Speciale Bernardo

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Le notti non finiscono

All'alba nella via

Le porto a casa insieme a me

Ne faccio melodia

E poi mi trovo a scrivere

Chilometri di lettere

Sperando di vederti ancora qui

Guardo il mare davanti a me, il mare della sardegna è un incanto anche di notte, e da che sono qui, passo ogni sera a guardare le stelle sopra di me, scolandomi una birra e rendendomi conto di quanto è strana la vita, di quanto mi sia sforzato in questo anno per inseguire qualcosa che, alla fine, non è arrivato. Qualcosa che, alla fine, non so neanche se lo volevo per davvero. Perché, parliamoci chiaro, Siria è sempre stato il mio sogno irraggiungibile fin da quando ero un ragazzino con i brufoli. Me lo ricordo come se fosse ieri il primo giorno che l'ho vista, quando mi pareva mi stesse guardando, poi mi sono accorto che stava solo guardando vicino a me, dove c'era appunto Marco; poi la mia occasione, quella di passare alcuni giorni a Cortina e, dopo la delusione con Carlotta, a lei si che l'amavo fino a morirne ma quando le cose non vanno più, alla fine, l'unica cosa che puoi fare è mollare la presa e smetterla di farsi del male. La cosa più drammatica è che anche lei si è già rifatta una vita, si è abbastanza presto scordata di me, eh va bene così, non ne faccio un dramma.

Finisco la mia benedetta birra per tornare in camera, anche se so già che il mio amico da cui alloggio, sarà con qualcuna e faranno così chiasso che non mi faranno dormire neanche questa notte. Porto una mano tra i capelli e nel mentre torno a casa, continuando a guardare il mare e neanche me ne accorgo che, per sbaglio, vado a finire sopra a qualcuno. Mi ritrovo sulla sabbia, a stringere le mani e a guardare una ragazza sotto di me.

«Dico, deficente, potresti alzarti? Pesi tanto!»

Due occhi azzurri sono ben piantati su di me, mi ridesto alla svelta e mi alzo per non continuare a far pressione sul suo corpo. Da gentiluomo quale mi ritengo, abbasso il braccio e tento di darle una mano, ma la ragazza mi guarda come se le avessi appena fatto uno sgarbo.

«Ce la faccio da sola!» sbotta con rabbia, come se in qualche modo l'avessi offesa. Sembra che abbia bevuto un po', infatti a stento si regge con le sue stesse gambe, ma non mi azzardo a darle ancora una mano, mi guarda da dietro le sue ciglia bionde, sembra che le abbia fatto qualcosa di tanto grave da avercela con me.

«Mi dispiace, non ti avevo vista!»

«Me ne sono accorta» ribatte con un accento sardo marcato, «dovresti tagliarti la frangetta... che poi, senza offesa, anzi... con offesa visto che mi sei inciampato sopra, non ti donano questi capelli» non ironizza, è veramente seria e spietata mentre lo asserisce.

«Senti, te l'hanno mai detto che sei veramente scortese?» ribatto, adesso molto irritato. «E io che sono stato pure gentile!» sbotto e questa volta la oltrepasso per andarmene.

«Ehi... signor cavaliere dei miei stivali» continuo ad avanzare, non le rispondo, proprio non la sopporto. Questo è odio a prima vista. «Sei così cavaliere che non hai neppure il buon senso di fermarti?» ridacchia, si prende gioco di me, poi mi raggiunge, mi supera e si mette di fronte a me, mostrandomi le sue forme fasciate solamente da un pantaloncino corto e una maglietta che appena le copre il seno.

«Che cosa vuoi?»

«Farti fare la guardia al mio cane?» ride, io continuo ad infuriarmi, «dai, per oggi sarò gentile, mi sento sola in effetti e... - si guarda intorno con fare beffardo, - vedo che anche tu non hai molti amici da queste parti. Ti va di venire a fare baldoria con me?»

La guardo stordita, al quanto irritato, ma perplesso.

«Cioè, fammi capire, prima mi insulti, ti prendi gioco di me e ora vuoi la mia compagnia?»

Scrolla le spalle come nulla fosse, storce le sue labbra carnose su cui, ammetto, mi cadono gli occhi; bella è bella, me ne sono accorto abbastanza in fretta, ma mi sono anche reso conto di quanto sia insopportabile abbastanza velocemente.

«Si, e allora? Dai, mi annoio, vieni con me! O se hai di meglio da fare...»

Umetto le labbra, penso a Sandro che starà facendo baldoria in camera mia e forse è meglio andare con lei piuttosto che perderci il sonno.

«Andiamo»

Qualche minuto dopo ci ritroviamo in un bar dove fanno Karaoke, la ragazza di cui neppure so il nome, mi afferra la mano, la stringe come se ci conoscessimo da anni, mi fa un sorriso – uno proprio bello da morire – e mi trascina vicino le casse per cantare.

«Senti, io non so proprio cantare»

«L'ho capito subito che fossi uno proprio palloso» sbuffa, «Antonio... per favore mi fai un negroni per il mio amico? Ha proprio bisogno di rilassarsi»

Non so neppure perché, ma non riesco neanche a replicare. Non ho mai conosciuto una persona così... così tanto che non so neanche dire com'è.

«Senti, ma che hai un disturbo della personalità? Prima mi vuoi uccidere, poi mi inviti a stare con te, poi vuoi cantare insieme a me, ora non mi sopporti e mi vuoi stendere con un cocktail»

«È perché mi annoio facilmente, ma forse meglio sola che male accompagnata» ridacchia lei, prendendosi nuovamente gioco di me, poi mi trascina a cantare e non so neanche perché glielo permetto, so solo che assecondo anche la sua idea di farmi ubriacare.

"E poi all'improvviso sei arrivata tu, non so chi l'ha deciso, mi hai preso sempre più!" cantiamo insieme.
"Una quotidiana guerra
Con la razionalità
Ma va bene purché serva per farmi uscire
Come mai, ma chi sarai, per fare questo a me
Notti intere ad aspettarti, ad aspettare te
Dimmi come mai, ma chi sarai per farmi stare qui
Qui seduto in una stanza, pregando per un sì"

E non so né perché, né per come ma so che nonostante tutte queste stranezza, forse sarà anche l'alcol, ma io comincio a stare bene dopo tanto, a divertirmi davvero, a perdermi in un sorriso nuovo, quello che mi riserva la sconosciuta.

Quando usciamo dal bar, lei continua a portarmi con sé, me la ritrovo tra le braccia, forse perché è abbastanza alticcia, un po' come me.

«Mi accompagni a casa?» domanda, io acconsento e corriamo per le strade di Alghero, mano nella mano, come se ci conoscessimo da una vita; quando ci fermiamo davanti alla sua porta, lei si volta e, per la prima volta nella serata, vedo un po' di timidezza. Svanisce all'istante quando mi ritrovo la sua mano sul viso e io prendo un lungo e profondo respiro.

«Adesso che siamo diventati quasi amici, potresti anche dirmi il tuo nome» le dico anche se non sono certo di volerla come amica, comincio a sentire qualcosa che mi parte dallo stomaco.

Lei ricomincia con quel suo sorriso ironico, ricomincia a guardarmi e io mi ritrovo a fare lo stesso, a percorrere il suo viso, da quel nasino all'insù, alle sue labbra carnose, ai denti perfetti, alle orecchi con il lobo attaccato al collo, ai suoi mille orecchini, anche a quello che ha sul naso a cerchio. A quel suo tatuaggio a forma di tigre sul braccio.

«Ma noi non siamo diventati amici...» sussurra, «la regola dell'amico non sbaglia mai, se sei amico di una donna non ci combinerai mai niente» ridacchia, cantando un'altra delle canzoni di Max Pezzali, ma questa volta lo fa un tantino troppo vicino alle mie labbra, «e io qualcosa con te la voglio combinare» poi ammette, allargando il suo sorriso, facendomi perdere nei suoi occhi che sembrano puri e sinceri, schietti, che ti fanno perdere nell'immensità e ti fanno vedere il fondo per quanto limpidi.

Non ci penso altre due volte e le attacco le labbra alle sue, la schiudo con la lingua andando a sbattere con i suoi denti, ma subito dopo mi concede l'accesso facendomi annegare nel suo sapore. Le sue mani che, subito dopo, si perdono nei miei capelli. Da un calcio alla porta per farmi entrare, neanche ci penso a come abbia fatto, ma mi ritrovo pochi secondi dopo senza maglietta. Non facciamo in tempo ad arrivare sul letto, che qualcuno lecca la mia gamba e mi ritrovo a sobbalzare nel ritrovare un cane sotto di me.

«Bernardo» esordisce la ragazza che sto baciando, «accuccia» lui ubbidisce immediatamente, mentre mi ritrovo a guardare sorpresa la bionda davanti a me.

«Bernardo? Davvero hai chiamato il tuo cane così?»

«Certo che sì» ridacchia, «non ti piace?»

«Certo... il mio nome è...»

Scoppia a ridere mentre anticipa il mio nome, non riesce più a trattenersi, mi prende proprio in giro.

«Hai il nome di un cane, Bernardo?» continua a ridere, senza discrezione.

«No, è il tuo cane che ha il nome di un essere umano!» sbotto, arrabbiandomi. E io non mi arrabbio mai, ma proprio mai. Ci vuole molto per farmi perdere la pazienza, ma lei me l'ha proprio messa alla prova.

«Se ti può consolare lo chiamo Bernie, lui è il mio uomo. Bianca... - indica se stessa, e Bernie»

E questa volta scoppio a ridere io.

«tu sei proprio fuori»

Le risate scompaiono dalle nostre labbra quando si riavvicina e accorcia le distanze. E io non resisto più, la bacio, la trascino in camera sua e non so più cosa succede, so solo che mi sembra che per la prima volta sono nel posto giusto, nonostante non so niente di lei, nonostante ho appena scoperto il suo nome, nonostante è irritante da morire.

Ma si sa, le cose inaspettate, sono quelle che ti fanno sentire vive quando sembrava che nulla andasse per il verso giusto. E io... questa sera sì, questa sera mi sento davvero vivo dopo tanto!

Era solo un capitolo per dare almeno una gioia al povero Bernardo... solo MuG fino ad ora per lui!
Questa volta sì, la storia finisce qui, ci rivediamo nella storia di Sam e Riccardo (sempre che volete) the best Day. La trovate sul mio profilo.

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