La nostra famiglia.

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James aprì gli occhi, il primo sole che filtrò attraverso il vetro della finestra, lo svegliò.

Amber dormiva ancora, le spalline del top in pizzo rosa le erano scese lasciando intravvedere parte del seno. Si era raggomitolata al fianco, il braccio abbandonato sul suo petto. L'interno della coscia, posata pericolosamente sopra i suoi boxer grigi.

Sorrise e le spostò delicatamente i capelli dalla fronte, facendo attenzione a non svegliarla.

Appariva di una bellezza disarmante.

Vivere come una coppia era diventata un'abitudine piacevole, adorava svegliarsi al mattino con lei accanto. Spesso si rannicchiavano nudi dopo aver fatto all'amore. Sentirne il calore del corpo lo rendeva felice. Non avevano timore di mostrarsi, né l'esigenza di rivestirsi. Si abbracciavano e si addormentavano con una connessione intima e profonda.

Si sentiva determinato a costruire una famiglia che includesse anche Lise. Per ora i loro incontri si svolgevano in modo saltuario, la piccola andava a scuola e non volevano che cambiasse radicalmente le sue abitudini, almeno fino a quando non si fossero sistemati.

Inoltre, l'appartamento era piccolo e portava con sé brutti ricordi della sua vecchia professione, si ripromisero di trasferirsi appena fosse stato possibile.

La osservò dormire non capacitandosi di quanto avessero avuto fortuna dopo quello che avevano passato. Le baciò la fronte e lei si lamentò.

"Ma che ore sono?" chiese assonnata.

"Non lo so, ma è ancora presto. Ho tempo per coccolarti un po' prima di andare in ufficio." rispose con un sorriso.

Lo stuzzicò e si stiracchiò sbadigliando.

"Dubito che ti limiterai a coccolarmi." ribatté maliziosa mentre il ginocchio sollecitò la sua erezione.

Si voltò, inclinandosi a osservarla. "Ti trovo eccitante, perché sei..." Non finì la frase che lei lo interruppe.

"Bellissima?" aggiunse ridendo e intrecciando le dita con le sue.

Scosse la testa divertito. "Direi che sei unica." Farfugliò in debito d'aria. "E se proprio insisti farò di più."

Sorrise attirandola più vicina per poterla baciare. Lei non esitò, si sfilò gli slip esibendoli con grazia, li lasciò cadere e si occupò dei boxer. Liberi da impedimenti, salì sopra di lui.

"Amber." sussurrò, con la ruvidezza nella voce.

Le alzò il top rosa e ansimò di desiderio nel sentirne il contatto, con le mani si aggrappò ai suoi fianchi torniti, assaporandone la pelle calda e liscia.

"Mi hai stregato, donna." mormorò rauco.

"E tu cosa mi hai fatto ragazzaccio, che smanio per possederti?" allargò le dita sul petto, cercando di stabilizzarsi contro il corpo.

Smanioso di sentirla, la sollevò con lentezza iniziando a muoversi dentro di lei.

La pressione iniziò a essere forte e intensa. Era impossibile resistere senza abbandonarsi al suo ritmo costante e ai suoi mugolii di piacere. Quei momenti carnali cancellavano ogni dubbio sulla presunta sterilità, con tutti i problemi che ne erano seguiti. Lo amava così com'era e con tutte le sue insicurezze.

Godendo incontrollati, tra gli spasimi frenetici, cedettero insieme all'orgasmo.

James la trattenne ancora mentre un gemito gli si fermò in gola, le pose un ultimo bacio sull'angolo delle labbra prima di allontanarsi con riluttanza. Il pollice le accarezzò la linea dolce della guancia.

Appoggiò la sua fronte contro quella di lei. Passarono dei secondi e poi i minuti, nessuno dei due si mosse, l'unico suono era il respiro affannoso, l'uno nella bocca dell'altro, finché il loro ansimare non si calmò.

"Amber, sei una meraviglia. " Il suo fu un sussurro roco.

La mano, aggrovigliata tra i suoi capelli neri, scese per prenderle la parte posteriore del collo

Fare sesso divenne una complicità naturale che li unì sempre di più.

La nuova vita prese forma: lui usciva la mattina per andare in ufficio, lei, invece, raggiungeva Oxford per lavorare a stretto contatto con Benedict.

Fiera del lavoro di traduttrice, aveva ripreso a sfruttare la laurea in letteratura francese. Ben la spronava e le forniva il supporto necessario con i testi di diritto antico.

A volte, finite le pratiche legali, riusciva a raggiungerla per pranzare. Si ritrovavano in un ristorantino poco fuori dall'università cercando un momento per rimanere insieme.

Alla sera, portavano Lise nel piccolo appartamento e cenavano come una famiglia serena. La bambina si aprì alla sua presenza maschile prendendo una confidenza crescente. Le raccontava delle sue avventure scolastiche, e rimaneva a dormire con loro se il giorno dopo era libera dagli impegni.

Passarono i mesi, James si prodigava con scrupolo e l'ufficio divenne il suo punto di orgoglio, Jacob si complimentò soddisfatto e ventilò la proposta di inserirlo nel consiglio di amministrazione. Conosceva bene la struttura aziendale, e libero dalle influenze di Henry Wallace, imparò a muoversi con discrezione.

Tutto si stava sistemando senza troppi problemi, ma qualcosa ancora lo preoccupava. Della ex non sapeva nulla, Roberts, rimase l'unico con cui teneva dei contatti per sbrigare le pratiche del padre. Una mattina la intravide arrivare dalla finestra dello studio. Aveva perso peso, anche la camminata risultava meno sicura e arrogante di mesi prima.

Un sottile dolore gli prese lo stomaco. Sentiva l'obbligo di chiarirsi, chiese consiglio a Jacob.

"Emory, non abbia fretta, sarà lei a contattarla quando si sentirà pronta. Le dia il tempo necessario. Posso solo dirle che ha trovato un compagno che la supporta discretamente. È molto cambiata."

Gli appoggiò la mano sulla spalla e questo lo rassicurò ad aspettare, sollevato che avesse qualcuno vicino.

Fu verso la data del compleanno di Gabe che ricevette un messaggio.

Quella sera, dopo essere tornato a casa, abbracciò impetuoso la compagna.

"Che hai? Sembri teso." Era difficile nasconderle qualcosa.

"Margot mi ha chiamato e vuole vedermi. Sai che glielo devo." mormorò deciso.

"Non devi preoccuparti, ha perso il padre in modo devastante, ed è stata parte della tua vita."

"Non ti dispiace?" chiese sollevando le sopracciglia e prendendola per i fianchi.

"No, perché sono sicura di te." le sorrise, gli accarezzò la guancia soffermandosi sulla fronte e sistemandogli i capelli.

"Ha chiesto d'incontrarci allo Stoddard. Le ho detto che ci sarò per festeggiare Gabe e ha acconsentito."

Lei annuì. "Se ti senti pronto, lo sarò anch'io. Andrà tutto bene."

Due giorni più tardi arrivarono al golf club verso l'imbrunire.

Durante il viaggio, Lise rimase silenziosa, osservando il paesaggio che scorreva dal finestrino. Elettrizzata per la gita non riusciva a stare ferma.

Indossava un grazioso vestitino azzurro, con i capelli raccolti in due trecce, adornate da un piccolo fiocco dello stesso colore.

Amber informò Benedict dell'arrivo di Margot, e lui, come sempre, si dimostrò comprensivo. Lo incoraggiò a chiudere quella malaugurata storia, sembrava ovvio che un chiarimento fosse necessario.

La bimba scese dall'auto, incuriosita da ogni particolare di quel posto verdeggiante.

"Wow, maman, est magnifique! Et tout fait d'herbe." esclamò entusiasta.

"Ils jouent au golf ici, c'est pourquoi tout est vert." rispose la madre.

"Parlez-moi en anglais, s'il vous plaît." Ridacchiò il giovane, che faticava ancora a padroneggiare il francese, anche se aveva un po' di confidenza con la lingua.

"Hai ragione, scusaci." disse la donna, mentre Lise lo prese per la giacca trascinandolo dentro al locale.

Gabe andò loro incontro.

"Eccola, la mia famiglia preferita." Li accolse con un abbraccio.

"Buon compleanno Gabriel." dissero in coro, scoppiando a ridere quando il viso gli divenne rosso scarlatto.

Si schiarì la voce e li accompagnò in un tavolo appartato dove Benedict li stava aspettando.

Si scambiarono pochi convenevoli, la piccola, impaziente di esplorare l'esterno, fu presa in consegna dal fratello maggiore per fare una passeggiata.

Poco dopo tornò con il faccino arrossato e gli occhietti lucenti, Ben nel nuovo ruolo di zio, le stringeva orgoglioso la manina.

Eppure, lui si sentiva teso e continuava a fissare l'ingresso. Lei capì, gli afferrò la mano sotto al tavolo e la tenne stretta per rassicurarlo.

Margot arrivò più tardi, indossava un abito chiaro che non riusciva a mascherare il dimagrimento. Era accompagnata da un signore non più giovanissimo, ma elegante e distinto. Sembrava serena.

La donna li notò subito, fece un cenno di saluto con il braccio.

Tutti ricambiarono, ma rimasero al loro posto. Comprendevano che la questione riguardava i due ex coniugi, che si scambiarono una occhiata di intesa.

Si voltò a parlare con l'uomo che la accompagnava, che annuì educatamente e si alzò, lasciandola da sola.

Amber lo sentì tremare.

"Sta tranquillo. Io sono qui." Lo incoraggiò con gentilezza spingendolo ad alzarsi.

Scostò la sedia per raggiungerla, con il cuore che gli batteva furioso nel petto.

Quando si avvicinò, lo invitò a sedersi, nello sguardo le passò un velo di tristezza.

"Ciao James, sta sereno, ho imparato la lezione."

Si mosse per sistemarsi il vestito, mentre lui si accomodò titubante. Fu allora che vide la sofferenza, segnata da profonde rughe attorno a quegli occhi che aveva tanto amato.

Lei prese un lungo respiro. "Prima di tutto come stai?" Era a conoscenza che rischiò di morire per colpa del padre.

"Mi sono ripreso e adesso sto molto meglio." Con la mano si sfiorò la cicatrice nel fianco.

"Non venni a trovarti perché furono giorni complicati. Si fecero protettivi nei tuoi confronti, ma sapevo che stavi migliorando."

Lui sospirò con le spalle pesanti, i ricordi tornarono vividi.

"Ero poco lucido, non mi resi conto di quello che mi accadeva intorno. Mi dissero in seguito di Henry."

Margot, strinse le labbra, il volto incupito.

"Ho già affrontato le conseguenze del gesto di mio padre. Perse la ragione cercando di uccidere chi lo ostacolava, e ogni giorno mi domando del perché fosse arrivato a tanto."

Le sue parole erano colme di dolore, in realtà stava ancora elaborando il lutto. Il giovane si sentì stranamente responsabile per la morte di Wallace.

"Nemmeno io capisco il suo odio nei miei confronti, a volte mi chiedo se non fu il timore di perderti quando si accorse che mi amavi." Sussurrò abbassando lo sguardo.

L'ex moglie strinse le labbra

"Può essere una spiegazione, ma il fatto è che non mi accorsi delle sue ingerenze nel nostro matrimonio. Non capii le vere intenzioni di papà. Ero convinta che agisse per la mia felicità. Se ne avessi compreso la follia, avrei potuto salvarlo. "Fece un debole respiro e continuò risoluta. "Per questo tu non devi sentirti in colpa, non fu solo per te che perse la testa, ma anche per il risultato delle sue scelte di lavoro e di vita scellerate. Roberts, nonostante tutto, mi è stato vicino."

Il giovane scosse il capo, accorgendosi del suo cambiamento.

"Non ci saresti riuscita da sola. Henry si convinse che io fossi la causa di tutti i mali." ribadì ricordando quei mesi dolorosi.

Margot socchiuse gli occhi, sembrava riflettere.

"Non ti ho amato e sostenuto come dovevo, è questa la verità. Papà pretendeva un nipote, una discendenza che lo completasse. Ho creduto alle sue parole: eri sterile e quindi inutile per i suoi scopi."

Si interruppe e bevve un piccolo sorso di vino.

"Non ti ho ascoltato e ho sottovalutato l'amore che ci legava. Ora ne pago le conseguenze, se avessi aperto la mente prima.."

Si accorse che tremava mentre appoggiava il bicchiere.

Capì che aveva bisogno di comprensione, poteva percepirne il rimpianto. Posò delicatamente la mano sulla sua per tranquillizzarla. Sussultò al contatto e lo guardò sorpresa.

Le parlò con calma per darle modo di riprendersi.

"Ho provato ad aspettarti, ma Henry mi opprimeva ogni giorno, facendomi sentire una nullità, un mezzo uomo incapace di amarti, e mi sono perso."

La ex moglie alzò lo sguardo, lo livellò al suo.

"Lo so. Tu mi amavi oltre alle offese continue, e nemmeno io ti ho risparmiato nulla." sospirò e abbassò la testa. "Ti ho tradito, non sei stato tu il primo a farlo." Sembrava non avere più voce.

Nonostante quell'ammissione, non allontanò il braccio, non c'erano altri rimpianti da soffocare. Dovevano andare avanti. Lui ribadì con fermezza.

"Purtroppo, il dolore più grande è quello della perdita di tuo padre che si è fatto divorare dalla rabbia. Io l'ho perdonato, anche se portò del male a tutte le persone che gli stavano intorno, te compresa."

Lei agitò la mano sotto alla sua, lui la fermò con un gesto di compassione.

"Lo so, non sono qui per giustificarlo, ma per chiederti scusa. Si girò verso la famiglia del suo ex marito e con un sorriso delicato ammise.

"Avrei potuto esserci io lì e invece ho perso tutto." I suoi occhi lucidi gli penetrarono la carne come una lama, era stata sua moglie, ed erano stati felici...

"Margot, ti ho amato, ma ora ogni opportunità è così sfuocata, sepolta sotto tutte le incomprensioni e i litigi. Quel figlio sarebbe arrivato se mi avessi sostenuto."

Lei abbassò il capo e si allontanò dal contatto percorsa da un rimpianto troppo pesante da sopportare.

"Ho ascoltato solo le pretese di papà. Fu mia la colpa." Cercava di comprenderla dopo ciò che successe, non voleva offenderla, ma lo doveva alla compagna che lo aveva salvato.

"Amber ha saputo capirmi, ha limato l'ossessione che avevo dentro. Ero aggressivo e instabile." La voce non fu rancorosa, in fondo, la responsabilità della loro separazione non era stata sua.

"So quali sono stati i miei errori, James, hai fatto la scelta giusta." Mormorò vinta.

Il giovane si sorprese per quella resa, questo lo spinse a dichiarare i sentimenti che provava.

"Il passato della mia compagna e della piccola per me non conta più, abbiamo sofferto entrambi. Me ne prenderò cura, qualsiasi cosa accada."

La ex reclinò la testa con un sorriso gentile. "Ti sei sempre comportato in modo onesto e affidabile. Hai un cuore buono, lo hai dimostrato in tutti gli istanti della tua vita."

Lui fece una smorfia accentuando la fossetta sulla guancia che tanto la intrigò da fidanzati.

"È stato bello averti amato." ammise riconoscente.

"Mi dispiace per come è finita tra noi, ma spero che Emilio sia la persona perfetta." ribadì con la mente libera da ogni pensiero.

"E' un brav'uomo, affezionato e attento. Ma l'amore ancora non c'è, lui lo sa, ma rimane lo stesso." affermò con lo sguardo sereno

"Con il tempo troverai un'intesa. Sono sicuro che presto tornerai la stessa ragazza che ho conosciuto e sposato." Si convinse che il peggio fosse passato anche per lei.

"Sei gentile e saggio, e credo che il merito sia della donna che adesso è al tuo fianco." Fece una breve pausa.

"Tra due giorni partiamo per l'Italia, ha un ufficio di avvocatura a Roma."

"Una nuova vita e cambiare paese ti aiuterà." ribadì convinto.

"Vorrei avere la tua sicurezza." si fermò stringendo gli occhi. "Mi faresti un regalo?" chiese girandosi verso il tavolo in fondo alla stanza che ospitava i suoi parenti.

"Certo, cosa desideri?" già sapeva che gli avrebbe chiesto un gesto di riconciliazione.

"Mi piacerebbe conoscere la tua famiglia." Sussurrò senza forzarlo.

Colpito per quella richiesta commentò. "Mi fa piacere che tu me lo chieda."

Raggiunsero il gruppo con il cuore alleggerito dopo mesi di lotte, e loro non si stupirono di vederli arrivare. Avevano già notato la tranquilla conversazione e i gesti affettuosi che si erano scambiati.

"Margot, voleva salutarvi prima di partire per l'Italia."

Si complimentarono e Gabe la invitò a sedersi, ma declinò l'offerta.

"Non posso abbandonare Emilio ancora per molto." ridacchiò rivolgendo un'occhiata al compagno che aspettava seduto nella veranda.

"Volevo conoscere la signorina dalle treccine bionde. Lise, vero?" tese il braccio per accarezzarle la testolina bionda.

"Etes-vous un ami de James?" la bimba non si sottrasse incuriosita dalla donna.

"Oui, ma jolie, c'est mon ami" rispose con un timbro francese acquisito nei suoi studi universitari.

Lui sorrise vedendo il volto sorpreso della piccola e affermò.

"Conosce la tua lingua, ed è una cara amica a cui voglio bene."

Trattenne le lacrime guardando quel viso infantile così dolce e ingenuo. Avrebbero avuto tutto il tempo per spiegarle ciò che successe.

Gabriel e Benedict, compresero il suo dilemma, si tennero in disparte in silenzio.

La ex moglie riprese il controllo e riuscì a continuare.

"Hai una mamma fantastica, Lise, e James è l'uomo più amorevole che esista. Trattalo con cura, ma chérie."

Si rivolse ad Amber.

"Vorrei scusarmi per quello che mio padre ti ha fatto. Non so se potrai mai perdonarlo."

La giovane non esitò, si alzò dal tavolo e si avvicinò. Non si erano mai parlate, eppure sapevano così tanto l'una dell'altra.

"L'ho già perdonato, e spero che anche tu possa trovare la serenità. Ma credimi, nessuno di noi avrebbe voluto che finisse in quel modo." Gli accarezzò il braccio con una dolcezza disarmante.

Fu allora che Margot vide in lei la ragazza amorevole che comprese le paure del ex marito. Era stata una escort, ma in quel momento si rese conto che non aveva nulla del suo passato che la infastidisse. Possedeva una profonda comprensione e disponibilità per gli altri.

Quella donna meritava tutta la sua stima.

"Amber, ti ho giudicato con rabbia, ma ora so ciò che hai sopportato per amore di James."

Inaspettatamente l'abbracciò.

"Rendilo felice, lui ha un cuore grande." Le sussurrò all'orecchio.

Si allontanò svelta senza che lei avesse il tempo di rispondere.

Si scusò ancora, fece una breve carezza alla bambina e salutando tutti si girò per andarsene.

Lui si accorse che vacillava e la aiutò a ritornare al tavolo.

"Stai bene? Vuoi che chiami Emilio?" chiese preoccupato.

"Non è nulla, solo un pò di agitazione." Si mosse in fretta riprendendo un po' di colore in volto.

Prima che si accomodasse si assicurò che si fosse ripresa.

"Margot, ora dobbiamo lasciarci, ma se avrai bisogno io ci sarò."

"Grazie, ti meriti una vita meravigliosa," rispose asciugandosi una piccola lacrima che le scendeva lenta.

Lo osservò titubante e cercò il suo consenso con gli occhi. "Concedimi un piccolo gesto di affetto."

Lui assentì, si avvicinò e si scambiarono un tenero bacio sulla guancia.

Arrivò, dopo tanto, il momento di prendere strade diverse.

Il compagno stava tornando, si mantenne silenzioso, un passo indietro. Fu lei a presentarli.

James allungò la mano e fu contraccambiato con una stretta vigorosa.

"Buon viaggio Emilio, ha bisogno di te. " gli disse convinto.

L'uomo annuì con un sorriso aperto rivolto alla nuova compagna.

Un senso di pace lo percorse: quel signore discreto che la sosteneva senza forzarla era la persona giusta per Margot.

                                                                 Epilogo


Amber e James si fermarono a guardare Benedict, sporco di pittura, che litigava con Gabe per l'ennesima volta. Risero per la scena.

"Smettila di togliere la vernice che sto dipingendo la ringhiera! Gesu Gabriel! Mi farai rifare il cancello dieci volte." sbottò agitando il pennello.

"Ma potresti procedere con qualcos'altro! E allontanati un pò! Va a fare compagnia a tuo fratello!" sbuffò il compagno.

Litigavano come due adolescenti, eppure il loro amore era più profondo di quando si erano incontrati.

"Tranquilli vuoi due, è quasi ora di cena." Li redarguì il giovane per cercare di calmarli.

Lise, presa dalla smania di aiutare, corse verso Ben.

"Ti aiuto io, zio!" urlò trotterellando di fretta ma urtò il barattolo che conteneva la vernice rovesciandolo sul pavimento.

Ben guardò il disastro causato da sua nipote, sollevò gli occhi al cielo, ma non disse nulla. Gabe rideva agitando lo sverniciatore.

"Te la sei cercata, caro professore, adesso la dovrai accudire." Commentò con un sorriso ironico.

"Ragazza mia, puoi venire a prendere tua figlia?" La implorò il fratello maggiore.

La bambina cercò di limitare il danno, prese uno straccio e fece di peggio, si imbrattò il vestito già unto.

James baciò la guancia della compagna. "Forse è meglio recuperare la piccola e preparare la cena in anticipo." suggerì pulendosi le mani nella tuta da lavoro sporca di gesso.

Lei rise, le appoggiò la testa sulla spalla.

"Non sei da meno di nostra figlia! Sei tutto sporco anche tu, avvocato!"

La donna gli accarezzò la fronte e gli scostò i capelli. L'anello di fidanzamento le luccicava nelle dita della mano. Presto si sarebbero sposati, non appena fosse stato legalmente libero.

Con un gesto affettuoso, le toccò il ventre tondo.

Era splendida con il vestito leggero che le metteva in evidenza il pancione.

Erano stati mesi di sfide e cure intense per entrambi, ma alla fine rimase incinta.

Gabe si impegnò e trovò l'andrologo giusto che scoprì la causa della sterilità: gli antidepressivi assunti in quel periodo disperato durante l'adolescenza.

Amber fu raggiante quando seppe della gravidanza.

Lise sarebbe diventata una sorella maggiore e si sentiva già responsabile del nuovo arrivo in famiglia.

Con l'aiuto di Benedict riacquistarono la villetta dei genitori abbandonata da anni all'incuria, e ogni fine settimana si riunivano per ristrutturarla insieme.

Jacob Roberts mantenne la parola data e lo promosse ad un ruolo di responsabilità nella dirigenza dell'azienda, il lavoro aumentò, ma le soddisfazioni furono altrettanto numerose.

La bimba viveva con loro, ma presto si sarebbero trasferiti, insomma tutto procedeva nel migliore dei modi.

Il giovane la prese per i fianchi e la aiutò a camminare, anche se protestò.

"Donna francese, niente fatiche, oggi cucino io." le disse serio.

"O avanti, posso farcela." Lo baciò con trasporto, era diventato così premuroso e attento da essere apprensivo.

"Basta vuoi due! Siete sempre appiccicati," gli gridò Gabriel agitando la scopa.

"Sembri quasi invidioso." Lo sgridò James con una smorfia.

"Non provocarlo! Altrimenti non mi darà tregua." soffiò Ben cercando di sistemare le treccine alla nipote.

Amber scosse la testa e si incamminò con lentezza. Raggiunta la porta, trascinò con sé Lise che cinguettava felice in francese.

Lui osservò le persone che amava con tenerezza.

Quel luogo dove crebbe e che tanto lo segnò fu l'inizio di un nuovo percorso, il posto che desiderava chiamare casa per la sua famiglia. Pensò ai suoi genitori con orgoglio, riconoscendo che dal buio profondo causato dalla loro perdita, ne nacque una luce splendente.

La vita spesso toglie ma ci restituisce il doppio.

"Grazie mamma e papà per avermi dato un fratello come Benedict, che mi ha salvato quel giorno che mi sono perso."

Con un sorriso appagato, James Emory, varcò la soglia della vecchia villetta.

Le voci allegre delle persone che amava riecheggiavano all'interno e rendevano il suo cuore leggero.

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