Day 14

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Non vedo nulla se non il mio letto da un giorno e mezzo.

Come se fosse telepata, mia mamma non ha insistito per mandarmi a scuola ieri e non ha insistito per farmi alzare oggi ed andare dai miei nonni paterni, si cura solo di dirmi che, se voglio, organizzerà per domattina un altro incontro con la signorina Lecter lo organizzerà, dato che oggi è domenica, e che in frigo c'è abbondante cibo per non morire di fare.

«Grazie mamma» le dico.

Due settimane fa ero una ragazza che credeva nell'amore profondo, che rifuggeva stupide app dove i ragazzi sfogano basse pulsioni e si rifanno gli occhi su foto studiate per essere massimamente provocanti...

E l'altro ieri mi hanno chiesto di fare sesso a tre.

Alla fine è venuto fuori il vero scopo di quei due che magari non saranno omosessuali ma maiali si.

Appena Thomas ha detto che la nostra destinazione era casa di Vincent, ho rimesso assieme un sacco di pezzi, di corrispondenze, di coincidenze, e come una pazza isterica ho iniziato a urlare che non faccio la loro puttana (si, ho detto 'puttana', da non crederci!) ed ecco che Thomas ha subito messo da parte la sua arroganza da leone da tastiera.

Ha tirato fuori un modo di fare molto diverso, in mezzo alle casette del quartiere residenziale, ha iniziato a dirmi di stare calma, di non alzare la voce, di ragionare sul fatto che ero io quella che aveva dimostrato interesse per entrambi, ero io quella che a distanza di pochi minuti avevo goduto con entrambi e che quindi ero io che avevo lanciato a loro segnali inequivocabili che una cosa del genere si potesse fare senza problemi.

Senza problemi, ha detto proprio 'senza problemi'.

Io non posso credere che ci siano persone che per giorni difendono i confini di una chat con unghie e denti, e poi passano da virtuale a reale con così tanta facilità per una cosa così pesante come un rapporto sessuale a tre. Io penso che questi ragazzi si siano proprio ammalati a forza di rimanere nella sfera del virtuale e che quindi non siano in grado più di concepire cose "normali" come qualsiasi altro adolescente sano che non ha un rapporto così malato con la rete ed il virtuale e le fantasie che ci si può covare dentro.

Adesso mi rendo conto che veramente è finita, e mi rendo conto che se ho una colpa, è stata quella di farmi piacere quello a cui ho partecipato in questi giorni, quelle sedute di autoerotismo con persone lontane da me nello spazio e nelle idee e nient'altro che questo, ed averne apprezzate due tipologie diverse, con due persone molto diverse nel modo di fare in rete.

Aveva ragione la signorina Lecter quando parlava di recinti, e soprattutto quando parlava di valutare attentamente se quello che avevo davanti era amore o qualcos'altro, e stupida io se per qualche momento ho pensato che qualcuno di loro potesse darmi amore, oltre che divertimento.

Ma questo non mi fa divertire, per nulla.

Sento un colpo alla finestra, poi un altro, mi costringo ad alzarmi. Guardo giù in strada, ci sono loro due.

Torno a letto, vadano in malora. Con che coraggio si presentano qui?

Altro sasso. Scendo di nuovo dal letto e apro la finestra.

«Andate via o urlo»

«Vincent vuole parlarti»

«Non ha niente da dirmi»

«Questo è quello che pensi tu» mi dice lui e si rimette le mani in tasca. Ha la solita felpa sportiva, i soliti pantaloni di felpa.

«Certo. Ora andatevene»

«No, aspettiamo che cambi idea»

«Non cambio idea»

«'Solo gli stolti e i morti non cambiano mai le loro opinioni', James Russell Lowell, poeta ed attivista, abolizionista, lottò per informare ed educare attraverso le sue poesie» dice Vincent, Thomas lo guarda con accondiscendenza come se fosse un bimbo saputello.

«Sarò stolta»

«Ma ti credi che ti vogliamo mangiare?» dice Thomas scaldandosi.

«Non mi interessano i vostri argomenti»

«Hai sentito solo i suoi, Ana, se mi fai entrare ti rubo cinque minuti, lascio fuori Thomas, ha già fatto abbastanza danni» e Thomas fa l'offeso, appoggiandosi al palo dell'illuminazione. Chiudo la finestra e scendo già pentendomi, apro dicendo «Solo Vincent!» e richiudo immediatamente alle sue spalle.

Vincent aspetta in piedi, lo faccio accomodare sul divano tenendo un atteggiamento asciutto, sto sulle mie con le ginocchia tirate su.

«Ascolto, cos'hai da dire».

«Thomas si è espresso male, questo è abbastanza chiaro»

«Ma il senso è quello»

«No, Thomas ha un problema, è un ragazzo per tanti versi splendido e coinvolgente...»

«Quindi state insieme?»

«Vorrei finire» dice in maniera così netta che mi quieto all'istante, così riprende «Thomas non è bravo con le parole, gli voglio bene ma ha un vocabolario limitato che sopperisce con la fisicità, non può raccontare con completezza l'esperienza che vorremmo provare a costruire»

Poi fa un profondo respiro.

«Quando abbiamo parlato delle voci che ci riguardano, alla tua domanda ho risposto in maniera molto, come dire, lessicale. Proprio perchè provo un odio profondo per le etichette e le tratto esattamente per quello che sono: etichette»

«Non ti seguo» gli dico un po' spaesata da quel 'lessicale'.

«Io e Thomas siamo amici ma abbiamo rapporti, ma non siamo gay, la questione è molto più complessa e, se per lui è una specie di gioco di ruolo molto coinvolgente, per me è qualcosa di sfaccettato, che muta continuamente e che mi fa continuamente ripensare a tutta la mia vita ed anche al mio rapporto con la sessualità»

«Ti prego, parla più semplice, non ci sto capendo nulla, avete rapporti ma non siete gay? Mi sembra abbastanza infantile dire 'non sono gay' se hai rapporti omosessuali»

«Dal punto di vista biologico sono una femmina»

«Eh?» mi pare di aver capito male, come se avesse detto 'dal punto di vista biologico sono un formaggio spalmabile'. Lui sorride, conscio di aver fatto una battuta ad effetto.

«Sono una ragazza, non ho praticamente seno, presento caratteristiche da pseudoermafroditismo femminile» così dicendo sorride e dice «ho la patata».

«Ma stai scherzando?»

«Per nulla, se vuoi vedere non ci sono problemi, ormai è inutile nascondersi» e così dicendo si sbottona i jeans, se li abbassa ed abbassa i boxer di foggia maschile, completamente piatti. Ne esce un organo femminile non particolarmente carnoso, molto glabro. La cosa mi lascia assolutamente senza parole.

«Tecnicamente, io e te abbiamo avuto rapporti lesbo via chat» ride, ed io non riesco a dire null'altro che «Ma non c'è nulla da ridere!».

Rimaniamo io sul divano, lui in piedi, seminudo. Sospira.

«Dentro di me mi sento un ragazzo. Ma come puoi immaginare, non ho avuto una sessualità molto lineare. Se ti interessa, il mio non fare attività sportiva è legato a questo, diciamo che sarebbe troppo complesso da spiegare e, beh, non saprei nemmeno bene in quale spogliatoio sarebbe bene cambiarsi» sorride, so che non dovrei ma gli occhi continuano a fissare per lunghi tratti quella cosa che ha tra le gambe.

«Thomas è esuberante e abbiamo legato subito, il suo modo di fare mi ha colpito tantissimo e non so nemmeno perchè, gli ho raccontato la mia condizione. Ha iniziato a fare un numero esagerato di domande soprattutto su come funzionava il mio autoerotismo, e devo dire che la questione del desiderio di un fallo è stata un po' al centro di tutto»

«Puoi coprirti?» riesco a dire, più per me che per lui.

«Ok, scusami. Ho iniziato a raccontargli di tutto il mio mondo fantastico legato alla sessualità che non potevo mettere in pratica, parlavamo come due amici di sesso con ragazze, ma io in fondo sono una ragazza ed essermi trovato di fianco un vero ragazzo mi ha stravolto tutto. Lui era titubante, ha il terrore di essere considerato gay, e infatti devi scusarlo per la fila di cose che ti ha detto»

«Chiedi scusa tu per lui, perchè non lo può fare lui?» dico ripensando a tutte le cose orrende che mi sono sentito dire.

«Perchè è stupidamente orgoglioso, gli voglio bene ma ha questa fissa che un maschio come lui non deve dare l'impressione di cedere davanti alle ragazze, infatti non è capace di mettere in piedi un rapporto sereno. Per dirla in maniera terra terra è 'per la figa' e questa avventura con me ancora adesso sento che comunque non lo fa sentire appagato del tutto»

Mi guarda, si siede, più vicino a me.

«Ed in realtà, nemmeno io sento che questo viaggio è completo, e non so nemmeno perchè ho aggiunto te»

«Mi sono fatta questa domanda mille volte, perchè me?» diomando, sperando che almeno lui sappia rispondermi.

«Tutti parlavano di LoveAlert, tranne te, nonostante fossi in un gruppetto beh... conosci le tue amiche. Ma tu niente, ti vedevo come disinteressata a questa app, come se ti fregasse qualcos'altro. E non capivo se era perchè non volevi l'amore o perchè non volevi l'amore che gli altri pensavano di trovare in LoveAlert. Quando sei comparsa, ci siamo matchati e ti ho dato appuntamento, ci ho pensato molto. Se veramente l'amore per te non è qui dentro, e lo hai sempre detto in lungo ed in largo, forse eri tu la persona perfetta. E ne abbiamo avuto la controprova con quello che ci hai fatto provare in questi giorni. Non sei ipersessualizzata, non hai voluto fare sedute di sexting cercando di compiacere maschi che vogliono il tuo corpo, hai lasciato che succedessero le cose più belle che potevano succedere. Ed è successo qualcosa di splendido. Mentre raccontavo cosa avrei fatto a te, lo provavo su di me e giuro che è stato fantastico. Ho voglia di rifarlo insieme a te e lo so che sono fuori a chiedertelo ma vorrei esageratamente. Vorrei...»

Inizia a raccontare, ed io sono ipnotizzata dalle sue labbra che parlano, non sono più parole scritte in chat ma labbra che si muovono. Il desiderio presto vince sulla mia rabbia verso di loro, Vincent mi ha stregato anche questa volta con la sua fantasia, appaiono nella mia testa le scene che dipinge e non riesco a tenerle lontane, cedo e mi lascio andare, le mie mani scivolano giù e non le posso fermare.

Mi sciolgo, gemo, abbasso la guardia a livello zero, ascolto le sue parole che dicono di chiudere gli occhi e la sua mano si affianca alla mia, scendiamo insieme dentro di me, è fantastico mentre lui mi parla vicino al viso, vicinissimo, appoggia la fronte al mio collo, è l'unico punto del suo corpo che mi tocca oltre alla mano, parla e sento il suo respiro sulla pelle del petto.

Le nostre mani riemergono e si appoggiano nel suo mondo umido, nello stesso istante l'altra sua mano si appoggia nella stessa maniera su di me, è un sincronismo tra mani e parole che mi lascia senza fiato, ci esploriamo e quel corpo così particolare accende desideri che per la prima volta sento a portata di mano. Siamo nudi sul mio divano e le sue mani sono talmente potenti su di me che esplodo in un orgasmo che mi farebbe sentire dai vicini se non affondassi stavolta io il viso nel suo collo. Quando mi riprendo asciugo una lacrima da sforzo e dico semplicemente «Wow!».

Vincent mi guarda, è sudatissimo ed ha ancora un po' il fiato corto, si avvicina e dice «Chiamiamo Thomas, fidati». Torno improvvisamente alla realtà, al nucleo del nostro essere qui, a quella cosa che mi ha messo in crisi due giorni fa e che ora lo sta facendo di nuovo. Sento che mi contraggo e torno sulla difensiva.

«Lo so che ti blocca, anche Thomas era bloccato, ma è un gioco splendido. E non dico che durerà per sempre, ma durerà il tempo che ci piacerà»

«Vincent, ma tutto questo è...» e non mi vengono le parole, penso che sia qualcosa di esagerato, di non necessario, penso che sia quanto di più distante ci sia dal sentimento, che sia uno svilimento dei rapporti intimi, un indugiare 'sporco' sulle bizzarrie di un corpo.

«Nessuno sa cos'è, non mi chiedere cos'è, non lo so e ti assicuro che non lo sai nemmeno tu. E figurarsi se lo sa quell'adorabile scemo li fuori. Magari non ti piace, magari non piace nemmeno a me, ma non lo sappiamo. In questi ultimi giorni, mentre eravamo tra noi, abbiamo parlato tanto di questa cosa, tutti e due abbiamo fortissimo il desiderio di averti tra noi. Siamo pervertiti? Non lo so, ma sei stata così viva quando ci siamo visti online, che è inutile negarlo, hai polarizzato molti dei nostri pensieri»

«Ma sono pensieri, sono fantasie»

«Non sono più solo fantasie Ana, l'ho visto ora, mentre stavamo insieme, ho sperimentato quanto fantasia e realtà, con te, siano praticamente uguali, e appena abbiamo finito ho pensato 'Wow, se ci fosse stato anche Thomas!'»

Sospiro, in più di un momento, mentre sentivo il suo respiro e le sue mani addosso, avevo immaginato un Vincent maschile al 100%. Un Vincent, ecco, vorrei dirlo senza offesa, un Vincent col pisello. Sentirlo dire che anche lui ha sentito qualcosa che il suo corpo non può darci, mi fa capire che pur continuando a pensare che sia una cosa assurda e moralmente discutibile, dovremmo farlo entrare.

Come se mi leggesse nella mente, sorride al mio sospiro.

«L'unica domanda che ci faremo alla fine, o in qualsiasi momento, sarà 'mi sta piacendo?', secondo me è tutto qui. Non ha senso tirare in ballo la moralità. Non facciamo male a nessuno, non traumatizziamo nessuno e ti assicuro che di traumi sono esperto mondiale!»

Rido, ma penso che in fondo è vero, non facciamo male a nessuno.

Thomas sta fuori dalla porta come un cane da guardia che sogna di essere un cane da compagnia. Pudicamente mi rimetto la maglietta per accoglierlo, Vincent apre la porta, lui sorride, è felice come un bimbo su un gonfiabile. Lo spingiamo verso il divano, poi in un attimo di lucidità vedo la fodera, le sue pietose ed appiccicose condizioni.

«Uh, come farò a spiegarlo ai miei?»

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