Fine di un incubo

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James riemerse dal torpore, ma non aprì subito gli occhi, si concentrò sulle sensazioni che il corpo gli trasmetteva.

La nausea fu la prima sofferenza, seguita dal tormento soffocato, che gli percorreva il fianco destro. Avvertiva una sensazione di spossatezza che non riusciva a scrollarsi di dosso.

Un vociare basso lo disturbava, e nonostante tenesse le palpebre abbassate percepiva ombre e luci, ma finirono per infastidirlo. Cercò conforto nel sonno.

Si chiese dove si trovasse: di certo era disteso supino e avvolto dalla morbidezza di un lenzuolo.

Le narici avvertirono il fastidioso odore di disinfettante, lo stesso che lo perseguitò anni prima quando, da adolescente, lo ricoverarono in ospedale.

Il cervello marciava a regime basso e lento: non si trovava nel nuovo ufficio e neppure nella sua camera dalla signora Mallory.

Le voci gli penetravano la mente come se volessero riportarlo oltre la cortina ovattata che lo avviluppava, avrebbe voluto dormire, ma qualcosa glielo impediva, una promessa che si era imposto di mantenere.

Forse il mondo aveva smesso di girare e si era fermato, la sua giornata, di conseguenza era cambiata.

Respirò più volte, sentendo un delicato profumo di lavanda che risvegliò i suoi sensi. Uno strano calore gli scaldava la mano, risalendo lungo il braccio e su fino al cuore. Ne riceveva un conforto piacevole nonostante fosse irrigidito.

Si sentiva amato. Sì, poteva dire di essere circondato dall'amore.

Una forza costante e misteriosa lo tratteneva, lo voleva, lo desiderava e si addolorava per lui. Doveva costringersi a vedere chi lo cercasse con tanto ardore.

"James..."

Una nota dolce lo chiamò e lo riportò indietro.

"Sono qui, vicina a te."

La nebbia che lo opprimeva si squarciò, e fu luce totale e improvvisa; Si trovò disteso in un letto bianco, il dolore al fianco lo morse acido e impietoso, lo costrinse a una smorfia cercando di ispirare tutta l'aria che trovava.

Sollevò le palpebre, vincendo il buio

"Amber..."biascicò stremato quando la vide.

"Sì, amore mio, eccomi qui."

Il bel volto della donna che amava si mostrò, le sue labbra perfette, gli occhi verdi annegati nei suoi, i lunghi capelli che le ricadevano disordinati sulle spalle.

Sentì un bacio nella guancia, e poi sulla bocca, lieve e tremante.

"Dove siamo.." sussurrò cercando di stringere la mano con la poca forza che gli scorreva nel corpo.

"Sei in ospedale, hai perso molto sangue. Ricordi cosa è accaduto?" chiese con un sorriso doloroso, lo sguardo arrossato e stanco.

"Mi ricordo qualcosa." Mormorò senza fiato, non riuscendo a capire perché fosse di nuovo al saint Bart. "Mi dispiace per questo guaio."

"Non c'è nulla di cui dispiacersi. Il peggio è passato." rispose la giovane con un lungo sospiro.

"Starai meglio, fratellino." la voce pacata di Benedict lo avvolse. Si girò e lo trovò dritto in piedi, al capo del letto, i capelli ancora troppo corti, e quella cicatrice che gli rammentavano un'angoscia ravvicinata.

Un brivido lo percorse. "Ben..." Il rimpianto di averlo deluso gli passò nella mente. Cosa aveva combinato per averli tutti intorno?

"Stai tranquillo. Siamo insieme a te, ragazzo mio. Non darti colpe per ciò che è accaduto con Wallace." Rispose con calma, leggendo nei suoi pensieri.

Fu pronunciare quel nome che scoperchiò il vaso di Pandora dei ricordi.

Ora rammentava: la riunione, il suocero, la pistola e lo sparo, il dolore, la ferita e la paura di perdere Amber.

"Henry...ha sparato in ufficio! C'era anche Jacob! Come sta?"

"Sta bene. Ma tu sei in ospedale, un'altra volta da me."

Fu il cognato a parlare, il bravo dottore a cui, con molta probabilità, doveva la vita.

"La sua mira non è stata un granché. Hai un buco nel fianco e hai perso un bel po' di sangue, ma stai già meglio, te lo assicuro." Si avvicinò con la solita flemma, sicuro del compito di medico, gli sistemò la flebo con un sorriso rassicurante. "Tu che temi tanto gli aghi, guarda quanti ne hai addosso."

Ridacchiò insieme a Ben e questo lo tranquillizzò, immaginò che la parte peggiore fosse passata.

"Sono ferito.." mormorò guardandosi e mettendo a fuoco la stanza molto simile a quella dove fu ricoverato il fratello maggiore.

Quando vide il braccio immobilizzato dall'accesso della terapia endovenosa con le sacche di liquidi e di plasma, ebbe un moto di nausea.

Gabe se ne accorse e lo sgridò bonariamente.

"Hai passato di peggio, ragazzino. Ti abbiamo ricucito con attenzione, ora non provare a stare male."

"Gabriel, sei sempre il solito!" La donna lo spinse via brontolando. "Avanti, così lo spaventi." Intrecciò più forte le dita alle sue, sorridendogli tranquilla.

Si calmò, ma c'era una domanda che lo turbava.

"E Wallace?" chiese preoccupato, si ricordava degli spari, dei rumori e delle grida.

Benedict cambiò di colpo espressione, si avvicinò al letto. "Le guardie hanno reagito, nello scontro che ne è seguito, è stato colpito." si interruppe guardando il cognato.

Fu lui che continuò in modo professionale. "Purtroppo si è aggravato durante la notte, non ha avuto la tua fortuna."

James sentì acutizzarsi la fitta al fianco.

"Quanto grave?" balbettò incerto.

"È in coma, il proiettile gli ha trapassato il polmone, é arrivato ipossico." Il medico rispose senza alcuna inflessione nella voce.

"Dio...e Margot?" non aveva un motivo preciso per quel senso di pietà, ma anche lei era stata una vittima del padre.

Amber gli accarezzò la guancia, capiva il suo stato d'animo, avevano fatto parte della sua vita fino a poco tempo prima.

"Non ti preoccupare per lei, Jacob, nonostante tutto, è vicino alla famiglia."

Socchiuse le palpebre e si morse le labbra per il dolore. Gli sembrò di precipitare in un baratro oscuro.

La donna si chinò e gli toccò la fronte. "Sta sereno, ci penserai dopo, non è facile per nessuno."

Riaprì gli occhi e le rivolse lo sguardo. "Roberts allora sta bene!"

"Sì, amore, si è salvato per la prontezza di riflessi delle guardie. È lui che si occupato di darti il primo soccorso, è riuscito a tamponare la ferita." Sorrise, ma la sua voce gentile si spezzò. "Chi poteva aspettarsi da Wallace una reazione del genere? Ma ora non c'è più alcun pericolo."

Rabbrividì e lei si staccò per sistemargli il cuscino e rimboccargli il lenzuolo.

"Sei pallido, hai bisogno di riposare."

Sentì la debolezza trascinarlo giù, lottò per restare sveglio, ma si arrese, afferrò la sua mano e la cercò con lo sguardo.

Gabriel intervenne e lo esaminò, aumentò l'antidolorifico. "Basta strapazzi! Amber rimarrà qui con te, stai tranquillo, devi riprendere le forze. "

Benedict sollevò le sopracciglia turbato. "Siamo qui intorno, conta anche su di noi. So che preferisci il conforto della tua compagna, ma non abusarne." Il maggiore gli accarezzò con affetto la spalla, e lo baciò in fronte. Aveva gli occhi lucidi.

"Ti voglio bene fratellino. Guarisci in fretta."

Gabe lo trascinò fuori, cercando di tranquillizzarlo. Non voleva che il compagno si abbattesse per la situazione del minore.

James era in buone mani con lei.

Prima di cedere al sonno, tentò un sorriso forzato. "Non volevo farti preoccupare. Ti avevo promesso una serata a cena. Mi dispiace per Lise."

"Ho trovato una scusa, le spiegherò tutto più tardi. Ora non ha importanza, avremo tempo. Sei con me e sei vivo. Non voglio altro."

Annuì consapevole del rischio passato e si assopì sereno.

"Dormi, sai che sono qui."

Si chinò e gli sfiorò le labbra con un bacio.

Sentirne il sapore fu il dono più bello di quella giornata sfortunata.

*******

Lo svegliò la luce del sole conscio di aver dormito profondamente, senza alcun sogno. Lei riposava sulla poltrona vicino al letto. Un plaid leggero la copriva, immaginò una premura di Gabriel.

Gli pareva di averlo sentito parlare nel dormiveglia. Certo la vita gli sembrò buffa, ora le parti si erano invertite, c'era Amber a prendersi cura di lui. Si raddrizzò per guardarla meglio ma la ferita gli rimandò una fitta acuta. Soffiò aria, ma nonostante il dolore si sentiva felice di essere vivo.

Appoggiata sul tavolo della stanza, da una borsa, spuntava il vestito blu che indossò il giorno dell'attentato, un pezzo di manica della camicia appariva strappato e sporco di sangue.

Era stato fortunato.

Lasciò che riposasse, guardò la finestra: la giornata era illuminata dal sole, desiderò che fosse una delle tante che avrebbero passato insieme. Fu uno stupido nel farsi tanti problemi, la donna che amava si trovava al suo fianco.

Era una meraviglia avvolta dal sonno, la mano, piccola e delicata, poggiata sulla sua, proprio nel modo che usò con Ben tempo prima. Il cuore gli batteva forte nel petto, sentiva il desiderio di donare ad Amber e Lise tutto l'amore possibile.

Anche se il rapporto con la bambina si dimostrava un'incognita, diventare un padre acquisito, lo investiva di orgoglio e di responsabilità.

La giovane si mosse, sollevò la testa, gli sorrise contenta di vederlo sveglio.

"Perché non mi hai chiamato." Si stiracchiò, si avvicinò per chinarsi e baciarlo.

"Come sta il mio uomo preferito? Hai dormito profondamente, non hai nemmeno sentito entrare nella stanza Gabe che ti ha medicato, ti sei lamentato solo un po'."

Lo accarezzò sulla guancia già ispida per la barba.

"Sto bene e ho bisogno di baciarti." disse attirandola a sé con il braccio libero.

Si sciolse in una bellissima risata che lo rincuorò.

"Gabriel ci sgriderà! Sei ancora debole." Ma gli esplose un sorriso malizioso in volto

"Non sarà per un semplice bacio!" rispose aspettando la mossa della donna, che indugiò un po' prima di posare le labbra sulle sue.

Avevano un aroma fruttato che lo stregò, cercò la forza per ricambiarla.

Lo accarezzò in fronte, e ridacchiò serena. "Dovrò rasarti, uomo! Pizzichi!"

Il cognato arrivò poco dopo per la medicazione e insistette che andasse a fare colazione. Se pur protestando li lasciò da soli.

Lui la guardò uscire e si intristì.

"Che hai ragazzo? Non mi piace la faccia che hai fatto!"

"Non mi ricordo niente di quello che è successo. E mi sento in pena per averla fatta soffrire. Non ho avuto il coraggio di chiederle nulla, visto che ora sembra serena."

"Eri svenuto," Sospirò e gli tremò la mano, ma subito acquisì sicurezza mentre gli toglieva la benda sul fianco.

James ebbe la malaugurata idea di guardare la ferita e sbiancò.

Sussultò con una smorfia di dolore.

"Gabriel..." farfugliò chiedendo aiuto.

"Ehi, giovanotto non fare scherzi!" si fermò preoccupato, si tolse i guanti e lo raggiunse dall'altro lato, gli prese il polso e cercò di tranquillizzarlo.

Il giovane balbettò. "Odio gli aghi, e mi viene la nausea vedere quel buco."

"Lo so, per questo sono io che mi occupo di te. Stai tranquillo non guardare. Riprendo più tardi."

Finalmente riacquistò colore e la voglia di capire cosa successe.

"Come reagirono Amber e Benedict sapendo dell'attentato?"

L'altro scosse la testa rossa.

"Sei sicuro di volerlo sapere, non mi sverrai di nuovo?"

"No, sto meglio, puoi parlare." biascicò cercando di farsi forza.

"Roberts ha chiamato in clinica spiegandomi tutto. Dopo averti visto, con le dovute cautele, ho avvisato entrambi." Sospirò e riprese fiato. "Sei arrivato al pronto soccorso prima di loro per mia fortuna, se ti avessero trovato coperto di sangue sarebbe stato difficile tenerli calmi."

Si massaggiò la nuca e continuò." Fortunatamente non eri in pericolo. Lei è arrivata qui insieme a Ben. Erano disperati, anche se tuo fratello si conteneva per darle coraggio. Ha pianto ma si è subito fatta forte quando lo accompagnata da te."

"Ero da solo in ambulanza? Mi sembrava di aver intravisto Jacob."

Il dottore riprese stancamente.

"È salito nel mezzo con te. Era sconvolto, ma gli devi la vita." Si fermò abbassando il tono. "Ragazzo mio, mi si è spezzato il cuore mentre ti prestavo le prime cure. Ma i colleghi mi sono stati di aiuto, e in breve ti abbiamo recuperato."

James gli afferrò la manica e ribadì. "Mi ricordo soltanto che la guardia lo buttò a terra."

"E ciò lo salvò, Henry gli era troppo vicino, ma sparò ancora e risposero al fuoco. Il resto lo sai."

Il giovane notò i suoi gli occhi arrossati. Gabe pativa un senso di impotenza per ciò che era accaduto. Infatti, sbottò.

"Come Wallace abbia potuto arrivare a un gesto del genere è incomprensibile. Roberts mi disse che, alla riunione, gli furono addebitati degli ammanchi e lui perse il controllo. Quando seppe che eri stato assunto, ti accusò di aver parlato. Il tuo capo ti difese replicando che le scritture contabili lo smascheravano senza ombra di dubbio."

Gabriel gli versò dell'acqua e lo aiutò a berne un sorso, si prese del tempo per raccontargli il resto.

"Tuo suocero sembrò ragionare e se ne andò in modo repentino, ma il tuo principale insospettito che lasciasse cadere la questione, lo fece seguire, chiamando la security."

"Venne da me per spararmi dunque?" chiese costernato.

"O forse a minacciarti, oppure a spaventarti! Fatto sta che Roberts si tormenta per essere arrivato con le guardie ed è convinto che questo lo abbia portato a perdere la testa."

Il dottore posò il bicchiere vuoto, gli sorrise e tornò al suo lavoro. "Sei stabile adesso? Fa il bravo che devo finire. Voltati e guarda il panorama alla finestra."

Lui ubbidì, ma aveva ancora una domanda. "Hai visto Henry?" farfugliò addolorato.

Il cognato tossì. "Sì, l'ho in cura ed è grave, stiamo facendo il necessario per salvarlo."

Lasciò cadere una benda, e brontolò. "Nonostante io sia un medico non riesco ad assolverlo. Scusami! Potevi non essere qui in questo momento."

La voce gli si ruppe, tanto che James compresa la difficoltà in cui si trovava, non gli chiese altro. Nel frattempo, Amber tornò.

Sensibile com'era capì che si erano parlati, si avvicinò, gli prese la mano e lo baciò in fronte, mentre Gabe finiva il suo lavoro.

"E' solo una cicatrice che col tempo non noterai più, il nostro Gabriel è attento e capace."

"Lo so, non saprei come fare senza di lui, mi manca l'aria nel vedere la ferita." Le confessò abbattuto.

"Ti ci abituerai, la supererai, ne sono sicura."

Il dottore ridacchiò, riprendendo la sua flemma.

"Smettetela piccioncini, lasciatemi lavorare. Per fortuna che la nostra amica non si infastidisce per gli ospedali." borbottò divertito.

Rimasero in silenzio, durante la medicazione si sentiva soltanto il ticchettio dei ferri chirurgici.

Quello fu il primo di molti altri giorni di cure e medicazioni, mentre il dolore iniziò a scemare lentamente.

La famiglia gli innalzò un muro di amorevole protezione per non farlo agitare.

Soprattutto quando fu dichiarata la morte cerebrale di Henry e, la moglie Clarice con Margot, acconsentirono agli espianti.

Quel giorno di lutto, il fratello cercò le parole giuste per dirglielo, ma lo capì da subito. Pianse in silenzio aggrappandosi prima a Ben poi ad Amber che lo aiutarono a superare il dolore.

Nonostante tutto il male che gli inflisse il suocero, aveva fatto parte della sua vita e Benedict che possedeva un cuore grande, si incaricò di seguire le due donne per il funerale, fissato per la settimana successiva.

Anche Jacob, fornì loro assistenza per lenire la perdita, collaborarono insieme per mettere a tacere lo scandalo che ruotava attorno alla famiglia Wallace. Margot, poco dopo, firmò il divorzio senza porre vincoli.

James si sentì libero, l'incubo e tutta la sofferenza che sopportò finirono.

Il fratello divenne il suo portavoce, e visto il momento difficile filtrò le visite e tenne lontani i curiosi. Solo Roberts poté parlagli, e si scusò più volte per ciò che successe. Riuscì a contenere il disastro che ne seguì e riportò un minimo di serenità in ufficio.

Volevano che guarisse lontano da qualsiasi angoscia e lui contava nel sostegno di chi lo amava. Gabe lo assisteva con dedizione, nessuna tensione si insinuò nel loro rapporto, superando entrambi l'incidente di Ben.

In quei giorni, Amber non lo lasciava che poche ore, giusto per riposare e cambiarsi. Benedict la giustificò al lavoro a Oxford, così passarono ore a parlare di progetti futuri e anche delle difficoltà da affrontare. Avevano trascorso più settimane lì dentro che fuori, del Saint Bart ormai conoscevano ogni angolo nascosto.

Quando fu abbastanza forte per alzarsi, prese coraggio e chiese alla compagna di vedere Lise.

La giovane lo guardò in un misto di preoccupazione e gioia.

"Ne sei sicuro? Qui, in ospedale?"

Sorrise enigmatico, in realtà ci pensava da tempo. "Qualcuno mi ha detto che la bambina deve fare dei controlli, e non ti dirò chi!"

Lei rise, doveva portare la figlia da Gabriel per aggiustare la terapia del diabete.

"Come hai fatto a farlo parlare razza di furbetto? Di solito non si lascia andare a confidenze sui suoi pazienti."

Stavano muovendo pochi passi attraverso la stanza, era ancora insicuro e si teneva stretto al suo braccio.

La osservò con gli occhi lucenti. "Sarà compito mio in futuro, avere cura della bambina."

Si fermò e l'attirò a sé, cercando le sue labbra, ma lei affondò le mani sul suo petto per fermarlo. "Devi rimetterti in salute." disse con aria seriosa.

"Sono guarito e mi piace così tanto baciarti e molto di più." cercò di abbracciarla.

"Non ancora, è troppo presto." Provò a trattenerlo, ma le risultava difficile visto che acquisiva forza ogni giorno di più.

"Da quanto ti desidero direi che sto bene." La donna accennò una risata, da un po' di giorni dimostrava un interesse particolare nel tenerla stretta tra le sue braccia.

"Ti amo e fatico a trattenermi, ma sarò bravo e aspetterò che tu lo voglia." Le appoggiò la fronte sulla spalla e si abbandonò trovando conforto.

Amber avvertì la sua incertezza mentre lo abbracciava, gli sussurrò con voce calda e amorevole.

"Credi che io non ti desideri? È una tortura cambiarti, lavarti, farti la barba e trovare la forza per non coprirti di baci. Ti vorrei adesso, ma temo che il nostro amico medico mi ucciderebbe."

Lui rimase tra le sue braccia e si lasciò coccolare. "Lo so che sei saggia..."

Quando si staccò, Amber gli prese il volto con entrambe le mani e affermò.

"Domani ti porterò Lise, però prima ne parlerò con Gabe, niente inutili sforzi."

Il giovane annuì, la voglia di stare tutti e tre insieme era una necessità, si sentiva pronto ad affrontare quel passo importante della sua vita.

"Bene donna!" mormorò con gli occhi offuscati, "parla con il grande capo. Io sono a disposizione e non mi muovo da qui."

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