19•capitolo -Per fartela pagare, bocconcino-

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Roman

Non mi sembra reale ciò che sta succedendo tra me e Beatriz, è qualcosa che non avrei mai pensato sarebbe successo. Lei è sempre stata schiva nei miei confronti, chiarendomi tutte le volte quanto poca considerazione avesse di me, adesso sembra una persona diversa.

Eppure, nonostante i nostri avvicinamenti piuttosto intimi, non abbiamo chiarito la nostra posizione. È chiaro che io voglia stare con lei, lo voglio da sempre, ma ho paura che per lei non sia la stessa cosa; ciò lo penso perché, se quando siamo soli spesso è lei a prendere l'iniziativa e a baciarmi, quando siamo in mezzo agli altri finge che non esista.

Sto prendendo la mia colazione per andarmi a sedere ad un tavolo quando, da lontano, intravedo Beatriz da sola che viene verso di me e prende un vassoio. Mi fa un sorriso che ricambio. È bellissima, più la guardo, più lo penso e più la voglio.

Prende il suo cibo e poi si dirige verso il suo tavolo, ma la bracco.

«Bea» lei si gira verso di me e mi guarda aspettando che dica altro. «Ti offro un pezzo della mia Brioche se mi fai sedere vicino a te»

Lei ridacchia, si sistema i capelli con una mano perché con l'altra tiene il suo vassoio.

«Puoi sederti pure se non mi offri il tuo pezzo di Brioche» fa spallucce.

«Accetto volentieri l'invito» insieme ci sediamo in un tavolino.

«Ci pensi che questa è la nostra ultima settimana di scuola?» le chiedo per intavolare un argomento.

Lei annuisce, nel frattempo sorseggia il suo cappuccino.

«Non mi ci far pensare, sarà strano iniziare una nuova vita, però sono eccitata all'idea di andare all'università.» Non avevo alcun dubbio su questo, è il suo sogno praticamente da sempre. Io, invece, ho un po' paura di crescere.

«Ti verrò a prendere tutti i giorni all'università» la prendo in giro e lei sembra pensarci, poi per fortuna sorride, mi stavo preoccupando.

«Ho una macchina, non ho bisogno di te, Roman!» mi schernisce bonariamente col sorriso sul viso.

«Sei sicura di non aver bisogno di me, bocconcino?» finisco la frase e, da sotto il tavolo, comincio a massaggiarle la coscia. Questo la fa accendere subito, i suoi occhi brillano come ogni volta che la sfioro e più lei si dimena, più fa eccitare me.

«Ro-Roman» boccheggia, si morde le labbra. «Sm-smettila, potrebbero vederci.»

«Perché cosa sto facendo di male? Spiegherò a tutti...» mi avvicino di più a lei, così da poterla toccare più vicino al suo punto sensibile. «Che sto solo facendo godere la mia sorellina» glielo sussurro all'orecchio, mentre lei continua a muoversi ma invece di togliermi la mano, chiude gli occhi.

«Ragazzi!» salto dalla sedia quando si presenta Ana, tiro via la mano anche se avrei preferito lasciarla lì. «Mi fa un po' strano vedervi qui insieme nonostante non ci siano i nostri amici. C'è l'apocalisse in corso?» nel chiederlo si siede e mi ruba la brioche che è rimasta nel mio piatto, ero troppo intento a toccare Beatriz per pensare a mangiare.

«Quella era mia!» tento di cambiare argomento, ma con Ana non si può, più lo fai, più si insospettisce; è troppo astuta.

«Beatriz» parla con la ragazza al mio fianco. «Dato che Roman cambia discorso, me lo vuoi dire tu come mai hai deciso di sederti vicino a lui?»

Beatriz stringe le labbra e ha gli occhi preoccupati.

«È perché... non saprei; Ana, era l'unico posto libero» le chiarisce. E so che non dovrei rimanerci male, ma succede. Vorrei solo che ammettesse a tutti che così schifo non le faccio, in realtà vorrei molto di più, che fosse mia e basta.

Decido perciò di vendicarmi e ancora una volta, sotto al tavolo, infilo le mani dentro le sue cosce scoperte dalla minigonna. Non appena succede, Beatriz mi lancia un'occhiataccia per farmi intendere di smettere, ma il mio ghigno le fa capire che non lo farò. Vado sempre più in profondità, Ana nel frattempo ci guarda un po' stranita.

«Ve l'ha detto Felipe per stasera?» lo faccio di proposito a non rispondere, lascio che sia lei a farlo.

«Co-cosa?» più lei si comporta così e più Ana la guarda sconvolta.

«Andiamo al bowling, venite?» guarda me e dopo Beatriz. Io rimango calmo e impassibile, ma lei non ci riesce con la mia mano addosso, dunque la schiaffeggia e tenta con la forza di toglierla, ma senza risultato.

«Io... cioè...»

«Beatriz sei strana!» nota Ana, ma è salvata da Felipe e Santiago che arrivano in quel momento. Da lontano Gonçalo sta per fare qualche passo verso di noi, ma non appena si accorge che anche Ester stava per farlo, decide di andare via. Quei due non chiariranno mai!

«Ehi, ragazzi, che fate?» Beatriz ne approfitta per alzarsi dal tavolo e prendere le distanze da me, mentre io le sorrido sardonico. Ha le guance imporporate che mi fanno pensare a tutto quello che vorrei farle.

«Io, stavo... stavo andando in bagno. Per stasera va bene, ci vediamo dopo!» dice e si dilegua all'istante.

Rimango con i miei amici, poi quando si distraggono un po', seguo Beatriz per proseguire il discorso. Da lontano la vedo che entra nel bagno delle donne ed entro con lei. Per fortuna non c'è nessuno, ma per evitare brutte sorprese, stringo al volo il braccio di Beatriz ed entro in un gabinetto.

«Roman, ci hai preso gusto a intrufolarti nel bagno delle donne?» sbotta, deve essere arrabbiata con me per prima.

«Non è male come posto!» replico, con un ghigno.

«Sei un deficiente poco fa per poco non ci facevi scoprire. Se Ana lo scoprisse...»

«Cosa succederebbe?» chiedo ora un po' indispettito. Beatriz sembra rifletterci un po', si mordicchia le labbra nel farlo poi mi guarda.

«È una cosa nostra!» specifica, per quanto questa cosa faccia fare le capriole al mio cuore, allo stesso tempo non posso pensare che lei si vergogni di me.

«Ho capito ti...» sto per dire, ma Beatriz neppure mi fa finire di parlare che mi getta le braccia al collo e mi bacia. Ogni volta mi sconvolge e ogni volta è più forte.

«Non farlo più» sussurra ansante. «Però adesso finisci quello che hai iniziato» nel dirlo le sue guance si imporporano, so che non è abituata a questo, ma so bene che poco fa l'ho fatta impazzire. Dio la voglio e mi sento desiderato come mai nessuno ha fatto. Perciò lascio stare tutte le mie congetture e mi getto a capofitto sulle sue labbra, mi prendo un po' di lei e ripeto esattamente tutte le cose che le ho fatto in questi giorni, da quando me l'ha permesso. Il problema è che sentire i suoi ansiti non mi basta mai e ogni volta che arriva all'orgasmo il mio pensiero è già alla prossima volta che li sentirò. Sono già impazzito, lo so. Lei mi ha già in pugno.

Beatriz è la prima che esce dal bagno, controlla che non ci sia nessuno e poi mi dà il via libera. Ma, quando stiamo per uscire dal bagno, ci troviamo davanti chi non avrei mai voluto incontrare. Il prof Ortega è proprio davanti a me e lo sguardo che sta riservando a Beatriz è schifato. Come se lui avesse il diritto di esprimere un'opinione.

«Diáz, non dovresti entrare nel bagno delle donne» mi riprende.

«E lei, prof Ortega, non dovrebbe intrattenersi con studentesse. Vede? Ci sono tante cose che non si potrebbero fare, eppure...» lui stringe le mani, mi guarda con gli occhi infuriati, so che se potesse mi prenderebbe a schiaffi, ma lo farei anch'io per il fatto che si è approfittato di Beatriz. Lo detesto come mai mi era successo in vita mia.

«In classe!» ordina, poi ci dà le spalle e va via, mi rendo conto solo in quel momento che Beatriz è rimasta in silenzio per tutto il tempo, quasi assorta nel suo mondo. Mi chiedo cosa le passi per la testa, ho paura che possa provare ancora qualcosa per lui e che le faccia male vederlo, ma non ho il tempo per chiederglielo perché comincia a camminare verso la classe e io la seguo. Vorrei fermarla per chiederle spiegazioni, ma una calca di studenti si dirige verso le proprie aule e penso proprio non sia il momento giusto.

Per tutto il resto delle lezioni guardo Beatriz e aspetto un suo cenno, ma non ha mai staccato gli occhi dai libri, tutto pur di non guardare me. Quando torno a casa mi rifugio in camera mia, per uscire solo quando ho bisogno di mangiare. A casa non c'è nessuno, Camila è con le sue amiche e mio padre è al lavoro, dovrebbe esserci Beatriz ma non ha dato segnali di vita. Quando entro in cucina la trovo lì e mi scappa il cuore dal petto.

Lei mi guarda ma sembra ancora traumatizzata.

«È tutto a posto, bocconcino?» chiedo, sperando che ci sia un'altra spiegazione al suo mutismo delle ultime ore.

Lei annuisce ma si vede chiaramente che quello è un sorriso di circostanza.

«Si, ma... devo studiare, devo andare» fa un passo per andarsene ma la fermo.

«Pensa l'effetto che ti fa ancora quell'uomo per ridurti in questo stato» glielo sussurro all'orecchio e preso dal nervoso me ne vado via per rintanarmi in me stesso. Mi faccio una doccia che dovrebbe servire a rilassarmi, non so neppure quanto tempo resto là dentro, finché non sento la porta del bagno aprirsi.

«Chi c'è?» chiedo, mordendomi le labbra.

«Roman!» Beatriz riesce ancora a farmi scoppiare il petto, ma sono ancora arrabbiato. Non è possibile che tutte le volte che vede quell'uomo, cambi nei miei confronti.

«Ah sei tu!» torno ad insaponarmi ma il rumore dell'acqua non mi fa capire se lei è ancora lì. Poi si apre la tenda e me la ritrovo davanti, non abbassa gli occhi intimidita da ciò che potrebbe vedere.

«Mi dispiace!» solitamente abbasserebbe lo sguardo, ma per cause ovvie non lo fa questa volta.

«Per cosa esattamente?»

«Mi ha messo in imbarazzo essere vista in quella situazione da An – dal prof Ortega» si gratta il naso, lo fa sempre quando è nervosa. «Quindi ho fatto quello che faccio sempre: mi sono rintanata nei libri per smettere di pensarci. Ma così facendo ho sbagliato con te!» annuisco e abbasso lo sguardo.

«Beatriz mi fa impazzire che quell'uomo riesca a farti cambiare atteggiamento»

«Mi dispiace, non succederà più!» promette. «Mi perdoni?» neppure dovrebbe chiederlo, tanto non saprei portarle rancore, ma non le dico niente, le afferro la mano e la faccio entrare insieme a me in doccia. Lei mi guarda innervosita per essersi bagnata.

«Per fartela pagare, bocconcino»

«Sei uno stronzo, Roman» mi spintona. «Io ti odio!»

Scuoto la testa e rido.

«Bugiarda!» le accarezzo il viso, appoggio la mia fronte alla sua. «Bugiarda! Non mi freghi più» guarda le mie labbra con desiderio e faccio lo stesso anch'io. «Se vuoi puoi dare un'occhiata, bocconcino» le ricordo così nel caso lo avesse dimenticato che sono nudo.

Lei si scosta da me in imbarazzo e prova a non pensarci, ma io la spingo verso le piastrelle e la bacio sulle labbra. Trema quando la tocco, soprattutto quando faccio scendere la mano per andarmi a prendermi ciò che ormai mi spetta di diritto, ma stavolta mi sconvolge perché mi ferma e mi guarda negli occhi. Si allontana e per qualche motivo glielo lascio fare.

«Stavolta...» si morde le labbra. «Stavolta tocca a me!» mi sconvolge! non mi aspetto la sua mano che scende e prende in mano la mia erezione già piuttosto evidente.

«B-Bea...»

«Stavolta stai balbettando tu, Roman » mi fa notare.

«Aspetta: sei sicura?» annuisce ma non dice nulla con le labbra, comincia a fare avanti e indietro con la mano e già mi scoppia solo per il fatto che è lei a farlo. Aspetto che mi tocchi e che mi voglia da tutta la vita. Più mi spinge al limite, più vorrei sussurrarle quanto la desidero, glielo dico baciandola spudoratamente, ansimando sulle sue labbra, urlandole di non smettere per nessuna ragione al mondo; quando mi porta al limite, mi sfogo spingendola sulle piastrelle e divorandole la bocca con dei baci che sanno di desiderio represso da anni.

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