Tió de Nadal - Merlin BBC AU

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Questa storia partecipa al concorso "Natale senza confini" del profilo FanfictionIT.

Ho deciso di raccontare la tradizione del "Caga tio" - sì, letteralmente è "Lo zio che fa la cacca", gli spagnoli sono strani - o "Tió de Nadal" perché mi sorprende che i genitori spagnoli lascino dire queste parole ai loro bambini e p-

Okay, facciamo i seri. Stavo cercando, in maniera molto professionale, una tradizione su cui scrivere, e mi sono ricordata di aver visto un cartone animato sul Caga tio. Detto, ricercato, fatto. Che storia romantica.

Da quando Artù si era risvegliato, ormai sei mesi prima, la vita di Merlino era stata decisamente movimentata. Il risveglio di Artù poteva significare solo una cosa: Albion aveva bisogno di loro. Ma senza il fido - mica tanto - amico drago Kilgharrah, Merlino non aveva idea su cosa fare, da dove iniziare. Non sapeva nemmeno perché Artù fosse tornato a camminare sulla terra in quel momento.

Non che gli dispiacesse, affatto. Era tutto quello che aveva desiderato, fin dal momento della sua morte - rivederlo era stato l'unico motivo per cui aveva continuato a vivere, giorno dopo giorno, sopportando la morte della madre, di Gaius, di Ginevra, di tutto ciò che restava del suo mondo. Guardando appassire ogni singolo fiore. Senza nulla a ricordargli di quello che era stato.

Aveva temuto di impazzire, più di una volta, aveva cercato Artù in ogni racconto, in ogni storia, in ogni rivisitazione della loro vita - non aveva trovato da nessuna parte il suo Artù. E un giorno, quando meno se lo aspettava, quando più ne aveva bisogno, era tornato - o meglio, apparso come un fungo sulle rive del lago.

Erano passati sei mesi, e Merlino ancora incappava in qualche vecchia abitudine. Non chiamare Artù "Maestà", anche se con tono strafottente, era più difficile di quanto Merlino si sarebbe aspettato. E non dovergli lucidare nessuna armatura... oh, era semplicemente assurdo!

Ancora più assurdo era svegliarsi al suo fianco, respirare il suo odore, e alzarsi per preparare la colazione a entrambi. Non che fossero una coppia. Non ne avevano mai parlato. Probabilmente Artù non lo aveva nemmeno mai pensato. Ma a Merlino non ne interessava - erano insieme, in salute, e felici. Tutto il resto poteva aspettare anche all'infinito - Albion, l'amore, la mattonella mancante sul pavimento in cui inciampava ogni dannato giorno.

Ma il loro pacifico stato di non-coppietta londinese stava per essere minata non solo dall'arrivo della neve, che pure gli avrebbe proibito di lasciare casa in auto, ma soprattutto dall'arrivo del Natale. Mentre Merlino, bene o male, conosceva l'origine della festa, per Artù era una novità bizzarra. Camminava con il naso per l'aria, guardando con gli occhi di un bambino le luci e i giganteschi pacchi regalo. Tornava a casa, poi, e restava zitto per tutto il resto della giornata - conscio di non appartenere a quell'epoca, di non farne davvero parte.

A Merlino si stringeva il cuore, ogni volta che lo vedeva così. E cercava di rassicurarlo, in ogni modo, cercava di scalare quelle mura di desolazione che Artù aveva eretto attorno a sé, ma sapeva quanto sapesse di solitudine, essere in un'epoca diversa, in un mondo diverso.

Merlino era cresciuto con il mondo, si era evoluto con esso - Artù, invece, era letteralmente stato catapultato in un mondo lontano anni luce da quello dove era nato e cresciuto.

"Sai...", una sera, dopo ore alla ricerca della tradizione natalizia più buffa da presentare ad Artù, Merlino lo raggiunse sul divano, con due cioccolate calde - decisamente non preparate da lui - e dei biscotti - anche quelli, dritti dritti dal supermarket - tra le mani. Dio solo sa come facevano a restare in equilibrio. "Ho trovato una cosa tra il divertente e il ridicolo da fare".

"Mh?", Artù inarcò un sopracciglio, alzando lo sguardo su Merlino e prendendo la cioccolata calda e qualche biscotto con un cenno di ringraziamento. "Perché dovremmo fare qualcosa di divertente e ridicolo invece di quello che facciamo sempre, cioè il nulla assoluto?"

"Perché è quasi Natale. E perché voglio vederti sorridere, testa di fagiolo. Ultimamente sembri un po' giù..."

"Giù?"

"Un po'... triste", si spiegò Merlino, rendendosi conto che effettivamente, Artù ancora non conosceva molto i modi di parlare e di esprimersi nel ventunesimo secolo. "So che tutto questo può sembrare assurdo, e travolgente: ci sono passato anche io, Artù. Ma il mondo di oggi è bello, anche se diverso dal nostro. E voglio più di ogni altra cosa che tu possa viverlo con leggerezza, con serenità".

"Come posso viverlo con serenità, se non so perché sono qui? Se non so cosa succederà poi?", Artù scosse la testa, sorseggiando la cioccolata e bruciandosi la lingua. Fece una smorfia, per poi ingozzarsi letteralmente di biscotti. "Non so nemmeno se mi spetterà una vita normale, o se sparirò di nuovo in quel lago, Merlino".

Merlino si irrigidì appena - era vero, se lo era chiesto anche lui, ogni tanto. Se non fossero riusciti ad aiutare Albion, o anche se fossero riusciti a farlo, adempiendo quindi al loro destino, Artù sarebbe morto di nuovo? Merlino sarebbe rimasto solo, ancora una volta, ad aspettare chissà quale ritorno? O sarebbe morto anche il potente mago?

"La paura per il futuro non ti concede di sprecare il presente, testa di fagiolo, quindi finisci quella cioccolata senza procurarti ustioni di terzo grado e alzati. Dobbiamo rimpinzare lo zio".

"...sei ubriaco o solo scemo, Merlino?"

"Allora. La tradizione che andremo a esplorare e fare nostra ha origini spagnole, e si chiama Zio di Natale. Fin qui mi segui?"

"Merlino, fino a prova contraria, non sono totalmente scemo", Artù alzò gli occhi al cielo, guardando poi con una certa curiosità il ceppo di legno che Merlino aveva messo nel bel mezzo del loro salotto. "Ti seguo".

"L'8 dicembre, e sì, so che è già il tredici e che quindi siamo in ritardo, ma lo faremo lo stesso, si inizia a dar da mangiare, notte dopo notte, ad un tronco, che si copre con una coperta per non fargli avere freddo durante la notte".

"Abbiamo i riscaldamenti! Non serve che si prenda la mia coperta preferita!", obiettò Artù, guardando con astio il tronco ladrone.

"Buon Dio, è un gioco, Artù, non devi prendere tutto alla lettera", Merlino sistemò la coperta sul dorso del tronco, per poi tornare a spiegare. "Il coso, tronco, questo affare pesantissimo, si mette al centro della casa-"

"Della sala".

"Abbiamo un appartamento piccolo, accontentati. Si mette al centro della sala su una coperta di colori vivaci-"

"Sul tappetino della doccia".

"Hai finito di correggermi?", Merlino si passò una mano tra i capelli scuri, con un "Non ce la posso fare" appena sussurrato, per poi tornare serio. "Si mette al centro della sala sul tappetino della doccia e a Natale i due dementi qui presenti sono invitati a bastonarlo affinché cachi i dolci e i regali, magari cercando di non distruggere i sopracitati regali, cantando intanto una canzone spagnola di cui ancora non capisco le parole. Ora è chiaro?"

Artù inarcò un sopracciglio - aveva fatto perdere la pazienza a Merlino o se lo era immaginato? Annuì, cauto. "Tutto chiaro, sì. Quando cominciamo con i regali?"

Il 24 di Dicembre era passato, per lo più, come ogni altro giorno - Merlino era andato in biblioteca, dove ormai spendeva la maggior parte del suo tempo, pur di scoprire qualcosa su Albion, e Artù era rimasto a casa, a seguire i corsi di un'università online di giurisprudenza e a cercarsi un lavoretto, anche solo part-time, per non dover pesare eccessivamente sull'esiguo conto in banca di Merlino.

Avevano deciso, i due, di far andare di corpo lo Zio dopo cena, poco prima di mezzanotte, così forse anche il famoso Babbo Natale avrebbe fatto capolino per salutare i due e lasciare il suo regalo. Artù continuava a insistere affinché Merlino denunciasse questo "Babbo Natale" - chi era per entrare in casa loro non solo senza permesso, ma anche senza farsi vedere, con la scusa dei regali? No, no, quella per Artù era un'effrazione bella e buona, e doveva essere punita.

Così, dato che Merlino ancora non era tornato a casa - dannato! - e di conseguenza era solo, Artù decise di fare un agguato a questo famigerato Babbo Natale. Merlino sarebbe stato fiero di lui, ne era certo, se gli avesse fatto ritrovare quel criminale da consegnare alla polizia!

"Scusami il ritardo, ho pensato di pass- PER I PELI DEL NASO DI GAIUS!", fu, ovviamente, il povero Merlino, e non Babbo Natale, a finire nella trappola del principe di Camelot, ritrovandoselo letteralmente addosso e cadendo a terra, con tutto il peso di Artù addosso. "...ahia".

"Oh, diamine, scusa. Stavo aspettando Babbo Natale, e tu non eri ancora tornato, e...", Artù, imbarazzato, non pensò subito che giustamente il suo peso stava vagamente soffocando Merlino, e si tolse da lì solo dopo un paio di minuti di sproloquio. Adocchiò le buste che Merlino aveva fatto cadere, inarcando un sopracciglio. "Cos'è?"

"La cena", esalò Merlino, mettendosi a sedere e sistemandosi i capelli. "Stavo cercando del cibo spagnolo per stasera, visto che lo Zio è spagnolo, ma ho fatto tardi e ho trovato aperto solo il turco. Spero non ti dispiaccia una cena a base di kebab".

"Una cena a base di che barba?", chiese, decisamente confuso, Artù. "Perché dovrei mangiare barba? Non credo sia granché gustosa, insomma-"

"Kebab, testa di fagiolo, kebab, è un cibo, non ha niente a che fare con il tuo pelo", Merlino si alzò in piedi, entrando nell'appartamento e mettendo a tavola il da mangiare - ormai freddo, ma, doveva ammetterlo, ancora abbastanza gustoso.

Mangiarono in silenzio - ma anche se non aveva detto niente, Artù non aveva particolarmente gradito il pasto. Merlino se ne era reso conto da quante volte aveva avuto bisogno di acqua per mandare giù i bocconi. Come un bambino non esageratamente viziato, pensò, con un sorriso, alzandosi dalla sedia e dando un lieve bacio sulla guancia al ragazzo.

"Dai, lo Zio ha aspettato abbastanza, secondo me è a tanto così dall'esplodere".

I due presero in mano i bastoni - che altro non erano se non ombrelli - e si misero davanti al povero ceppo, che presto sarebbe stato ridotto a legna da ardere.

"Com'era la canzoncina?", chiese Artù, dopo un attimo di silenzio durante il quale aveva cercato di ricordare il testo, invano. Lo spagnolo decisamente non era il suo forte.

"Caga tió ametlles i torró", canticchiò Merlino, dando un colpo al ceppo ma finendo erroneamente per darsi l'ombrello sui piedi. "No caguis arangades que són massa salades: caga torrons que són més bons. Stiamo praticamente facendo un clistere a un tronco".

"...non so cosa sia questo clistere, ma non promette bene", rifletté a voce alta Artù, ricordando, per grazia divina, la seconda parte della canzoncina. "Caga tió ametlles i torró. Si no vols cagar et donaré un cop de bastó. Caga tió!"

"Con quanta convinzione!", ridacchiò il corvino, mentre la coperta scivolava via dal dorso del fiero tronco, rivelando i regali. Si chinò sulle ginocchia, porgendo un pacchetto ad Artù e sorridendo. "Cominciamo con le cose dolci, così ti sciacqui via l'amarezza della cena. Anche se avresti potuto dirmelo, che non ti piaceva".

"Ma io...", Artù arrossì, imbarazzato per l'essersi fatto scoprire così facilmente, e scartò il pacchetto a testa bassa, guardando con confusione il suo contenuto. "Cosa sono?"

"Scones. Mentirei, dicendo che sono caldi, ma sono stati preparati oggi: credo siano più buoni di quello che sembrano", Merlino sorrise, e Artù annuì, poggiando il pacchetto sul tavolo per porgerne uno più piccolo al giovane mago. Merlino lo prese tra le dita, rigirandolo per un attimo, come nel tentativo di capirne il contenuto. Conteneva... "Oh, Excalibur...", mormorò, sorpreso, vedendo il portachiavi con la piccola spada.

"Non le somiglia un granché, insomma, tanto per cominciare, la lega metallica non è giusta, ed è decisamente troppo piccola per fare del male, ma..."

"E' bellissima, testa di fagiolo, davvero. Davvero", gli occhi di Merlino brillavano, e continuarono a brillare durante tutto lo scambio dei regali.

Un maglione di lana con su ricamato un drago per Merlino, un corso di scherma medievale per Artù.

Una nuova coperta per Artù, un libro sull'uso delle erbe in medicina per Merlino.

E così via.

Era ormai passata l'una di notte quando Merlino si lasciò cadere per terra, come se scartare tutti quei piccoli regali fosse stato per lui fisicamente stancante. "Bene, abbiamo finit-"

"No, non ancora".

"Mh?", Merlino alzò lo sguardo su Artù, confuso. Era certo che non ci fossero più regali! Perché Artù diceva che non era così? "Che hai in man- oh".

Vischio.

Artù aveva in viso un sorriso furbo, e in mano un rametto di vischio.

"Non sei l'unico a saper usare Internet per fare delle ricerche simpatiche, Merlino", sorrise, tranquillo, il principe di Camelot, sedendosi davanti al mago e sventolandogli il rametto davanti al naso. "Onestamente, non sono riuscito a capire se il vischio andava usato a Natale o a Capodanno, ma a interessarmi era più il cosa che il quando".

Merlino, intanto, era vagamente andato in tilt.

Cosa voleva che facesse, Artù?

"Secondo un utilissimo sito che si chiama Focus Junior o qualcosa di simile, il vischio è simbolo di amore e fortuna, e porta bene baciarsi sotto di esso", Artù socchiuse gli occhi brillanti, inclinando la testa. "Una parte di me voleva appenderlo sulla porta d'ingresso e coglierti di sorpresa, ma non sarebbe stato esattamente corretto, non trovi?"

"Detto da quello che mi è saltato addosso credendomi Babbo Natale...", bofonchiò Merlino, con le guance rosse. Quindi Artù cosa ci voleva fare, con quel vischio?

"Scusami. Quello è stato un errore di calcolo", ammise Artù, per poi avvicinare il viso a quello di Merlino. "C'è un incantesimo per far... come si dice? Lievitare? Levitare?"

"Levitare. Il lievito si usa per far ricrescere determinati cibi".

"C'è un incantesimo per far levitare gli oggetti?"

Con un groppo in gola, Merlino annuì, e si ritrovò, non sapeva nemmeno lui come, con il rametto di vischio tra le dita. Socchiuse gli occhi, che si colorarono d'oro come ogni volta che usava la magia, e mormorò a fior di labbra un "cumen theoden", mentre il rametto iniziava a tremare, sollevandosi in un lentissimo volo.

Artù alzò lo sguardo solo per un secondo, guardando il rametto di vischio, che ora lievitava - no, levitava - sulle loro teste, come fosse appeso a qualche filo. Senza pensarci due volte, prese delicatamente tra le mani il viso di Merlino, lasciando sulle labbra arricciate del mago un bacio più esitante del previsto.

Merlino si irrigidì, interrompendo l'incantesimo sul rametto di vischio che gli finì dritto in testa, prima di chiudere gli occhi e sorridere nel ricambiare il bacio.

"Buon Natale, Merlino", mormorò dopo un po' Artù, staccandosi dalla bacio e togliendo dai capelli del corvino il povero rametto maltrattato.

Gli occhi di Merlino brillavano - ma non di magia, decisamente no.

Merlino non era mai stato così felice.

"Buon Natale, Artù", sussurrò, spostando lo sguardo sul tronco decisamente esuberante che avrebbe dovuto trovare un modo di togliere dal salotto. "E grazie per i regali, Zio".

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