55. ʟᴀ Qᴜɪᴇᴛᴇ ᴘʀɪᴍᴀ ᴅᴇʟʟᴇ ᴀᴘᴏᴄᴀʟɪꜱꜱɪ

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Newt's case, 20th November 1992

Prima delle apocalissi, si dice che ci sia sempre la calma. Forse perché si sa di non avere scampo e tutto sembra insignificante rispetto alla distruzione totale.

Eppure, se non si ha mai affrontato un'Apocalisse prima, non si può saperlo con certezza.

Newt era sicuro al cento per cento di non aver mai assistito ad un'Apocalisse. Eppure in quel momento, con Tina stretta tra le mani, si sentiva la terza Parca. E del resto la vita - o la morte - della ragazza dipendeva da lui, ma il coraggio che aveva sfoggiato pochi secondi prima sembrava essersi prosciugato.

-Tina! Tina! Tina!-

Alison, uscita dalla valigia per la preoccupazione, la chiamava a gran voce scuotendola dolcemente per la spalla, sperando solo in un scherzo di cattivo gusto.

Aveva rivolto delle domande al padre, ma Newt sembrava perso.

Guardava Tina priva di sensi tra le sue braccia. Il veleno della creatura aveva subito fatto effetto e Newt poteva sentire ogni singolo secondo ticchettare nella sua mente. Ogni stramaledetto secondo.

Avrebbe voluto che Alison non fosse lì con lui. Le avrebbe risparmiato quella vista. La sentiva tirare su con il naso mentre ripeteva sempre più piano il nome della ragazza.

Strinse i pugni cercando di ritrovare quella forza, ma il solo risultato furono i suoi occhi lucidi.

Non aveva mai curato un'infezione del genere, ma bastava guardarla per capire che era letale.

E proprio lei doveva pungere. Tra tutte le persone del mondo.

La guardava e pensava a come tutto questo fosse colpa propria. Come se non si fosse allontanato senza motivo lei non lo avrebbe mai seguito.

La guardava e, nonostante l'aspetto fanciullesco, vedeva la donna che conosceva, caparbia e forte, che non si arrendeva di fronte a nulla.

La guardava e pensava che non ci fosse donna più bella di lei.

Con un dito le sfiorò la guancia, come aveva fatto quella sera sotto le stelle. Sorrise scioccamente quanto teneramente al ricordo, e una lacrima cadde bagnandole il viso.

Il dolce sentimento gli inondò il cuore e Newt non poté fare altro che lasciarsi andare. La amò profondamente per la prima volta lì e quasi rise della sua inadeguatezza in un momento così critico.

Eppure non riusciva a smettere. Non riusciva più a nascondere dietro un sorriso accennato l'amore che provava per quella creatura che giaceva tra le sue braccia.

Portò le proprie labbra alla sua fronte, la baciò teneramente, mentre una seconda lacrima gli rigava il viso lentigginoso.

Avrebbe voluto parlarle di nuovo, sentire ancora una volta il suo nome uscire dalla sua bocca, avrebbe voluto ancora del tempo con lei, ma era troppo da chiedere ormai.

-PAPÀ!-

Una voce risuonò nella sua testa. Newt alzò lo sguardo.

Alison era inginocchiata di fronte a lui. Il suo volto era bagnato dalle lacrime, ma i suoi occhi non piangevano più. La sua mano era tesa verso di lui.

-Dobbiamo aiutarla-

Questa sua affermazione forte era contraddetta dalla sua voce roca, che mostrava il suo vero stato d'animo.

Newt la guardò. I suoi occhi erano ancora rossi dal pianto, ma una luce li ravvivava. La speranza, forse.

-...dobbiamo salvarla, forza papà, alzati!- continuava con voce smorzata -Dobbiamo...ti prego.-

La sua voce si era ridotta ad un sussurro. Newt riuscì a trovare la mano della figlia e a stringerla forte.

Non poteva finire così.

Non lo avrebbe permesso, per nulla al mondo.

Doveva prendersi cura di lei, doveva guarirla.

Una nuova energia, come una scarica elettrica, lo investì - e riprese lucidità. Sentì i muscoli rinvigoriti. I suoi occhi verdi si riempirono di determinazione. La sua mente era improvvisamente libera da ogni insicurezza.

Avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per salvarla.

Un rapido sorriso gli si dipinse sul volto quando accarezzò la testa della figlia. -Ce la faremo.- disse stringendo nuovamente le loro mani -Insieme-

Alison si asciugò le lacrime e, dopo che il padre ebbe cinto il collo e le gambe di Tina con le braccia, si alzarono da terra.

Tina tremava, ma Newt non si fece più spaventare. La situazione era grave, non lo metteva in dubbio, ma doveva ragionare con metodo.

Trovò rapidamente un incavo alla base di un tronco privo di tracce fresche, e quindi abbandonato, in cui avrebbe potuto nascondere la valigia.

Lasciò che Alison scendesse per prima poi si caricò Tina sulla schiena, delicatamente, come prendendo in braccio una bambina.

Con il suo corpo adulto non avrebbe avuto problemi, ma lo smilzo adolescente che era tornato ad essere ebbe qualche difficoltà a entrare nella valigia con un fardello del genere in braccio, e per di più dovendo anche scendere una scala a pioli.

I primi scalini furono i più critici, ma poi, anche grazie all'aiuto di Alison che sorreggeva parte del peso di Tina, riuscì finalmente a trasportarla salva all'interno della valigia.

L'ambiente era avvolto in un lieve tepore grazie alla magia, che diede un senso di sicurezza al magizoologo.

Distesero Tina sul letto dove normalmente dormiva Alison, niente più che un materasso steso a terra, avvolto da lenzuola e coperte.

Ora veniva la parte più difficile.

La ferita era color pece e l'intrico di arterie avvelenate si era espanso. Le linee ora erano più spesse ed evidenti.

-Tu la guarirai- disse Alison tranquillamente. Non era una domanda. -Lo so che ci riuscirai. E anche lei lo sa.-

Newt annuì. Poi si voltò verso la bambina -Grazie per l'incoraggiamento, piccola mia. Puoi occuparti di Fierobecco, intanto? Merita una ricompensa.-

Al annuì, seria. -Prendo i furetti.-

E uscì.

Newt aveva una figlia speciale, e lo sapeva.

Preso un lungo sospiro, si tolse frettolosamente la giacca e il maglione, allentò il nodo della cravatta, e si rimboccò le maniche della camicia bianca.

Si lavò le mani, scostò la stoffa strappata sul fianco di Tina e pulì la ferita con un panno umido per vedere meglio, ma era sicuro: il pungiglione non c'era.

Si chiese se fosse possibile succhiare fuori il veleno come quello di un serpente, ma decise che era fuori discussione. Doveva trovare un antidoto.

Frugò con gesti rapidi e nervosi tra le boccette che teneva da parte, sempre pronte, ma ognuno gli pareva troppo blando, come l'Antidoto ai Veleni Comuni, o troppo aggressivo, come l'estratto di Velenottero e di Purvincolo.

Cercando di mantenere la calma, li esaminò uno a uno, cercando di capire quale avesse il giusto equilibrio di efficienza e sicurezza.

Era difficile con i pensieri che continuavano a rimbalzargli per la testa.

Si chiese, per esempio, come sarebbero andate le cose se non se ne fosse mai andato da Hogwarts. Di sicuro lei non si sarebbe trovata in quello stato.

E se fosse tornato indietro adesso? Hagrid forse conosceva meglio di lui le creature della Foresta. Madama Chips era di certo più esperta in medicina. Il professor Piton era avanti anni rispetto a lui nella creazione di pozioni, circa sessanta per la precisione.

Gettò un'occhiata a Tina, che si faceva sempre più pallida e tremante al bagliore del fuoco e delle lampade a olio.

Non c'era decisamente tempo per tornare al castello, sempre che riuscissero a trovarlo al buio e che Fierobecco accettasse di trasportarli di nuovo.

No, la risposta doveva essere più semplice, si disse, più ovvia e scontata, così idiota che solo lui avrebbe potuto trovarla. Le sue mani sfiorarono la superficie ruvida di un oggetto conosciuto, gettato sciolto tra le provette e boccette di antidoti.

Poteva funzionare?

Forse. Se non altro, non poteva nuocere.

Prese la pietra di bezoar e si precipitò di nuovo al giaciglio dove stava Tina, chinandosi a terra. Cercò di sollevarle un po' il busto per farla stare seduta e le fece inghiottire la pietra.

Per farlo fu costretto a guardare il suo viso immobile, che si lasciò aprire e richiudere la bocca senza la minima reazione.

Riaccomodò la ragazza sul materasso e controllò la puntura, come se si illudesse che fosse già scomparsa.

Il veleno c'era ancora, ovviamente, e probabilmente si estendeva anche oltre i lembi dello strappo.

Avrebbe dovuto allargarli e controllare, però...Al solo pensiero si sentì arrossire. Tina non l'avrebbe sopportato. Forse poteva richiamare Al?

No, basta sciocchezze. Non era il lavoro per una bambina, questo. E poi doveva sbrigarsi, non era sicuro che il bezoar funzionasse.

Si concentrò su quelle linee nere spezzate finché non furono solo righe tracciate a caso su una superficie qualunque, come un foglio o un tessuto. Scostò i lembi dello strappo cercando di toccare il meno possibile la pelle sottostante e osservò le ramificazioni scure sbiadirsi oltre quel limite. Ora doveva controllare che non si estendessero ancora.

Rimase per qualche minuto a torcersi dal nervosismo, cercando di non pensare a ciò che sarebbe successo se non fosse bastato. L'unico antidoto senza troppi effetti collaterali ma ancora più potente del bezoar erano le lacrime di fenice. Ma, che lui sapesse, esistevano solo due fenici addomesticate. Una apparteneva a Silente, e l'altra alla squadra neozelandese di Quidditch. Entrambe erano state fuori dalla sua portata negli ultimi anni di ricerche.

Alla fine però, si accorse che il veleno aveva ritirato le sue grinfie dai bordi dello strappo.

Stava funzionando.

Newt si rilassò, sentendo che un peso enorme gli era appena stato levato dalle spalle. Ci si era quasi abituato negli ultimi minuti, tanto che dopo si sentì leggero, come se l'avesse punto un Billywig, come se rischiasse di levitare da un momento all'altro.

In effetti, ora che ci faceva caso, la sua prospettiva sembrava sollevarsi. Stava succedendo qualcosa. Sentì un leggero formicolio invadergli il corpo: spalle, braccia, mani, torso, gambe e piedi. Poi a poco a poco quel formicolio mutò, trasformandosi in fitte rapide ma dolorose. Abbassò lo sguardo su di sé: stava tornando adulto.

Le scarpe iniziarono ad andargli un po' strette, e poi gli abiti. Ebbe un rapido giramento di testa e dovette aggrapparsi al piano di lavoro retrostante.

Si girò di scatto verso Tina: anche lei stava cambiando e la sua fronte era imperlata di sudore.

Il suo corpo stava già affrontando una seria infezione, a cui ora si aggiungeva una metamorfosi. Newt aveva giocato la sua mossa migliore come mago; non c'era molto altro che potesse fare. Sollevò le coperte, le rimboccò perché Tina stesse bene al caldo, e fece una cosa che non faceva da tempo, l'unica cosa che un qualunque uomo potesse fare: si inginocchiò e pregò e pregò ancora, con tutta l'anima, che guarisse.

Per favore, pensò. Non lei, non ancora.

Non pregava spesso; non perché non avesse fede, ne aveva, ma la trovava diversa da come gliel'aveva insegnata il mondo in cui viveva. Il mondo dei Purosangue, fedeli alla tradizione e agli antichi precetti. Newt credeva che ci fosse un modo diverso di vedere le cose. La sua preghiera non era incatenata da regole. Nasceva spontanea ed era spesso rivolta alla natura, al futuro, ma anche alle piccole cose come un'alba limpida o la nascita di un cucciolo.

Newt era fiducioso e con le mani giunte alzò la testa a guardare Tina:

-Credo in te, Tina, io credo in te-

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💫SPAZIO AUTRICI💫

Ehiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

Per questo capitolo dovete ringraziare la community che nonostante il nostro silenzio continua a stimolarci ad andare avanti, noi cari lettori, non resistiamo al richiamo dei nostri lettori.

Quindi grazie, questo capitolo è dedicato a voi che siete rimasti con noi.

Sofy: Tutto molto carino e puccioso, ma un capitolo apocalittico gli dedichiamo?

Kathe: Eh questo offriva la casa stasera. Domani... Who knows?

-Kathe & Sofy 📚

P.S. abbiamo tirato le dieci e mezza per scrivere sto capitolo ora ci vediamo le Barbie.
Adios

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