2. È soltanto lavoro

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Il Capitano Limes rilesse un'ultima volta il documento che campeggiava solitario sulla sua sguarnita scrivania. Non gli era mai servita una scrivania, così come non era mai servita al suo predecessore, e tanto meno al predecessore del suo predecessore, ma stava lì, in mezzo all'unico ufficio di cui il Corpo di Guardia Carceraria di Firmiona disponesse, perciò la usava.

Il più delle volte come poggiapiedi, occasionalmente tornava comoda per firmare qualche scartoffia. Quello specifico pezzo di pergamena non necessitava di una sua firma, ma era comunque sufficientemente pesante da necessitare un punto d'appoggio.

Lo piegò accuratamente lungo le due linee mediane, riducendolo a un quarto delle sue dimensioni, quelle necessarie per riporlo nel piccolo cassetto di cui la scrivania era dotata. In effetti più che una scrivania si trattava di un tavolaccio, ma per il Capitano Limes poco cambiava.

Si alzò stropicciandosi la faccia già parecchio sfibrata da una notte insonne. Non era uno che dormiva molto, il Capitano Limes, né quando perdeva la sua paga ai tavoli del baccarà, né quando vinceva. Nel secondo caso, per lo meno, la mattina dopo era di buon umore.

Prese a girare intorno alla scrivania col passo rabbioso d'un cane al guinzaglio. La morte di Steno era una rogna di buone proporzioni, che quel documento non aveva fatto altro che peggiorare. Sostituire il vecchio boia non sarebbe stato comunque facile, ma così...

E poi dove l'avrebbero trovato un altro come Steno?

Se la ricordava chiara come il giorno, la prima volta che, sedici anni prima, l'aveva incontrato, là sul patibolo. Aveva decapitato quel disgraziato con tale naturalezza che subito aveva pensato: "Quest'uomo è nato boia."

Solo dopo aveva scoperto che si era offerto volontario. Funzionava così, all'epoca: quando un boia lasciava, una delle guardie carcerarie veniva scelta per prenderne il posto. Si usava il classico metodo della pagliuzza, così gli aveva spiegato il suo mentore e predecessore, il Capitano Chiraz. Ma quella volta non era servito, Steno si era offerto sollevando gli altri dal rischio di quell'ingrato ruolo.

Se fosse valsa la stessa regola si sarebbe trovato in seri problemi. Oltre a lui, che in quanto Capitano non poteva essere degradato a boia, c'erano solo tre guardie che si sarebbero contese il ruolo: il sergente Florio Flovis e i due appuntati Martinuzzo e Polporo. Il primo era totalmente privo di spina dorsale e tutta la guarnigione sapeva chi portava i pantaloni a casa sua: la moglie sarebbe stata in effetti più adatta al ruolo. Martinuzzo e Polporo facevano un uomo in due, e neppure troppo sveglio: sospettava che non avrebbero saputo da che parte reggere l'accetta.

Ma le regole erano cambiate e nessuno dei tre si sarebbe dovuto sacrificare. Ciononostante non riusciva a sentirsi sollevato, tutt'altro.

Fece in tempo a fare altri otto giri intorno alla scrivania prima che qualcuno bussasse alla porta.

«Che c'è, Polporo» accolse l'uomo, entrato senza aspettare il suo benestare.

«'giorno Capità» salutò quello, strofinandosi l'abbondante ventre. Lo faceva in continuazione e Limes lo trovava parecchio irritante. «Stamattina mi so' svegliato con in testa la questione del boia.»

«Tranquillo, non toccherà a te.»

«A no? Ottimo, ma non è che me ne preoccupassi.» Si era avvicinato alla scrivania dietro cui il Capitano era tornato a sedersi. O forse nascondersi.

«Perché, vorresti farlo tu?»

«Io? No, no, per carità, non tengo il polso giusto. Ma conosco una persona che sarebbe perfetta, noi la facciamo guardia e il problema è risolto.»

Limes posò i gomiti sulla scrivania e si incastrò la faccia tra le mani, in attesa.

«È un mio cugino di secondo grado, ha anche lavorato per qualche mese con un macellaio, insomma la mano ce l'ha buona.»

«Va bene, fallo venire. Dopodomani, a mezzogiorno.»

Il sottoposto parve disorientato. «Ah, dopo... domani? Davvero?»

«Sì, davvero. Dopodomani. Adesso vai, ho delle faccende da sbrigare.»

L'appuntato Polporo girò su stesso e uscì dalla stanza, dando quasi l'impressione di rotolare.

Limes si stropicciò nuovamente il viso, ma non ebbe il tempo di formulare nessun pensiero che di nuovo bussarono alla porta. «Che vuoi ancora, Polporo?»

L'uscio si aprì timidamente, facendo spazio al viso ossuto dell'appuntato Martinuzzo.

«Scusa, Martinuzzo, pensavo... vieni, vieni avanti.»

L'uomo entrò e si avvicinò alla scrivania tenendo stoicamente la sua inconfondibile andatura da avvoltoio. Erano coetanei ma Martinuzzo dimostrava almeno il doppio dei suoi anni. Si piazzò davanti a lui e lo fissò: aveva anche gli occhi da avvoltoio.

«Dimmi» lo incoraggiò il Capitano.

«Steno...» disse dopo un momento interminabile.

«Tranquillo, non toccherà a nessuno di noi sostituirlo. Assumeremo uno nuovo.»

«Bene» rispose, senza apparire davvero rincuorato. «Ci sarebbe il nipote di una mia sorella...»

Limes attese la fine della frase, che non arrivò. «Digli di venire dopodomani, a mezzogiorno.»

L'appuntato Martinuzzo se ne uscì così come era entrato.

Il Capitano tirò nuovamente fuori il documento dal cassetto e lo rilesse, tanto per essere sicuro. Non lo finì che per la terza volta qualcuno bussò. Lo riconobbe dal tocco: «Entra, Sergente.»

Il Sergente Flovis ubbidì, eseguendo un perfetto saluto militare.

Limes ammirava il suo rigore: era sempre inappuntabile, la divisa perfetta, ogni protocollo rispettato alla lettera. Ed era dannatamente bello. Avrebbe fatto una carriera sfavillante se non fosse stato un gregario per natura, uno smidollato. Cosa di cui in fondo gli era grato.

«Fammi indovinare, sei qui per la questione del boia?»

«Sì, Capitano.»

«Non avrai mica anche tu qualche parente da propormi, vero?»

Il Sergente Flovis vacillò in modo quasi impercettibile. «Se ci penso, potrei trovarne uno...»

«Ottimo, digli di venire dopodomani. A mezzogiorno» e gli porse il documento.

Il Sergente lesse. Due volte. «Un'ordinanza pubblica di assunzione?»

«Una nuova legge Governativa. Pare che ora le cariche pubbliche debbano essere assegnate dopo un'audizione aperta a chiunque.»

«Ma questo annuncio...»

«È già esposto nelle pubbliche bacheche, lo hanno affisso all'alba.»

Florio vacillò ancora, vistosamente «Ma chi vuole che si candidi, per un posto così?»

«I peggiori balordi in circolazione» affermò sicuro il Capitano. «Ma tranquillo, siamo noi a fare la selezione. C'è speranza per tuo cugino.»

«Mio cognato, Capitano.»

«Quel che è...» 

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