Cap X

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Le strade erano invase dai primi profughi.

Vista la confusione che questo stava causando, Jinhe poté solo sperare che non ne arrivassero altri. Le centinaia di abitanti dei villaggi e delle fattorie nei pressi della città, all'avvicinarsi dell'esercito nemico, si stavano riversando in massa dietro le mura, cosa che avrebbe di fatto raddoppiato la popolazione.

E dimezzato le scorte, altro punto a sfavore del sostenere l'assedio.

Anche quello, l'accogliere o meno quei qilin, era un argomento che Jinhe aveva preferito evitare. Non credeva che qualcuno nel Consiglio avrebbe votato per chiuderli fuori, ma preferiva non dover affatto votare una risoluzione del genere.

Scansando famigliole spaventate, genitori con bambini in lacrime, contadini che provavano a calmare animali, l'occasionale soldato ferito che nascondeva la faccia per la vergogna, Jinhe raggiunse finalmente la sala da the.

In netto contrasto con l'apatico immobilismo delle strade, la sala era in preda a un'attiità frenetica. Non se ne sorprese.

Chi aveva il denaro lo spendeva, prima che tutti gli alcolici e le bevande pregiate finissero. Un modo come un altro per far fronte a un pericolo in avvicinamento, ma non ancora così imminente.

Dal canto suo, Jinhe era più che felice di vedere il denaro fluire nelle sue casse. E, inoltre, aveva tutte le intenzioni di lasciare tutto l'orrore della guerra nei soli incubi degli abitanti.

Al suo ingresso, un terzetto di qilin, con le guance già arrossate dal liquore, sollevò le tazze verso di lui, urlando un brindisi incomprensibile. Jinhe rise, e chiamò Mao perché portasse loro altro bere.

«Ma signore... le scorte non dureranno a lungo così» disse la ragazza, con in mano una brocca colma

«Meglio, il liquore si ricompra, ma fa fare cose molto stupide» Jinhe indirizzò Mao, in particolare, verso un tavolo dove sedevano due soldati «e fa sciogliere la lingua. Mettete da parte solo l'alcol non distillato, quello potrà servire»

Quando la ragazza annuì, Jinhe si diresse alla sala più interna, dove lavorava Xiang.

Come previsto, la cortigiana non aveva molto lavoro.

Molti dei clienti quel giorno erano più interessati a un rapida fuga dalla realtà, ed il sognare dietro la bella qilin dalla corna blu era un metodo troppo lento.

Così, il fiore all'occhiello della sala stava intrattenendo un giovane ufficiale della milizia, senz'altro il figlio di qualche riccone desideroso di non lasciare nulla di intentato prima del pericolo.

Jinhe entrò nella sala, quasi dispiaciuto per il ragazzo

«Xiang, perdonami, devo parlarti» disse, senza guardare l'ufficiale o la qilin. Si diresse dritto a una porta secondaria, che conduceva agli uffici interni.

La qilin, sorridendo, si congedò dal ragazzo, lasciandolo ubriaco a fissare il soffitto mentre borbottava qualcosa

«Era ora, maledizione!» disse Xiang, mentre incrociava le braccia e sbuffava «non ne potevo più di quei ragazzini. Giuro, un altro commento sulle mie corna e prendo a pugni qualcuno»

«Non ho davvero tempo per scherzare, scusa» disse Jinhe. La condusse al suo ufficio, il più lontano possibile da orecchie indiscrete.

Xiang, con un sospiro, lo seguì in silenzio. Anche lei era ben consapevole di cosa stava succedendo, e di quanto fosse grave la situazione.

Ad attenderli nell'ufficio, pallido come latte, c'era Finlao, intento a scrivere di getto su lunghi rotoli

«Ah! Eccovi! Allora... a questo tasso le nostre scorte dureranno circa un'altra settimana, nove giorni e mezzo, per la precisione. Ma temo saranno di meno, dal momento che...»

«Dopo, Finlao, dopo» lo fermò Jinhe «mi interessa sapere che succede»

La cortigiana e il contabile si scambiarono uno sguardo, poi la qilin prese la parola

«La milizia è letteralmente nel panico. La metà non sa cosa fare, e l'altra metà sta cercando di smistare i rifugiati, ti lascio immaginare da dove vengano tutti i soldi che vengono a bere»

Jinhe annuì, trattenendosi dal commentare. Non era un buon momento per filosofeggiare sull'avidità

«Il numero dei rifugiati ha ormai superato le otto centinaia, ma molti devono ancora arrivare; manca quasi la totalità degli abitanti del borgo di Min, vicino alla miniera» Finlao scorse i suoi rotoli -ci sono stati problemi tra i soldati sbandati, la milizia e i rifugiati. Pare ci siano stati già due o tre arresti di massa, e la situazione andrà peggiorando se qualcuno non assume il controllo in fretta»

«Al momento il Consiglio dei mercanti è in stallo» disse lui, grattandosi le corna «sappiamo qualcosa dai maestri?»

Xiang sorrise, scuotendo il capo con aria mesta

«Che molti maestri minori, invece di andare al Consiglio, si sono messi a dirigere la milizia o a inneggiare tra i profughi, col risultato che al momento due sono in carcere»

Finlao continuò a scorrere i suoi rotoli, fino a quando non parve trovare qualcosa di utile alla domanda

«Ecco... da quello che abbiamo appurato, non c'è una maggioranza assoluta. Ma pare che il maestro Fu stia spingendo per evitare lo scontro»

Jinhe non trattenne un sospiro di sollievo, visto che almeno il vecchio maestro pareva allinearsi alle sue idee. Se davvero Fu rimaneva di quel parere, sua nipote, la consigliera Hama, avrebbe sostenuto lo stesso partito tra i Mercanti, cosa che avrebbe portato una rapida risoluzione.

Alla fine, quindi, forse Jinhe poteva solo sedersi ed attendere, senza doversi esporre in prima persona. Un corso degli eventi che apprezzava molto.

Un bussare alla porta dell'ufficio li fece sobbalzare tutti e tre. La voce della giovane Mao arrivò da oltre il legno

«Signore, scusatemi, ma è davvero importante!» c'era una nota di panico nella voce della qilin «un messo dal Consiglio, l'esercito nemico ha inviato un araldo a trattare»

Jinhe non attese oltre, spalancò la porta dell'ufficio e si lanciò nel corridoio.

In strada, oltre al messo, c'era un piccolo risciò con le insegne del Consiglio, e attorno già si stava radunando una piccola folla di cittadini, profughi e miliziani.

Salito a bordo, Jinhe non attese che il messaggero potesse dire altro, fece cenno al conducente di avviarsi. Il massiccio qilin non se lo fece ripetere due volte, e si mise a correre per le strade cittadine, trainando il mezzo a una velocità impressionante.

Dopo aver rischiato di travolgere un numero incalcolabile di cani, gatti e passanti vari, Jinhe scese dal risciò davanti al palazzo del consiglio.

Il suo stomaco, invece, doveva essere da qualche parte più indietro.

«Viaggio movimentato?» gli chiese Feihua, vendendogli incontro nella piazza antistante il palazzo.

Lui si limitò ad annuire, non sicuro di poter parlare senza dare di stomaco.

Se la ragazza era lì, allora suo padre doveva già essere arrivato. Molti altri risciò, e anche qualche carrozza per i consiglieri più anziani o spocchiosi, continuavano ad arrivare.

«Il messaggero è già dentro?» chiese Jinhe. Frigia annuì, sorridendo. Non gli sfuggì la tensione sul suo volto.

«Pare di sì. Ha presentato la sua offerta al Consiglio dei Maestri, ma non hanno potuto accettarla subito» era chiaro che la ragazza volesse dire di più, ma la riservatezza delle riunioni le bloccava la lingua.

Mentre si grattava un corno, Jinhe notò che portava al fianco il ventaglio che le aveva regalato. Sorrise, perché era chiaro che la qilin stesse disperatamente cercando di farglielo vedere, in modo che sapesse quanto le piacesse.

«Sbaglio o sono cresciute un poco?» chiese lui, sorridendo mentre si incamminava verso il palazzo.

Feihua ricambiò il sorriso.

«Anche secondo te? Per me sono almeno un'unghia più lunghe di ieri, ma mamma continua a dire che è impossibile»

«Spero parliate di corna» la voce di Jiazi ruppe la pace, mentre il qilin avanzava a passo lento verso di loro.

Il suo andamento da lumaca costrinse i due a rallentare, per non risultare scortesi e ignorarlo.

«Anche lei qui, consigliere Fo?» Jiazi si chinò in un saluto fin troppo formale, e Jinhe rispose allo stesso modo, nonostante la schiena non apprezzasse per nulla.

«Pare che ci sia il consiglio al gran completo» fece lui, mentre il qilin dalle corna purpuree sorrideva.

«Già» Feihua accennò alle porte della sala grande «anzi, ci conviene sbrigarci; ormai manchiamo solo noi»

Annuendo, Jinhe le fece cenno di avviarsi, con un gesto di cortesia che fece sorridere la qilin. Per contro, Jiazi si posizionò con ostentazione tra la ragazza e Jinhe, procedendo a testa alta nella sala del consiglio.

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