Capitolo 26.

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-Sei sicuro che passando di qui arriveremo prima?- chiese Nate.

-Non so, forse.- rispose Ernest titubante guardando la cartina ormai sgualcita dall'utilizzo smodato che ne avevano fatto.

-Forse è meglio andare a dare un'occhiata. Tu vai avanti, io mi arrampicherò in uno degli alberi più alti e cercherò di capire dove siamo.-  disse Nate.

Ernest proseguì da solo per esplorare la zona, mentre Nate andò alla ricerca di un albero che fosse alto e allo stesso tempo semplice da scalare. Avevano già attuato questa strategia prima.

Ernest camminò distrattamente con lo sguardo fisso sulla cartina, tenendo poca attenzione al sentiero in salita che stava percorrendo, e per questo inciampò diverse volte.

Raggiunse un piccolo altopiano, da dove poteva riuscire a vedere per quanti metri ancora si estendeva la valle. Da lì, con la cartina alla mano, cercò di studiare la via più vicina per raggiungere la Svizzera, il che richiese più tempo del previsto.
Dopo circa mezzora, Ernest sentì dei passi muoversi verso di lui. Nate era tornato e lo aveva raggiunto.
Ernest si voltò.

-Hai trovato la strada Na..- si interruppe. Non si trattava di Nate. Rimase pietrificato.

Tre uomini con un uniforme verde molto simile alla sua si piazzarono di fronte a lui con aria minacciosa.

Tutti e tre gli puntarono la loro arma contro, e cominciarono a muoversi intorno a lui per circondarlo.

-Ernest Herb. Finalmente.- disse il soldato che gli si era piazzato di fronte, guardandolo con disprezzo.   -Ti faremmo volentieri fuori adesso...- disse, assumendo un tono di voce che esprimeva ancora più sdegno. Il secondo soldato, al suo fianco destro, gli sputò addosso.
-...ma tuo padre vuole vederti prima.- continuò quello di fronte.

Ernest rimase immobile. Lo avevano trovato. Ma come? Come avevano fatto?
Suo padre era davvero lì a dargli la caccia?
Si guardò intorno, cercando di escogitare un modo per salvarsi. Ma era circondato, con tre pistole puntate addosso. Come avrebbe potuto trovare una scappatoia? Lanciava occhiate di avversione a tutti e tre i soldati, con l'aria di uno che non è disposto a collaborare. Ma sapeva che lo avrebbero portato da suo padre anche con la forza.

-Forza, perquisitelo.- ordinò uno.
I due soldati, posti uno al fianco destro e l'altro alle spalle di Ernest, si mossero verso di lui. Qualcosa tuonò improvvisamente dall'alto, e un soldato cadde al suolo. Dopo pochi millesimi di secondo, un altro boato, e anche il secondo stramazzò a terra.
Ernest approfittò dell'attoniménto del terzo per avvolgergli il braccio attorno al collo e puntargli la pistola in testa.

-Ernest! Stai bene? Sei ferito?- una voce allarmata catturò l'attenzione di Ernest e del soldato. Nate stava scendendo dall'albero.

Ernest non rispose, sparò un colpo al soldato, puntando alla mano. Il soldato cadde a terra urlando di dolore. Ernest gli si sedette sopra per bloccarlo, e gli tappó la bocca con una mano.
-Dove sono gli altri? In che direzione si trovano? Ti conviene rispondere o perderai anche l'altra mano.-

Il soldato non rispose.
Un altro sparo colpì l'altra mano del soldato.

Ernest ripeté la domanda ma ancora nessuna risposta. Il soldato sapeva che sarebbe morto in ogni caso. I suoi occhi però lo tradirono, continuava a guardare compulsivamente verso destra, come se da lì dovesse provenire la sua salvezza. Ernest lo colse, gli sparò un ultimo colpo in testa, uccidendolo.

-Sei ferito?- chiese ancora Nate.

- No sto bene, pensavo di essere spacciato. Credevo di averti lasciato più lontano!-

-Infatti è così, poi ho visto tre soldati spostarsi verso la tua direzione e ho capito che dovevo avanzare. Se non fossi stato così vicino non gli avrei mai colpiti.- disse Nate con la pistola alla mano, che ora tremava.-

-Grazie, mi hai salvato- lo abbracciò forte. -Ma dobbiamo spostarci da qui, ne arriveranno altri da quella direzione- disse Ernest sciogliendo l'abbraccio.

-Dobbiamo scappare da questa parte.-

Improvvisamente sentirono una specie di ronzio che si faceva sempre più forte e somigliava sempre più al suono di un motore.

I due compagni cominciarono a correre come mai avevano fatto prima. Dovevano raggiungere il confine prima dei loro nemici.

-Uccidendo quei tre abbiamo preso un po' di tempo. Ma avranno sentito gli spari!- ansimò Ernest. -Abbiamo dato informazioni sulla nostra posizione.-

-Hanno una macchina! Anche se corriamo non ce la faremo mai. Loro sono più veloci.- osservò Nate.

Ernest si fermò di colpo.

-Cosa stai facendo? Dobbiamo sbrigarci!-

-Ho un piano.- disse Ernest, cercando di recuperare fiato. Si tolse lo zaino, prese le armi e le buttò a terra. Poi tirò fuori uno strano involucro e lo portò in tasca.
-Forza, nascondiamoci lì dietro, passeranno sicuramente di qui. È l'unica parte abbastanza larga per far passare una macchina.-

-E dopo cosa faremo? Ci troveranno! E come faremo senza armi?-  Nate lo seguì ma continuò a fare domande. Non capiva cosa Ernest aveva in mente.

-Tieni la tua pistola. Io terrò la mia. Le armi sono una trappola, si fermeranno per prenderle, non le lascerebbero mai lì. In quel momento tireremo questa.- Ernest tirò fuori lo strano involucro che nascondeva un'arma letale.
-Ti devi fidare di me.- concluse.

-Quella è una granata?- disse stupito Nate. -Da dove l'hai presa?-

-Ti avevo detto che prima di partire sono riuscito a intrufolarmi in armeria, non ho preso soltanto pistole e fucili.-

-Aspetteremo qui. E al momento giusto la attiverò. Non abbiamo molte altre chance, continuare a correre e restare esposti è più rischioso. Credimi, avrei voluto evitare di usarla anch'io.-

-Cosa? E per quale motivo?-

-Non ho mai lanciato una granata, Nate. Ho visto come si fa, questo sì, ma non so se sarà tanto potente da coinvolgere anche noi.-

Nate cominciò a preoccuparsi, ad agitarsi.
-Ce l'avevamo quasi fatta, cazzo!-

-Ce la possiamo ancora fare. Non si aspetteranno mai questa mossa da parte nostra. Penseranno che che ci siamo liberati delle armi per alleggerire la corsa.-

-Come è possibile che ci abbiano trovati?- Nate non poté capacitarsene.

-Il diversivo dei tre giorni è stato efficace. Senza quello ci avrebbero scovato subito. Ma la seconda squadra, quella uscita dopo i tre giorni, si è sicuramente messa in contatto con la prima, così facendo hanno unito le forze.-

-Quindi la prima squadra si è spostata da nord verso sud, e hanno capito che era questo l'unico confine dove avrebbero avuto più possibilità di trovarci. Giusto?-

-Esatto. E noi siamo stati troppo lenti. Non siamo riusciti a sfruttare appieno il tempo guadagnato col diversivo.-

Nate prese la mano di Ernest e la strinse forte, come voler contenere attraverso una forte stretta il panico che si stava facendo strada nei loro corpi e nelle loro menti.
Nate tremava, ansimava, voleva porre fine a quell'attesa straziante, snervante. Anche Ernest strinse forte la sua.
Il ronzio del motore era costante, ma non riuscivano a capire quanto fosse lontano.
A momenti speravano di vedere il mezzo arrivare per porre fine all'attesa, e a momenti sperava di non vederlo arrivare mai.

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