10. Decimo Atto

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È L'EMOZIONE


«Non era esattamente questa la mia idea di conversazione, però...» Marcus scrollò le spalle, mentre accarezzava con viva dolcezza quelle di lei, lo sguardo fisso davanti a sé.

Però non hai saputo dire di no, pensò Kristen, che si sentiva come burro tra le sue dita. «Scusami tanto, io non—»

«Scusami tu. Forse sono stato un po' indelicato, non sto dicendo che non mi sia piaciuto, anzi.»

«Ma no, assolutamente. Stavo soltanto...» Scosse il capo, un brivido improvviso lungo la schiena. Aveva appena detto che gli era piaciuto. «Nah, non farci caso.»

«Hai freddo?» le chiese lui, avendo notato che stesse tremando un poco.

È l'emozione, appurò Kristen, il tono della sua voce era tanto sublime che avrebbe potuto fungere da ninna nanna. Non c'era niente che non le piacesse di lui.

Kristen gli si accostò maggiormente e Marcus, con una premura e una devozione non richieste, la stritolò in un abbraccio affettuoso.

«Non pensare che non l'abbia notato», le soffiò nell'orecchio, quindi le scostò dal viso un paio di ciocche ambrate. «Avevi la testa da un'altra parte, poco fa. E adesso non è diverso.»

Kristen fece una smorfia.

Tu mi destabilizzi più di quanto vorrei.

Sospirò. «Puoi forse biasimarmi?» gli domandò, cercando di sopprimere la rabbia che provava nei confronti di se stessa.

«No», si affrettò a rispondere lui. «Ma ti assicuro che è tutto nuovo anche per me.»

Kristen aveva tremato soltanto al pensiero che di lì a poco sarebbe rimasta di nuovo da sola, in combutta con i suoi più intimi pensieri. Tra le braccia di Marcus, paradossalmente, riusciva quasi del tutto a spegnere il cervello e a godersi il momento nonostante l'uomo, quella sera, si fosse accorto del contrario. Non avrebbe mai creduto che fosse dotato di una simile empatia, eppure c'era riuscito. Aveva captato l'invisibile. Le aveva persino chiesto se per caso non avesse esagerato, o se magari fosse stato troppo impulsivo.

«Semmai sono stata io, quella impulsiva», gli aveva fatto notare Kristen, del tutto incapace di specchiarsi nei suoi occhi chiari. Temeva di scorgervi un qualcosa che avrebbe fatto montare in lei l'assurda, insostenibile voglia di baciarlo. Di toccarlo ancora. Di trattenerlo nella sua morsa feroce alla stregua di una mantide.

Dovresti tornare da lei. E dovresti farlo subito.

Quelle parole le erano morte in gola. No, non ce l'aveva fatta proprio a pronunciarle. Non dopo essersi divorati a vicenda con quella foga. Non dopo che lui l'aveva fatta andare in estasi come nessun altro. In perfetta sincronia, avevano raggiunto l'apice del piacere e quando Marcus era scivolato in fretta e furia dentro di lei, inebriandole i sensi, le era sembrato di volare. Di toccare vette fin d'ora inesplorate. Aveva percepito il coinvolgimento di Marcus ancor prima che le sue attenzioni si rivolgessero al suo corpo (sì, i suoi occhi parlavano), strappandole una corposa serie di gemiti pregni di un desiderio tanto straordinario da procurarle un dolore quasi fisico, che si appianava soltanto quando si lasciava plasmare in toto da lui.

E Kristen, ancora una volta, se ne stupiva. La componente sessuale non aveva mai ricoperto un ruolo di così ampio prestigio nella sua vita, nonostante fare l'amore con Herbert le fosse sempre piaciuto. La frequenza dei loro rapporti non aveva mai subito chissà quali scossoni se, ovviamente, si escludeva l'ultimo periodo, che corrispondeva a qualche mese prima dalla separazione effettiva. Herbert era un uomo appassionato e, in parte le costava ammetterlo, piuttosto persuasivo e non meno capriccioso – nel senso più buono del termine.

Marcus la mandava in tilt, però. Pur non avendo un fisico erculeo, pur non possedendo le tipiche caratteristiche del maschio alpha – componenti che molte sue amiche reputavano essenziali –, lui riusciva a scatenarle un turbine di emozioni che le ravvivavano il corpo e lo spirito. E che di certo non sfociavano nell'assoluto autocontrollo. Lui, per lei, rappresentava la perdizione e la salvezza insieme. Un perfetto connubio che, presto o tardi, l'avrebbe condotta negli oscuri meandri della follia.

Ripensò di nuovo alla figura di Herbert. A differenza di Marcus, non era molto alto, ma in compenso lo sguardo acceso e il suo bel visino lo rendevano, nel complesso, un tipetto sveglio e interessante. A livello fisico, non era un uomo tutto muscoli ma aveva dei tratti ben definiti che suscitavano, perlomeno in lei, una grande attrazione. Anche se Marcus, su quello specifico fronte, era decisamente più dotato, e...

Si toccò le guance, e queste quasi scottavano. Probabilmente, era diventata rossa come un peperone. Come poteva essere tanto frivola? Lei non guardava certo a quello.

Scosse piano la testa, mentre cercava, invano, di ricomporsi.

Era proprio questo, ciò che più le destava preoccupazione. Il modo con cui lui la faceva sentire. Quando stava con Herbert, non le era mai capitato di distrarsi così tanto sul lavoro.

Il troppo sesso ti ha fottuto il cervello, ecco cos'è.

Quella parola produsse, nella sua mente, un effetto di puro shock misto a un'euforia altrettanto forte che non sarebbe scomparsa poi tanto presto. Il sesso, con Marcus, sembrava acquisire connotati del tutto nuovi. Di fatto irresistibili. E più ne faceva, più ne voleva. L'ascesa verso il piacere diventava, in effetti, un vero e proprio viaggio. Un viaggio che, forse, mirava alla profonda (ri)scoperta di se stessi.

Il fatto che lui non fosse molto estroverso, poi, le permetteva di esprimere al meglio la sua attrazione per lui. Di ascoltare – come ascoltarsi – di più, di condividere con più efficacia le sue fantasie. Sembrava proprio che a entrambi bastasse comunicare con un solo sguardo. Perché il contatto visivo per lei era importante tanto quanto la smania di regalarsi l'un l'altra piacere. E Kristen si era spesso ripetuta che chiunque, nell'atto del concedersi, doveva indubbiamente smetterla di trattenersi, e questo in barba allo stupido timore di essere bollati per degli assetati di sesso. La passione e il desiderio non erano che degli impulsi che, per quanto semplici, erano di per sé fondamentali, e come tali dovevano essere considerati. E lei, con Marcus, non si faceva alcun problema. Se con gli altri uomini si era sentita giudicata e ben poco a suo agio, con quell'uomo le risultava fin troppo facile obbedire a quella legge di natura. Lui riusciva a farla stare bene, e non soltanto fisicamente. Quelle poche volte che erano stati insieme, aveva sperimentato un senso di pace che non provava da tanto tempo.

E questo la spaventava. Enormemente. Dopo quell'unione tanto selvaggia e appassionata, nessuno dei due aveva davvero tentato di imbastire una conversazione vera e propria. Kristen si era freddata un attimo per via del fatto che l'ombra del suo ex compagno l'avesse, per l'ennesima volta, disturbata sul più bello. Mentre Marcus, che palesemente aveva cercato, pur con poca convinzione, di cavarle di bocca il motivo per cui fosse tanto silenziosa, si era rivestito dopo circa un'ora per tornarsene all'ovile come se niente fosse. Certo, non appena i suoi occhi avevano scavato in quelli di lei, a Kristen le era sembrato che gli stessi fossero ricoperti da un sottile velo di tristezza, però aveva cercato di ignorare l'impulso di riabbracciarlo. Era un uomo sposato, e di questo non poteva fare finta di niente.

«Ti chiamo domani... Se vuoi», aveva soffiato lui, quindi si era abbottonato il lungo giaccone invernale e si era avviato alla porta.

Kristen si era sforzata di non rispondergli. Essere troppo accondiscendente con lui sarebbe stato un errore.

Però gli hai lasciato il numero, si rimproverò, sbattendo i pugni sull'affollata scrivania dell'ufficio. Avrebbe dato qualsiasi cosa per mandar giù due sorsi di cognac, anche se lo detestava a morte. Ma, ovviamente, sul lavoro non erano concessi sgarri di sorta, o avrebbe passato dei guai seri. Alla fine, dopo quel sesso tanto inebriante, si era convinta a dargli il suo numero senza che lui gliel'avesse chiesto. Aveva agito d'impulso; tra l'altro, aveva persino scoperto che quel Marcus fosse dotato di una memoria sorprendente. Si era fatto ripetere il suo numero giusto un paio di volte (Kristen gli aveva detto, alla stregua di una giovinetta in piena tempesta ormonale: "Il mio numero di cellulare è questo qui... Così, che so, se magari un giorno vogliamo farci qualche altro drink..."), e dopo un'oretta buona, non appena lui stava per andarsene via, gliel'aveva ripetuto senza battere ciglio. E senza tentennamenti.

«È corretto, giusto?»

Kristen c'era rimasta di sasso. Come poteva ricordarselo alla perfezione, se nemmeno se l'era registrato in rubrica? Doveva aver frequentato uno di quei corsi che andavano tanto di moda quando studiava all'università. Corsi per l'apprendimento veloce e potenziamento per la memoria, o qualcosa del genere. E pensare che dentro di lei si era pure convinta che Marcus se ne fosse dimenticato o, peggio, che non fosse per nulla interessato a contattare telefonicamente una donna con cui si stava facendo giusto quattro salti in padella da qualche giorno! – e niente più. A quanto pareva, avrebbe dovuto farci i conti ancora per un po'.

Fino a quando non troverai il coraggio di farla finita, suppongo.

Stava per alzarsi dalla scrivania quando Ramona piombò nel suo studio senza preavviso, gli occhi più luminosi del solito, un sorriso che andava da un orecchio all'altro. «Mamma mia, è proprio qui fuori!»

L'altra fu quasi tentata di riderle in faccia, però si trattenne. Ognuno aveva le proprie debolezze, e quel Thomas Hunt era senz'altro la sua.

«E allora? Ti sei presentata? Gliel'hai detto che sei la sua fan numero uno?»

«Ma scherzi? Non sono nemmeno riuscita a dirgli un semplice buongiorno

«Caspita, ma allora sei messa davvero male!» esclamò Kristen, cercando di darsi un contegno. Vederla così su di giri la divertiva parecchio. Di sicuro, al suo fidanzatino avrebbe divertito un po' meno, però.

«Non penso che potrò mai abituarmi a vederlo qui. Ma qualcosa mi dice che si sia accorto del fatto che me lo stessi mangiando con gli occhi.»

«Mmh, fossi in te non ne sarei troppo sicura. Ci sarà talmente abituato che magari non ci avrà fatto caso», la tranquillizzò l'altra, preparandosi mentalmente all'incontro. Non doveva farsi sfuggire niente, questa volta.

«Sarà. Comunque, vi lascio soli... ma poi, mi raccomando, raccontami tutto!»

Kristen le fece l'occhiolino. «Ti inviterò senz'altro per un pizza una di queste sere», le assicurò. Avrei davvero bisogno di distrarmi un po', aggiunse in sordina, mentre Ramona lasciava la stanza.

Dopo qualche secondo, il famoso signor Hunt fece il suo ingresso nell'ufficio. Kristen ne osservò con dovizia l'aspetto; nella fattispecie, i delicati contorni del suo viso, che tutto d'un tratto s'erano induriti. Le sembrava decisamente più vecchio rispetto al loro primo incontro, avvenuto neanche due settimane prima. Dal suo volto non trasparivano serenità e leggerezza; sembrava, anzi, che quella notte non avesse chiuso occhio.

Magari ha fatto le ore piccole con sua moglie, pensò. Anche se, a guardarlo meglio, non mi sembra poi così rilassato.

Lui forzò un sorriso e si salutarono a vicenda, mentre prendeva posto di fronte a lei.

«Come sta, signor Hunt?» le chiese Kristen, sinceramente interessata.

«Non c'è male», rispose lui, incurvando appena gli angoli della bocca. «Ho letto con avidità entrambi i fascicoli che mi ha proposto e ne sono rimasto vivamente impressionato.»

«Come avrà letto, l'iter per procedere all'adozione di un bambino comporta numerose verifiche, che in generale spaziano dall'intero contesto familiare ai rapporti tra i coniugi che intendono farsi carico di soggetti tanto giovani quanto fragili, specialmente dal punto di vista psicologico.»

«Lo so. E sono altrettanto convinto del fatto che io e mia moglie siamo pronti a questa difficile avventura. Anche se questo, s'intende, spetterà a lei stabilirlo.»

Un lampo di profonda determinazione investì gli occhi scuri di Thomas, e alla donna non rimase altro che prendere atto di un piglio tanto impertinente, che dallo sguardo si estese anche alla voce, dall'inflessione più netta se non, addirittura, vagamente tagliente.

Kristen si decise ad andare subito al dunque. «Sa, non le nascondo di aver sentito delle voci non proprio... come dire, non proprio foriere di buoni propositi sul vostro conto, ecco.»

Thomas sbarrò gli occhi. «Vostro

«Sì, insomma...» Kristen s'impose di controllare quel dannato accenno di nervosismo che, di tanto in tanto, faceva da sfondo alla sua difficile professione. «La signora Clara Burns mi ha detto che lo scorso Natale si è presentata a casa vostra per riprendere Robert. E che lei ha insistito tanto affinché restasse con voi almeno per quel giorno, ma... ma lei, signor Hunt, non la pensava affatto così, quando la Burns vi ha portato Robert con la speranza di calmarlo. E tutto perché lui aveva tentato di scappare dall'orfanotrofio. A quanto mi ha detto Clara, voleva raggiungere sua moglie.»

Thomas abbassò il capo. «Robert aveva pronunciato il nome di mia moglie. Come già sa, lui non parlava nemmeno, e poi... e poi, tutt'a un tratto, si è sbloccato. Ammetto di non aver reagito nel migliore dei modi in quell'occasione, però—»

«Lei era furioso», sottolineò Kristen, uno sguardo indagatore. Affilato come un coltello.

«Sì, lo ero», confermò lui, vedendo vacillare il suo proposito di rimanere impassibile a quell'affondo. «Ma si tratta del passato. Non volevo accettare l'idea che Jane non riuscisse ad avere un figlio da me, e... molto spesso mi sono incolpato anche per questo. Non è stato facile pensare all'evenienza che potessi essere sterile, o che magari... potesse esserlo lei.»

In quel momento, Kristen provò una pena infinita per quell'uomo. Ma non poteva demordere. «Non posso immaginare quanto per lei sia stato difficile gestire la situazione; posso soltanto dispiacermene e sperare che sia tutto finito. Ma lei capisce che devo tenere in conto ogni cosa

L'altro annuì, l'aria affranta. «Mi sta dicendo che non possiamo sperare di adottare quel bambino?»

Kristen ci pensò su. Normalmente, avrebbe rifilato alla persona di turno un secco no, ma c'era un qualcosa che la spingeva a voler sviscerare per bene quella confusa matassa. Secondo il suo umile punto di vista, lui e sua moglie non erano affatto una coppia felice. I numerosi – e fallimentari – tentativi di concepire una nuova vita avevano messo a dura prova la loro unione, per non parlare del fatto che lei intendesse fin da subito adottare Robert, a differenza del marito. E se quel desiderio, nel frattempo, fosse morto con loro?

Quel tale poteva pure averle detto un mare di bugie.

Anche il tuo Marcus, se è per questo.

Kristen strinse forte le nocche. Sebbene non fumasse, in quel momento l'impulso di spararsi almeno un paio di sigarette le fece quasi perdere la calma. Avrebbe fatto le veci di Herbert, ma per la prima volta non le sarebbe importato niente. Aveva sopportato ben altro, da lui. «Facciamo così», gli disse. «Lei mi racconta tutta la verità, senza omettere nessun particolare, e io le prometto che cercherò di venirle incontro.»

Sussultò alle sue stesse parole. Doveva essersi bevuta il cervello.

«Perché sospetta che le stia mentendo?» le chiese lui, a mezza voce.

I suoi occhi non mi sembrano felici, gli avrebbe detto, suscitando magari la sua ilarità. Che cosa poteva saperne lei? E che diritto aveva di sparare giudizi sulla sua vita coniugale quando lei stessa stava distruggendo quella di Marcus?

Non stai facendo tutto da sola, però.

Sarà, ma non gli stai nemmeno mettendo un freno.

Quel connubio di voci la sconvolse. E benché lasciarsi sopraffare dalle proprie debolezze non fosse certo da lei, la donna non riuscì comunque a reprimere un sonoro sbuffo, dal quale risultava palese tutta la sua contrarietà in merito. Lei non poteva esimersi dal dare loro una possibilità. Non poteva comportarsi da carnefice, stroncando i nobili sogni di quell'uomo. «Io... io penso solo che lei debba un po' raccontarmi del suo rapporto con Jane. Come vi siete conosciuti?»

A Thomas spuntò un sorriso, mentre a Kristen le si strinse il cuore. Era convinta che il suo racconto sarebbe stato molto interessante.


E lo era stato, in effetti. La donna richiuse l'ombrello e si affrettò a entrare in casa. Un tempestoso acquazzone aveva rinfrescato l'intera cittadina, come rinfrancato, seppur di poco, lo spirito della povera sventurata. Era così, che si sentiva: una povera sventurata del tutto incapace di tirarsi fuori dalla scomoda, scomodissima situazione in cui si era ficcata. Si concentrò per richiamare alla sua memoria il discorso di Hunt. Quel tale amava moltissimo la moglie. Non credeva di aver mai sentito un uomo parlare della propria consorte a quel modo, con un ardore e un'ammirazione tanto forti da impressionarla. La loro storia d'amore si era sviluppata gradatamente, mentre ricoprivano ancora lo scomodo ruolo di alunna e professore. Lui, poi, non voleva affatto saperne di mettere a rischio la propria carriera lavorativa – come le ambizioni di lei – per un semplice capriccio. Un bel capriccio che, alla fine della fiera, li aveva portati dritti all'altare dopo soli tre anni di fidanzamento. E adesso, l'ambito coronamento di una storia travagliata come la loro non poteva che essere l'arrivo dei figli. Thomas le aveva confidato che Jane aveva subìto un aborto spontaneo, e che da quell'evento nefasto non si fosse mai ripresa sul serio. Avevano quindi affrontato la loro prima, vera crisi di coppia. Lui non era riuscito a perdonarsi il fatto che non le fosse stato accanto in quel periodo tanto difficile – e questo perché si trovava fuori città per un progetto importante (ma d'altronde nemmeno sapeva che la consorte aspettasse un bambino, lei avrebbe tanto voluto fargli una sorpresa una volta che l'uomo fosse tornato a casa), mentre Jane, dal canto suo, era stata a lungo divorata dai sensi di colpa per averlo spesso trattato alla stregua di una scarpa vecchia. E qualcosa le diceva che nulla fosse cambiato. Sì, Thomas le aveva assicurato che la crisi matrimoniale era ormai superata, ma Kristen pensava tuttora che le stesse sfuggendo qualcosa.

Se le cose stavano davvero così, per quale motivo le era sembrato che lui, a più riprese, stesse per scoppiare in un pianto disperato?

È l'emozione, le aveva riferito, scostando gli occhi da Kristen.

La donna sbuffò, mentre si accomodava sul divano. Doveva credergli? Diede una rapida occhiata a quanto la circondava. Il soggiorno pullulava di oggetti antichi e nuovi, però era spoglio, a tratti lugubre. Quasi senza vita. Lei, da sola, non riusciva a dargli luce.

Ma che razza di discorsi sono? In quest'ultimo anno da single sei stata benissimo. E sei single tuttora. Ma sei pure qualcos'altro, però.

Un piccolo bip squarciò il silenzio. Il suo cellulare trillò appena in tempo. Purtroppo per lei, non si trattava di Ramona.

Potremmo incontrarci stasera al parco, per favore? Sarò lì per le nove.

Il cuore di Kristen si risolse in mille capriole, che erano ben più di quelle che lei e Marcus avevano fatto qualche giorno prima tra le lenzuola.

È l'emozione, si disse un'altra volta, cercando di dominarsi. Soltanto l'emozione.

Si strinse lo smartphone contro il petto. Che cos'avrebbe fatto, questa volta?

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