14. Let's hurt tonight - Parte II

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AVVISO IMPORTANTE: la versione di questo capitolo è CENSURATA, nel rispetto della sensibilità anche dei più piccoli :)

La versione SENZA CENSURA di questo capitolo la trovate sul mio profilo, nella storia "BROKEN - Il passato tra noi  - Explicit" , dotata ovviamente di tag maturo :)

Cari amici e lettori! Come al solito voglio innanzitutto ringraziarvi per essere arrivati fin qui, per continuare a condividere con me questa mia opera, per i vostri apprezzamenti, per i voti e soprattutto per i commenti, che leggo e a cui rispondo sempre con immenso piacere ❤︎

Questo è un capitolo davvero speciale e pieno di sorprese!  :D

La scorsa settimana vi ho lasciati con Marco che confessava ad Aurora di amarla.

Come avrà reagito la ragazza? 

Non vi anticipo nulla, vi auguro solo buona lettura ^-^

Aurora era senza parole. Quel ragazzo stava abbattendo tutte le barriere che aveva tanto faticosamente costruito intorno a sé in quell'ultimo anno. 

Sapeva che, se si fosse lasciata andare, avrebbe rischiato di essere ferita ancora una volta. Ma era troppo tardi. 

Dal momento in cui le labbra di lui avevano sfiorato le sue, aveva capito di essersene innamorata. 

Era un sentimento inaspettato quanto inopportuno, eppure non c'era niente che potesse fare per opporvisi.

«E come fai a non capire che amarti potrebbe distruggermi?» disse lei con le ultime forze che le erano rimaste.

«Lo capisco, perché so che per me è la stessa cosa. Ma non mi importa. Preferisco correre il rischio piuttosto che rimpiangere tutta la vita di non averci provato.»

Dopo quelle parole la ragazza abbandonò ogni resistenza. Posò le mani sulla vita di lui, si mise in punta di piedi e lo baciò. Non appena le loro labbra si sfiorarono, Aurora capì che non aveva desiderato niente più di quel tocco da quando lo aveva sperimentato la prima volta.

Fu un bacio lungo, delicato e profondo. Ogni volta che le loro lingue si sfioravano e si intrecciavano, Marco sentiva le barriere tra loro crollare. Le mise le braccia intorno alla schiena e la strinse a sé, in modo che i due corpi aderissero l'uno all'altro.

Lei portò le mani sulla sua nuca e afferrò i corti capelli biondo-castani. Erano morbidi e le solleticavano il palmo delle mani.

Quando lui fece scivolare le mani sul corpo di lei, Aurora sentì un brivido percorrerle tutta la schiena. Non stava così bene da tempo immemore. Ad ogni suo tocco si sentiva sempre più viva. Fece scorrere le mani sulla nuca di Marco, e poi sul collo, fin sui pettorali, ancora nascosti dal maglione. Ne afferrò il lembo inferiore e si scostò da lui solo per farglielo scivolare sopra la testa e lasciarlo ricadere sul pavimento.

Entrambi avevano il respiro affannoso, prede di una passione totale e travolgente.

Marco la guardò negli occhi per diversi secondi. «Sei sicura che sia questo quello che vuoi?» le chiese in un sussurro, le labbra a pochissimi centimetri da quelle di lei.

Lei chiuse le palpebre per un istante, poi tornò a puntare i suoi profondi occhi blu in quelli verdi e trasparenti di lui. «Sicurissima. Aiutami a sentirmi viva» disse lei tutto d'un fiato.

A quelle parole Marco non indugiò oltre. La prese per mano e la condusse fuori dalla cucina, lungo il corridoio.

Aurora, due passi dietro al ragazzo, lasciò vagare lo sguardo sulle pareti tappezzate di fotografie, ciascuna racchiusa in una cornice color rosa cipria, dalle linee semplici ed eleganti.

Sembravano essere tutte foto di famiglia; la maggior parte ritraeva due bambini magrolini, più o meno della stessa altezza, con due zazzere folte sui toni del castano chiaro, intenti nell'una a costruire un castello di sabbia, nell'altra a giocare con delle spade di cartone, o ancora sull'altalena di un parco comunale.

Ma tra tutte, una fotografia in particolare attirò l'attenzione di Aurora.

Raffigurava una giovane donna dal profilo delicato, con folti ricci castani dai riflessi ramati che le ricadevano sulle spalle, nascondendole in parte il viso. Era seduta su una sedia a dondolo e tra le sue braccia c'era un minuscolo fagottino, dalla cui sommità spuntava il faccino magro e arrossato di un neonato.

Aurora intuì che la figura ritratta nell'immagine sulla parete fosse la madre di Marco e Alessandro, e si chiese se il bambino fra le sue braccia fosse l'uno o l'altro figlio.

Ma prima che potesse porgere la domanda al ragazzo, questo la trascinò in una stanza attraverso l'ultima porta in fondo al corridoio.

Aurora diede uno sguardo veloce all'ambiente circostante, e dal mobilio dedusse che doveva trattarsi della stanza di Marco.

Ebbe a malapena il tempo di realizzare dove si trovasse, che Marco si voltò verso di lei e la baciò con passione, prima sulle labbra, poi sul collo, proseguendo sulla spalla lasciata nuda dalla canottiera. Poi le sfiorò piano la scollatura con l'indice della mano destra, facendola rabbrividire.

Aurora abbandonò ogni pensiero e fece scivolare le mani sul petto nudo di lui. La sua pelle era liscia, poteva sentire i muscoli tendersi al suo tocco. Poi notò un particolare che gli era sfuggito. Un tatuaggio all'altezza del cuore.

Un nome.

Giulia.

«Chi è Giulia?» chiese curiosa.

Marco si interruppe bruscamente e si portò istintivamente una mano sul petto, a sfiorare l'inchiostro appena sotto pelle.

«Qualcuno che se n'è andato. Ma non voglio parlare di lei. Ora ci siamo solo io e te» disse, baciandole delicatamente la punta del naso.

Aurora decise che non era il momento di insistere con le domande e tornò ad esplorare il corpo di Marco con le sue dita affusolate. Prima il petto, poi gli addominali e la schiena.

Marco le sfilò piano la canottiera, poi la fece sedere sul letto e le tolse le scarpe, e infine i pantaloni. Si distesero sul letto, l'uno accanto all'altra, e mentre le loro mani esploravano il corpo dell'altro, si guardarono negli occhi.

«Sei così bella...» le sussurrò Marco, scostando piano la frangia che le ricadeva sulla fronte.

Aurora gli accarezzò la guancia sinistra, mentre con il piede destro iniziò a sfiorare la gamba di lui. E un secondo dopo Marco la strinse a sé. Il tocco del ragazzo era come una fiamma sulla pelle di lei. Ovunque la sfiorasse lasciava una scia che le bruciava dentro.

Per molto tempo si era sentita come una stanza vuota e fredda, con la porta ben chiusa per tenere tutti fuori. Ma quel ragazzo aveva sfondato la porta e invaso la stanza, riempiendola di un calore improvviso e devastante.

Sentiva di non poter resistere ancora a lungo. Voleva essere sua, completamente. Ne aveva bisogno.

Per Marco sentirla fremere al suo tocco era bello oltre ogni immaginazione. Mai nella sua vita aveva provato una sensazione così sconvolgente e assoluta. 

Voleva perdersi in lei, farla sua e diventare suo, in quell'istante, per un'ora, per un giorno, o forse per sempre.

Aurora era aggrappata a lui, tremante di desiderio e paura. Il desiderio di unirsi a lui, totalmente, in ogni modo umanamente possibile. E la paura di smarrirsi in lui completamente, e non sapersi più ritrovare.

Marco e Aurora fecero l'amore. Prima piano, dolcemente, i due respiri che si confondevano l'uno nell'altro. Poi con sempre più passione, fino a quando i gemiti non si trasformarono in un gridolino soffocato, le loro bocche incollate, gli occhi di lui in quelli di lei, mentre raggiungevano l'apice del piacere.

E rimasero così per un tempo che sembrò loro infinito, l'uno accanto all'altra, la loro pelle calda e sudata a contatto, il battito dei loro cuori ormai fuori controllo.

Poi Marco la strinse tra le braccia, facendole poggiare la testa sul suo petto e accarezzandole i morbidi capelli corvini, meravigliosamente scompigliati.

Rimasero in silenzio per un po', a godersi la piacevole sensazione di pienezza e felicità che li aveva investiti.

Aurora era incredula. Solo poche ore prima era determinata a mettere fine ad una storia neanche mai cominciata, e ora era tra le braccia dell'unica persona che era riuscita a infrangere il vetro dietro il quale si era nascosta fino ad allora. Era incredibile che ci fosse riuscito.

In quel momento Aurora si sentì una fenice. Prima di quel giorno era come un maestoso uccello ferito, sanguinante e ridotto in fin di vita. E fare l'amore con Marco le aveva dato fuoco, la sua anima era stata bruciata e ridotta in cenere. 

Tra le sue braccia era poi rinata. Le cicatrici erano ancora lì, su di lei e dentro di lei. Ma lui le aveva mostrato che ce l'avrebbe fatta, che prima o poi sarebbe stata in grado di lasciarsi tutto alle spalle, senza più rimorsi o rimpianti.

«Ehi, come va? Tutto bene?» le chiese Marco in tono premuroso.

«Sì, bene direi» rispose lei, sorridendo dolcemente. Poi tornò seria, fece un lungo respiro, e con la testa ancora poggiata sul petto di lui, cominciò a parlare. «Ora sto per raccontarti una storia. Non l'ho mai raccontata per intero a nessuno. Credo di non aver mai fatto niente di più difficile nella mia vita. Quindi ho bisogno che mi ascolti senza interrompermi, d'accordo?»

Marco si sollevò appena e le prese il volto tra le mani, per poterla guardare negli occhi.

«Aurora, non ho bisogno di sapere nulla. Non voglio che tu ti senta costretta a raccontarmi niente. Non finché non sarai pronta.»

«Non lo faccio per te, Marco. Questo è per me. Ho bisogno di dirlo ad alta voce per poterlo affrontare e sperare di superarlo. Non posso più tenermi tutto dentro.»

Marco scrutò il volto della ragazza, seriamente preoccupato che quello che stava per fare potesse ferirla. Ma decise di rispettare la sua volontà. Così si tirò su, la fece sedere sulle sue gambe, la avvolse nel piumone, e con le mani di lei fra le sue si preparò ad ascoltarla.

«Sono pronto. Raccontami la tua storia. Io sono qui per te» disse lui, stringendole piano le mani per farle sentire tutto il suo sostegno.

Aurora fece un altro respiro profondo, poi cominciò.

«Come già sai sono cresciuta in un paesino di mare, in una casa a pochi passi dalla spiaggia. Ho un fratello maggiore, Falco, e una sorella minore, Isabella. Siamo cresciuti con i nostri genitori in quella casa, felici e spensierati come ogni bambino dovrebbe essere. E quando cominciai a suonare, il quadro fu perfetto. Ogni volta che mi sedevo al piano mi sentivo completa, appagata. E poi un giorno, durante il terzo anno di liceo ho conosciuto lui.»

Si fermò alcuni secondi, lo sguardo basso sulle loro mani intrecciate. 

«Ho conosciuto Leonardo. Frequentava la mia stessa scuola, era più grande di me di due anni. Era il classico ragazzo belloccio e spavaldo dietro cui morivano praticamente tutte le ragazze della scuola. E lui era solito divertirsi con una di loro, fino a quando non si stancava e passava alla successiva. Quando mostrò interesse per me non riuscivo a spiegarmelo. 

Poteva avere qualsiasi ragazza, anche quelle più grandi, eppure sembrava volere me. 

Disse che si era innamorato di me e che avrebbe smesso di vedere le altre. Inizialmente non volevo credergli, ne avevo viste troppe con il cuore spezzato da lui per potermi fidare. Ma prima che potessi rendermene conto mi ero innamorata. Ci siamo messi insieme e ci siamo amati molto, non posso negarlo. 

Ma presto scoprii che il suo essere un dongiovanni non era il suo unico problema. Aveva cominciato a fumare erba. Io non condividevo assolutamente questa sua scelta. Non ricordo quante liti abbiamo avuto a questo riguardo. E poi dall'erba è passato alla cocaina e infine all'eroina. Diceva che lo facevano sentire bene, ma l'effetto era breve, sempre più breve. E dopo era triste e depresso e arrabbiato. 

Ho provato a lasciarlo almeno un milione di volte durante i cinque anni in cui siamo stati insieme, ma lui tornava sempre da me, e mi prometteva che avrebbe smesso, diceva che senza di me non ce l'avrebbe mai fatta, e io come un'ingenua ci ricascavo sempre. 

Ero troppo innamorata per voler vedere la realtà. 

E poi la notte di Halloween di un anno fa siamo andati ad una festa. Mi aveva promesso che non avrebbe bevuto né fumato, e che avrebbe guidato lui al ritorno. E così io mi sono fidata, e mi sono divertita a bere e a ballare con i miei amici. Ma ad un certo punto mi sono sentita male e gli ho chiesto di andar via e riaccompagnarmi a casa. Solo quando si è messo al volante mi sono resa conto che non era lucido. 

Ho provato a dirgli di accostare, che non poteva guidare in quello stato, ma lui insisteva che stava bene e che voleva portarmi a casa il prima possibile. E ad un certo punto ho visto una luce fortissima e ho sentito il suono più forte e penetrante che avessi mai udito. E poi solo il buio.»

Una lacrima le sfuggì dall'angolo dell'occhio destro, e Marco la raccolse piano con il pollice, asciugandola delicatamente. Dopo aver ripreso fiato, Aurora continuò.

«Mi risvegliai in un letto di ospedale. Mi ritrovai con la testa fasciata e il braccio sinistro immobilizzato. Non avevo idea di dove fossi né come ci fossi finita, nulla. Il mio cervello aveva rimosso ogni dettaglio dell'incidente. 

Non appena arrivò mia madre, vedendomi inquieta e agitata, mi spiegò cos'era successo. Mi disse dell'incidente e che ero rimasta in coma per un mese. Mi avevano operato al cervello, per rimuovere l'ematoma, e al braccio, per ricostruire le diverse fratture. 

È praticamente un miracolo che non lo abbiano dovuto amputare. Ma la scoperta più scioccante è stata che quando provai a parlare per farle una domanda, dalla mia bocca non uscì neanche un suono. Le labbra si muovevano, ma non formulavano alcuna parola. Era come se la mia mente sapesse cosa dire ma la bocca non ne fosse in grado. È stato orribile. 

Mi spiegarono che l'ematoma che avevano rimosso si trovava in una zona del cervello legata al linguaggio, e che quindi probabilmente avrei impiegato un po' per tornare a parlare. Beh, ci sono voluti due mesi. Il ricordo di quella notte invece è tornato dopo pochi giorni, un po' per volta. Quindi ho passato due mesi ricordando tutto quello che mi era successo, senza poterlo dire a nessuno. 

Ma quando ripresi a parlare, la prima cosa che feci fu chiedere di Leonardo. E mi raccontarono che lui non si era fatto niente di grave, si era solo rotto una gamba, e dopo esser stato dimesso dall'ospedale, lo avevano portato in carcere per scontare sei mesi di prigione per aver guidato sotto effetto di stupefacenti. Io pensavo che avesse solo fumato, e invece prima di mettersi in auto con me si era fatto di eroina. A quella notizia mi sono chiusa in me stessa e non ho parlato per un'altra settimana. E ogni volta che mi chiedevano di raccontare cosa fosse successo mi rifiutavo di parlarne. 

Poi dopo sei mesi sono stata convocata alla caserma dei carabinieri, mi dissero che era necessaria la mia deposizione sull'accaduto, per accertare che la ricostruzione dei fatti fosse corretta. E quella è stata la prima e ultima volta che ne ho parlato. Almeno fino ad ora. Dopo esser tornata a casa, ho provato a riprendere la mia vecchia vita, ma ogni persona che mi incontrava in paese non faceva altro che chiedermi dell'incidente, di come stessi, a dirmi quanto fossi stata ingenua a frequentare un drogato, ed era veramente troppo per me. 

Così la mia famiglia, vedendomi in difficoltà, ha deciso di regalarmi un nuovo inizio qui a Firenze. Si sono sacrificati tutti per farmi stare di nuovo bene. Solo che fino a questa mattina non credevo che fosse possibile per me tornare a una vita normale.»

Marco l'ascoltò in silenzio. E mentre la ragazza gli forniva le risposte a tutte le domande che si era sempre fatto, sin dal primo giorno in cui l'aveva incontrata, un senso di vuoto e smarrimento lo travolsero in pieno. Sapeva che lei gli nascondeva qualcosa, ma mai avrebbe immaginato tanto orrore nel suo passato. Ora poteva comprendere bene la riservatezza di Aurora, la sua diffidenza e la sua riluttanza a lasciarsi andare. 

Era spaventata e temeva che lui potesse ferirla come il suo ex fidanzato aveva fatto in passato. 

In fondo non si conoscevano bene, i suoi dubbi erano più che legittimi. Ma quello che era appena successo tra loro dimostrava che ovunque lei si fosse nascosta nell'ultimo anno, qualunque fosse il rifugio in cui aveva cercato riparo dal mondo, lui era riuscito a raggiungerla. E lei aveva deciso di donarsi a lui, di dargli fiducia, ed era quella l'unica cosa importante in quel momento. Non contava il passato di Aurora, o tutto l'inferno che aveva attraversato lui da quando Giulia se n'era andata. In quel momento, in quel letto, con lei così bella tra le sue braccia, l'unica cosa importante erano loro due e quello che aveva provato facendo l'amore con lei.

«E ora?» le chiese Marco, accarezzandole piano le spalle avvolte nel piumone.

«Ora che sono qui con te tutto mi sembra possibile. Magari c'è speranza anche per me» disse lei, con un timido accenno di sorriso ad incurvarle le labbra.

Quel sorriso fece sciogliere Marco, che la attirò a sé e la strinse forte, desideroso di farle sentire tutto il suo amore.

«Grazie Aurora. Grazie per aver condiviso con me il tuo passato. Non so neanche immaginare quanto deve essere stato difficile per te parlarmene. Ma voglio che tu sappia che nessuno potrà amarti più di quanto ti amo io in questo momento. Ricordalo sempre.»

Aurora si accoccolò su di lui, finalmente libera dal peso dei suoi segreti. Ora che li aveva condivisi con Marco, sentiva di aver fatto un passo importante per poter ricominciare. 

Allora amici, vi è piaciuto questo capitolo? :D

Che ne pensate del racconto di Aurora?

Ricordatevi di commentare e se vi va di lasciare una stellina, mi rende sempre molto felice sapere che la storia è di vostro gradimento ❤︎

E per qualunque domanda, consiglio, suggerimento, non esitate a contattarmi ^-^

❤︎ Grazie a tutti ❤︎

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