa si trattasse.

Camminarono per ore e ore, avevano percorso tutto il bosco ed ora erano arrivati in cima ad un promontorio.
Le prime luci cominciavano a colorare il mondo attorno a loro, ma il cielo rimaneva opaco, ricoperto da un leggero strato di nuvole biancastre.
Cominciò a nevicare.

Ernest si bloccò, allungò un braccio in avanti e aprì la mano per riuscire a catturare qualche fiocco di neve.

Nate lo guardò con stupore.
-Sta nevicando!- esclamò con meraviglia. -Sai che significa? Le nostre tracce verranno cancellate dalla neve!-

Nate sorrise. Portò gli occhi al cielo, per poi abbassarli verso il campo di concentramento, che ora, in lontananza, pareva essere un innocua grande fabbrica come tutte le altre sparse nei dintorni.

-Dobbiamo mettere qualcosa sotto i denti, fermiamoci lì.-
Ernest condusse Nate sotto una grande quercia, dove, seduti uno di fronte all'altro, consumarono una pagnotta a testa.

Nate non vedeva l'ora di risposarsi. Per lui quella camminata era stata uno sforzo immane. Ora aveva poche energie e aveva davvero bisogno di cibo.

Ernest trovò che che Nate, con ancora indosso una delle sue uniformi e i suoi scarponi, sembrasse una vera SS.
-Sembri più tedesco di me vestito così.- scherzò Ernest cercando di alleggerire la tensione.

-Non so se prenderla come un'offesa.-

Ernest rise. -Non tutti i tedeschi sono cattivi.-

-Sicuro? Secondo me sei l'unico buono invece.- lo punzecchiò Nate.

Lo sguardo di Ernest si incupí d'improvviso.
-Anche Kraus era un uomo buono. Non meritava quella fine.-

-Hai fatto ciò che ritenevi giusto fare.- rispose Nate.

-Molte SS non sanno quello che fanno, Nate. Eseguono gli ordini come se fossero macchine. E le macchine non hanno sentimenti, non sono capaci di provare empatia. Per loro non c'è molta differenza tra l'ordine di pelare patate per il loro capo e l'ordine di uccidere una persona. Un ordine è un ordine, e indipendente da cosa comporti, deve essere eseguito.-

-È una cosa terribile.- osservò Nate.

-Siamo stati addestrati per questo. Quando mi hai detto che saresti passato prima tu attraverso la rete in modo tale da potermi salvare, non ho avuto solamente paura di perdere te, ma anche di perdere me stesso.-

-Che cosa vuoi dire?-

- Sei tu che hai mantenuto viva la mia umanità lungo tutto questo tempo.  Senza di te lì dentro sarei diventato una macchina come tutti gli altri.-

-Non potresti mai diventare così.- rispose.
Nate si girò e si sistemò tra le gambe di Ernest, con la schiena poggiata sul suo petto.
Ernest lo avvolse con le sue braccia.

-So che stai pensando che avrei potuto scegliere chiunque là dentro per portarlo in salvo.- bisbigliò Ernest all'orecchio di Nate.

Era vero. Nate aveva fatto questo pensiero, ma non gli era piaciuto per niente e l'aveva scacciato subito via.

-La verità è che tu hai fatto qualcosa che che nessun altro sarebbe riuscito a fare. Tu hai salvato me. Sì, mi hai fatto rinsavire. Se non ti avessi incontrato al casolare la prima volta, oggi sarei una persona diversa, sarei come tutte le altre SS che imparano ad eseguire gli ordini per non essere rimproverati e ricevere botte. Quando ti ho parlato tu mi hai ascoltato come mai nessun detenuto avrebbe mai fatto, e ti sei addirittura preoccupato per me. Questo mi ha sorpreso e non poco. Da lì ho deciso che avrei smesso di dare il mio contributo a questa guerra, e che non avrei mai smesso di provare compassione per il prossimo, a costo di rimetterci ancora.-

Nate si sciolse dinanzi a quelle parole, sollevò il viso per cercare il suo sguardo. Lo trovò. Gli occhi blu di Ernest  riflettevano il candore della neve apparendo ancora più luminosi. Nate posò le sue labbra fredde sulle sue e lo baciò.

-Tu non meriti questa guerra. Hai un cuore troppo grande. Non avresti mai potuto diventare una macchina della morte.- Nate si sentì in dovere di ribadirlo.

-Nessuno merita questa guerra. Se avessi potuto avrei tirato tutti quanti fuori di lì.-
I suoi occhi si spensero e si ingrigirono di nuovo.

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Ciao a tutti e Buone feste❣️🌠✨🎄
Considerate questo capitolo come il mio regalo di Natale per voi😏 Alla prossima 💕













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