Capitolo 10

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(Leggete l'angolo autrice please)
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Esistono molti modi per cominciare la giornata.

C'è chi si sveglia di buon umore, chi si sveglia con la luna storta e, perché no, chi la comincia con qualcuno al proprio fianco.

La mia giornata cominciò ascoltando una conversazione nella quale almeno uno degli elementi aveva un tono normalmente così alto da riuscire nell'impresa del distogliere la mia mente dai sogni, tranquilli e pacifici, che la popolavano; e portare la propria attenzione su di essa.

Fra le voci che riconobbi vi furono quella di mio padre, nervosa e leggermente acuta per un uomo della sua età, e... basta.

La seconda voce mi giungeva del tutto sconosciuta; era una voce giovane, certo, ma di tanto in tanto tendeva ad incrinarsi o schizzare verso l'alto senza un perché; aveva un timbro morbido e vellutato, decisamente maschile, di quelli caldi, che, uniti ad un bell'aspetto, potrebbero far sciogliere e cadere ai piedi del proprietario tutte le ragazze possibili; parlava con tono calmo e composto, si interessava ai veri lavori di mio padre, che dal canto suo rispondeva con tono allegro e gioviale mentre, a giudicare dall'odore, cuoceva del latte in un pentolino nero e rovinato, lo stesso che io vedevo da anni, sempre nella stessa credenza, lavato tutti i giorni per poter essere riutilizzato il giorno dopo.

Fu la fame a spingermi in piedi, anche se, francamente, quel giorno di voglia non ne vedevo nemmeno l'ombra, ed a strascicare i piedi fino alla cucina dove mio padre conversava amabilmente, di fronte a lui erano seduti Abril e Rabi, evidentemente a disagio, ed un terzo ragazzo, probabilmente poco più grande rispetto a noi; era più alto rispetto a Rabi, e, oggettivamente, più bello rispetto a tutti gli elementi presenti in casa; la canotta bianca che portava metteva in risalto il fisico, asciutto e ben allenato, e la pelle chiara, in questo simile a quella di Abril, se non per il fatto che era coperta di lentiggini, cosa che, , peraltro gli donava non poco, facendo risaltare gli occhi scuri sui quali ricadeva qualche ciuffo di capelli corvini, sfuggito al codino scompigliato che gli solleticava il collo; la sua espressione era affabile ed amichevole, lo sguardo aveva un che di furbi, come quello di una volpe.

Non appena feci il mio ingresso nella stanza, ovviamente con il pigiama e l'evidenza che ero stata sveglia nel novanta per cento della nottata, gli sguardi di tutti si impuntarono sulla sottoscritta; sentii il sangue affluire velocemente al mio viso, come avrete capito, non amavo stare al centro dell'attenzione, l'esposizione agli sguardi, e ciò mi causava un perenne imbarazzo.

Alzai una mano, in segno di saluto, e mio padre ricambiò allegramente, pareva quasi sollevato, e per cosa?

:- Mei! Non mi avevi detto che i tuoi amici sarebbero venuti stamattina per una gita nella foresta degli spiriti!- ecco per cosa, se c'era una cosa che aveva sempre preoccupato più di tutte quel curioso uomo... quella era il fatto che avessi da sempre avuto difficoltà a farmi degli amici, fin da piccola, il mio carattere era stato troppo chiuso per attirare altri miei coetanei, che si limitavano a persone con le quali fosse più facile attaccare bottone, peraltro il mio mutismo non aiutava per nulla; anzi, quello era un ostacolo anche per gli adulti, motivo per cui, a scuola, dovevo portare un quaderno per potermi esprimere senza dover insegnare il mio linguaggio senza suoni.

Non fraintendetemi, volevo un bene dell'anima a mio padre, si era sempre spaccato in due per farci vivere entrambi per bene, e più di una volta, aveva dimostrato e detto di essere disposto a togliersi il pane di bocca se ne avessi avuto bisogno; gli ero molto grata, ma spesso anche lui rappresentava un problema per i rapporti umani, in fondo, dovevo aver pur preso da qualcuno la mia sciattaggine, no?

Ed era appunto proprio dall'unico genitore che conoscessi che avevo ereditato quel gene maledetto, che mi rendeva indifferente verso l'indossare vestiti sporchi o troppo larghi; quando facevo le scuole medie, poi, lui aveva la brutta abitudine di prendere casualmente dei miei coetanei per strada e cercare di farmici fare amicizia.

Non è mai andata bene.

Ma, tornando a noi, dopo aver confermato la cosa, di cui peraltro non sapevo nulla, a mio padre, facendo appello a tutta la mia dignità, mi diressi verso il pentolino del latte e ne versai il contenuto in un bicchiere, nel quale feci cadere un po' di zucchero; che presi a mescolare con un cucchiaino, mentre prendevo posto al fianco di papà per poter avere un confronto diretto con i nuovi arrivati

Non appena fui appoggiata al cuscino, che usavamo per sederci al bassissimo tavolino in compost, Abril prese subito la parola, con il suo solito grande sorriso, che mi faceva venire voglia di buttarle un braccio attorno alle spalle e scompigliarle ancora di più i capelli arruffati, in modo da farla ridere, in quanto la sua risata era un suono cristallino che le mie orecchie parevano gradire molto; certo, gradivo anche quella di Rabi, che alle volte pareva il gracidare di una rana, ma non era la stessa cosa; la sua risata non mi si conficcava di prepotenza nel cervello, rimanendovi piacevolmente dentro per delle ore

:- oh- giusto! Mei, è un problema per te se mio fratello viene con noi? Sai, non ha molti amici, quindi mi è sembrato...- venne zittita da un solo sguardo nella sua direzione, proveniente, appunto, dal fratello, non era uno sguardo cattivo, ma per un attimo mi parve di vederla terrorizzata.

Il corvino mi porse una mano nodosa e leggermente callosa, come quella della ragazza dai capelli rossi, un sorriso da volpe sul viso

:- è un piacere conoscerti, Avatar Mei, il mio nome è Gonkuro, non so quanto Abril ti abbia parlato di me... ma ero davvero ansioso di conoscerti- nulla. Ecco cosa mi aveva detto Abril riguardo a lui, nulla.

E qualcosa mi suggeriva anche che avrebbe preferito non doverlo mai fare, forse me lo diceva il sorriso della mia amica, che improvvisamente sembrava essere stato tirato con delle viti, o forse il suo pallore; e, in effetti, non ne capivo il motivo, quello sembrava un ragazzo decisamente educato...

Allora perché la sua stessa sorella pareva cercare in tutti i modi di allontanarsi, pure impercettibilmente, da lui?

Gli strinsi la mano, che si rivelò bollente e solida, forse un po' ruvida, ma incredibilmente forte.

Poi fu un attimo; i nostri sguardi si incrociarono, e, per un attimo, mi parve di annaspare alla ricerca disperata di aria, mi sentii come se stessi nuotando nel petrolio, pareva che il suo sguardo mi avesse agganciata, cercando di trascinarmi sul fondo di un abisso senza ritorno.

Benedii Rabi quando cercò di smorzare la tensione che si era venuta a creare con una battuta

:- beh, ora vorrei sapere una cosa, Abril... ma tutti i dominatori del fuoco sono così fighi? Perché se è così lo voglio diventare!- uno sbuffo divertito e collettivo fuoriuscì dalla bocca di tutti, ed Abril si passò una mano fra i capelli

:- beh, modestamente...- venne istantaneamente zittita dal turchino, che fece schioccare la lingua contro il palato

:- no no no, tu sei l'eccezione che conferma la regola!- solo allora Abril scoppiò a ridere, mentre Gonkuro lo guardava divertito

:- lui mi piace, ha carattere!- e fu così che Rabi continuò a pavoneggiarsi per tutta la mattina.

____

Il sole era già alto quando uscimmo di casa, ci era voluto un bel po' di tempo prima che Mei finisse di prepararsi, e, per tutto il tempo, ero stata costretta a restare di fianco a Gonkuro.

Gonkuro...

Quanto tempo era che non avevo un contatto diretto con lui senza che questo sfociasse in percosse a senso unico e minacce di morte che mi ricordavano fin troppo bene chi fosse il più forte fra noi due?

Decisamente troppo.

Ed ora eccoci lì, io montavo  il mio solito sorriso idiota.

Mi piaceva sorridere, davvero molto, era un gesto spontaneo, semplice, tutti, nella loro vita, avevano bisogno di un sorriso sincero da parte di qualcuno, no?

Io non ne avevo mai visti molti; fra mia madre, sempre seria e dispostica, e, per l'appunto, Gonkuro... che ora conversava tanto facilmente con la ragazzetta dai capelli neri, più ingenua di quanto credesse, che lo ascoltava e rispondeva con gesti concitati delle mani.

Il solo guardarli insieme mi faceva montare dentro un senso indescrivibile di rabbia e frustrazione.

Dovevo esserci IO al posto di quello spocchioso prodigio che era mio fratello, tanto migliore di me che non riuscivo nemmeno a guardarlo senza sentire un forte senso di inadeguatezza, senza sentire che tutti i doni fossero arrivati a lui, lasciando a me solo l'inutilità più totale.

Quella era la MIA occasione per dimostrare di valere qualcosa, di non essere solo la pecora nera che non avrebbe avuto meriti all'arrivo della nuova condottiera.

Poi guardavo il suo sorriso.

Mei, quando l'avevo conosciuta, non mi era sembrata una ragazza che avesse mai sorriso molto alle persone, e lo notavo dalle piccole cose: il suo viso sembrava affaticarsi quando gli angoli della sua bocca si sollevavano, quasi essi avessero trasportato il peso del cielo; non mi era mai parsa una persona da sorrisi di circostanza, anzi, alle volte poteva dimostrarsi anche abbastanza acida, ma, soprattutto, fin da subito mi era sembrata molto sola.

Guardavo suo sorriso.

Mi faceva arrossire, per la tenerezza, che suscitava nel mio animo, se ancora ne avevo uno, e qualcosa di sconosciuto.

Mi sentivo una merda.

Allo stesso modo guardavo il sorriso di Rabi, più allenato, il sorriso di un sempliciotto che ero riuscita a conquistare allo stesso modo di Mei in poco tempo, un ragazzo i cui occhi ribollivano di rabbia e passione allo stesso tempo.

I suoi genitori erano in prigione.

Me l'aveva raccontato in pochissimo tempo, ed io ero stata ancora peggio.

Nemmeno lui, bizzarro com'era, pareva avere molti amici, anzi.

Forse non ne aveva.

Ed ora stavo ancora peggio.

Ma non potevo mollare tutto.

Avrei voluto, davvero.

Ma, se l'avessi fatto, probabilmente sarei morta.

Ed ero troppo codarda anche solo per provare.

Quanto a me... il mio sorriso, secondo me, non era tutto questo splendore; non urlava la voglia di spaccare il mondo come quello di Rabi, non sollevava il cielo come quello di Mei.

Il mio sorriso era un grido di aiuto, che nessuno riusciva a sentire.

"Aiutatemi, vi prego!"

"Non voglio che uccidano ciò che resta!"

Ma nessuno avrebbe ascoltato.

Quindi sorridevo, morendo dentro lentamente.

Mandando il mondo a fanculo.

Due leggeri tocchi sulla mia spalla distolsero la mia mente da quei pensieri.

"Abril, stai attenta a dove metti i piedi oggi, che l'ultima volta mi sei svenuta cadendo!"

I gesti di Mei furono giocosi, ed io, per tutta risposta le feci la linguaccia, per scherzare

:- povera illusa! Tu non sai che il sono la regina delle liane?!- quasi gridai puntellando i miei pugni sui fianchi e gonfiando il petto con espressione tronfia, eravamo all'entrata della foresta degli spiriti, un luogo che, a dirla tutta, mi aveva sempre inquietato, ma che la ragazza, che ora mi sorrideva più gentilmente, quasi con tenerezza, adorava.

:- certo, certo, nei tuoi sogni! Sono io, qui, il re indiscusso!- Rabi batté i pugni sul petto, fieramente, gesto che fece fuoriuscire un cane della prateria dal collo della tunica a maniche arrotolate che aveva deciso di mettere; l'animaletto gli mordicchiò un orecchio, guadagnandosi le pronte scuse del suo padrone, il che suscitò una risatina da parte di Gonkuro.

:- dai, entriamo- furono le parole del corvino, che fu seguito fra i rampicanti da Mei e Rabi.

Io li seguii poco dopo.

Entrai nella foresta degli spiriti sorridendo.

ANGOLO AUTRICE

Eeeeeeeee... eccomi qui! Dopo aver scoperto che è possibile ripristinare i capitoli dopo che si sono cancellati per sbaglio!

Allora, come qualcuno noterà ho apportato qualche leggera modifica alla trama, ma nulla di che, fatto sta che, d'ora in avanti, di tanto in tanto metterò dei punti di vista anche da parte di altri personaggi, e... nulla, è tutto.

Lasciate un voto ed un commento, pliz ;-;

Bye~

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