Cap I

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L'aroma del the si diffuse lieve nell'aria, seguendo il movimento lento e delicato della ragazza.

Le sue mani pallide toccarono con dolcezza il vassoio scuro, presentando la tazza fumante a Chao Chang. Il qilin sorrise, prendendo il the e bevendone un sorso rumoroso.

Jinhe annuì alla ragazza, quando quella gli presentò la sua tazza.

Ingaggiare un'esperta di cerimonie come lei era stato un ottimo investimento.

L'abito lungo verde e blu la fasciava senza farla sembrare volgare, i capelli raccolti esaltavano le corna color mare, decorate con sottili nastri. E il the che preparava era eccezionale.

Nessuna meraviglia che Chao Chang fosse così di buon umore, anche se la loro trattativa era in stallo.

«Quindi, onorato ospite» disse Jinhe «posso sperare di corromperti con questa offerta?»

Chang rise, il suo doppio mento traballò, il grasso mercante picchiettò un dito sul tavolo.

«Una buona corruzione, ma no» finì il the, passando di nuovo la tazza alla qilin dalle corna blu. Ripetendo gli stessi gesti, in maniera ancora più solenne, la ragazza iniziò a riempirla di nuovo.

«Un peccato, sono sicuro la nostra ospite ne sarà intristita» Jinhe sorrise, accennando alla qilin. Chang sospirò, cacciando aria da labbra spesse un dito.

«Mi rattrista, ma il tuo prezzo è troppo basso» contò sulle dita in modo plateale «quindici pezzi la botte, ci rimetto troppo ragazzo mio»

Jinhe non ribatté subito, soffermandosi sul profondo sapore del the. Avevano fatto quella conversazione altre volte, e l'obiezione era sempre la stessa. Iniziava a pensare che Chao Chang usasse un copione scadente.

«Posso arrivare a diciassette, onorato ospite» disse Jinhe, posando la tazza vuota sul tavolo «a cui, se vorrai, potrei aggiungere una delle mie quote alla sala da the»

Il movimento della qilin fu quasi impercettibile, un fugace guizzo degli occhi sotto le palpebre socchiuse.

Jinhe trattenne una risatina nervosa. L'azzardo non le era piaciuto.

«Ah, interessante... molto interessante» fece Chang «ma a cosa ti serve comprare vino, se non hai una locanda dove rivenderlo?»

«Non c'è solo una locanda in città» ribatté lui «posso comprarlo da te, e rivenderlo alle altre»

Chao Chang si grattò la barba sottile, arricciandola attorno a un dito.

«Tu compri e vendi anche giada» disse il mercante «perché non mi offri una quota della miniera, invece?»

Jinhe sollevò un sopracciglio, all'apparenza sorpreso dall'audacia dell'altro.

Chao Chang non aveva abboccato all'esca, aveva ingoiato l'amo e stava rosicchiando tutto il filo.

«Ho tre quote della miniera di giada» disse Jinhe, posando tre dita sul tavolo «capirai che non valgono quanto quelle della sala da the»

Stavolta la qilin dalle corna blu picchiettò un'unghia sulla teiera, chiaro segno che nemmeno quel commento le era piaciuto.

Si sarebbe dovuto scusare con molto impegno, dopo.

«Concordo» fece Chang «allora... una quota della miniera, e una fornitura di dieci botti a stagione, ognuna a venti pezzi»

«Una quota, e dodici botti a stagione, ognuna a quindici»

L'altro mercante si trattenne a cena, dopo aver apposto la sua firma sul contratto.

Finalmente, qualche ora dopo il tramonto, Chao Chang uscì dalla casa di Jinhe, portandosi dietro la moglie, i tre figli e la mezza dozzina di servitori che lo accompagnavano.

Seduto nella sala da pranzo, Jinhe si godette finalmente un poco di silenzio, fissando soddisfatto il laghetto in giardino.

«Confido la mia esibizione sia stata di vostro gusto» disse la qilin che aveva servito il the.

Attraversò la sala, volteggiando con il suo lungo abito su una sedia. Le mani pallide le si intrecciarono in grembo, mentre lei sollevava il volto perfetto su di lui.

«Come sempre, Xiang, come sempre» Jinhe le porse un bicchiere di vino.

La qilin lo prese con dolcezza, esitando un poco sulle dita dell'altro.

«Ho da intendere, dunque, che la serata è terminata?» disse. Jinhe annuì.

Sorridendo, Xiang buttò giù il vino in un solo sorso. Si tolse lo spuntone che le tratteneva i capelli, facendoli scendere in una cascata d'oro.

«Aaaaaaaaaah» la qilin sospirò, e un paio di tonfi segnalarono che si era tolta le scarpe. Si allungò sul tavolo, guardando con desiderio la bottiglia di vino

«Odio le tue cene...»

Jinhe ridacchiò, versandole altro vino.

«Ma apprezzi i miei soldi» disse, mentre la ragazza afferrava il bicchiere, finendolo in un unico, rapido sorso.

Ormai Jinhe aveva rinunciato da tempo a far ubriacare l'altra, non era sicuro gli sarebbe bastato il suo intero patrimonio.

«Ah, a proposito» disse Xiang, di colpo civettuola «qualcuno qui mi ha fatto davvero sobbalzare il cuoricino...»

Stavolta Jinhe rise di gusto. Prese un borsello da una tasca interna alla manica, posandolo sul tavolo. Il tintinnio di denaro superò la tela.

«Oh e dai! Fammi divertire un po'!» Xiang fece una faccia offesa, ma agguantò il borsello con mani leste.

Jinhe scosse la testa, alzandosi e camminando verso il giardino, ammirando il laghetto che riluceva argenteo alla luce della luna.

«Non credo di poter vincere contro di te, a quel gioco» disse, mentre i raggi di luce filtravano tra gli alberi.

«Come fai?» chiese Xiang, accostandosi a lui «a imbrogliare tutti, intendo. Sei davvero pessimo a mentire»

«Mi basta dire la verità» disse Jinhe.

Sbuffando divertita, la qilin si allontanò.

«Va bene, va bene. Ti aspetto alla sala da the in questi giorni; Finlao vorrà farti una strigliata, dopo che gli racconterò che volevi vendere la tua quota»

Il suono dei suoi passi scalzi andò scemando in fretta, e Jinhe rimase a gustarsi il totale silenzio del giardino interno.

Non un suono. Nessuna foglia che frusciava tra gli alberi, nessun onda che agitava il laghetto, nessun uccello a cantare o insetto a turbare la quiete.

A braccia incrociate dietro la schiena, il qilin rimase immobile, trattenendo il respiro.

Il vecchio Li lo trovò in quella posizione, tossendo appena mentre lasciava due lettere sul tavolo.

Jinhe aprì gli occhi, ringraziando il servitore e leggendo le missive. Alzò gli occhi al cielo.

La mattina successiva sarebbe stata molto pesante.

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