1•capitolo - Io e André -

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Beatriz

Sto attenta alla lezione quando sento addosso degli occhi che non vorrei. Roman con una mano a trattenere il mento mi sta osservando dal suo banco alla mia sinistra. Lo fa da ormai un mese: tutte le volte che c'è l'ora di matematica, lui si ostina a fissarmi, quasi volesse vedere come mi comporto quando c'è il prof Ortega nei paraggi. È chiaro che non do a vedere ciò che c'è tra noi, perché non ha nulla a che vedere con le lezioni. Non fa del favoritismo solo perché c'è un sentimento a legarci. Tra me e lui è cominciata in gennaio, un giorno in cui ho avuto bisogno di chiarimenti su una lezione e da lì ci siamo visti tutte le volte che queste finivano, il suo sostegno mi serviva. Un bacio ha cambiato il rapporto professionale e da lì ho capito che mai avevo sentito qualcosa di così forte dentro, ho anche compreso che cosa sentisse la mia amica Ester tutte le volte che parlava di quel sentimento che sta sulla bocca di tutti.

Quando usciamo dalla classe, Roman non manca di farmi il suo sorrisino beffardo e giuro che lo odio talmente tanto che lo prenderei a sberle ma non lo faccio perché ahimè, è l'unico a sapere il mio segreto. Se si scoprisse, non solo André perderebbe il lavoro ma anche io perderei di credibilità visto che sono la più brava del suo corso.

«Che vuoi?» sbotto, visto che continua a fissarmi in quel modo che mi fa letteralmente uscire di testa.

«Niente, bocconcino...» mi chiama con quel nomignolo che odio. «Osservavo i tuoi occhi innamorati rivolti al tuo "André"» lo fa apposta a rimarcare il suo nome. Non la vuole proprio smettere di infastidirmi. Di tutti quelli che potevano scoprirlo proprio la persona che più detesto nel mondo doveva essere? Ma almeno mantiene la bocca chiusa – per ora – dunque non posso che ringraziarlo per questo.

«Primo: smettila di chiamarmi in quel modo; secondo: smettila di chiamare il prof Ortega col suo nome, non gli piacerebbe»

«Come non gli piacerebbe se io andassi a parlare col preside della sua situazione sentimentale. Sono sicuro che se lo facessi, se la toglierebbe quell'aria da stronzo che ha in viso e smetterebbe di torturarci!»

«Non ci tortura» replico piccata, «semplicemente vuole che ci impegniamo!» chiarisco, sbuffando. Quando la smetterà di respirarmi vicino?

Non lo sopporto!

Non lo sopporto!

«Certo non ci tortura, ecco perché rompe le scatole per fino a Gonçalo che è appena arrivato»

Scuoto la testa, sto per aprire la bocca, ma fa la sua apparizione la mia amica Ana, la quale ci guarda stranita. Da un po' di tempo, sta cercando di capire se ho un flirt con qualcuno, le mie stranezze non le sono sfuggite. Addirittura ha insinuato possa trattarsi di Roman, è l'ultimo ragazzo al mondo che guarderei per quanto mi riguarda. Non riesco a sopportarlo per dieci minuti, pensa se riuscirei ad averci una relazione. Il mio dramma peggiore è proprio il fatto che mia madre ha deciso di sposare suo padre e da quel momento in poi non posso far altro che passarci le giornate insieme, anche se faccio in modo che capitiamo nello stesso posto solo per il pranzo e per la cena, e a tutte le feste a cui sono costretta a partecipare per far contenta mia madre.

«Che fate voi due insieme? State parlando, interessante!» lo dice con aria seria, come fosse in fase di detective. Non capisce che mai nella vita guarderei uno come Roman, dovrebbe saperlo.

«Le sto facendo vedere che cosa potrebbe avere se accettasse la mia corte» chiarisce Roman, con aria da superiore; e poi mi chiedo perché la mia amica pensi che tra me e Roman ci sia qualcosa, è normale se continua a fare l'adulatore quando c'è lei nei paraggi. «Ma ancora non ha ceduto!» scrolla le spalle, poi punta i suoi fari su di me, quasi mi volesse convincere davvero.

«Non preoccuparti, Roman, credo stia cedendo» parlano come se io non fossi presente.

«Vabbè vi lascio soli» dico io, me ne vado davvero perché voglio stare il più lontano possibile da quel ragazzo. Mi fermo solamente quando mi accorgo che Santiago è davanti a me e mi sta facendo uno di quei sorrisi timidi che tanto mi piacciono. Lui è l'unico dei ragazzi con il quale vado d'accordo. Con Gonçalo proprio non parliamo, Roman purtroppo devo sopportarlo, ma Santiago è tutta un'altra storia. Adoro questo ragazzo e la sua intelligenza.

«Ciao, Beatriz» umetta le labbra, è sempre piuttosto imbarazzato quando parla con una ragazza, ultimamente lo è quasi di più. «Come va con lo studio?» mi domanda, perché sa che è l'argomento di cui parlare con me.

«Va tutto bene, per fortuna sono riuscita a risolvere quell'equazione che la settimana scorsa mi stava facendo uscire fuori di testa. Grazie a te, ovviamente, e al consiglio che mi hai dato» lui fa un altro dei suoi sorrisi timidi, alza il braccio per poggiarmi la mano sulla spalla, poi ci ripensa e annuisce.

«Volevo anche...» fa per parlare, ma guarda le sue scarpe, poi torna sui miei occhi. «Niente... lascia perdere» afferma. Gli avrei chiesto di dirmi ciò che lo preoccupa, se non fosse che ad interromperci ci pensa ancora Roman.

Dio se lo odio quando si intromette in ogni cosa.

«Sono curioso: di che parlate?» chiede lui, come se ne avesse diritto.

«Fatti una scorta di fatti tuoi, Roman!» sbotto, guardandolo in cagnesco. Lui invece di innervosirsi, sorride sornione come fa sempre quando lo insulto.

«Mi eccita parecchio il tuo temperamento» stringo la mascella, ma mi accorgo che invece Santiago è arrossito per questa frase detta dal suo amico. Non solo mi rovina la vita a casa, rovina anche le mie conversazioni con Santiago.

«Vaffanculo, Roman!» gli urlo contro. «Spero ti ecciti anche questo» tento di andarmene, ma da lontano sento lui urlare: «Da morire, bocconcino!»

Sto per uscire fuori per tornarmene a casa, quando da lontano, nel corridoio, intravedo il prof Ortega che sembra guardare proprio me. Si avvicina ma non mi parla, mi tocca la mano per lasciarmi un bigliettino che stringo un attimo dopo per non destare sospetti. Lo tengo custodito, fino a quando non entro nella limousine che è venuta a prendere sia me che Roman. Tutto vorrei tranne che attirare così tanto l'attenzione, ma Louis – il marito di mia madre, nonché padre di Roman – ci tiene molto e mia madre mi ha chiesto questo favore, e si sa: non so dirle mai di no. Lei è la persona più importante che ho. Rimango sola prima che arrivi Roman, apro il bigliettino e vedo ciò che c'è scritto: "Ci vediamo stasera alle 22.00 all'hotel Valero". Annuisco come l'avessi davanti e comincio a pensare al momento in cui, finalmente, potremmo vederci. Ultimamente erano sempre di meno i momenti in cui riuscivano a ritagliarci del tempo per noi e questo cominciava a preoccuparmi, soprattutto visto le insinuazioni di Roman sulla sua sincerità nei miei confronti. Non ho mai dato peso a quello che dice, tuttavia il sentirmelo dire continuamente aveva creato una crepa dentro di me che finalmente è stata colmata. Nel frattempo in auto entra Roman, lo accompagna il suo solito sorrisino, guarda la mia mano ma faccio in tempo a nascondere ciò che mi ha dato André, ma in realtà a lui non sfugge proprio nulla.

«Un bigliettino da parte del tuo André?» mi schernisce.

«Lasciami in pace!»

Roman appoggia una mano sulla mia coscia quasi a volerci lasciare un marchio, si spinge più vicino che può al mio viso e io mi faccio indietro con la testa, quel tanto che posso visto che me lo impedisce il poco spazio. Lo guardo stordita, con gli occhi gli chiedo che cos'è che vuole da me, poi me lo chiarisce.

«Non posso proprio, bocconcino. Lo sai che adoro stare in tua compagnia!» mi accarezza il viso poi spinge la mia faccia verso di lui. «Comportati bene!» dice questa frase chiarendomi chi è che ha il coltello dalla parte del manico, smetto di rispondere indignata perché sono stanca di questa sua prepotenza.

Aspetto per tutto il giorno che arrivi il momento di vedermi con André e, quando arriva l'orario prestabilito, finisco di truccarmi ed esco dalla mia stanza in punta di piedi. Roman sarà chiuso nella sua, non voglio attirare l'attenzione, e ho già chiesto a mia madre il permesso di andare "dalle mie amiche".

Quando arrivo davanti alla porta, mia madre è lì, ma purtroppo non è sola, sta parlando con Roman. Lui sembra un'altra persona quando parla con lei, ecco perché mia madre non capisce il motivo del mio astio nei suoi confronti.

«Stai uscendo?» abbozza un sorriso Roman.

«Adesso devo chiedere il permesso a te?» chiedo con aria di scherno, ma me ne pento subito perché noto negli occhi di mia madre uno sguardo di rimprovero.

«Sta andando dalle sue amiche...» chiarisce mia madre al posto mio.

«Ah dalle tue amiche?» i suoi occhi si soffermano più del dovuto nei miei, mi fa mancare la terra sotto ai piedi per la paura che gli venga in mente di fare qualche obiezione. So che facilmente intuirà le mie vere intenzioni, e non sono sicura che terrà ancora per molto la bocca chiusa. «Strano...»

Mi si ferma il cuore nel petto alla sua obiezione, stringo le labbra e prego tutti gli dei del mondo che mi diano la forza per non prenderlo a sberle.

«Cosa c'è di strano?» chiede mia madre a quel punto confusa.

Roman rimane in silenzio, e quel silenzio è peggio di qualsiasi parola. Mi mette ansia il suo continuare a mantenere la bocca chiusa.

«Niente, con i miei amici non abbiano organizzato nulla visto che le ragazze non ci sono. Vabbè avrò più tempo per studiare» tiro un respiro di sollievo e nella mia testa un po' lo ringrazio e un po' lo odio per i suoi comportamenti. «Buon divertimento allora!»

Esco di casa e prendo l'auto per andare all'hotel dove mi aspetta André, arrivo con qualche minuto di ritardo e ho quasi paura che non la prenderà bene. Lui è un tipo preciso e non gli piacciono i ritardi, li considera una mancanza di rispetto. Se non fosse stato per quello stronzo del mio fratellastro, non sarebbe successo.

Chiedo alla reception il numero della stanza Ortega, e salgo su dove André mi aspetta con la porta aperta. Entro e lo trovo, bellissimo come sempre, con quella barba su cui adoro passare le mani e gli sorrido.

«Sarai arrabbiato per il ritardo, ma Roman...» tento di dire ma lui scuote la testa e si avvicina, mi zittisce poggiando due dita sulle mie labbra.

«Roman» dice quel nome in maniera astiosa, come ci fosse qualcosa a motivarlo contro il suo alunno. «Beatriz... ti ho fatto venire qui per un motivo: non possiamo più vederci»

«C-cosa?» la mia voce esce tra il frastornato e l'allibito. «In che senso scusa?

«Nel senso che ti ho detto» cerco di trattenere le lacrime che mi pregano di scendere, e ci riesco pure. Non farò la bambina delusa davanti a lui, dimostrandogli che ha ragione nell'aver preso questa decisione.

«Perché? Perché così all'improvviso?» mi avvicino a lui, alzo la voce e lui un po' indietreggia, come gli dispiacesse tutto questo, ma non ha intenzione di tornare indietro.

«Mi dispiace, Bea... non posso permettere che un ragazzino mi ricatti!» stringe le labbra e un ricordo amaro gli attraversa lo sguardo. Socchiudo gli occhi in due finissime fessure, apro e chiudo la bocca, poi glielo chiedo direttamente.

«Quale ricatto?»

«Roman!» dice solo quell'unico nome per farmi capire che ne ha combinata una delle sue. Giuro che questa volta lo uccido con le mie mani quel ragazzo.

«Che ha fatto quell'idiota?» cerco di mantenere una calma apparente, ma non è che mi riesca poi così bene quando si tratta di lui.

«È venuto da me per dirmi che, se non metterò bei voti a lui e anche ai suoi stupidi amici, dirà a tutti della mia relazione con una studentessa» prende una pausa e boccheggio, «è chiaro che non sa di che studentessa si parla, che non ha scoperto che sei tu, perché se no avrebbe fatto il tuo nome» mi sta proteggendo? Davvero?

Dovrei dire ad André che in realtà sa perfettamente che sono io, ma preferisco tacere per non complicare ulteriormente le cose tra noi. Da come mi sta guardando sembra deciso a non proseguire e sapere la verità lo allontanerebbe ancora di più.

«Dobbiamo concludere qui»

Scuoto la testa con disappunto, mi avvicino invadendo il suo spazio e prendo il suo viso tra le mani. La barba mi punge il viso quando mi avvicino, e il suo alito al tabacco entra dentro il mio naso.

«Non puoi farlo per quello stupido. Non puoi!» quasi lo supplico. «C'è qualcosa di speciale tra noi e tra poco finiranno le lezioni. Potremmo... potremmo stare insieme alla luce del sole» sono disperata, ma tento di non darlo a vedere. Non voglio perderlo per Roman. «Di Roman non ti devi preoccupare, so... so come gestirlo»

Ma vedo che non l'ho spostato di una virgola, il suo viso non si è addolcito anzi, sembra freddo come un iceberg.

«No, anzi... non avrei neppure mai dovuta iniziarla questa cosa. Vattene Beatriz, vattene e non farti più vedere» mi caccia via come la peggiore delle persone, e dovrei rimanere forse ad esporgli il mio bisogno di lui, ma non lo faccio perché la mia dignità non sarà piegata di certo da uno stupido sentimento che nutro. Ci sarà tempo per piangere, ma non davanti a qualcuno che mi sta trattando in questo modo.

Scappo via.

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