Il passato è il nostro segreto.

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James con i gomiti piantati sul tavolo della cucina si reggeva il mento con le mani, vacillando, incapace di riprendersi.

Era arrivato a un punto di rottura con Gabriel e questo, avrebbe compromesso il rapporto con il fratello.

Si chiese se quella parte della sua vita, che cercò di nascondere con accanimento, ora dovesse venire alla luce. Si ripromise di non tacere più, lo fece con Margot temendo che non lo comprendesse. Decise di essere sincero con Amber e non nasconderle nulla, anche se ciò poteva compromettere il loro legame.

Nel profondo del cuore, riconosceva che era una donna capace di accettare gli errori fatti nei momenti di sconforto.

Avvertì un rumore provenire dalla stanza, si alzò e riassettò la cucina prima di andare a trovarla.

Bussò, la trovò che sonnecchiava: uno chignon raccoglieva la chioma scura, il volto pallido affondato nel cuscino. Le braccia erano abbandonate sopra al lenzuolo, qualche livido sul dorso delle mani dimostrava quello che patì in quelle ore.

Il cuore gli mancò un battito.

Come se lo avesse sentito, alzò lo sguardo e lo fissò un po' stordita. Si tranquillizzò perché nei suoi occhi verdi non traspariva alcun sentimento di rabbia nei suoi confronti.

"Ciao Amber," mormorò avvicinandosi. "Sono qui. Lascia che mi prenda cura di te, in parte per rimediare al danno che ti ho causato." Si accomodò sul bordo del letto.

Aspettò che si svegliasse.

"Sei rimasto quindi!" sospirò, toccandosi il labbro ferito. "Che è successo? Ti ho sentito parlare forte. Hai litigato con Gabriel?"

Lui scosse la testa. "Eravamo tutti e due tesi, la mia situazione ha cambiato degli equilibri delicati e non riesco a trovare un'intesa. L'ho mandato da Benedict a chiarirsi."

"E tuo fratello? Non vai da lui." chiese incuriosita che si fosse trattenuto dal tornare in ospedale.

"Sta molto meglio e può rimanere con Gabe" sospirò, "credo che adesso lo preferisca."

Fece per alzarsi e l'aiutò. Si sciolse i capelli che caddero fluenti sulle spalle. Indossava il pigiama con dei gattini colorati che aveva trovato in un cassetto. Sorrise pensando a quell'abbigliamento insolito.

"Che carino! Ti fa ragazzina! Non sapevo che ti piacessero i gatti." Rise e la tensione si stemperò.

"Me lo ha regalato Lise." ridacchiò sommessa.

"La tua amica misteriosa! È simpatica a quanto pare."

La giovane arrossì. "Lo è, infatti." distolse lo sguardo e James tese la mano per accarezzarle la guancia, ma la donna si scostò.

Lui sentì un crampo allo stomaco, risultato del doloroso ricordo del rifiuto di Margot al suo tentativo di bacio. In quel momento non considerò il senso di vergogna che la tormentava per ciò che aveva subìto.

Abbassò la testa e abbandonò il braccio in grembo. Le sue ansie divennero reali, nemmeno Amber poteva volere un uomo come lui, sterile, solo e senza lavoro.

Eppure, lei avvertì il dolore che lo attraversava, e nonostante tutto lo consolò.

"Non reagire così, non è colpa tua. Lo sai che non riesco a lasciarmi andare."

Socchiuse gli occhi e posò la mano delicata sulla sua e lo tenne stretto.

Sorpreso ricambiò il suo gesto di affetto, afferrandola forte.

"Scusami, Amber, per le mie paranoie." Biascicò sentendosi in difetto.

La donna ebbe un leggero sorriso e mormorò. "Concedimi del tempo, non sai nulla di me."

Lui balbettò colmo di tenerezza. "Ti ho pensato spesso in questi giorni. Mi sei mancata." Si fermò incerto. "Non intendevo pressarti, in fondo avevi tollerato la mia violenza. Non sono molto diverso da Wallace."

Fece per alzarsi cercando di mascherare la vergogna per quella instabilità emotiva che lo segnava, ma lo trattenne.

"Non sei uguale a lui! Sapevo bene i rischi che correvo con tuo suocero in giro. Non ha una bella reputazione, è un violento malvagio."

Il giovane si schiarì la voce. "Per un attimo ho quasi creduto che avessi davvero un protettore. O Amber! Hai mentito pensando di sollevarmi dall'ansia di saperti da sola! E in realtà lo eri."

La sentì aggrapparsi al polso con una forza inaspettata.

"L'ho fatto perché volevo che riflettessimo entrambi," sospirò, poi riprese, "sei solo confuso e Henry è stato bravo a manipolarti portandoti a dubitare di te stesso."

"Mi giustifichi sempre! Non funziona così. Dovrei essere io ad aiutarti a superare questo momento e invece.."

"Sei rimasto con me e ciò mi basta." Ribadì convinta, gli occhi verdi lucenti.

Lui, allontanando un incubo che lo aveva tormentato per settimane, farfugliò con lo sguardo basso e il cuore pieno di speranza.

"Fa che possa dimostrarti come sono fatto veramente, forse sbaglierò ancora, ma con te al fianco mi sento più sicuro. Non mi importa nulla della tua scelta di lavoro."

Lasciò la stretta e lo accarezzò sulla guancia.

"Ho lasciato la professione, ed è anche per merito tuo. Da quando ti ho visto la prima volta ho capito che non desideravo più fare del male a nessuno dei due." lo fissò con il volto arrossato. "Ma ti ho cacciato pochi giorni fa, te ne sei scordato?"

Il giovane allentò le spalle irrigidite, ridacchiò. "Ci sono rimasto malissimo, ma ho avuto tempo per capire."

Ricambiò la carezza, che lei accettò con gratitudine. Incoraggiato, scivolò con la mano tra i capelli morbidi e setosi, si accorse di tremare quanto un adolescente. Notò il livido sul viso e si fermò. Si chinò per baciarlo, quasi volesse assorbire il male inflittogli da quel bastardo di Henry.

Gli si offuscarono gli occhi, mescolandosi al tormento per l'incidente di Ben, alla rabbia di Gabe e al dolore fisico di lei.

Amber gli prese la mano e la posò delicatamente sulla propria guancia.

"Perché soffri? Cosa ti turba? Per quale motivo hai mandato tuo cognato a chiarirsi da Benedict?"

James non si ritrasse a quella richiesta, si era ripromesso di non nasconderle nulla. Non più.

"Mio fratello, sa qualcosa di me che gli fa paura. Che gli fa temere che io ci ricaschi, che lo porta a perdonarmi per i miei errori. Tutto ciò aumenta la gelosia di Gabe per quell'amore fraterno che mi accorda spesso."

Si sollevò per stargli vicino e lui, incoraggiato dal gesto gentile continuò

"Voglio che tu lo sappia, a Margot non l'ho mai detto." La giovane rimase in silenzio ma sospettò un episodio difficile da ricordare del suo passato, per questo glielo chiese.

"Devi essere sicuro di volerne parlare."

"Non ne vado fiero e deciderai tu." rispose in un soffio. Passò qualche minuto a tormentarsi le mani, mentre lei gli accarezzava la schiena.

"Quando morirono i miei genitori, feci un gesto stupido."

La mano della donna si soffermò sulla spalla.

"Per lavoro, spesso andavano in città, così chiesi a mia madre di comprarmi un orologio, dato che il mio si era rotto. Mio padre mi avvisò del rischio di ritardare e di trovare la nebbia, ma non ascoltai ragioni e quasi litigai con lui."

La sua presenza gli infondeva un coraggio inaspettato mentre proseguiva a narrare di quel tarlo che lo tormentava ancora dopo anni.

"Come papà aveva predetto, la foschia scese, e fu il motivo che uscirono di strada, finendo contro un albero. Entrambi persero la vita. Per settimane pensai che fosse a causa del mio capriccio. Ben mi rimase vicino nonostante non comprendesse il perché del mio rimorso. Il senso di colpa mi devastava, così il primo giorno che uscì per andare al lavoro..." Si interruppe e rabbrividì.

Lo circondò con le sue braccia magre, sapendo bene cosa stesse per raccontargli.

"Andai in camera di mamma, soffriva di insonnia, ingoiai tutte le pillole che erano rimaste, nella convinzione di pagare per quello che avevo fatto, la mia disperazione era enorme. Senza di loro non volevo vivere."

Lei respirò forte, la mano fredda stretta sulla sua nuca irrigidita, ma non lo lasciò.

"Benedict tornò a casa, si dimenticò un libro, e fu la mia salvezza." La voce gli si ruppe.

Amber rimase in silenzio, aspettò che superasse l'angoscia, finché non riprese con un tono normale.

"Mio fratello ne uscì distrutto, solo più tardi capì quale fu il mio tormento, e mi rivelò che non tardarono a causa mia, ma per un cliente. Non mi abbandonò mai, e con il suo appoggio rimasi sei mesi in cura con una psicologa, prendendo degli antidepressivi. 

In seguito, dopo che fui stabile, decidemmo di cambiare posto e ci stabilimmo a Londra per ricominciare insieme," si bloccò e fece una smorfia. "Teme sempre che possa ricaderci. Ora sai perché odio aghi e ospedali."

Lo abbracciò e lo tenne stretto a sé cercando di rassicurarlo, quasi lo cullò.

Quando si fermò gli disse seria. "Capisco il motivo della gelosia di Gabe, ha paura di essere messo da parte per la sua costante preoccupazione per te."

"Forse mi odierà ancora di più per questo! Avevo quattordici anni e tanto dolore dentro, ma ora non è più così. So come gestire la mia depressione." Si appoggiò con la fronte alla spalla della donna. "Mi biasimi?" le disse chiudendo gli occhi.

"Per quale ragione dovrei farlo James, eri un adolescente che ha perso i genitori in quel modo spaventoso."

Lui si sollevò, ma i suoi occhi grigi erano rattristati.

"Non so se Gabe capirà." Obiettò sconfitto.

Amber rifletté a voce alta. "Forse non subito, è un medico e ritiene che certe situazioni abbiano una cura clinica. Benedict lo ama e vorrà proteggerlo visto che adesso lo vede sbandare."

James annuì. "Lo so, ma non potevo più contenerne la rabbia, mi allontanerò se sarà necessario per farli star meglio."

La donna gli leggeva la sofferenza nello sguardo, cercò di avvicinarsi per consolarlo, ma uno spasmo la fermò.

James si scusò subito vedendola soffrire. "Non muoverti troppo, ora basta parlare di me. Avremo tempo."

La fece sdraiare. Le sistemò il cuscino perché stesse comoda.

Amber lo osservò indulgente, colpita per la sua premura, si lasciò andare tra le lenzuola.

"Mi hai appena chiesto se ti biasimavo per quello che facesti da adolescente, ma io mi sono comportata peggio. Ho iniziato questo mestiere per senso di colpa."

La voce le vacillò, rapido le prese la mano e intrecciò le dita alle sue, la incoraggiò ad aprirsi.

"Wallace mi ha domandato se ti conoscessi, l'ho calmato dicendogli che ti ho incontrato allo Stoddard. Per un po' ha funzionato, ma è un violento e si è dimostrato tale."

Lui trattenne il respiro. "Che ti ha fatto?"

"Niente di più di quello che sopporto spesso."

Lo vide serrare la mascella, e, sentendosi colpevole, decise di rivelargli chi fosse veramente.

"Ha voluto un rapporto spinto, mi ha presa con troppa foga." Non voleva dirgli molto ma le lesioni interne c'erano, Gabe le aveva confermate.

"Ho accettato per non rischiare di finire maltrattata."

Lui, in preda alla rabbia si alzò di scatto. "Maledetto bastardo!" gridò.

La giovane si tirò su cercando di afferrarlo per il braccio.

"James, il filo che separa la violenza ed essere consenzienti è sottile nel mio lavoro! L'ho lasciato fare e la colpa è anche mia." Ribadì sforzandosi di rimanere calma.

La guardò disorientato con gli occhi arrossati. Rimase immobile al centro della stanza.

"Non dire così! So benissimo che avevi paura. Lo so come ti comporti quando ti sforzi di blandire chi va oltre! Gesù l'ho fatto anch'io Amber! Perché vuoi vivere questo supplizio?" protestò stringendosi le tempie.

"Per sopravvivere, così che possa sperare di non venire picchiata o stuprata brutalmente. Sopporto sempre e comunque." ribadì riprendendo la calma.

"Ma qual è la causa di questa tortura? Cosa c'è nel tuo passato che ti porta a scegliere un dolore del genere?" allontanò le braccia e le distese lungo in fianchi.

Lei si lasciò andare nei cuscini, gli doveva una risposta, era il momento di parlargli del periodo trascorso in Francia.

"Vuoi ascoltare la donna che sono?" disse in un soffio.

Lui annuì in silenzio.

Sembrava più piccola affondata nel letto, stropicciava il lenzuolo senza sosta. Tornò a sedersi al fianco, le calmò le mani e aspettò che iniziasse.

Si fece coraggio e gli aprì il cuore.

L'ascoltò conscio della concessione che le faceva.

Mentre raccontava riuscì a percepire l'amore che la legò a Damien, l'uomo con cui condivise una parte della sua esistenza.

Era una ragazza ambiziosa e la sua voglia di emergere e di sfruttare la laurea in letteratura francese era forte. 

Gustave Brunett, il professore che deteneva la cattedra con cui collaborava alla Sorbona, la scelse come segretaria e accompagnatrice nei congressi a cui partecipava in Francia.

In realtà lui maturava un solo scopo: la voleva dentro al suo letto. Sprovveduta e stupida, credette alle sue lusinghe. Una sera durante la presentazione di un romanzo, bevve più del necessario e cedette alla sua corte serrata.

Ma la mattina dopo, davanti alle lenzuola arruffate da una notte di sesso, le diede del denaro e le disse che non poteva avvalersi di una segretaria così arrivista e puttana.

Amber non riuscì a mascherare il rimorso e, quando Damien lo venne a sapere, uscì sconvolto da casa per affrontare Gustave.

Lo trovò nell'università e litigarono venendo alle mani. Brunett si difese e lo colpì alla tempia con un soprammobile di marmo che teneva sulla scrivania. Affermò che si protesse dalla sua furia e che fu un fatto accidentale. L'uomo che amava entrò in coma e morì dopo tre giorni.

Lo scandalo che ne seguì fu enorme, il professore finì in carcere, la carriera rovinata, lei divenne un'adultera lussuriosa.

Il compagno pagò a caro prezzo l'amore che lei tradì. La situazione si complicò e dovette andarsene per scappare dai suoi fantasmi e dal dolore per quello che fece. Partì per Londra senza uno scopo preciso.

L'angoscia per la morte della persona che amò fu quel macigno che portò a lungo nel cuore e che la spinse a prostituirsi.

Si fermò vinta dal rimorso, ma non gli parlò di Lise. Non in quel momento. Lo avrebbe messo al correte di tutto quando fosse stato libero dal matrimonio.

James la sentì tremare, mormorò con la testa in fiamme.

"Ecco perché non volevi che affrontassi Henry e il dispiacere che provavi per l'incidente di Ben! Ti ricordava la disgrazia di Damien."

Amber annuì silenziosa e lasciò che finisse la frase.

"Tutti e due condividiamo la perdita delle persone che amavamo e siamo pieni di sensi di colpa: io in un modo e tu in un altro. Io cercai di togliermi la vita, e tu, per quale motivo scegliesti di prostituirti? Ma cosa contavi di espiare?" gli chiese sconvolto.

La giovane alzò lo sguardo. "Hai davanti una puttana, una donna infedele, lo faccio perché è quello che so fare meglio. Tradire."

Le prese il volto fra le mani.

"Ti punivi per la sua morte, e questo lui non lo avrebbe voluto." Ribadì convinto. "Non è soffrendo che lenirai il tuo passato."

"Ma è morto per la mia leggerezza!" sussultò con le lacrime agli occhi. "Non sono affidabile James! Nemmeno per te."

In un impeto di comprensione le baciò la fronte. "Non dire così! Sei una persona sensibile, che ha sbagliato è vero. Torturarsi così non serve a nulla! L'ho fatto anch'io e posso capirti." Le accarezzò il viso pallido. "Devi smetterla, non sei affatto la ragazza sbagliata che pensi."

"Tu sei troppo buono." Singhiozzò sconcertata, cercando di sollevarsi dal letto, ma impallidì e si lamentò per il dolore.

L'abbracciò stretta, lei affondò il volto sulla sua spalla e si lasciò andare a un pianto sommesso.

"Non soffrire, avremo tempo per parlarne. Non sono un santo nemmeno io, le mie incertezze mi devastano ancora, ma non ti farò mai più del male. Dammi il modo di dimostrartelo, concedimi di starti vicino." La sentì rilassarsi, il calore della sua pelle calmava anche lui. "Caccia via le lacrime Amber, ricominceremo insieme..."

"Ti ho bagnato la camicia." Sussurrò frastornata, il volto affondato nel suo corpo. "Forse la tua amicizia comincia a essermi stretta, mi sento.. confusa."

Le accarezzo i capelli avvertendone il profumo delicato e farfugliò in apnea.

"Anch'io provo lo stesso. Non capisco cosa mi stia succedendo, ma so con certezza che stare con te mi fa sentire bene. Adesso riposati, vado a preparare la cena."

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