43: Lungo come un'illusione

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26 Dicembre 2003

Draco's p.o.v.

Siamo nel salotto di Granger e non ricordo nulla del tragitto fin qui. Lei, solo lei ha assorbito la mia attenzione. La sua mano nella mia, la concitazione della sua camminata e il desiderio sempre più impellente di fermarla e prenderla sul posto, e 'fanculo tutto il resto.

Ora, però, lei si aggira nervosamente per la stanza, il capo chino. La sua mano ha abbandonato la mia per trafficare con soprammobili e tazzine.

«Vuoi un tè?»

Non si è nemmeno levata il berretto e il piumino.

Mi avvicino, togliendole impaziente un cucchiaino dalle mani e stringendole. Sono fredde.

«Mi dici qual è il problema?» le chiedo con gentilezza.

Lei si morde il labbro, non mi guarda. Il mio stomaco si sgonfia, precipita al pensiero che sia tornata in possesso delle proprie facoltà mentali, che deve avere perso per voler baciare uno come me, e abbia deciso di mettere la parola fine a qualsiasi cosa abbiamo iniziato contro quel masso.

«È che... che io...» Ancora non mi guarda.

"Ecco, ci siamo", penso, pronto a lasciar andare la sua mano e a uscire. Da quella stanza, dalla sua vita. Pronto ad abbracciare il gelo.

«È imbarazzante» prosegue, con una voce piccola piccola «ma in tutta la mia vita sono... ecco, sono stata con un solo uomo. A letto, intendo, e...»

Il sollievo è come un'onda rovente che mi lascia quasi spossato. Le sollevo il mento con un dito, perdendomi nei suoi occhi di cioccolato e lasciando che lei veda ciò che alberga sul fondo dei miei.

Non voglio nascondermi, non oggi. Per una volta, voglio lasciare che la verità esca dalle mie labbra... e alle conseguenze ci penserò domani. È un errore, ma c'è qualcosa di più forte della razionalità a spingermi verso di lei.

«Non importa. Non importa se hai avuto solo un uomo, o nessuno del tutto o uno diverso ogni giorno negli ultimi tre anni. Sei tu, sei meravigliosa e io ti desidero più di quanto le parole possano esprimere per quello che sei, per quanto sei bella, per quanto sei forte, non per la tua esperienza. L'unica esperienza che conta, per me, è quella che avrai con me. Se lo vorrai.»

Qualcosa cambia nei suoi occhi, nel suo viso. È come se i suoi colori diventassero più nitidi, ora che il velo di incertezza è scivolato via.

«Lo voglio.»

Il mio cuore manca un battito, poi impazzisce. Una vampata di adrenalina mi infiamma e il mio corpo reagisce con violenza.

Mi impongo di muovermi con lentezza, di tenere a bada quella parte animale di me che la vicinanza di Granger risveglia, rischiando di farmi perdere il controllo.

Beh, avrei anche potuto risparmiarmi il pensiero.

È lei che mi prende il viso tra le mani con decisione, lei che si alza in punta di piedi per posare con fermezza la sua bocca sulla mia.

Lei che mi ha mostrato la sua vulnerabilità, e ora mi regala la sua determinazione, con ogni gesto che compie. Con le sue dita che mi stringono le guance, col suo corpo che si preme sul mio fino a impregnarmi del suo calore, nonostante gli abiti che ancora indossiamo. Con la sua lingua che accarezza le mie labbra, chiedendo di entrare con un tocco che mi riempie di brividi dalla cima della testa alla punta dei piedi.

Scoppierò, lo so, se non riesco ad averla nei prossimi cinque minuti, eppure voglio che questo sogno a occhi aperti duri. Voglio assaporare ogni istante e goderne la lentezza e, sì, anche il dolore pungente che nasce dal prolungare l'attesa.

Hermione Granger, la strega perfetta, la donna più forte e straordinaria che io conosca, vuole me. Me, il bastardo che l'ha ferita per anni, il burattino che ha contribuito a precipitare il mondo nel caos, il fuggitivo che tutti odiano.

Non la merito e, quando se ne accorgerà, tutto questo finirà ma adesso, adesso è mia.

Mia.

Per questo interrompo un bacio che sta diventando feroce e osservo il suo viso ansimante, arrossato di passione, le sue labbra gonfie di me, i suoi occhi scintillanti. Li osservo per custodire per sempre nella memoria questo attimo più prezioso di un diamante.

Poi, lentamente, le sfilo il piumino e il berretto, lasciando ricadere libere le sue ciocche lucide sul maglione scuro che indossa. Le accarezzo, vi affondo le dita e la bacio ancora. Ancora.

Fino a perdere il fiato.

Mi prende per mano e mi conduce in camera da letto. Quando varchiamo la soglia, sento le sue dita tremare nelle mie ma so con cristallina certezza che non è per via di un ripensamento. Perché? Perché anche le mie tremano. Tutto il mio corpo trema.

Di impazienza, di desiderio, di una dolce paura che non ho mai provato prima: quella di non piacerle, di non essere all'altezza.

La sua stanza è come me la immaginavo: un caos ordinato di libri, fotografie, soprammobili e perfino un laptop. Mi guardo intorno, ma la distrazione non riesce a calmare il mio tremito e, quando riporto l'attenzione su di lei, capisco che non sono più in grado di aspettare e, allo stesso tempo, che ho una paura fottuta di quello che succederà in questa stanza, su quel letto dal copriletto verde che ci guarda con aria fintamente innocente.

È lei che scioglie le dita dall'intreccio che le univa.

È lei che solleva l'orlo della mia maglia, aiutandomi a sfilarla dalla testa. Che segue con polpastrelli il gioco delle cicatrici che mi costellano il torso, ogni tocco un brivido infuocato che mi scuote fino alle fondamenta. Che posa le labbra sulla mia pelle segnata, e i suoi baci redimono ognuno di quei solchi, trasformandoli da simbolo di odio ad altare del piacere.

È sempre lei che sgancia la mia cintura e i bottoni che chiudono i miei jeans, invitandoli a scivolare fino a terra. Calcio via gli stivali insieme alle calze e cammino fuori dai pantaloni, bruciando sotto al suo sguardo che accarezza tutto il mio corpo, dai muscoli del petto a quelli del ventre, dai piedi su lungo gli stinchi segnati tanto quanto il petto. Si sofferma un istante sulla rovina che è il lato esterno del mio ginocchio destro e vedo i suoi occhi incupirsi, ma subito continuano a risalire, fino a fermarsi in corrispondenza dell'erezione che tende i boxer neri che indosso.

La sento trattenere il fiato e rilasciarlo in un singulto che mi colpisce dritto all'inguine, facendomi indurire ancora di più.

«Lascia che ti spogli, Hermione» sussurro e lei sorride, un po' timida, un po' imbarazzata, ma fa un passo verso di me, sollevando le braccia perché io possa toglierle il maglione e poi la maglia pesante che porta sotto.

Il suo reggiseno è nero e il suo meraviglioso, piccolo seno lo riempie. Mi prudono le mani dalla voglia di stringerlo, ma ci sarà tempo, tra poco. Prima voglio vederla in tutta la sua bellezza.

Mi inginocchio davanti a lei per toglierle le scarpe e i calzini, poi le sfilo i pantaloni con una lunga carezza che ne accompagna la discesa dalle anche alle caviglie. Ha delle gambe stupende, snelle e tornite, agili e lisce e le semplici mutandine nere che indossa le cingono i fianchi con una sensualità che nemmeno il pizzo più raffinato può sperare di imitare. Il suo odore di donna mi colpisce e l'ondata di desiderio che suscita in me quasi mi stordisce. Non avrei mai pensato di poter raggiungere un tale livello di frenesia, un'eccitazione così forte e totale da essere quasi dolorosa.

«Merlino, sei così bella.»

Le mie mani seguono il contorno del suo corpo, sfiorando la pelle soffice e delicata, bruciando, bruciando per quel contatto ardente.

La voglio nuda, ora. Mi voglio nudo, ora.

Mi libero dei boxer e l'occhiata che Granger lancia al mio corpo senza più veli, il rossore che sale improvviso alle sue guance, quasi sono sufficienti a farmi venire. Di sicuro, bastano a togliermi il fiato.

Mai, però, quanto la sua bellezza una volta che anche lei si sfila la biancheria, con gesti così spontaneamente sensuali che, se si trattasse di un'altra persona, penserei fossero studiati ad hoc. Quando resta priva di ogni copertura davanti a me, mi scordo del tutto come si fa a respirare.

Mi scordo del mondo fuori, dello scoppiettare del fuoco nel caminetto. Di chi sono io, di chi è lei. Del perché tutto questo è sbagliato.

So solo che resto a contemplarla, stregato, per un tempo infinito.

Come in un sogno, è lei che si avvicina. Lei che solleva una mano a sfiorarmi la guancia. Lei che si alza in punta di piedi, portando le sue labbra a un soffio dalle mie, il suo corpo così vicino che posso sentirne il calore attraverso i pochi millimetri di aria che ci separano.

Lei che si ferma, dandomi modo di tirarmi indietro, se è ciò che voglio.

Non lo è.

Chiudo le distanze che ci separano, tutte. Una mano sulla sua nuca e l'altra sulle reni, la attiro verso di me, premendo il suo corpo meraviglioso contro il mio, schiantando la mia bocca sulla sua. Voglio mangiarla, divorarla, voglio che mi prenda dentro di sé per non lasciarmi andare più. Mai più.

Cadiamo sul letto in un mucchio scomposto e non so come faccio a non infrangermi in mille pezzi. È una tortura dover stare nella mia pelle, non poterne uscire per entrare sotto la sua.

La bacio come un affamato, traccio tutte le sue curve con la bocca e la lingua, bevendo ogni ansito, ogni gemito, senza mai staccare lo sguardo dal suo viso arrossato, concentrato, dai suoi occhi che a tratti si perdono e a tratti si fissano su di me come fossi qualcosa di prezioso. Non interrompo quel contatto nemmeno quando affondo il volto lì, nel punto in cui il suo corpo pulsa più forte, nel punto in cui pulsa per me. Caldo, umido e accogliente. Continuo a guardarla mentre con la lingua le stuzzico le carni e, insieme al suo profumo eccitato, inalo il suo piacere che cresce come un tornado, punteggiato di piccoli brividi e singulti bagnati.

Quando finalmente scivolo dentro di lei, le sue pupille dilatate si piantano nei miei occhi, incatenandomi e il suo calore brucia le mie terminazioni nervose, forgiandole in un godimento lancinante che è lei e solo lei. Sarà sempre solo lei.

Ci muoviamo insieme, come se entrambi avessimo già incisi nella mente tutti i gesti e i ritmi giusti per far impazzire l'altro e, Merlino, non ho mai provato niente del genere. Niente di così totalizzante. Sto facendo l'amore con lei con ogni cellula del mio corpo, ogni respiro della mia anima, ogni stilla della mia volontà, donandole tutto ciò che posso. Donandole con gli occhi le mie emozioni, che sento ribollire nel petto così forti da dover fare uno sforzo per trattenere le lacrime.

Sto facendo l'amore con lei e, per questi pochi, preziosissimi istanti sono di nuovo un uomo intero.

Insinuo una mano tra i nostri corpi, stimolandola dove sento ne ha più bisogno, e la odo gemere il mio nome. Dapprima piano, come se lo stesse assaporando sulle labbra per la prima volta, poi sempre più forte mentre il viso le si contrae negli spasmi del piacere più sfrenato.

Sento il suo corpo sussultare sotto il mio, intorno al mio. Sento il suo piacere schiaffeggiarmi come un'onda di marea, che mi solleva in alto e mi porta con sé, in un orgasmo così intenso da far quasi male.

Quando precipito da quel picco così alto, mi sento svuotato.

Hermione sorride sotto di me, languida, le sue lunghe membra ancora serrate intorno alle mie. La sua mano mi accarezza la mascella, scivola sulla mia nuca, le dita si insinuano alla base della treccia che mi stringe i capelli e lei mi attira verso di sé, chiudendo le labbra sulle mie in un bacio appagato, lungo come un'illusione.

**Ciao a tutti! Pubblico di sabato perché oggi per una volta è stata una giornata tranquilla e... perché questo capitolo non poteva aspettare ;)
Fatemi sapere come vi sembra e, se avete letto anche l'altra versione, quale preferite. Baci! **

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