Ad un passo da te

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Steve - Foresta di Honolulu

Era stata una trappola, solo una dannata, fottuta, trappola organizzata dai narcotrafficanti a cui io e tutta la mia squadra - i Five 0 - avevamo dato la caccia per quasi tre mesi.

Ma non avevano fatto i conti con me, Steven McGarrett, e nemmeno con la mia versione da Navy Seal super incazzato: soprattutto se qualche pazzo feriva il mio collega.

Quando avevano sparato a Danny, sotto il mio sguardo allarmato e incredulo, ero diventato una furia: non li avevo presi tutti, ma ero riuscito a spedire all'Inferno chi lo aveva ridotto in fin di vita.

«Danny resisti!»

Danny Williams - ovvero il mio braccio destro nella lotta contro il crimine e anche la persona per la quale provavo sentimenti ancora non confessati - aveva tre proiettili nel petto e stava lontanando tra la vita e la morte.

«Ste-ve...» Quel rantolo, seguito dalla debole stretta intorno al mio collo, fu come una bruciatura tra la pelle e il cuore.

«Resisti ho detto!»

Mentre correvo verso l'elicottero della Five 0 - con il suo corpo ferito caricato sulle spalle - avevo iniziato a pregare: non tanto per me, quanto per il mio compagno. Non l'avevo mai fatto, nemmeno nelle situazioni più disperate, ma quella volta c'era in gioco la vita di un'altra persona, non la mia: quella di Danny.

«Steve da questa parte!» Il grido di Kono era arrivato nello stesso istante in cui una pioggia di proiettili aveva ricoperto il terreno e sfiorato i miei passi, sempre più veloci e disperati: avevo una folle voglia di fermarmi e massacrare chiunque ci stesse usando come bersaglio ma, sapevo, che se l'avessi fatto Danny sarebbe morto e non potevo permetterlo.

Ci avrebbe pensato la mia squadra a fermarli: dovevo fidarmi e lasciare che, per una volta, fossero loro a mettere fine a quella sanguinosa imboscata.

Kono, Chin, Joe, Adam, Cat, erano quello che avessi di più simile a una famiglia, per non parlare di Danny: «Stupido idiota! Quando ti ho detto di restare dietro di me, cosa non hai capito?» avevo gridato mentre la salvezza si faceva sempre più vicina. «Non appena ti riprenderai ti prenderò a calci nel sedere! Mi hai sentito Danno?»

Uno scoppio più forte degli altri mi aveva fatto sbilanciare in avanti ma, per fortuna, ero riuscito a restare in piedi: solo due secondi dopo mi ero reso conto di come Joe avesse esploso un missile con il lanciarazzi. Avvolto dal fumo - con la paura segreta di non arrivare in tempo in ospedale per curare il mio compagno - ero quasi scoppiato in lacrime quando Chin e Adam erano saltati giù dall'elicottero per aiutarmi a tirare su Danny.

Solo quando avevo toccato la durezza del pavimento del velivolo e ci eravamo alzati in volo, mi ero concesso un piccolo sospiro di sollievo: sollievo che però era stato brutalmente spazzavo via dal pallore di Danny, stretto tra le mie braccia e quasi del tutto privo di conoscenza.

«Ce la farà Steve, capito? Danny starà bene: stai calmo McGarret.»

L'ordine di Joe, seguito dalla mano impegnata a stringermi la spalla, mi avevano fatto incrociare il suo sguardo sicuro, che conoscevo da una vita: nonostante mi avesse nascosto tante cose di mia madre, Joe White - dopo la morte di mio padre - era sempre stato l'unico punto di riferimento nel caos della mia vita: se non volevo uscire fuori di testa dovevo ascoltarlo, dovevo credergli.

Mentre l'elicottero sfrecciava nel cielo sopra Honolulu - tinto dei colori dell'alba, per salvare la vita a Danny - mille e più immagini di noi due mi avevano invaso la mia mente, spingendomi a stringerlo ancora di più. «Tu non morirai oggi, mi hai sentito Danno? Non succederà perché abbiamo troppe cose in sospeso, chiaro? E poi c'è Grace: come può crescere senza di te? Non ce la farebbe.» gli avevo detto senza smettere di accarezzargli il volto, sporco di sangue e spaventosamente pallido.

«Quanto manca per arrivare?! Non potete andare più veloci?» Sapevo di apparire sconvolto e del tutto fuori controllo, ben lontano dall'immagine che avevo sempre mostrato alla mia squadra, ma sentire il sangue di Danny scivolarmi tra le dita e anche il suo respiro diventare sempre più difficoltoso, mi aveva fatto abbattere ogni barriera.

Ogni volta che avevamo discusso, Danny mi aveva sempre accusato di avere difficoltà nell'esprimere i miei sentimenti, di essere quello che, piuttosto che parlare, preferiva agire da incosciente, farsi sparare e poi riderne come se nulla fosse...

Aveva avuto ragione, certo, ma non aveva mai sospettato di essere diventato l'unica persona per la quale avrei dato la mia stessa vita, se necessario.

«Due minuti e ci siamo Steve, tranquillo.» La voce sfumata di dolcezza di Cat, la mia ex, aveva attraversato la nebulosa dei miei pensieri fino a farmi voltare nella sua direzione.

«Cat... oddio... se Danny dovesse... io non...»

Un paio di mani gentili, ma ferme, si erano posate sulle mie spalle. «Per far sì che vada tutto bene Steve, devi credere che sarà così, ok? Non è il momento di crollare, non ora.»

Le sue parole furono come una secchiata d'acqua gelida in faccia, ma servirono a farmi tornare lucido.

«O-ok.» avevo sussurrato dopo essermi asciugato alcune lacrime dispettose. «Hai sentito Danno? Ce la farai e sai perché sarà così? Perché non puoi diventare un fottuto angelo prima che ti dica quanto ti amo.»

Danny

«Resisti Danny!»

Steve...

«Ce la farà Steve, capito? Danny starà bene: stai calmo McGarret.»

Joe...

«Hai sentito Danno? Ce la farai e sai perché sarà così? Perché non puoi diventare un fottuto angelo prima che ti dica quanto ti amo.»

Ancora Steve...

«Codice rosso! Agente colpito da arma da fuoco! Fateci passare!»

Kono...

Perché mi sembrava di essere stato spinto di sotto dal ventesimo piano di un palazzo e poi investito da un'auto? Provavo un dolore incredibile al centro del petto, per non parlare dello stomaco: anche respirare mi sembrava un'impresa. Nonostante fossi mezzo incosciente, ero consapevole di quanto quella ferita fosse grave...

Avevo dei ricordi confusi e frammentati: le ultime immagini che ricordavo erano la pistola puntata in direzione di Steve, con le mani alzate e del tutto disarmato, l'istinto che mi aveva spinto a fargli da scudo, infine un forte dolore all'altezza del cuore e i suoi occhi azzurri tinti di spavento: nient'altro.

Improvvisamente una strana sensazione di pace si era fatta largo attraverso la mia sofferenza: le cose erano due, o mi era stata data della morfina, per alleviare i dolori e poi operare, oppure stavo morendo.

Quell'ultima ipotesi, per quanto terrificante, avrebbe potuto spiegare la strana - quanto improbabile - dichiarazione d'amore di Steve: in nessun altro caso la parola che iniziava per "A" sarebbe potuta uscire dalle labbra del mio collega.

«Non c'è battito! Passatemi il defibrillatore: ora! Libera!»

Una forte scossa elettrica aveva attraversato il mio corpo, ma non me ne curai: nella mia testa in quel momento c'era spazio solo per il mio Steve.

Steven McGarrett era, per eccellenza, la persona più allergica all'amore sulla faccia della terra: niente e nessuno avrebbe mai potuto farlo cedere a quel sentimento, tanto meno io.

«Ancora! Lo stiamo perdendo!»

Ero cosciente che l'amore che provavo per lui era assolutamente un sentimento a senso unico, così come che non ci sarebbe mai stato nessun "noi": faceva male ma, pur di stargli vicino, avevo accettato la presenza di Cat al suo fianco, e anche tutte le stupide uscite nelle quali Steve mi aveva coinvolto. «Non mi va di lasciarti solo stasera, è la Vigilia di Natale Danno. Tu e Grace venite con noi a mangiare gamberi all'aglio da Kamekona, e non si discute!» oppure «Che vuol dire che domani non pranziamo insieme? Se è per Cat, tranquillo, sarà via questo weekend. Saremo solo io, te e qualche birra da bere davanti all'Oceano. Ti passo a prendere all'una: non farmi aspettare come al solito.»

Avevo davvero accettato tutto, pur sapendo di distruggermi pezzo per pezzo, ma poi Steve mi aveva raggiunto una sera a casa mia.

«Scusa se non ti ho avvisato Danny ma ho bisogno di una spalla amica stasera...» con gli occhi stranamente lucidi. «Posso... posso stare da te stanotte?»

Quella richiesta insolita mi aveva fatto corrugare la fronte ma anche annuire. Solo dopo diverse birre, e aver visto un orrendo film di serie B, Steve si era finalmente aperto «Io e Cat abbiamo chiuso.» senza tuttavia dirmi il motivo della loro rottura.

Sul momento non avevo dato peso ai suoi strani comportamenti e neanche al fatto che, incredibilmente, in un momento imprecisato della notte si fosse avvicinato per abbracciarmi da dietro, proprio contro il suo petto.

Mi ero limitato a godermi il suo calore, la sua presenza e le sue dita intrecciate alle mie. Solo all'ennesimo «Grazie Danno ti voglio bene.» avevo sentito spezzarsi qualcosa dentro: un altro pezzo di cuore rotto per quell'amore senza uscita.

«Danny resisti! Non porterai il culo in Paradiso! Non oggi e non con me!»

La fastidiosa voce di quello che doveva essere il medico che stava cercando di salvarmi, mi strappò con forza alla dalla culla di pace nella quale ero avvolto.

«Sì cazzo!! Abbiamo il battito! Portatelo in sala operatoria immediatamente.»

Quel grido festoso aveva fatto tornare la sensibilità nel mio corpo ma anche tutto il dolore che, per un breve lasso di tempo, sembrava avermi abbandonato.

Mentre venivo spostato con urgenza verso la sala operatoria, una consapevolezza si fece strada in tutto quel caos: amavo Steve, con tutto il cuore, e se fossi sopravvissuto glielo avrei detto.

A ogni costo.

Sedici ore dopo

Lievi e regolari beep stavano riempiendo l'aria, ma non furono loro a svegliarmi, no.

Una stretta calda, ruvida e rassicurante, aveva intrappolato la mia mano destra nel più bel risveglio di sempre. Per alzare le palpebre, e capire dove fossi, impiegai un tempo infinito ma, quando finalmente riuscii a farlo la prima cosa che occupò la mia visuale fu il volto di Steve: seduto di fianco al mio letto - su una sedia troppo piccola per la sua corporatura atletica - aveva la testa piegata da un lato, profonde occhiaie e le gambe allungate davanti a sé. In un attimo, le immagini della sparatoria, invasero la mia mente: non avevo idea di quanto tempo fosse passato da allora, ma vedere Steve in quello stato, parlò al posto suo.

Mi faceva male tutto: era come se un camion mi avesse appena investito, ma ero anche assurdamente felice... Ero vivo, anche se intubato, e Steve era lì con me: non mi serviva nient'altro.

Dopo aver sbattuto varie volte gli occhi, giusto per mettere a fuoco la stanza, avevo mosso la mano intrappolata sotto la sua e, nello stesso istante, Steve aveva aperto gli occhi: il mio Seal non deludeva mai.

«Danny... oddio Danny sei sveglio!» Un battito di ciglia dopo le sue mani mi avevano racchiuso il volto «Danno ascoltami bene, ok? Sei in ospedale e ti hanno intubato perché sei stato vittima di una sparatoria. Se capisci quello che dico stringimi la mano.» Mantenendo il nostro contatto visivo, avevo fatto come richiesto per poi farlo finalmente sorridere, mentre il suo sguardo blu diventava liquido e profondo come l'Oceano Pacifico. «Vado a chiamare il dottore, tu non muoverti!» Come se avessi potuto farlo! «Torno subito!»

Nemmeno un minuto dopo, tre medici stavano controllando i miei parametri vitali, mentre Steve era sulla soglia della mia stanza, come a controllare che tutto andasse bene: aveva la barba di un giorno, la tuta mimetica di quando eravamo partiti per la missione macchiata e sporca di sangue, e diversi tagli sulle braccia: possibile che mi fosse restato accanto tutto quel tempo?

«Danny sono il Dott. Holun ti hanno sparato e hai subito un'operazione molto lunga. Ci vorrà qualche settimana per il suo recupero fisico, ma gli organi vitali non hanno subito danni. Se stanotte non avrai crisi domani mattina ti toglieremo il respiratore ok?» Un leggero sbattere delle palpebre era stato il mio silenzioso "Sì". «Bene torneremo più tardi per controllarti, ma sei davvero fortunato ad avere un collega come il comandante McGarrett: sono passate sedici ore da quando è arrivato, e lui non ha mai abbandonato il tuo fianco.» mi confidò confermando i miei sospetti. «A dopo Danny, se hai bisogno di qualcosa basta premere questo pulsante, ok?»

Finalmente rimasti soli Steve tornò a sedersi, per poi passarsi una mano sul viso stravolto dalla stanchezza. «Non hai idea di che spavento mi hai fatto prendere Danno.» aveva iniziato prima di tornare a stringermi la mano. «Sapevo che avresti lottato ma ho avuto paura, troppa.» Senza aggiungere altro era rimasto a fissarmi in silenzio, mentre mille pensieri lottavano per dare un senso a quel momento così surreale.

Poi i medicinali tornarono a fare il loro lavoro e io chiusi gli occhi: non volevo dormire ma mi sentivo debole come un bambino appena nato.

«Danno dormi, resto qui con te, va bene? Fuori ci sono anche Grace, Rachel e anche il resto della squadra: tutti vogliono sapere come stai perché ti vogliono bene. Non ce ne andremo.»

Rassicurato dalla sua voce imbevuta di affetto, e altre emozioni che non tentai nemmeno di decifrare, mi lasciai andare al sonno curativo che, ben presto, mi avrebbe fatto tornare in piedi: il peggio era passato.

Tre settimane dopo

«Non ci posso credere!»

Quell'esclamazione aveva fatto voltare il protagonista dei miei sogni erotici, nonché infermiere Seal, nella mia direzione.

«Che c'è? Che ho fatto stavolta? Mh?» Con l'espressione più ingenua del mondo, e una bella dose di faccia tosta, Steve teneva in mano il cartone del latte - del mio latte - e nell'altra un pezzo di omelette al prosciutto.

«C'è che sei un animale, ecco che c'è!» avevo esclamato prima di avvicinarmi al frigo. «Ci vuole tanto a fare una colazione normale, come fanno tutti, seduto al tavolino?»

Erano passate circa tre settimane dalla sparatoria e, a parte le medicazioni che potevo farmi da solo, avevo recuperato quasi al cento per cento la mia forma fisica.

Da quando ero stato dimesso Steve mi aveva preso sotto la sua ala protettiva: visto che il medico mi aveva suggerito di non stare solo, Steve, senza chiedermi il permesso, mi aveva portato direttamente a casa sua. Da allora si era trasformato da pericoloso Navy Seal a dannata chioccia: se i primi giorni avevo faticato a ribellarmi - a causa delle ferite in via di guarigione - con il passare del tempo avevo ritrovato la mia verve e le discussioni, tipo quella, non erano mancate.

«Danno, non vorrei ricordartelo, ma sono a casa mia e posso fare tutto quello che voglio: anche girare nudo!» La sua risposta venata di pennellate di ribellione, tipiche di un quindicenne, mi aveva fatto voltare e poi incrociare le braccia sul petto fasciato. «Steve sei serio? Davvero? No perché non sono nemmeno le otto del mattino e già spari cazzate! Ma non devi andare in ufficio oggi? Non c'è qualche catastrofe a minacciare il mondo che devi fermare?!»

Un sopracciglio inarcato, seguito da uno sguardo furbo, mi avevano fatto chiudere gli occhi e passare entrambe le mani sulla faccia: quando Steve aveva quell'espressione non sarebbe successo nulla di buono.

«No.» Un gemito aveva lasciato le mie labbra ed ero tornato a guardarlo. «Niente fine del mondo Danno: ho chiesto a Chin di sostituirmi per stamani e sono libero fin dopo pranzo. Cattivi permettendo.» aveva specificato avvicinandosi di qualche passo. «Piuttosto, come stai? Che dice il medico?»

«Che la prossima settimana posso rientrare in servizio, ma sto pensando seriamente di prendermi altri giorni lontano da te: non che importi visto che ti ho tra i piedi ventiquattrore su ventiquattro!»

«Non lamentarti! Lo so che ti piace, piuttosto, ti fa sempre male qui?» Nemmeno il tempo di finire di chiedere, che il suo indice mi aveva sfiorato prima il centro del petto, poi lo sterno e infine lo stomaco, scatenando un party di farfalle impazzite.

Ma quando le sue dita avevano iniziato a sbottonarmi la camicia a righe azzurre, era stato il mio cuore a rischiare di avere un infarto. «Steve che... che stai facendo?»

«Voglio controllare se stai davvero bene Danno altrimenti, dottore e battute idiote a parte, tu non rientri in servizio.»

Con gesti delicati, ma decisi allo stesso tempo, il mio compagno aveva finito il suo scrupoloso lavoro per poi sfiorarmi le tre cicatrici in via di guarigione, coperte dalle bende di cotone.

Ogni tocco delle sue dita, leggere come una piuma, era come un nuovo tatuaggio sulla pelle: carico di attenzione e affetto.

«Stavolta hai davvero rischiato grosso Danno.» mi aveva sussurrato con una sfumatura di rabbia nella voce «Non avresti dovuto fare l'eroe! A che pensavi quando ti sei messo davanti a quel narcotrafficante, eh? Saresti potuto morire!»

Stanco di quella inutile tensione sessuale, gli avevo schiaffeggiato la mano per poi fissarlo negli occhi. «A te pensavo, stupido idiota che non sei altro! Era a te che pensavo!» Sapevo di aver raggiunto il limite, ma quella volta non mi sarei fermato. «Sei tu quello che ha deciso di affrontare un gruppo di dieci narcotrafficanti da solo e per di più disarmato!»

«Mi avevano obbligato a buttare le armi, altrimenti ti avrebbero sparato!»

«Ci avrebbero sparato comunque Steve! Se solo avessi aspettato cinque, fottuti minuti, Kono e gli altri ci avrebbero raggiunto, e invece no!»

«Danny...»

«Nossignore! Dovevi per forza fare il supereroe!» avevo gridato prima di afferrargli la t-shirt bianca. «Ti odio Steve! Ti odio mi hai sentito?! Non puoi...»

Le mie grida furono bruscamente interrotte da un bacio a stampo - bagnato e caldo come l'Inferno - assolutamente inaspettato ma atteso da sempre. Steve non si limitò a baciarmi, ma mi spinse anche all'indietro contro il frigo, per poi intrappolarmi tra il suo corpo e il legno.

Nonostante fosse stato attento a non schiacciarmi per via delle ferite, potevo percepire tutto il suo calore anche attraverso gli abiti.
Con il respiro spezzato avevo appoggiato la fronte alla sua, senza dire nulla.

«Mi sono stancato di resistere a quello che sento per te, ok? Quando ti ho visto cadere a terra, trafitto da tutte quelle pallottole, sono quasi impazzito Danno. Io non...»

«Quindi non era un sogno Steve.»

Un'espressione confusa aveva dipinto i suoi tratti. «Sogno? Di che parli?»

Dopo avergli appoggiato entrambe le mani sulle spalle avevo reclinato la testa all'indietro per affondare nei suoi occhi azzurri come il mare. «Di quello che ho sentito quando mi hai stretto a te sull'elicottero Steve.» avevo continuato, godendomi la scia di stupore che colorò il suo sguardo. «Quando mi hai detto che non potevo diventare un angelo, prima che tu mi potessi confessare il tuo amore.»

Un silenzio pieno di paura e altre infinite emozioni aveva invaso l'aria, ma non mi lasciai spaventare: non al punto dove eravamo.

«Ti prego Steve basta nasconderti, dimmi la verità!»

Invece di usare le parole il mio Seal tornò a baciarmi, ma quella volta lo fece con passione e desiderio: con un gemito mi schiuse le labbra per poi far scontare finalmente le nostre lingue e dare vita al nostro primo, vero e intenso bacio.

Completamente sconvolto da quegli avvenimenti, gli avevo allacciato le braccia al collo, fregandomene del dolore: baciare Steve era molto più importante! Per un momento anche il mio compagno sembrò aver messo in stand-by il cervello ma, quando mi sfiorò con desiderio l'addome, mugolai involontariamente per il dolore.

«Oddio scusa Danno! Sono un coglione, ti ho fatto male? Ti ho...»

«Tranquillo Steve è tutto ok, ma ho bisogno di sentirtelo dire: ti prego, dillo.»

Dopo aver fatto un respiro profondo Steve mi aveva racchiuso il volto tra le mani e poi baciato ancora a stampo: non mi sarei mai stancato di sentire il sapore delle sue labbra, ma avevo bisogno che il mio Seal facesse un passo in più per poter vivere finalmente il mio, nostro, sogno.

«Ti amo Danno.» Con un sorriso luminoso - che era un misto di timore e felicità - Steve era affondato nei miei occhi azzurro cielo, decisamente emozionati come i suoi. «Ti amo e non voglio più essere più solo un tuo collega o amico: ti voglio nel mio letto, stretto tra le mie braccia e anche che tu sia la prima cosa che vedo appena mi sveglio. Se ti fosse successo qualcosa credo che sarei impazzito Danno: ti amo troppo per pensare di vivere una vita senza di te. Non so dirti da quando ho cominciato a sentire sentimenti diversi nei tuoi confronti, ma è successo e non posso, nè voglio ignorarli.»

«Steve...»

«Ovviamente se anche per te è lo stesso Danny. Non voglio costringerti fare nulla che tu non voglia.»

«Steve...»

«Davvero! Se pensi che abbia passato il segno, possiamo fermarci e... che ne so parlarne, ecco.»

«Steve!» Dopo quel grido esasperato gli avevo tappato la bocca con la mano. «Ora mi ascolterai e basta, ok?» Un cenno affermativo dopo, avevo cercato di racimolare le idee - alquanto incasinate che avevo in testa - per dare forma a un discorso che avesse senso. «Anch'io sento per te quelle cose, ok? Anch'io ti amo Steve e non me ne frega un cazzo di essere solo tuo amico! Voglio che tu sia il mio compagno perché so di essere l'unica persona perfetta per te: nessun altro riuscirebbe a star dietro alle tue follie, così come a tenerti testa con una sola occhiata.» Una calda luce aveva colorato le sue iridi chiare e un piacevole calore si era fatto largo al centro del mio petto. «Però voglio l'esclusiva Steve perché non sono da solo, ok? Grace ti adora già ma, prima di dirle quello che sta succedendo tra noi, voglio sapere che intenzioni hai.» Solo a quel punto avevo tolto il palmo dalla sua bocca.

«Ora ti faccio vedere quali sono le mie intenzioni detective Williams.» Senza darmi il tempo di pensare, Steve si era abbassato per poi farmi scivolare le braccia sotto le ginocchia e prendermi in braccio. «Dimmelo se ti faccio male ok?»

«Tu non mi fai mai male Steve, mi fai bene.»

Tra noi due ero io quello che era sempre stato l'emotivo della coppia, quello che si apriva con più facilità... Sapevo quanto poteva essere destabilizzante per Steve farlo, ma ero anche assurdamente felice.

Con attenzione il mio compagno aveva salito la rampa di scale che ci separava dalla sua stanza, per poi baciarmi di nuovo. «Non sai quante notti ti ho immaginato sdraiato qui Danno.» mi aveva confidato prima di appoggiarmi tra le coperte e i cuscini che sapevano di lui. «Troppe.»

«Perché non me l'hai detto? Perché hai aspettato così tanto? Dovevo quasi lasciarci le penne per farti smuovere?»

Una bassa risata mi aveva accarezzato la pelle quando Steve si era sdraiato di lato, per poi accarezzarmi le ciocche bionde. «Sai che ogni volta che mi sono fidato, o innamorato, di qualcuno sono anche stato pugnalato alle spalle: prima da mia madre e poi dalla mia ex. Ogni volta che credevo a quello che mi dicevano, e abbassavo la guardia, mi hanno sempre sparato dritto al cuore.»

«Ma io no.»

«Ma tu no.» aveva ripetuto prima di baciarmi ancora con passione. Sapevo quanto il comportamento di Doris, sua madre, l'avesse ferito: prima si era fatta credere morta, poi era ricomparsa rivelandogli che lo aveva abbandonato per proteggere lui e la sorella e infine era scomparsa ancora lasciando Steve, dall'oggi al domani, senza nessuna spiegazione. Per non parlare di Cat: ero andato con lui per scegliere l'anello di fidanzamento che voleva regalarle, ed ero rimasto con lui anche quando l'aveva lasciato per partire per una missione segreta. Certo, dopo si erano chiariti, ma non è mai bello essere un'opzione per qualcuno quando si ama.

Entrambe l'avevano messo sempre all'ultimo posto, nonostante avessero detto di amarlo. Ma ogni volta che Steve era caduto, chiudendosi in sé stesso, c'ero sempre stato io a sorreggerlo.

Io che l'avevo riempito di chiacchiere inutili, solo per farlo reagire.

Io che l'avevo stressato per aiutarmi con Grace, inventandomi di tutto.

Io che, piuttosto che vederlo con quel dannato sguardo spento e triste, mi ero presentato a casa sua con una valigia in mano e una ridicola scusa per farmi ospitare. Ero rimasto da lui per due settimane: quindici giorni fatti di litigate, discussioni, compromessi, risate, abbracci e sguardi. Lunghi, intensi e penetranti sguardi che avevano parlato molto più delle parole.

«Danno dove sei andato?»

«Qui Steve, qui: non vado da nessuna parte.»

Uno sguardo profondo mi aveva come scavato l'anima, poi un basso, bassissimo «Mi fido.» era scoppiato nell'aria come una granata. «Ho dato la mia fiducia troppo spesso a persone che non la meritavano ma, a te Danno, affiderei anche la mia stessa vita. Sei l'unico a cui è davvero importato qualcosa di me, l'unico che mi ha visto piangere e ha pianto con me. Se me lo permetterai sarò come un padre per Grace, perché io... io ti amo Danny Williams. Oddio, ora che l'ho detto non farei altro, lo giuro.»

«Ripetilo.»

«Ti amo Danno.» Un bacio umido si era posato sul mio sorriso felice. «Ora permettimi di dimostrartelo.» Con gli occhi lucidi e il fiato spezzato, per l'intensità di quel momento, avevo osservato il mio compagno slacciare il primo bottone dei miei jeans, per poi farmeli scivolare lungo le gambe con i boxer. Poco dopo toccò alle scarpe e ai calzini.

«Sei bellissimo.» Quel complimento, venato di desiderio e amore, si scontrò a metà strada con le sue labbra sulla mia pelle, già ricoperta di brividi. «Starò attento, te lo prometto, ma ho bisogno di sentirti mio, di sapere che stai bene sul serio.»

Con il cuore che sembrava volermi uscire dal petto, gli avevo afferrato il volto tra i palmi per attirarlo a me e baciarlo con tutto l'amore che sentivo da sempre. «Guardami Steve.» Ancora una volta i nostri occhi si cercarono, per poi fondersi in una bellissima distesa fatta di mare e cielo. «Sto bene, ok? Solo fai attenzione a non sdraiarti su di me, non ancora per il momento.»

Una strana luce aveva illuminato i suoi tratti: «Conosco quell'espressione McGarret! Che stai architettando?»

«Ora lo vedrai... amore.» Senza darmi il tempo di rispondere Steve si era fatto scivolare il mio sesso tra le labbra.

«A-ah.» Quel contatto così intimo mi fece andare il cervello in black-out: pur essendo sempre stato attratto sia da donne che da uomini, alla fine, non avevo mai provato il sesso gay, ma con Steve...
Beh con lui avrei davvero voluto provare di tutto!

Una suzione più decisa delle altre mi fece imprecare e stringere le ciocche scure del mio compagno tra le dita, ma quando mi sfiorò con l'indice l'entrata gridai di piacere: nessuno era mai arrivato a toccarmi in quel modo, ed era semplicemente bellissimo che fosse Steve a farlo per la prima volta.

«Steve... oddio... Steve...» La mia voce spezzata sembrava essere incapace di dire altro, ma il mio compagno sembrò apprezzare quel fatto. Senza smettere di regalarmi piacere, mi aveva fatto scivolare tra le labbra l'indice e il medio in un chiaro invito, che colsi al volo: volevo essere suo più di ogni altra cosa al mondo. Cercando di essere il più sensuale possibile, avevo iniziato a leccare e succhiare le sue dita affusolate, per poi guardare verso il basso e incontrare i suoi occhi pieni di desiderio.

«Sei sicuro Danno?»

«Sicurissimo Steve.» Un battito di cuore dopo il mio compagno mi stava preparando con una dolcezza che mi sorprese: quel nuovo Steve, così attento al mio benessere, faceva decisamente a pugni con l'immagine di super soldato - sprezzante del pericolo e sempre pronto a catturare il cattivo di turno - che aveva sempre mostrato in pubblico. Ma dentro di me avevo sempre saputo quanto lui fosse sensibile... quanto il suo cuore fosse grande... quanto...

«Oddio!» Una carezza più spinta delle altre, accompagnata alle sue labbra intorno al mio sesso, mi avevano fatto vedere le stelle. «Steve sto per... mh!»

«Vieni amore... vieni per me, voglio sentire il tuo sapore.» Ormai al limite ero esploso in un intenso orgasmo, che Steve aveva avuto cura di prolungare.

«Mh... che bello...»

Con un'espressione soddisfatta stampata sul volto, Steve aveva continuato a lasciarmi morbidi baci nell'interno coscia, per poi concentrarsi nuovamente sul mio punto più sensibile. «A-ah! Cosa...»

«Rilassati Danno... ti ho desiderato per così tanto tempo che, adesso che sei qui con me, il mio unico obiettivo è quello di farti impazzire.»

«Ci stai... mh... riuscendo, ma anch'io ti voglio nudo.» lo avevo quasi pregato, mordendomi le labbra.

«Ai suoi ordini detective.» Con gesti lenti e controllati Steve aveva iniziato il mio striptease privato, fatto di occhiate di fuoco e desideri che volteggiavano maliziosamente in aria.

Prima si era tolto la cintura e poi, con infinita sensualità, mi aveva dato le spalle, per poi piegarsi in avanti e farsi scivolare jeans e boxer lungo le cosce toniche e abbronzate: «Ti piace ciò che vedi?»

«Se non ti muovi a venire qui, giuro che...»

Una risata sensuale aveva accompagnato le sue ginocchia poggiate sul letto, proprio di lato ai miei fianchi. «Lo farò Danno, puoi scommetterci, ma dentro di te. Mettimelo.»

Sotto il mio sguardo eccitato mi aveva allungato un quadratino azzurro che, quasi subito, avevo strappato con i denti: lui e la sua maledetta mania del controllo!

Da quel momento in poi, le parole avevano cessato di esistete: c'era stato solo un intenso calore tra le gambe «Ste-ve...!» mille baci appassionati «Ti amo Danno...!» e anche infinite attenzioni da parte del mio compagno «Mettiti a cavalcioni sopra di me tesoro, così sarò sicuro di non farti male...» che avevano reso quella nostra prima volta indimenticabile.

Quando avevo raggiunto il mio primo orgasmo tra le sue braccia muscolose e tatuate, «Steve... a-ah... oddio...!» le mie contrazioni gli avevano procurato la spinta necessaria per conficcare le dita nei miei fianchi e raggiungere il culmine, con un lungo, roco, grido, appagato «Dan-ny...!!»

Quando ero crollato - per le sconvolgenti emozioni mi avevano aperto il cuore in due - il mio Seal mi aveva accolto tra le braccia con infinito amore, per poi farmi sdraiare sul suo petto sudato e ansante.

«Dio... è... è stato...»

«Come te lo immaginavi Danno? Mh?» Altre carezze lungo la colonna vertebrale, mi avevano strappato un sorriso innamorato contro pelle.

«Molto meglio Steve, molto, molto, meglio.» gli avevo confessato mentre usciva dolcemente dal mio corpo. «E ora che succede?»

Con estrema lentezza Steve mi aveva racchiuso il volto tra le mani. «Succede che sei mio Danny Williams, ecco che succede. Sei sempre stato ad un passo da me, ma avevo troppa paura di perderti per potermi esporre, ma quando ti hanno sparato, ho capito una cosa.»

«Cosa Steve? Cosa hai capito?»

L'ennesimo bacio bagnato scrisse l'inizio della nostra storia nelle stelle. «Che ti amo Danno perché la vita è adesso e voglio passarla con te.»

Angolo Autrice

Questa long-os è il risultato della visione di ben sei stagioni di Hawaii Five 0.

Fin dall'inizio ho shippato follemente i Mcdanno!! Adoro la pazzia di Steve e l'essere polemico di Danny, amo ogni scontro che hanno avuto ma, soprattutto, amo il loro legame e il fatto che davvero darebbero la vita uno per l'altro.

Al momento è la mia unica Mcdanno, ma non è escluso che in futuro non ne scriva altre.

Fatemi sapere che ne pensate qui sotto.

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