4 capitolo -I silenzi parlano-

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Marco

Dire che sono furioso è poco.

Credevo che sarebbe venuta con me, ma mi aspetto troppo da chi ormai ho perso da molto. E rammento ancora i nostri momenti insieme, lo faccio mentre cerco di far capire a Claudia come deve mettere le gambe per rimanere in equilibrio, lo faccio mentre le tengo la mano e vorrei stringerne un'altra. E sospiro, passo la mia mano ricoperta da un guanto sul mio corpo e mi innervosisco al solo pensare a Siria che starà sorridendo a quell'idiota che non ha mai smesso di sbavarle dietro.

Penso che dovrei esserne contento, che dovrei sperare che lei sia felice, ma non sono così altruista. Non sono capace di desiderarla con un altro, se ogni volta che ci ho pensato in questi anni, mi sono maledetto per averla lasciata andare. Lo so che ho fatto la cosa giusta, che non aveva senso proseguire quel rapporto malsano, eppure ogni volta è come un pugno allo stomaco pensare a lei che si innamora di un altro.

«Tutto a posto, Marco?»

È il mio amico Riccardo che mi si avvicina, forse si è accorto del mio stato d'animo. Claudia mi è vicina, ma si stacca di poco, forse capendo che ho bisogno di prendere le distanze.

«Benissimo. A parte che quell'idiota di Bernardo non ha perso tempo a provarci con Siria!», sbotto. Lo so che non dovrei mettere bocca in questa faccenda, che sono affari suoi, ma so che col mio migliore amico posso farlo. Posso essere sincero senza vergognarmene. Perché lui lo sa quanto ci sono stato male in tutti questi anni, quanto mi è mancata, quanto ho sofferto, mi sono maledetto, ho cercato di dimenticarla. E, ora mi rendo conto che non ci sono mai riuscito per davvero. Perché il problema di amare per tanto tempo qualcuno, è che poi è più difficile scacciarla dal tuo cuore come se non fosse mai esistita. È una luce che accende il mio cuore ogni volta che solo si parla di Siria. Mi acceca il suo pensiero, offusca la ragione e mi fa comprendere che forse, avrei dovuto lottare di più per tenermela stretta. Ora è inutile rimurginare sul latte versato, è andata ed è rimasto il bel ricordo di quel noi che mi faceva sentire vivo e realizzato.

«Marco, prima o poi devi accettare che Siria potrà rifarsi una vita. Come stai tentando di fare tu», mi chiarisce, guardandomi con una punta di disapprovazione, quella che prova per Chiara. E non perché abbia qualcosa verso la mia "quasi" ragazza, ma perché crede che io mi stia prendendo in giro, che ancora spero di dimenticare Siria, ma lo sto facendo nel modo sbagliato. Lui mi ha sempre detto di essere sincero nei confronti di Siria, ma non gli ho mai dato retta, perché tanto a nulla servirebbe. Come l'anno scorso, quando ci siamo trovati a fare l'amore al matrimonio, e subito dopo era come se nulla fosse successo. Perché è chiaro che Siria prova ancora un'attrazione nei miei confronti, ma è altrettanto chiaro e lo era anche due anni fa, che si costringeva a stare con me, ma dell'amore che ci aveva unito non c'era più nulla.

«Hai ragione!», ammetto, ripensando a Chiara, che non è mai abbastanza per uguagliare quello che provavo per Siria e che, ahimè, continuo a provare anche se lo nego continuamente per cercare di andare avanti.

Torniamo all'hotel, entro in camera mia, fatta di legno e mi faccio una doccia calda per riscaldarmi. Una volta che mi sono vestito, scendo di sotto al bar per prendere qualcosa da bere, un whisky per riscaldarmi, ma quando lo faccio, mi blocco all'istante nel vedere il sorriso persistente che Siria sta dedicando a Bernardo. Stringo le mani e sospiro avvilito. Dovrei tornarmene in camera o, per lo meno, prendere il mio whisky e togliermi di mezzo, ma sono uno stronzo egoista e non lo faccio. Mi avvicino.

Siria avverte la mia presenza, così com'è sempre stato, e mi lancia uno sguardo turbata. Vorrei leggere i suoi occhi imperscrutabili ma, anche se la conosco bene, a volte mi pare che abbia così tanti segreti che non sono in grado di decifrare.

«Vuoi qualcosa da bere, Marco?», chiede col sorriso Bernardo. Quel sorriso che gli strapperei dal viso a schiaffi perché so che è dovuto a Siria. E deve smetterla, perché non posso accettare che questi due facciano i suoi comodi davanti a me.

«Si, forse è meglio che vai a prendere qualcosa da bere per me e Siria». Lo so, sbaglio tutto, sbaglio i modi e me ne accorgo dallo sguardo duro che mi riserva Siria.

«C'è qualche problema?», domanda con un ghigno Bernardo. Allargo le narici, sto per rispondere, ma il mio telefono interrompe ogni nostra conversazione.

Mi sposto per rispondere. È Chiara.

«Chiara», forse è l'unica mia salvezza, come d'altronde lo è stata in questi mesi in cui ci siamo frequentati. Mi distrae ed è bello guardarla, peccato che adesso non sia qui con me. Ma dall'altra parte è meglio così: non voglio che Siria sappia di lei.

«È tutto il giorno che ti chiamo», mi dice con un tono di rimprovero. Mi soffermo a guardare davanti a me, mentre la mia quasi ragazza mi parla. Siria sta ancora sorridendo a Bernardo e lo stronzo ne approfitta per toccarle la mano. Stringo il telefono e ho la sensazione di romperlo, ma me ne accorgo che Siria toglie la mano e dopodiché mi guarda, mi coglie in fallo.

«Volevo sapere quando torni?»

«Credo che tornerò prima di Natale», dichiaro e trovo una scusa per chiuderle il telefono.

Poi mi allontano. Lo faccio per il mio bene, ma anche per quello di Siria. Perché giuro che se resto un altro secondo qui, lo picchio. E so che Siria non la prenderebbe bene. Mi siedo sulle scale che danno al piano di sopra, poi mi passo le mani sul viso, ma basta poco per sentire dei passi e non serve neppure alzare lo sguardo per capire che si tratta della ragazza che prende ogni mio pensiero da tutta la vita.

Si siede vicino a me, appoggia le mani alle ginocchia e aspetta che io mi giri. E lo faccio, guardo i suoi occhi dello stesso colore della bevanda che ho appena bevuto, mi perdo nel suo respiro, nelle sue labbra carnose e ho voglia di baciarla. Ma è una voglia disperata. Una voglia insensata che, se non soddisfo, io giuro che non riuscirò a dormire questa notte. Perché la voglio così tremendamente da perdere il fiato ogni volta che i miei occhi si posano sui suoi.

«Che combini?», domanda, innocente. È incredibile che non si sia accorta di quanto mi faccia innervosire che lei stia a contatto con quello stupido che le sbava dietro.

«Niente», mento, non ammetto che sto impazzendo e sono passate solo poche ore. Non ammetto che era meglio starmene a casa, e che non era vero quello che ho detto ai miei amici, cioè che andava bene stare nello stesso posto insieme. Perché adesso è come il primo giorno: non me la tolgo dalla mente e penso continuamente a me e lei nudi. A lei che mi bacia, che mi accarezza, che mi guarda. Come ai vecchi tempi, quelli che devo accettare che sono andati via. Ma tanto io lo so che sono condannato a pensarla per sempre.

«Senti, ho visto come hai trattato poco fa Bernardo», ecco allora se n'è accorta. «Sapevo che non era una buona idea stare nello stesso posto...»

E ha ragione, non lo è stato. Ma ora voglio che lei rimanga, so che sta pensando di sparire, ma non voglio. Preferisco farmi male ma averla qui, che vederla andare via un'altra volta. Già è pesante vederla così poco, non posso permettere che se ne vada. E per questo motivo le metto una mano sulla sua e la blocco dal proseguire a parlare.

«Non è un problema, Siria», le sorrido, con dolcezza. Perché è sempre questo sentimento che mi trasmette, benché lei sia una schietta, testarda, mi fa sentire ogni volta che devo proteggere le sue fragilità. «Voglio che resti. Non è un problema per me, davvero», fingo, perché non è vero che non lo è, ma preferisco che lo sia piuttosto che non avere nulla di lei.

«okay!»

E dopo qualche ora ci ritroviamo a cena tutti insieme. Io sono di fronte a Siria, Bernardo ha approfittato per mettersi vicino a lei, mentre i miei amici sono a cerchio. Tutti stanno ridendo, si parlano, mentre io guardo lei, che non smette di guardarmi. Mi sfida sempre, come se cercasse da me qualche conferma. Tiene i suoi occhi incollati ai miei, e ancora quella voglia di baciarla invade tutto il mio intero corpo. Il desiderio è così forte che sono costretto a pensare a qualcos'altro pur di trattenermi. Perché i suoi occhi parlano, hanno sempre parlato più delle mille parole che ci siamo urlati contro quando litigavamo. Più di ogni volta che ci siamo detti ti amo. Più di tutte le volte che ho provato a farle capire cos'è lei per me.

I miei amici cominciano a raccontare degli aneddoti di quando eravamo ancora al liceo. Succede sempre così quando ci ritroviamo tutti insieme.

Riccardo parla di quanto detestava Sam per il suo essere maschiaccio e insolente, e che aveva una cotta invece per Siria. Che gli sembra passata un'eternità da allora, perché adesso non la vede più neanche come una donna. E non mi da fastidio sentirglielo dire, perché so che è vero quello che sta dicendo. Invece a me era sempre piaciuta Siria, benché non avessi il coraggio di ammetterlo per non rovinare l'amicizia.

Sam racconta di quando si frequentava con Guido Benevento, il più figo della scuola che lei bramava conquistare ma che, dopo averlo fatto, ha mollato dopo una settimana. Tutti ridiamo in coro a quel ricordo. Lo fa anche Siria, e io non perdo l'occasione per osservala, e lei non perde l'occasione per ricambiare la mia occhiata.

Poi si alza, si scusa e si allontana. Bernardo la guarda allontanarsi, ma non gli do l'occasione di seguirla, sono io a farlo e lo rimetto al suo posto.

Perché adesso è la mia occasione di passare qualche minuto in più con lei.

Avevo promesso un doppio aggiornamento.
Questo capitolo rivela un po' dei pensieri di Marco, ma ancora ci vuole un po' per capirlo di più.
Lunedì vedremo il confronto tra i due.

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