IL SEREN SOGGIORNO

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SEBASTIANO MARIA CASTELLI

NOME

Sebastiano Maria

Se vi capitasse di cercare il nome Sebastiano su un qualsiasi motore di ricerca, il risultato sarebbe qualcosa di analogo a: "Dal greco antico σεβαστος, significa venerabile, illustre," e poi a seguire una serie di tratti caratteriali associabili al nome che, in realtà, sono solo delle grandissime sciocchezze. Ad esempio: "Grande comunicatore, Sebastiano ha una grande stima di sé stesso, tanto da venir spesso identificato il leader di un gruppo o comitiva a cui appartiene." Non è voluto, ma l'ironia è fin troppo evidente in questo caso. Però non è il momento di parlarne. Il nomen omen si verifica tuttavia più al livello del significato etimologico perché, in effetti, la famiglia di Sebastiano può essere considerata piuttosto illustre. Ma non è per autoincensarsi che i coniugi Castelli hanno scelto un tale nome per il loro unico figlio, bensì per onorare il nonno di lui, padre di sua madre, strappato alla vita per un tumore alla giovane età di quarantatré anni. Non si discuterà su quanto possa essere di buon auspicio chiamare un bimbo con il nome di un morto, ma la tradizione di dare il nome dei nonni è molto radicata, e a Sebastiano non dispiace così tanto. Considerato che l'altro suo nonno si chiama Gildo, gli è anche andata bene. Ogni tanto, però, si sente come se battezzandolo in questo modo sua madre gli avesse caricato addosso troppe aspettative, come se la donna avesse messo poco impasto in una teglia troppo grande e, per quanto la torta si sforzi di lievitare, non riesca mai a colmare tutto lo spazio vuoto. Che poi è anche un po' la storia della sua vita.

Ma, comunque, torniamo al suo nome. A Sebastiano piace; tanto più che quando era piccolo, alle elementari, una delle suore che insegnava alla sua classe aveva colto l'occasione per fare un po' di catechismo e raccontare loro la storia di San Sebastiano. Una storia abbastanza scabrosa da raccontare a dei bambini di otto anni ma, del resto, è un'abitudine tipicamente cattolica. Al bambino, però, che era ormai entrato in quella fase della sua infanzia in cui nutriva una grande fascinazione per ogni cosa che fosse disgustosa, sanguinolenta e ripugnante, quella storia era piaciuta un sacco. Del resto, lo avevano colpito con le frecce fino a farlo sembrare un istrice per ucciderlo, ma poi non era morto e avevano dovuto ucciderlo di nuovo, cioé, che figata!

Sebastiano, quello di otto anni, ripeté quella storia a casa fino a che sua madre, alquanto stanca della situazione, gli regalò un'icona del martire, frecce conficcate e tutto il resto. Il padre, all'inizio un po' dubbioso su quanto fosse consigliabile mettere una tale immagine nella stanza di un bimbo così piccolo, alla fine si convinse con l'idea che ciò avrebbe cementato la sua fede religiosa. Forse non è andata proprio così, ma fatto sta che ancora oggi, nonostante i mobili siano stati cambiati, le figurine attaccate agli armadi grattate via con parecchio olio di gomito e i disegni da bambino su fogli A4 siano stati sostituiti da pareti bianco anonimo coperte di schizzi a matita - per la gioia di chi, per quelle pareti bianco anonimo, ha pagato -, l'icona è lì, vicino all'armadio, coperta da uno strato di polvere e abbellita da un rametto d'ulivo nel periodo pasquale.

Non è strano che, nella cattolicissima Italia, un ragazzo abbia un'immagine sacra in camera: ciò che è strano è che sia quella di un santo tutto sommato minore, invece di quella della Madonna, per esempio, più appropriata. Il problema è che il nostro Sebastiano della Vergine proprio non ne vuole sapere. Anzi, si può dire che ha una vera e propria faida aperta con lei, per quanto si possano avere faide con figure religiose. Si è guadagnato più di una tirata d'orecchie dalle suore per aver affermato che "se non esisteva io non mi chiamavo così".

Infatti, il suo secondo nome è Maria: non preoccupatevi, non è certo una scelta progressista e gender neutral dei suoi genitori. Si tratta invece di una tradizione abbastanza diffusa tra le famiglie o particolarmente religiose o particolarmente facoltose del Nord Italia, quella di affidare i propri figli alla protezione della Madonna battezzandoli con questo nome, senza distinzioni di genere. Ora, la famiglia di Sebastiano è sempre stata abbastanza priva di opinioni forti sulla Chiesa, come la maggior parte delle famiglie italiane. Insomma, hanno battezzato il figlio, l'hanno mandato a catechismo e gli hanno fatto fare tutti i sacramenti, ma sono quel tipo di persone che vanno a messa a Natale e Pasqua, giusto perché ci vanno tutti. Anche le elementari e le medie in una scuola gestita dalle suore non è stata una scelta motivata dalla fede, bensì dalla volontà di assicurare al proprio figlio la migliore istruzione possibile - e a quanto pare le scuole private gestite da religiosi sono quotate quando ce lo si può permettere.

Comunque, il nome Maria è tradizione nella famiglia Castelli: è il secondo nome di suo padre, e di sua zia, e del loro padre e di suo fratello, e dei figli del fratello di suo nonno e dei loro figli... cioè, la religione c'entra poco. In ogni caso, Sebastiano lo detesta. Lo trova stupido e con una stupida motivazione, e non riesce proprio a sopportarne l'idea. Esiste o non esiste un'alternativa maschile a Maria? Beninteso, non che straveda per Mario come nome, ma di certo sarebbe meglio che chiamarsi come una ragazza, anzi, come un'anziana signora con una casa che puzza di vecchio e peli di gatto ovunque. Non riesce, per quanto ci abbia provato, a farsene una ragione, e cerca di evitare l'imbarazzo ogni volta presentandosi come Sebastiano. L'unico luogo in cui non può scampare all'umiliazione è a scuola, la situazione in cui meno vorrebbe che uscisse fuori: il nome sul registro è quello, e ai suoi occhi pare che i professori, anche dopo cinque anni che lo conoscono, provino un piacere particolare a pronunciarlo completo ogni volta.

Occorre ora precisare, per quanto nella sua testa non sia così, che ovviamente a nessuno importa quale sia il secondo nome di Sebastiano. Almeno non ora, ma si sa che le cose sentite quando si è piccoli hanno un forte impatto sulle insicurezze delle persone, e i bambini possono essere molto, molto crudeli se vogliono (e generalmente vogliono sempre). Per qualche mese, in terza elementare, i suoi compagni di classe non facevano altro che chiamarlo Maria, riferendosi a lui al femminile, con tutto ciò che la sana misoginia velata impartita ai pupi italiani comporta: non puoi giocare a calcio con noi, Maria, vai a giocare alla parrucchiera con le femmine, cosa ci fai con quello zaino dei Gormiti, Maria, non dovresti avere quello delle Winx? Il fatto che le suore provassero a consolarlo dicendogli che avrebbe dovuto essere fiero di un nome così importante non aiutava, anzi, rinvigoriva la sofferenza del Sebastiano di otto anni perché, se i grandi dicevano che qualcosa andava bene, di sicuro faceva schifo.

Quindi se potesse cancellerebbe quel nome da qualsiasi certificato o documento. E in realtà può farlo, essendo già maggiorenne, ma qualcosa di incomprensibile lo trattiene: forse la nostalgia, forse la paura di essere responsabile di un primo, vero cambiamento nella sua vita. Fatto sta che Sebastiano Castelli rimane, almeno per ora, Sebastiano Maria Castelli, con tutto ciò che questo comporta.

COGNOME

Castelli

Se i due nomi del ragazzo possono risultare pretenziosi, anche se sono anche abbastanza sobri per lo standard dei nomi ridicoli che le famiglie borghesi s'inventano per i propri figli, è il cognome che dà serie informazioni su quanto, di preciso, Sebastiano sia un borghese in tutto e per tutto.

Castelli è, in realtà, un cognome piuttosto comune in Italia, ma non è il cognome in sé la questione, quanto la famiglia a cui è associato. Di certo ci sono anche Castelli operai, meccanici e maestre d'asilo, ma non è certo questo il caso: questi Castelli non sono come tutti gli altri poveri cristiani. In qualsiasi accezione. Positiva e negativa.

Per spiegarne il motivo, occorre dilungarsi un poco sul paese d'origine di questa famiglia: Cantù. Non molti, al di fuori dalla zona della Brianza Comasca e dalla canzone di Orietta Berti, conoscono questo paese. Non si tratta di un paesino minuscolo, ma neanche di una metropoli come Milano. Una cittadina tranquilla in provincia di Como, che però si è distinta, nella storia, per la sua squadra di basket e il suo fiorente artigianato. In primo luogo la realizzazione del famoso pizzo di Cantù e, più interessante in questa occasione, la produzione artistica di mobili. Con l'avvento della grande distribuzione, sono entrambe diminuite in importanza, ma l'artigianato d'arredamento, per chi lo apprezza e soprattutto per chi se lo può permettere, ha ancora un mercato non indifferente.

E proprio in questo mercato, da generazioni, la famiglia del padre di Sebastiano ha costituito una sorta di impero. Al momento, a capo del marchio di famiglia c'è suo padre, Paolo (Maria), e sua zia, Michela (Maria). Sebastiano non ha alcun interesse per i mobili, né per le ditte di famiglia, e tutt'ora non saprebbe spiegare molte dinamiche del loro lavoro: sa solo che da aprile fino alle prime settimane di Giugno, suo padre è intrattabile per via della Fiera del Mobile, e che smette di lavorare giusto a Pasqua, Natale e Ferragosto, se proprio deve. Perché se è vero che suo padre è il parun e la sua posizione è di certo privilegiata, è anche vero che secondo la rigida etica brianzola il padrone è il primo ad arrivare e l'ultimo ad andarsene.

Ora, è ovvio che il solito siparietto dell'adolescente ricco sfondato ma con un carico enorme di problemi in quanto i suoi genitori non andavano alle sue partite di calcio e sono a un passo dalla separazione sia scontato, trito e ritrito, ma... ci sarà un motivo, no?

E d'altra parte, quale padre e marito di una famiglia funzionale spenderebbe così tanti soldi per mandare la propria moglie e il proprio figlio in vacanza, senza presenziare lui stesso? Va bene tutto, ma anche gli uomini più impegnati hanno diritto a un paio di settimane di ferie...

Secondo Sebastiano, Paolo non è un cattivo padre. Il suo sistema genitoriale può essere riassunto in una frase: fa quello che può. E quello che può è un po' altalenante. Paolo è un uomo allegro, forse rimasto un po' bambino a dispetto dei suoi cinquant'anni passati - o più semplicemente, nella versione di Caterina, la madre di Sebastiano, è un coglione. La donna gli rimprovera l'attitudine leggera, fin troppo permissiva, nei confronti del figlio: la attribuisce a una mancanza di interesse nella vita del ragazzo. Per Sebastiano va più che bene. Certo, suo padre non ha la minima idea di che cosa gli piaccia, dei suoi amici, ma nemmeno sua madre (se non per giudicare l'una e l'altra cosa), e lei non ha scuse di assenza o poco interesse, dato che è una figura onnipresente, spesso oppressiva. Ha la convinzione che suo padre gli lascerebbe fare tutto ciò che gli chiedesse, ma non osa testare i suoi limiti. O meglio, ogni tanto ci prova, preso dal lieve astio che qualsiasi adolescente prova per i suoi genitori, anche in minima parte, ma non va mai fino in fondo. Perché alla fine a suo padre vuole bene, molto bene, anche se a casa spesso non c'è e quando c'è a volte si addormenta a tavola o fa fatica a seguire i discorsi, perché sa che allo stesso modo, l'uomo prova un feroce attaccamento nei suoi confronti.

E poi.

E poi suo padre, durante il periodo del così soprannominato incidente (non è stato un incidente, ma a casa Castelli nessuno chiama le cose con il loro nome) e successivamente ad esso, è stato l'unico a non trattarlo come un caso clinico. Tra i parenti che lo chiamavano quasi senza interruzioni per chiedergli come stesse, povero ragazzo, con una voce piena di pena al limite del disgusto (non è del tutto chiaro, a Sebastiano, cosa sia stato loro raccontato - di certo non la verità), e sua madre che gli monitorava ogni azione, ogni respiro, che dava in escandescenze ogni volta che provava a entrare in camera sua per qualcosa che non fosse andare a letto a dormire e continuava a tartassarlo con quei maledetti planner di Amazon come se fossero la Bibbia, Paolo ha quantomeno tentato di fargli provare un po' di normalità. Gli chiedeva della sua giornata e si sforzava di stare attento, stemperava le tensioni madre e figlio quando poteva. L'ha portato allo stadio, a vedere il Como, e a Sebastiano non importa proprio niente del calcio, ma ha apprezzato il gesto. E anche se è rimasto turbato da quella parentesi non proprio idilliaca nella vita del suo unico figlio, si sforza di non farglielo pesare.

Sebastiano non aveva ancora del tutto deliberato sull'orrore di quella vacanza, prima che suo padre annunciasse che non ci sarebbe stato. E perché, poi? Non certo per limitare i litigi, dato che sua moglie e suo figlio litigano abbastanza per tutta la città. Ma deve lavorare. Lavorare, lavorare e lavorare, come al solito, ma almeno di solito Sebastiano passa le estati a casa della sua nonna materna, sul lago, senza vedere troppo sua madre. Quest'anno, per festeggiare l'inaspettata promozione senza debiti, Paolo li ha mandati in crociera, lui e sua madre. Il che non preannuncia niente di buono. Anzi, Sebastiano ha già chiesto a suo padre più e più volte di annullare le prenotazioni ed è sicuro che lo chiamerà con molta frequenza per lamentarsi di qualsiasi cosa.

Dire che Caterina e suo figlio abbiano un rapporto difficile è un eufemismo. Sarebbe più realistico dire che non c'è un singolo aspetto dell'esistenza in cui si possano trovare d'accordo, se non il reciproco fastidio. Forse c'è il fatto che Caterina è architetto, è abituata a progettare cose belle, che funzionano, e Sebastiano non funziona. Tra i due non è sempre stato così terribile, certo, è difficile azzuffarsi con un bambino, ma non si sono neanche mai adorati a vicenda. La situazione è precipitata in prima superiore, e Sebastiano sa, in cuor suo, che se solo sua madre avesse saputo scendere a patti con l'avere creato qualcosa di difettoso non ci sarebbe stato nessun incidente. Caterina non può accettarlo, e la frustrazione la divora per questo: ha provato a crescerlo come un ragazzo estroverso, gentile e obbediente, ha pensato a tutto per lui, ha già il suo piano di studi pronto, se solo... se solo quello facesse qualcosa per andarle incontro, se solo la ascoltasse, tutto sarebbe di gran lunga migliore. E se l'avesse fatto per bene, adesso non avrebbe davanti un fallito che si fa bocciare, la chiama per nome come se non fosse la persona a cui dovrebbe essere grato, e la tratta con aria di sufficienza. Oh, Sebastiano sa benissimo come la pensa sua madre. Sa che, nei suoi occhi, quando è stato male ha fatto di tutto per aiutarlo- gli ha preso il cane, lo ha mandato un paio di volte da uno psicologo e gli ha organizzato ogni settimana della sua vita prossima perché non abbia tempo di tornare com'era prima. Ma lo psicologo non è durato, il cane è stato solo un contentino e Sebastiano sfugge ai programmi, chiudendosi in camera a chiave mentre sua madre urla e sbatte i pugni contro il legno dipinto di bianco.

C'è il fatto che Caterina vuole, cerca, disperatamente, un confronto anche abrasivo con quel suo figlio così sfuggente, cerca un qualsiasi modo per avere uno spioncino nella sua testa ma rifiuta ciò che vede, perché alle stranezze di Sebastiano non è imputabile un fattore scatenante. E c'è il fatto che Sebastiano, piuttosto che confrontarsi con sua madre, si chiude in un silenzio ostile, in monosillabi annoiati o sporadici commenti passivo aggressivi. E anche quando i due non stanno attivamente litigando l'uno con l'altra si percepisce in qualsiasi loro interazione la domanda che affligge le loro menti.

"Cosa ho fatto io, perché tu capitassi proprio a me?"

Insomma, Sebastiano non è affatto felice di passare queste settimane con la madre, e ha intenzione di ignorarla il più possibile e di ridurre la sua voce a un brusio di sottofondo. Il che lo lascia alla compagnia del suo solo alleato, in casa e in quella vacanza.

Il cane.

Non si tratta, badate bene, di un cane qualsiasi - non di un cucciolo preso per capriccio quando da bambini ci si ossessiona con gli Amici Cucciolotti. Nulla contro ai cuccioli o alle sopracitate figurine, ma se così fosse, per quanto siano ricchi, i Castelli non potrebbero certo portarsi il cane in crociera. Gianluigi, un Cavalier King di quattro anni, è l'ESA, l'animale da supporto emotivo, di Sebastiano. Sembrò opportuno, all'epoca dei fatti, che ne prendesse uno. Nella modesta opinione del ragazzo, non è altro che un altro tentativo di sua madre di risolvere i problemi con premi di consolazione, ma stavolta non è un grande problema: non gli era mai stato permesso, prima, di tenere un qualsiasi animale domestico, e i cani gli sono sempre piaciuti. Inoltre, Gianluigi lo costringe ad uscire di casa, e il senso di colpa di avere un essere vivente del tutto dipendente da lui lo ha spinto a compiere sforzi (alzarsi dal letto, per esempio), che, avesse dovuto prendersi cura solo di se stesso, non avrebbe mai compiuto. Ora, certo, non serve più del terrorismo psicologico relativo alla morte di un animaletto innocente per farlo uscire, ma, comunque, Gianluigi è sempre vicina a lui nel timore di una ricaduta, o per l'arrivo di qualsiasi altro problema.

Come? Perché vicina e non vicino? No, non è un errore di battitura.

Gianluigi, in teoria, sarebbe una femmina; l'unico motivo per cui si ritrova quel nome è perché al suo proprietario sembrava divertente chiamarla così, e del sesso del cane non gl'importava particolarmente. C'è qualcosa di ironico di un ragazzo che odia il proprio nome da femmina che dà alla sua cagnolina un nome da maschio ma, del resto, i cani non sono soggetti a pressioni sociali, e il sesso se non per questioni di sterilizzazioni o biologiche è del tutto irrilevante. O almeno, Sebastiano la pensa così. Del parere opposto è sua madre, che non capisce proprio perché, con tutti i maledetti nomi che un cane possa avere, le abbia dovuto dare un nome non appropriato (ed è semi convinta che l'abbia fatto apposta per irritarla). Per cui, Caterina l'ha ribattezzata Giangi; ma suo figlio continua imperterrito a chiamarla Gianluigi e Paolo si rivolge a lei solo con versi bizzarri. Quindi si ritrova un cane piuttosto confuso sulla sua identità personale, ma allegro e affezionato.

Gli altri parenti sono più o meno irrilevanti: una sequela di nonni, zii e cugini divisi tra il lago e Cantù, che Sebastiano non vedeva prima e, figuriamoci, vede ancora meno adesso. Non è il caso di perdere ulteriore tempo a soffermarcisi.

ETÀ

18 anni

Sebastiano è nato il 24 novembre del 2002. Quest'anno ha compiuto diciotto anni (non che l'abbia festeggiato in grande, ma qualcuno, venendolo a scoprire, non ha accettato che non facesse proprio nulla, e così si è ritrovato con un croissant abbastanza triste su cui era stata montata una candelina e un libro di un autore che non aveva mai sentito nominare, ma è stato il compleanno più felice dai nove anni ad oggi), e, nonostante a scuola sia un anno indietro rispetto a come dovrebbe essere, non è né più né meno di qualsiasi diciottenne al mondo.

Certo, non uno di quelli che si trovano nei film che trattano di ragazzi giovani ma incredibilmente brillanti e maturi per la loro età destinati a morire in modo tragico per qualche malattia terminale scoperta all'ultimo minuto, ma che comunque resteranno docili e grati fino alla fine. Non si tratta nemmeno di quei ritratti polemici di ragazzi irrispettosi e maleducati, sempre con il telefono in mano e dediti ad abitudini poco sane o legali dipinti da post di facebook, film e disegni di adulti nostalgici dei "bei vecchi tempi". In primo luogo, Sebastiano non si distingue per le sue capacità intellettive. Non che sia stupido, ma non era di certo quel bambino che a sette anni leggeva senza problemi libri etichettati "dai dieci anni in su", e poi, per quanto ne sappia, non ha una malattia terminale. Se ha passato quasi un anno della sua vita a letto non è per motivi di salute fisica e, come forse si è già potuto intuire, non è docile o grato, per nulla. Non rientra neanche nella seconda categoria, perché, con la sua educazione dalle suore e la sua più generale tendenza all'antisocialità, è già difficile che esca, figuriamoci per darsi all'uso di sostanze.

Un ragazzo normale. Cioè, normale per quanto possibile data la sua situazione, ma all'apparenza simile a tanti altri; uno che si fa i fatti suoi, e che per questo viene erroneamente etichettato da professori e sconosciuti come maturo per la sua età. Da sua madre viene spesso ritenuto l'esatto opposto: un bambino, per la sua testardaggine e la ritrosia al dialogo. Il fatto è che queste contraddizioni sono proprie di un'età così delicata, capace di coniugare le idee e i ragionamenti più vicini a ciò che viene definita maturità agli scompensi e ingenuità emotive dei primi anni dell'adolescenza. Non c'è alcun motivo, dunque, di cercare di incasellarlo in maturità o immaturità. In questo aspetto, forse l'unico in tutta la sua vita, è meravigliosamente in tempo.

NAZIONALITÀ

Italiana

Su questo fronte non c'è molto da dire. La famiglia di Sebastiano è originaria della Lombardia, tra la zona lariana e quella della Brianza Comasca, da generazioni. La famiglia paterna, come abbiamo visto, proviene da Cantù, mentre quella materna è, come si suol dire dalle parti di Sebastiano, laghée: affonda le sue radici nell'elegante cittadina di Menaggio, situata sulla sponda occidentale del Lago di Como. Tuttavia, i coniugi Castelli non abitano né in un luogo, né nell'altro: Cantù, con l'immenso numero di fabbriche e supermercati sparsi in tutto il centro abitato a deturpare il paesaggio e, nonostante sia il secondo comune più popolato della provincia, con le sue dinamiche da paesino, non piaceva a Caterina, che lo riteneva un luogo soffocante e privo di opportunità migliori per la loro famiglia ed era, del resto, scappata da un paesino di appena tremila abitanti inerpicato sul lago. Di Menaggio non se ne parlava proprio: era tanto bella quanto tagliata fuori, senza contare che la lontananza dai posti di lavoro di entrambi e l'assenza di licei nel paese (i più vicini, ovviamente, si trovano a Como, e l'unico modo per raggiungerli è attraversare il lago con aliscafo o traghetto) avrebbero portato troppe difficoltà ai coniugi che già pensavano alle prospettive di un figlio che ancora doveva nascere.

Quindi, Como: una città più popolosa, più collegata anche alla grande Milano da tre stazioni del treno, a metà strada tra i due comuni d'origine, ma pur sempre di provincia. Piena di brusio, certo, di ragazzi in età scolare con le sue numerose scuole superiori che raccolgono studenti da tutta la zona della Brianza Comasca e del Lago, di motorini e biciclette che sfrecciano per le strade di sampietrini del centro storico e di bancarelle del mercato che vendono di tutto il martedì, il giovedì e il sabato. Ma è anche una città tranquilla, in cui il centro è abitato dalla cosiddetta "brava gente", famiglie di classe media e alta, borghesia di dottori, avvocati, notai e industriali, o comunque di grandi lavoratori (come in tutta la Brianza) padri e madri di famiglia con figli e figlie che diventeranno a loro volta gran lavoratori e padri e madri di famiglia. Per il resto, a Como, non c'è molto spazio, e se c'è è relegato alle periferie, palazzine malmesse arroccate le une sulle altre e guardate con sospetto dal resto della popolazione che, pur non volendo parlare di politica, ci dovremmo ritrovare a collocare, perlomeno nella maggior parte, dal centro a destra. C'è, però, una controcultura abbastanza presente negli ambienti liceali di attivismo, cultura e in generale espressione di sinistra, spesso di matrice marxista, che non è da tralasciare, ma per quanto sia fornita, rimane una piccolissima minoranza, e spesso frequentata da ragazzi della borghesia che, una volta perso il romanticismo della rivoluzione, tornano alle loro strade già scolpite e alla moderazione di una vita da dottore, avvocato, notaio o industriale.

Sebastiano, in ogni caso, non è ostile alla provincia e al suo silenzio. Dopotutto il silenzio è anche la sua, di arma, un silenzio chiuso, snervante e irremovibile; come potrebbe essere lui a puntare il dito? Nel silenzio della provincia è nato, vissuto e ci si è nascosto, soprattutto quando è capitata anche a lui una delle cose per cui non c'è spazio. No, a Sebastiano la provincia piace. Lo ripara dal freddo con il suo velo di ipocrisia- la proverbiale gabbia dorata, insomma, e non nutriva, prima del suo ritorno a scuola, particolari simpatie rivoluzionarie. Nella sua medietà, la provincia è lo specchio di Sebastiano, con le sue luci e le sue ombre, e non c'è nient'altro che potrebbe volere o chiedere.

OCCUPAZIONE

Studente

Se ancora non fosse chiaro, Sebastiano è uno studente. Frequenta il liceo classico di Como, situato nel centro storico della città, in un bell'edificio edificato intorno al dodicesimo secolo come monastero, poi trasformato in un ginnasio attorno al 1800. Immerso in questo ambiente abbastanza suggestivo, fatto di biblioteche che rappresentano il sogno segreto di un fan di Dio di Illusioni, di aule affrescate, chiostri interni e un porticato esterno con tanto di colonne corinzie perennemente deturpate da coppiette intente a divorarsi la faccia a vicenda appoggiate ad esse e segni di sigarette spente sopra, Sebastiano tutti i giorni tenta di sopravvivere al dramma esistenziale del frequentare un liceo classico e dell'essere, oltretutto, uno studente abbastanza mediocre. In terza superiore, l'anno prima dell'epidemia di COVID-19, è stato anche bocciato; non per i voti, che seppure non stellari si aggiravano comunque attorno alla sufficienza, ma per le troppe assenze. Essendo stato promosso di stato l'anno dopo e quest'anno per miracolo (un miracolo che prende più o meno la forma di una task force composta dalla redazione del giornale della scuola), ha appena concluso la quarta superiore e, per festeggiare la promozione senza debiti, adesso si trova in crociera. Nel suo modesto parere, se questo è il premio, meglio un'altra bocciatura. Ma alla fine a scuola, al ritorno alla normalità, si è trovato bene: partecipa al cineforum della scuola e si è fatto qualche amico. Non soffre troppo per i compagni di classe abbandonati, dato che comunque non ha mai avuto troppo modo di legarci, e con quelli nuovi, che non ha praticamente conosciuto date le circostanze, non coltiva particolari amicizie. Ma, finalmente, ha trovato un posto in cui sta bene.

RUOLO

Investigatore per caso

Dire che Sebastiano non sia contento di andare in crociera sarebbe un eufemismo, e, alla fine, comprendere la sua frustrazione non ci riesce difficile. Una vacanza organizzata apposta per festeggiare la sua promozione, ma chi si è sognato di chiedergli cosa volesse fare, dove volesse andare o con chi? Passare un periodo prolungato di tempo su una nave in compagnia della persona che meno sopporta al mondo non pone certo il presupposto per un soggiorno ideale, né uno sopportabile. In crociera lui ha sempre e solo visto gente vecchia, e se questo da una parte significa che forse sua madre sarà troppo impegnata a socializzare per prestargli attenzione, vuol dire anche che passerà tutto il tempo in cabina a far nulla. Per far quello, allora, tanto valeva restare a casa e risparmiare soldi inutili. C'è da dire che, pur avendo qualcuno con cui interagire, non sarebbe certo lui a cercare di far conversazione. Non è- come dire, non è un asso nell'intrattenere rapporti sociali, anzi. La sua attitudine scontrosa potrebbe essere un ostacolo enorme davanti all'interagire con qualsiasi persona in modo pacifico. Senza alcuna prospettiva diversa dalla noia mortale, dunque, Sebastiano non è esattamente entusiasta in vista della partenza; sa già che finirà per impiegare il tempo facendo una maratona di video di Buzzfeed Unsolved, ma solo quelli sui casi di possessione. Certo, ha anche un sacco di documentari sul soprannaturale in lista, quindi potrebbe guardare anche quelli... Insomma, di certo non avrà problemi nello scegliere cosa fare, a meno che sua madre non impazzisca e decida di lasciarlo senza internet. Ma cosa ci può fare, se nulla del posto in cui si troverà sarà interessante come le cose che vede sullo schermo?

Nel caso non si sia capito, Sebastiano è totalmente convinto dell'esistenza dei fantasmi e del paranormale. O, se non ne è convinto razionalmente, l'idea lo esalta così tanto che se ne è convinto solo sulla base di questo: sarebbe troppo figo se ci fossero. Sin da piccolo divorava libri e video youtube su poltergeist, fenomeni paranormali, avvistamenti di fantasmi e case infestate. Si può dire che sia quasi diventato un esperto a riguardo, ed ora è molto facile per lui distinguere le possibilità di fenomeni reali dalle bufale per fare visualizzazioni. E malgrado Buzzfeed Unsolved abbia un approccio abbastanza pessimista sulla realtà del paranormale, a Sebastiano il programma diverte comunque tantissimo (e spera sempre che qualcosa venga ripreso in camera).

Magari succedesse qualcosa di così figo, allora sì che uscirebbe dalla cabina, se non altro per riprendere il tutto. Ma oramai ne è convinto, il massimo di esperienza soprannaturale che gli capiterà su quella barca sarà assistere alle partite a bocce di gente che dovrebbe essere troppo vecchia persino per esistere. No?

DECK E CABINA

Cabina 8980

Come potrebbe Caterina Selva far alloggiare se stessa e suo figlio in qualcosa che non sia il meglio del meglio della prima classe? Ha la classica mentalità della gente che di soldi ne ha tanti, ovvero che se una casa non ha un prezzo stellare allora vale meno di niente, e alloggiare in una cabina che vale meno di niente sarebbe un insulto al suo buon gusto, alla qualità della sua vacanza. O l'esclusività o nulla, ed è molto più facile spendere molto quando i soldi non sono i suoi. Infatti, nonostante Caterina lavori e guadagni anche parecchio, a pagare la vacanza è stato Paolo, senza possibilità di obiezione. Del resto, la donna non ha opposto molta resistenza: vorrei vedere voi, dire di no a una prospettiva di un viaggio lussuosissimo pagato in tutto e per tutto... E comunque, sono sposati da vent'anni, è abituata ai vantaggi e agli svantaggi di avere un marito molto più ricco di lei.

Per quanto a Paolo sarebbe piaciuto poter vantarsi di fare loro avere l'ultimissima cabina della crociera, la scioccante verità è che al mondo esistono persone più ricche di lui. Si è dovuto accontentare, quindi, della cabina 8980, poverino.

Sebastiano non nutre particolari opinioni sul luogo dove alloggiare. A lui la crociera avrebbe fatto schifo in terza classe e farebbe schifo anche se fosse nella cabina della Regina Elisabetta con i rubinetti in oro massiccio e il portasapone in diamanti. Però, tutto sommato, la cabina è l'unica cosa che ha in programma di vedere per la durata del viaggio, quindi che almeno sia bella.

Madre e figlio sono arrivati in Sardegna con un po' di anticipo: dopo qualche giorno al mare, a Santa Teresa di Gallura, si imbarcheranno dal porto di Olbia, per potersi godere tutta la tratta al completo. Che gioia, non c'è che dire: le spiagge di Sardegna sono indubbiamente meravigliose, ma oltre a quello non c'è molto da vedere. Sebastiano ha avuto l'impressione di essere in un paese fantasma, anzi, peggio, di essere in un paese fantasma in cui comunque non è gradito. Fastidio a parte, ha davvero una brutta sensazione riguardo il viaggio (o forse è solo il ricordo di Titanic), ma non lo dirà a sua madre: lo accuserebbe di essersi inventato le scuse più ridicole per non partire, e Sebastiano non è nemmeno sicuro che abbia torto, tanto quell'impressione è strana e confusa.

ASPETTO FISICO

Adrian Greensmith

La medietà che accompagna Sebastiano in ogni passo della sua vita si può ritrovare anche nel suo aspetto fisico, che non si descrive con altro se non perfettamente nella norma. Si aggira attorno al metro e ottanta in altezza, ma sparisce nella sua postura curva e ingobbita, come se le sue spalle pesassero troppo per tenerle dritte, o se la sua colonna vertebrale fosse troppo molle. Il fatto è che ci prova anche, a star dritto, ma dopo un po' inizia a fargli male la schiena, per cui si arrende. Di sicuro è anche dovuto al fatto che passa la maggior parte del suo tempo seduto o sdraiato e che comunque non è la persona più sportiva del mondo. Nonostante il suo stile di vita perlopiù sedentario, non è definibile sovrappeso. Ha, piuttosto, quell'aspetto che di solito si ha quando si perde e si guadagna peso di continuo in modo molto veloce: non ha una massa muscolare definita, tutte le linee del suo corpo si confondono in un'alternanza bizzarra di punti più morbidi, o in cui la pelle è più elastica del normale, e ossa affilate e sporgenti dal nulla. La cosa che trova più stupida di tutte sono le sue gambe, lunghe, pallide e sempre secche nonostante possa aver provato (non con molta forza di volontà, questo è da dire) a rimediarvi, motivo per cui ha abolito i pantaloni corti dai suoi armadi da molto tempo, anche perché sono oggettivamente uno dei capi d'abbigliamento più brutti mai partoriti dalla mente umana.

Se vi chiedessi di immaginarvi il ragazzo bianco con l'aspetto più ordinario della terra, Sebastiano gli assomiglierebbe molto: riuscireste a vedere i suoi capelli castani, lisci, né troppo corti come quelli di un tamarro di paese, né troppo lunghi, relegati a un taglio che rimane più o meno lo stesso dalla prima superiore, quando finalmente è stato ritenuto opportuno che si affrancasse dai proverbiali capelli a spazzola. Durante il periodo dell'incidente e dopo, ancora, durante il lockdown, i poveri capelli di Sebastiano avevano subito qualche problema di igiene e di mancata frequentazione di parrucchieri, ma quando ha iniziato a rimettersi a posto, uno dei primi passi è stato quello di passare a far visita al caro vecchio barbiere. E quindi i capelli sono diventati uguali a quelli che aveva prima, e non sa ancora se sia perché gli piacciono così o in un inconscio tentativo di portare indietro il tempo, di fare finta che nulla fosse successo. Se non altro, i capelli adesso se li lava con parecchia frequenza, anzi, ha il costante terrore che sembrino unti e del resto, essendo stato maledetto dalla vita con i capelli lisci, non si può permettere di rimandare la sua routine di nemmeno un giorno.

Per il resto, appunto, altra medietà: il viso è pallido, lo è sempre stato, con un colorito appena grigiastro, spento, come se non avesse abbastanza energia per apparire vivo, oppure come se avesse soltanto saltato qualche ora di sonno di troppo e ora se ne stia pentendo amaramente. Le occhiaie, implacabili, tornano a farsi vedere non appena dorme qualcosa di meno di nove ore a notte, e diciamocelo, nella vita di un ragazzo di diciotto anni è praticamente insostenibile. Tuttavia, non tutto il male vien per nuocere: è convinto che gli diano personalità, e comunque i suoi occhiali rotondi (medietà, medietà, medietà) svolgono un ottimo lavoro nel nasconderle. Il viso è proprio una di quelle parti del suo corpo scavata in modo sproporzionato al resto, con il naso aquilino che spunta pieno di spigoli e minaccioso da una faccia per il resto abbastanza regolare. Gli occhi sono di quel colore un po' insensato che hanno molte persone, quell'azzurro che potrebbe essere grigio che potrebbe essere verde e non è nulla dei tre ma un misto insoddisfacente di tutti, e soprattutto, dietro a quegli occhi non c'è niente. Uno sguardo anonimo, ordinario, che scruta il mondo come se non lo riguardasse, che a volte assume una fissità anormale e priva di qualsiasi pensiero dietro, che in gruppo con le sopracciglia corrugate d'abitudine e la bocca sottile a formare una smorfia poco entusiasta perenne contribuiscono a rendere il ritratto della sua emozione principale, il fastidio, verso le persone in particolare e verso il mondo, più in generale, che si porta dietro da quand'era piccolo.

Le uniche cose non medie di Sebastiano sono: le unghie, rosicchiate, con la pelle attorno quasi completamente staccata, sintomo di un malessere che, seppure relegato quasi solo alle manifestazioni più superficiali, rimane attaccato alle ossa e, soprattutto, sotto la pelle del ragazzo; il costante odore di fumo, che i suoi genitori fanno finta non ci sia per evitare problemi, mescolato al profumo dolciastro agli agrumi che usa, crea una combinazione alienante e... non è definibile sgradevole, ma non è una fragranza che a qualcuno verrebbe in mente di imbottigliare (forse l'odore di tabacco è interessante solo quando abbinato alla menta?) - diciamo che somiglia più a una buccia di mandarino che qualcuno ha messo davanti al camino per far seccare ma che, invece, è andata a fuoco; le labbra screpolate, giusto per far compagnia alle mani; i segni rossi a forma di mezzaluna non solo nei palmi delle mani, ma anche sul collo, sulle braccia e sulla nuca, come se ogni tanto si conficcasse le unghie nella pelle così, perché può.

Ora, tornando alla medietà, il suo abbigliamento è quello stile semi alternativo che hanno tutti i ragazzi che vogliono essere considerati alternativi ma non hanno il coraggio di vestirsi come tali sul serio: jeans troppo larghi tenuti in vita da una cintura stretta all'ultimo buco e da un sogno, una collezione di magliette di artisti musicali e band che in realtà si è formata davvero quest'anno, qualche camicia di flanella dai colori scuri (certo, perché come tutti i ragazzi alternativi ha abolito il colore), maglioni larghi sui toni dal grigio al marrone raccattati da nonni, padri e mercatini dell'usato, e l'immancabile, immensa, insostituibile giacca di pelle marrone stile un po' anni '80 che ormai sta iniziando a spellarsi sul serio. Un così disperato tentativo di emergere che, alla fine, risulta essere uguale a tutti gli altri. La cosa carina, sono, è certo, gli anelli presi al mercato che sfoggia quando si ricorda di metterseli, infatti non li ha scelti lui.

PERSONALITÀ

Non so se sia proprio necessario doversi dilungare nella descrizione della sua personalità: non avete già abbastanza materiale per carpirlo da voi? Cosa c'è di questo ragazzo che non sia individuabile nella sua storia, nella sua famiglia, nel modo in cui si pone verso se stesso e verso gli altri?

Siamo ciò che facciamo, come si dice, o nel caso particolare, quello che non facciamo.

Quello che Sebastiano non ha mai fatto, ad esempio, è stato sforzarsi di piacere agli altri. Non per una fiducia in se stessi che molti di noi ancora faticano a raggiungere tramite importanti percorsi di auto accettazione, ma perché a lui gli altri non piacevano. Da piccolo era chiuso, scontroso, il tipo di bambino che le suore dovevano costringere a giocare con gli altri; fosse stato per lui, non l'avrebbe mai fatto. Non si faceva problemi a risponder male, con la sincerità e mancanza di tatto che spesso hanno i bambini, certo, ma... c'era qualcos'altro. C'è sempre stato qualcos'altro, e lo si può ritrovare in quel senso incontrollabile di fastidio, verso se stesso, verso gli altri, verso tutto ciò che lo circonda. Nel tempo si è ammorbidito, ma si fa fatica. Si fa fatica a spiegare perché qualcuno non gli vada a genio anche se non gli ha mai fatto nulla di male, anzi, e si fa fatica a fare finta che non sia così. Sebastiano ha adottato e perfezionato la scusa del "non ho niente contro di te, mi voglio solo fare i fatti miei," ma sa che non è vero. Anche perché, un'altra cosa che Sebastiano non fa mai sono i fatti suoi. Ficca il naso negli affari di tutti, anche personali, ascolta tutte le conversazioni che ritiene interessanti, ci pensa, traccia collegamenti tra un'informazione e l'altra, indaga, con quello sguardo giudicante di chi non pensa di essere migliore di te, ma di sicuro pensa che tu sia peggiore di lui.

Non parla molto, anzi, non parla quasi, e quando parla il suo tono di voce è annoiato e infastidito, ormai più per abitudine che per altro: anche alle superiori, luogo in cui avrebbe voluto provare a farsi una reputazione migliore (otto anni nello stesso istituto in cui tutti ti odiano possono fare un effetto non proprio simpatico), è stato difficile farsi degli amici, e difatti li può contare sulle dita di una mano. Sono due, Eliana e Giordano (anche se suona strano, per lui, definire Eliana una sua amica), ma non è il tempo di parlare di loro. Si può dire solo che abbiano entrambi la pazienza di Giobbe, per poter sopportare il carattere spigoloso del ragazzo.

Ora, intendiamoci, non è una persona orribile, o almeno non più di quanto ognuno lo sia o lo sia stato a diciotto anni. Si sente come se gli fosse crollato il mondo addosso (nel suo caso, forse è vero) e ha un pessimo metodo per gestirlo, ma cosa ci può fare? C'è anche qualche luce spaurita nel suo carattere.

Per quanto lui dica che nulla gli interessi, non è vero. Ha una dedizione ammirevole alle cose che ritiene importanti, una passione quasi folle che a volte lascia gli altri un po' straniti. Ad esempio quando, dopo aver passato anni della sua vita a detestare la televisione e la letteratura impegnate, d'improvviso inizia a parlare di Pasolini come i missionari delle raccolte fondi parlano di Gesù, e nessuno riesce a capire cosa gli sia scattato nella testa. O quando si prende cura quasi ferocemente del suo amato cagnolino, Gianluigi, tanto che non lascia che nessun altro se ne occupi.

Non ha una grande sensibilità, o una grande empatia, ma se ne dispiace - forse sarebbe tutto più facile, se riuscisse a capire le persone, a dire la cosa giusta al momento giusto, forse sarebbe più benvoluto, ma ormai, che cosa può fare. Insomma, ci è abituato. Del resto, non è che sia nemmeno una persona aggressiva, o meglio, non lo è direttamente: preferisce soltanto ignorare ciò che gli viene detto se non è d'accordo, in un comportamento che potrebbe sembrare passivo aggressivo ma è in realtà una testardaggine che supera qualsiasi altro suo tratto caratteristico.

Non ama le frivolezze e le irrazionalità che appartengono a questa stagione della vita: le sottopone a un rigido controllo e, qualora si lasci sfuggire un commento fuori posto, una battuta che non riscuote le risate sperate o un'azione poco affine al suo nuovo personaggio intellettuale (che cura ossessivamente, un po' per passione, un po' per timore di non venir più accettato qualora venisse scoperto come frode) procede con le più umilianti punizioni e auto mortificazioni che potrebbero far impallidire il più rigido cristiano medievale. A cosa serve un cilicio se hai un cervello come quello di Sebastiano Castelli?

STORIA

4/3/1943

L'infanzia di Sebastiano è una macchia confusa nella sua mente: esiste un prima ed esiste un dopo. Il prima ricopre gran parte della sua vita, ma è... strano. Non si ricorda molto bene.

Ci sono, però, dei dati certi: all'asilo non ci voleva andare. Gli altri bambini urlavano troppo e sua madre ricorda di tutte le volte in cui ha dovuto staccarlo a forza dalla sua gamba per darlo in braccio a una suora - ecco, Sebastiano si ricorda che anche le suore non gli erano troppo simpatiche, e ha degli sprazzi di una di loro che cerca di imboccargli a forza una minestra di legumi. Cose che capitano, insomma.

Teneva tutti i pezzi di carta, i disegni, certo, ma anche dei ritagli di cartoncino che avrebbero dovuto essere buttati: ci può fare qualcosa, insisteva. E invece rimanevano chiusi nel cassetto finché la donna delle pulizie non li buttava via. Per il resto, appunto, nebbia. C'è una foto di suo padre sorridente che tiene in braccio un piccolo Sebastiano in lacrime, vestito da bue; la recita di Natale dell'ultimo anno, gli ha detto Paolo, la bambina che faceva Maria gli aveva pestato una mano con le scarpe mentre lui era a quattro zampe. Sebastiano non se lo ricorda, però a pensarci avrebbe potuto darle una testata, a quella stronza.

Aveva degli amichetti, pensa (è impossibile essere soli all'asilo), ma non abbastanza stretti da ricordarsene il nome. Quello che si ricorda è un coniglio di peluche di nome Tegamino da cui non si separava mai. (C'è ancora, da qualche parte, forse. Di sicuro non presentabile, dato che aveva preso il brutto vizio di masticargli le orecchie quando era nervoso).

I ricordi iniziano a farsi un po' più chiari per le elementari, ma insomma, non molto. Si ricorda che non era particolarmente amato, che i suoi compagni lo chiamavano Maria e che una volta era finito dalla preside per aver buttato in faccia la tempera a un bambino che lo aveva preso in giro un po' troppo, e che sua nonna gli aveva tirato le orecchie quando era andata a prenderlo a scuola. "Se uno ti dà fastidio e tu gli tiri un pugno, poi lui cosa deve fare? Tirarti un mattone in testa?"

Si ricorda dei pomeriggi passati a casa della nonna, sul lago, di quando prendevano il traghetto insieme e lei gli gridava di non avvicinarsi troppo al parapetto, del grande giardino pieno di gatti a cui la signora lasciava le crocchette pur guardandoli torvi e chiamandoli parassiti. Sebastiano li rincorreva e poi rincorreva le lucertole e poi sua nonna lo portava a fare delle lunghe passeggiate e poi gli faceva leggere la Bibbia. Come se le suore non fossero abbastanza. Si ricorda di come suo padre l'avesse iscritto alla squadra di calcio ma era troppo scarso, e quindi a malincuore lo aveva ritirato (anche perché Sebastiano si fingeva puntualmente morto ogni giorno di partita, come gli opossum), di come sua madre avesse provato a fargli suonare il clarinetto ma, sorpresa, era troppo scarso anche in quello, e allora l'insegnante della scuola di musica aveva detto a sua madre che forse avrebbe potuto suonare i legnetti per lo spettacolo, e sua madre l'aveva mandata a quel paese dicendo che non l'aveva pagata perché insegnasse a suo figlio come suonare i legnetti e Sebastiano era stato contento perché tanto il clarinetto non gli piaceva.

La sua grande passione erano gli Amici Cucciolotti, ma suo padre non gli comprava le figurine perché a suo parere erano besasc, cose inutili insomma, quindi si scambiava i doppioni con i compagni e cercava a modo suo di completare gli album. (Sua madre ogni tanto si sedeva con lui e lo aiutava a trovare i numeri delle figurine, lui cerca di non pensarci).

Un sacco di messe inutili, il catechismo il martedì, il trauma di Giuseppe il Re dei Sogni visto nell'ora di religione. La classica infanzia di un bambino italiano, insomma, niente di più, niente di meno. Solitaria, certo, ma non infelice, o forse Sebastiano non era ancora abbastanza grande da capire di esserlo. Certo, era un po' triste quando i suoi compagni facevano feste di Halloween invitando tutta la classe tranne loro, ma lui ci rimaneva male solo per un po'; poi tornava a guardare in televisione film dell'orrore e servizi sul paranormale.

Le medie, ecco, quelle sono decisamente state un'altra storia: in quel periodo, Sebastiano era del tutto consapevole che c'erano delle regole non scritte, cose da fare per essere accettabili e accettati, e che lui le stava in qualche modo trasgredendo tutte semplicemente esistendo. Aveva le risposte sbagliate alle provocazioni dei compagni. Il suo sarcasmo non lo aiutava, anzi: laddove un po' di autoironia e leggerezza avrebbero fatto cadere la situazione in maniera più o meno serena, l'aggressività o il silenzio di Sebastiano non facevano altro che alimentare le provocazioni ancora di più. Non che gli interessasse, certo, essere accettato dai suoi compagni, ma la solitudine sostenuta e prolungata, interrotta solo da brevi e futili rapporti di necessità, più che di reale interesse, non contribuiva al suo benessere.

Il problema era questo: Sebastiano non aveva lati della sua vita che gli potessero dare sollievo. In classe la situazione andava dall'irrilevante al negativa, e, del resto, con i genitori trovava un muro. Con suo padre, quel muro aveva l'aspetto delle interminabili ore di lavoro, con sua madre quello della delusione. Sebastiano non stava diventando quello che Caterina avrebbe voluto che fosse: a scuola era svogliato, poco socievole, incapace di integrarsi in un contesto che non fosse esattamente quello che voleva lui, reagiva poco ai suoi tentativi di stimoli ulteriori. Insomma, Sebastiano aveva tredici anni e già non c'era nulla che gli interessasse davvero con cui i due potessero legare, nulla se non il suo computer e i suoi ridicoli video su youtube di storie di case infestate. E a ogni tentativo di indirizzarlo verso qualcosa che non fosse quello, di spingerlo oltre il minimi indispensabile, la risposta era sempre la stessa: aggressione e silenzio. A cui, a sua volta, la madre reagiva facendosi sempre più impositiva, alimentando un circolo vizioso che, pian piano, disponeva e allacciava meccanismi di un ordigno pronto ad esplodere.

L'AVVELENATA

Caterina lo aveva, alla fine, iscritto al liceo classico: a Sebastiano, ovvio, non interessava molto quale scuola dovesse fare, ma non era troppo contento della scelta della madre. Gli pareva una scuola davvero troppo impegnativa, e un ambiente non troppo diverso da quello che aveva frequentato per tutta la sua vita. Se non altro, aveva finalmente abbandonato le suore, ma ciò non toglieva che avrebbe comunque rivisto molti dei suoi compagni in giro per la scuola o addirittura in classe. Tuttavia, aveva cercato davvero di essere propositivo. Forse, si era detto, sarebbe stato diverso, avrebbe avuto un'occasione per riscattarsi e fare finalmente qualcosa. Chissà, magari si sarebbe anche riscoperto un prodigio del greco e del latino e quegli anni sarebbero volati con eccellenza e la gioia di aver trovato qualcosa che sapesse fare. Questo, Sebastiano lo sapeva, era quello che sperava sua madre, e dunque lo sperava un po' anche lui.

Inutile dirlo: il liceo non era diverso. O meglio, lo era: i suoi compagni erano molto meno desiderosi di dargli fastidio e molto più di dimostrare di essere meglio di lui (e più in generale, di tutti) in ogni modo possibile, il che alla fine era qualcosa che poteva gestire. Come al solito, non gli interessava molto cosa facessero gli altri, e meno lo importunavano, meglio era. Cercava di sopprimere la spiacevole sensazione che gli si ancorava nello stomaco quando vedeva tutti gli altri legare, studiare, vivere più in fretta di lui. La sua medietà, anzi, la sua mediocrità gli veniva rinfacciata in ogni momento possibile, e non poteva neanche contare sul supporto di qualcuno che fosse come lui, dato che la sua indole abrasiva l'aveva già reso abbastanza avverso a tutti quanti. Però, un giorno dopo l'altro, perseverava. Arrivava alla fine del trimestre, alla fine dell'anno come si arriva alla fine di una maratona, e quando si lamentava di questa stanchezza, veniva redarguito con un "Ma cosa ti lamenti, che non fai mai nulla?", e, in effetti, non poteva dire che non fosse così. Arrivava alla sufficienza, certo, ma nulla di più e a nulla di più aspirava. Contava i giorni, più che altro, che lo separavano dalla fine dell'anno e le ore che lo separavano dalla fine della giornata scolastica e i minuti che lo separavano dalla fine di ogni ora di lezione. E forse era proprio questo che lo stancava. Non aveva nulla, nulla che lo spingesse a voler alzarsi la mattina, e ogni cosa era così, così faticosa, entrare in classe, scambiarsi parole di circostanza, sentire che la sua testa si chiudeva in un cerchio asfissiante ogni volta che gli si faceva una domanda e lui non se l'aspettava, e poi di nuovo, l'inevitabile: potresti fare di più.

I recuperi, certo, alla fine dell'anno per non avere debiti, ma comunque, sempre, per sua madre, per gli altri, per tutti, non era abbastanza. E cosa avrebbe dovuto fare? Ma non capivano che qualsiasi, qualsiasi cosa facesse, lui non voleva farla? Che lì non ci voleva stare?

Il biennio era passato così, con un continuo aumento di tensione a casa e una progressiva perdita di interesse nella scuola, tanto che solo l'idea di andarci bastava per fargli svanire qualsiasi altro sintomo di buonumore.

E quindi, all'inizio i primi segni non si vedevano.

Per prima cosa è arrivata l'insonnia, e per la verità non ci aveva nemmeno fatto caso: era abituato a fare tardi la sera, ma ciò non significava nulla se non che aveva di meglio da fare che andare a dormire. Solo che poi, insomma, ci provava ad andare a letto e dormire e non ci riusciva, non ce la faceva, e più i giorni passavano più era stanco ma in qualche modo seppure ogni tanto crollasse non si sentiva mai, mai meglio. E si sentiva debole, certo, ma perché non dormiva, e perché non dormiva? Non ci riusciva.

Poi sono arrivate le vertigini, l'incapacità di concentrarsi, il mal di testa, tutti i dolori muscolari possibili finché un giorno, semplicemente, Sebastiano non era riuscito ad alzarsi dal letto. Non quel giorno, né il giorno dopo, né quello dopo ancora. Sua madre l'aveva lasciato fare, all'inizio, convinta che magari fosse influenza, ma dopo una settimana aveva iniziato a preoccuparsi sul serio. Sebastiano stava bene, almeno fisicamente, e ciò era appurato, e allora cos'era che non andava?

La cosa che non andava, come poi Caterina venne a sapere, era una condizione psicologica che si chiama nevrastenia, o, più comunemente, esaurimento nervoso. Era tutto troppo e qualcosa si era rotto, e nessuno ha mai veramente capito come e perché una cosa del genere gli fosse accaduta: sono cose che capitano a persone che hanno subito eventi traumatici, o hanno patologie pregresse, non a un ragazzino a cui non piace la propria scuola.

In ogni caso, questo era quanto, e Sebastiano aveva perso otto mesi a letto, e il suo anno scolastico era andato a prescindere.

Al che, sua madre era passata alla controffensiva: lo costringeva ad alzarsi, anche solo per cinque minuti, anche solo il tempo necessario per cambiare le lenzuola, poi prolungava il tempo. A novembre Sebastiano riusciva anche a pranzare e cenare fuori da camera sua, a patto che non ci fosse nessuno mentre lo faceva. E malgrado sapesse che in qualche modo sua madre stava cercando di aiutarlo, la cosa non gliela faceva tollerare meglio. Era sempre lei, impositiva, giudicante, che gli diceva cosa fare e come farlo, e lui non lo sopportava. Ma alla fine, un litigio è sempre più una reazione rispetto al silenzio.

A febbraio, sua madre già spingeva perché lui ritornasse a scuola, ma come per una congiunzione astrale, gli fu impedito per cause maggiori. Le ricadute, in quel periodo, sono state tante e ripetute, anche perché, con entrambi i genitori in casa a controllarlo, per assurdo lo stress aumentava in modo esponenziale. Ma, alla fine, in qualche modo, non del tutto, di sicuro non più la stessa persona nella stessa famiglia, Sebastiano ne era uscito, e a settembre aveva iniziato l'anno scolastico come le persone normali.

LA STAGIONE DELL'AMORE

Dunque, Sebastiano si trovava di nuovo a scuola, in una classe di ragazzini più piccoli di lui - di un solo anno, certo, ma che a lui pareva un secolo- spaesato dopo quel periodo chiuso in casa, prima per se stesso poi perché tutto il mondo esterno era impazzito, e lui, beh... non aveva proprio idea di cosa fare. Il suo obiettivo, a settembre, era quello di cercare di finire l'anno senza debiti, senza esaurimenti nervosi e di passare a scuola giusto quelle sei occasionalmente sette ore al giorno necessarie, poi filare a casa e fare il minimo indispensabile per essere promosso. E fino a metà ottobre questo suo piano stava funzionando benissimo: interazione al minimo con i suoi compagni ed ex-compagni di classe, voti appena sopra la soglia della sufficienza, molti pomeriggi passati a guardare Buzzfeed Unsolved. Ma il fato aveva altri piani, e il fato decise di bussare alla porta della classe di Sebastiano una sonnacchiosa mattina autunnale, durante l'ora di scienze, sotto forma di una voce che chiedeva "Salve Professor Galli, possiamo disturbarla cinque minuti per presentare il Cineforum?".

Ora, Sebastiano aveva una precisa idea del Cineforum della sua scuola, e consisteva, più o meno, in cinque ragazzini vestiti in modo bislacco e una donna di quarant'anni che non aveva di meglio da fare che si sedevano ogni sabato pomeriggio a spararsi un film russo di tre ore, che era più o meno come spararsi nei coglioni, se volete scusare il francesismo.

Ad entrare in quella classe, però, furono un ragazzo che corrispondeva esattamente alla sopra riportata descrizione (capelli troppo lunghi, un paio di pantaloni da carpentiere che avevano visto tempi migliori con attaccata una catena che somigliava paurosamente a quella di una bicicletta e una maglietta di una band che Sebastiano non aveva mai sentito nominare prima) e... insomma, quella che non esitò a definire la ragazza più bella che avesse mai visto.

Se Sebastiano non fosse stato un ragazzo di diciotto anni in preda alla follia di chi vede una ragazza alternativa per la prima volta, avrebbe notato che anche lei corrispondeva in modo perfetto alla descrizione. I capelli erano tinti di viola scuro, indossava un vestito bianco che sembrava più una camicia da notte sotto un cardigan nero, aveva un rosario (un rosario?) al collo e ai piedi un paio di anfibi che ricordavano vagamente dei canotti per il mare. Ma Sebastiano era, in effetti, un ragazzo di diciotto anni, e quella era la prima volta che vedeva una ragazza alternativa senza il filtro di "ommioddio che schifo una emo". Per cui si concentrò sui suoi begli occhi castani, sul fatto che fosse completamente priva di trucco tranne un rossetto rosso acceso sulle labbra, un dettaglio che trovò delizioso per qualche motivo, e sul modo in cui le sue mani piene di anelli dalle pietre viola e nere gesticolavano indicando i vari film sulla lista, il QR code alla fine del volantino ("il nostro profilo instagram, così potete vedere i promemoria prima di ogni proiezione!"). Non aveva nemmeno del tutto sentito quello che i due ragazzi avevano detto, ma ciò che aveva visto gli era bastato per considerarsi già il nuovo frequentatore più assiduo del Cineforum. E chiunque abbia il coraggio di considerare le sue motivazioni superficiali rende chiaro il non aver mai vissuto un incontro con una di queste creature.

Appena suonata la campanella, quindi, si avvicinò per dare un'occhiata al volantino, e lesse velocemente i titoli dei film proposti.

La cinese, Jean Luc Godard, Senza tetto né legge, Agnes Varda, Palombella Rossa, Nanni Moretti... obiettivamente non ne conosceva nessuno, ma non leggeva alcun russo nella lista, quindi quanto poteva essere tosta?

La situazione si rivelò, invece, alquanto tosta. Non era che i film fossero brutti, non esattamente, ma erano... difficili. Non si era mai dovuto sforzare davvero per capire qualcosa che stava guardando prima, ma per assurdo, forse fu proprio quello che glielo fece piacere. Quello, certo, e i momenti in cui, quando la scuola chiudeva, tutti si ritrovavano fuori per continuare a parlarne. Sebastiano non aveva mai visto dei ragazzi così appassionati di qualcosa del genere, e un'adulta che ascoltasse le loro opinioni con tanta considerazione. E poi, ovviamente, c'era la ragazza. Il suo nome era Eliana, ed era felice che fosse lì perché era nuovo e, bene, menomale, c'era qualcuno di nuovo e non erano più le stesse cinque persone tutti i sabati, e come si chiamava, che classe faceva, non l'aveva visto molto in giro, sbaglio?

L'idea di Sebastiano non era nemmeno quella di diventare suo amico, ma semplicemente di osservarla in silenzio per tutto l'anno, però era successo. Eliana era entusiasta, dei film e della scuola e di tutte le cose che la riguardavano e cercava di fare tutte le attività possibili perché non voleva pensare ad essa solo come a un luogo in cui aveva studiato, ma uno in cui aveva vissuto. E Sebastiano le diceva che in effetti non ci aveva mai pensato, e che secondo lui non era altro che un periodo di transizione, che sarebbe passato. Ed Eliana gli diceva che in ogni caso ogni cosa, anche tutto ciò che lui definiva vita vera, sarebbe passata, e quindi che senso aveva aspettare? E andavano avanti così, e a Sebastiano piaceva sempre un po' di più.

Gli aveva anche presentato il suo migliore amico, Giordano, il ragazzo con la catena di bicicletta appesa ai pantaloni, e nemmeno lui in realtà era particolarmente strano. Di gran lunga più tranquillo della sua amica, lo osservava con uno sguardo curioso accentuato da degli occhi grandissimi e cerchiati da occhiaie, e ogni volta che Sebastiano ci parlava aveva l'impressione che lui stesse cercando di capirlo, non come si capisce un problema di matematica, per risolverlo, ma come si capisce un film - solo per sentirlo di più. Giordano si accendeva una sigaretta dopo l'altra, condiva ogni frase con una giusta dose di parolacce e inneggiamenti un po' scherzosi, un po' no, al marxismo, e se i suoi genitori l'avessero visto lo avrebbero considerato un avanzo di galera, ma era buono, buono e gentile, e non l'aveva mai sentito pronunciare una parola aggressiva contro qualcuno se non contro qualche esponente dell'estrema destra o contro il preside della scuola. Giordano, aveva scoperto poi, era anche gay, il che non giungeva nuovo, ma Sebastiano era comunque molto dispiaciuto per tutte le ragazze che si sarebbero perse l'occasione di frequentare uno gentile come lui.

Comunque, non gli interessava molto.

(Con Eliana, poi, niente da fare: la ragazza gli aveva presentato il suo fidanzato, un tipo che studiava all'università di Pavia, con cui Sebastiano non avrebbe neanche pensato di mettersi in competizione, perché era così appropriato, per lei, conosceva tutti i film di cui parlava e leggeva saggi politici in tedesco, per cui era davvero una causa persa. Era anche un po' sollevato dalla cosa, alla fine. Ed erano rimasti amici, anche se in qualche modo, sapeva che ogni cosa che faceva, la faceva per essere approvato da lei. Giordano aveva riso quando gliene aveva parlato, e gli aveva detto che il suo complesso freudiano nei suoi confronti era proprio il motivo per cui tra lui ed Eliana non avrebbe mai funzionato, fidanzato a parte. Sebastiano aveva incassato.)


ECCELLENZE E PECCHE

Eccellenze

Memoria: Sebastiano si ricorda tutto. Non proprio tutto, ma ha una sciocca tendenza a ricordarsi dettagli a volte inutili di ogni cosa, anche di conversazioni avvenute anni prima, senza nessun motivo particolare. Tant'è.

Polemica: c'è chi è bravo a sollevare pesi, e chi a sollevare polemiche. Sebastiano non è famoso per la sua forza fisica, perciò, eccoci qua. Qualora si impegnasse molto, potrebbe far vedere con disprezzo la Bibbia al Papa. Che sia una cosa bella, a voi deciderlo, ma lui ne va molto fiero.

Pecche

Coordinazione: lo sport non è il suo pane. Da quando tentava di calciare un pallone in porta e prevedibilmente mancava la sfera di quattro o cinque centimetri, non è mai stato molto bravo a capire come trasferire la sua volontà di fare qualcosa al compiere il movimento stesso in modo che abbia un senso, ma va bene così.

Scrivere: gli avete mai chiesto gli appunti per qualcosa? Buona fortuna. Non li prende, ma qualora li prendesse, la sua grafia impossibile e il suo personale codice di abbreviazioni e di sostituzioni di parole con altre che, nella sua testa, vogliono dire la stessa cosa, renderebbe assolutamente impossibile il poter capire qualsiasi cosa che esca dalla sua penna.


FATAL FLAW

Testardaggine

Il problema principale di Sebastiano è proprio la sua tendenza a ignorare qualsiasi modo di vedere o fare le cose che non sia il suo. Una volta presa una decisione, formatasi una sua opinione, è quasi impossibile fargli cambiare idea, a prescindere da quanti dati effettivi gli si portino contro: ormai, le cose stanno così, punto. Anche in una situazione in cui deve decidere sul da farsi, una volta che si sia fatto un'idea su quale sia il comportamento migliore è inutile tentare di dissuaderlo dal mantenerlo. Lo farà, fine, perché ormai ha deciso così, ignorando tutte le obiezioni.

IN CASO DI PERICOLO, COSA FAREBBE?

Dipende dalla situazione. Ormai, abbiamo appurato che a Sebastiano non interessa molto di nulla: se dunque, per esempio, la posta in gioco fosse finire nei guai o meno per aver infranto una regola, affronterebbe la situazione in modo distaccato, quasi non lo riguardasse. Poniamo invece caso che dovesse trovarsi in una situazione di vita o di morte... insomma, purtroppo la risposta è: assolutamente nulla. O meglio, è probabile che entri in stato catatonico, e che si estranei dalla situazione piuttosto che reagire. La sua psiche, si è visto, è molto sensibile allo stress, e un crollo mentale sarebbe solo da aspettare se capitasse in una situazione che lo mette sotto pressione.

CURIOSITÀ

SEBA'S MIXTAPE

cinque canzoni che potreste trovare nelle più ascoltate di spotify del nostro

Farewell ; Francesco Guccini

Bandiera Bianca ; Franco Battiato

Just like heaven ; The Cure

Rimmel ; Francesco De Gregori

Love will tear us apart ; Joy Division

SEBA'S PLAYLIST

canzoni che descrivono la storia e la personalità del nostro

Still Ill ; The Smiths

Vedi Cara ; Francesco Guccini

Mi sono innamorato di te ; Luigi Tenco

Funeral ; Phoebe Bridgers

Alien Blues ; Vundabar

I can't handle change ; Roar

Rock 'n roll suicide ; David Bowie

SEBA'S LETTERBOXD LAST 4

gli ultimi quattro film guardati dal nostro, compresi di commento

Birdman ; Alejandro Gonzales Iñarritu

"tutto questo per una rinoplastica?"

Le vergini suicide ; Sofia Coppola

"mia madre, mia zia e mia sorella"

La chinoise ; Jean Luc Godard

"mao non avrebbe voluto questo"

Medea ; Pierpaolo Pasolini

"tbh ha fatto bene e sono stanco di far finta che non fosse così"

NDA

AAAAAAAAAAAAAAAAA

erano anni, secoli, EONI che non mi rifacevo vivo su questa piattaforma: per più o meno lo stesso tempo sebastiano era qui, nelle bozze, a prendere polvere. ora è uscito e mi sento una rondine quando i suoi rondinini volano fuori dal nido.
chiedo scusa per eventuali errori di ortografia/ battitura/ formattazione, gli affezionati sapranno che le schede vengono da me scritte solo in preda a un delirio mistico e forse dovuto alla consumazione di oppiacei.

per il resto: eccolo qui! silvia, come ti ho anticipato urgeranno precisazioni in privata.

a tutti gli altri che (forse) leggeranno questa scheda, non siate troppo cattivi con sebastiano perché sebastiano è al 50% me e non potete essere cattivi con me.

non pensavo che avrei mai riscritto queste parole ma comunque vostro,
elia

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