8) Brunch

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Ander Martinez POV

Una cascata d'acqua gelata mi colpisce in faccia risvegliandomi dal coma da alcol e droga in cui ero finito la sera prima. Scuoto la testa sentendo il mio cervello sbattere all'interno della scatola cranica mentre cerco di mettere a fuoco dove mi trovo e, soprattutto, chi è il responsabile da uccidere per avermi svegliato in questo modo.

-Finalmente- vedo la figura di Michael in contro luce davanti alla parete a vetro, di fronte a me con un bicchiere in mano. -Pensavo fossi in overdose-

-Bel modo di aiutarmi, te la farò pagare- replico provando ad alzarmi in piedi, finendo però per sentire un dolore lancinante alla testa a cui porto una mano per calmarlo, accompagnato da un lamento. -Appena ne avrò le forze-

Mi massaggio le tempie mentre Michael ride di me. È incredibile, quel ragazzo non patisce mai il doposbronza, non ho idea di che super potere abbia, ma lo invidio. Se ne sta lì sorridente come se fosse appena tornato da una giornata rilassante alla spa, con i capelli castani ben pettinati, la camicia azzurra, con le maniche arrotolate sugli avambracci, dentro i pantaloni corti bianchi, e un maglioncino dello stesso colore appoggiato sulle spalle.

Non diresti mai che fino a poche ore prima questo stesso ragazzo stesse leccando sale e tequila dalle tette di una sconosciuta.

Io invece ne risento eccome. A partire dal fatto che mi ritrovo sulla moquette della mia dépendance insieme a resti di patatine e macchie di dubbia provenienza, con una gamba appoggiata sui cuscini del divano. Non ho idea di come mi sia potuto addormentare in questa posizione, ma non è nemmeno il posto peggiore in cui mi sia risvegliato.

Rimango a fissare il soffitto per qualche minuto, ignorando il disastro del soggiorno, tra soldi, carte, fiches, e bicchieri sparsi in giro. Resti di sigarette e canne. Brillantini ovunque, per qualche motivo che non comprendo.

-Tra cinque minuti dobbiamo essere in hotel- annuncia Michael, accendendo una sigaretta che poi porta alla bocca. -Mio padre vuole che arriviamo in anticipo-

A quelle parole vorrei solo sprofondare nel tappeto e sparire dal mondo. Non ho le forze né, tantomeno, la voglia di affrontare questa giornata. Oltre al fatto che me ne fossi completamente dimenticato.

-Perchè cazzo tuo padre è ossessionato dai brunch?- mi lamento, riuscendo a tirarmi su in piedi, per poi buttarmi a peso morto seduto sul divano. Prendo anche io una sigaretta dal pacchetto sul tavolino di vetro e la accendo.

-Lo sai, per la fondazione della sua chiesa. Una cazzata del genere.-

Sbuffo il fumo verso il soffitto, cercando di prepararmi mentalmente al dovermi alzare e vedere la luce del sole. E al dovermi sistemare in maniera presentabile davanti ai genitori di Michael, che sono persino più rompi coglioni dei miei.

-Mi servirà un'aspirina-

Con molta forza di volontà riesco a infilarmi sotto la doccia, farmi la barba e indossare uno dei miei completi per eventi di questo genere.

Ci passa a prendere l'autista di Michael e ci accompagna davanti all'hotel di lusso in cui si terrà il brunch per la raccolta fondi, nell'Hudson Yards di Manhattan.

Entriamo nell'immenso grattacielo vetrato, dirigendoci sul terrazzo all'aperto del quarantaduesimo piano, dove ci aspettano tavoli di cristallo adornati con tovaglie in pizzo, centrotavola di ortensie, imbanditi con varietà di colazioni dolci e salate.

Gli chef alla cucina finiscono di sfornare le ultime prelibatezze, mentre le cameriere le portano in terrazza, sistemando le sedie in maniera ordinata.

Tra di loro, con un grembiule nero avvolto alla camicia abbottonata bianca e i capelli raccolti in una coda bassa e ordinata, noto subito Cara, Richard e Nailea.

Il padre di Michael non ha idea di quale sia il vero lavoro di suo figlio, ovvero il mio manager in uno stripclub. È convinto del fatto che il Purple sia invece un ristorante di lusso, e non ha mai cercato informazioni di conferma al riguardo perché, come ogni padre dell'upper class che si rispetti, l'unica sua preoccupazione nella vita è vedere la faccia di Benjamin Franklin su tutte le sue banconote.

Usufruisce però del suo personale in eventi come questi, per spendere meno, perciò siamo costretti a chiamare alcune delle nostre ballerine che svolgano il lavoro di catering, ovviamente con un bell'extra in più.

Non vorrei che Nailea fosse qui. Quella ragazza, in soli pochi giorni che è stata assunta, mi ha già fatto esasperare. E io non lavoro per stressarmi, se no accetterei un posto nell'azienda di mio padre. Ma purtroppo era una tra le poche ad aver dato la sua disponibilità.

Io ho un rapporto tranquillo con ogni mio dipendente, e non ho intenzione che le cose vadano in modo diverso ora che questa saputella dalla lingua tagliente è tra i piedi.

Eppure, anche sforzandomi di essere più gentile, tra di noi è già un battibecco continuo.

Mezz'ora più tardi gli ospiti in abiti eleganti sono tutti presenti, compresi i membri della mia famiglia. Ogni famiglia è seduta a un tavolo a mangiare o in piedi a parlare con gli altri invitati, mentre le cameriere continuano a vagare tra di loro con vassoi in argento.

Osservando Nailea noto che non è la prima volta che serve ai tavoli, sa muoversi bene senza essere impacciata. Non mi lascio scappare, con uno sguardo impercettibile, che i pantaloni aderenti le risaltano il culo. Ammetto che glielo guardo spesso da quando mi ha detto che le da fastidio.

Richard invece è Richard, è un miracolo che non si rovesci addosso ogni caraffa d'acqua che trasporta dalla cucina.

È qui perché Michael ha insistito, ma non è adatta ad un lavoro del genere. La continuo ad osservare e noto che spesso il suo sguardo va proprio su di lui, il mio migliore amico che flirta con l'ennesima ragazza presentatagli da suo padre.

Il suo sguardo mi ricorda subito lo stesso che gli aveva lanciato la serata dell'idromassaggio. Uno sguardo che mi spaventa e che voglio chiarire il prima possibile.

Mi dirigo a passo deciso verso di lui e gli tocco la spalla da dietro la schiena per attirare la sua attenzione. Poi gli faccio cenno con la testa di seguirmi e lui lo fa.

È una conversazione assolutamente privata, perciò entro nella stanza accanto e apro una porta che rivela un piccolo sgabuzzino con piatti, bicchieri, posate, eccetera.

Ci chiudiamo dentro e fisso Michael in modo serio, preparandomi già a dovermi incazzare con lui.

-Martinez, se volevi passare del tempo in privato con me potevi dirmelo, avrei affittato una camera di hotel solo per noi, altro che questo ripostiglio- mi fa l'occhiolino non cogliendo la mia evidente espressione corrucciata.

-Non è il momento di scherzare- taglio il suo sarcasmo sul nascere. -Che cosa succede tra te e Richard?-

Michael stringe le labbra per un millisecondo prima di rispondere con una risata -Non succede niente-

Quando stringe le labbra vuol dire che mente.

-Credi che sia deficiente? Ho visto come ti sta guardando ora o, ancora peggio, come ti ha guardato alla festa dell'altra sera, mentre una sconosciuta ti si strusciava addosso.-

Fa una smorfia per dileguare il discorso. -Non mi ha guardato in nessun modo-

Odio il fatto che non mi voglia prendere sul serio.

-Michael, l'ho guardata io stesso negli occhi, e ho letto il suo sguardo... lei lo sa? Ne avete parlato? Dimmi la verità.- chiedo in tono preoccupato.

-Non ne abbiamo parlato-

-Dimmi la verità ho detto!- alzo la voce e lui fa lo stesso di conseguenza.

-Lei non sa nulla, Cristo!- urla, per poi abbassare la voce, sperando che nessuno ci abbia sentito. -Insomma... non di quello che pensi tu.-

Mi passo una mano tra i capelli dal nervoso e faccio un respiro profondo. -Merda. Lo spero.-

-Si ma datti una calmata Ander. Sei un imparanoiato del cazzo-

-Tu non capisci, se lei dovesse...-

Non faccio in tempo a finire la frase che la porta dello sgabuzzino si apre all'improvviso, rivelando l'espressione oltraggiata del padre di Michael nel trovarci chiusi qui dentro.

-Uscite immediatamente!- ringhia a denti stretti in preda alla rabbia. La sua faccia è rossa, il suo sguardo passa tra di noi emanando disprezzo, e le labbra rugose sono serrate tra di loro, leggermente nascoste sotto la barba folta. -Che cosa penserà la gente di voi vedendovi chiusi qui! Te l'ho detto Michael che la tua amicizia con lui non va bene, ti porta sulla strada sbagliata, che non è di certo quella del Signore!-

Mi allontano da quella ramanzina contro di me, sentita ormai un miliardo di volte durante il corso di tutta la mia vita. Lascio Michael a sbrigarsela da solo.

Non ho idea di come i suoi siano convinti che il loro sia un figlio modello, e che sarei io quello a portarlo sulla cattiva strada. Eppure è così.

Bevo del caffè forte mentre osservo le mie tre ballerine servire ai tavoli, e cerco di evitare il contatto visivo con mio padre prima che mi presenti l'ennesimo ex alunno di Yale che mi riempia la testa, farneticando su quanto sia importante che frequenti quel college.

Circa un'ora dopo, il brunch volge al termine e tutti gli invitati tornano a casa, lasciando solo il personale a ripulire.

Ne approfitto per fare un ultimo tentativo di pace con Nailea, che è intenta a sparecchiare un tavolo.

Mi avvicino a lei e le rubo di mano la pila di piatti barcollante che stava cercando di far rimanere in equilibrio. -Ti aiuto-

-Non serve- fa per riprendere i piatti ma io mi scanso col corpo in modo da non farglieli toccare.

-Ho bisogno di parlarti-

Lei mi risponde senza degnarmi di uno sguardo, concentrandosi invece a racimolare posate e bicchieri usati. -Parla pure-

-Non mi piace il rapporto che abbiamo.- dico, attirando la sua attenzione. -Io non ho problemi con nessuna delle mie ballerine e non voglio averne con te. Sei l'unica che non mi sopporta, tutte le altre mi adorano.-

Alza gli occhi al cielo e mi rivolge uno sguardo eloquente. -Chissà perché...- La mia espressione interrogativa la spinge a continuare. -Non fingere di non saperlo. Sei un ragazzo molto attraente sia per aspetto fisico sia per potere, qui basta un tuo sorriso e sono tutte ai tuoi piedi.-

Mi lusingano i suoi complimenti, sempre che lo siano. È abbastanza difficile decifrare questa ragazza.

-Ma tu no giusto?-

Invece di rispondermi si limita ad alzare le sopracciglia e raccogliere le posate e i bicchieri per portarli in cucina.

Io la seguo facendo attenzione a non far cadere i piatti impilati tra le mie mani. -Dovresti conoscermi meglio-

So perfettamente il modo in cui mi vede, e in effetti la maggior parte di quegli aspetti combaciava con la maggioranza dei miei amici o persone che conosco, perciò non posso darle tutti i torti.

Varchiamo l'ingresso della cucina, dove gli chef mi lanciano sguardi smarriti nel vedermi portare dei piatti sporchi a loro.

-Per quanto non desideri altro che dirti di sì per compiacerti e così accrescere il tuo ego già abbastanza smisurato e la tua smania di ottenere sempre ciò che vuoi solo perché sai di potere, ho molto da fare questa settimana, non ho ne tempo ne voglia di venire ad un appuntamento con te-

Il modo diretto in cui si esprime nei miei confronti, facendo sempre uscire dieci parole in più di quelle che servono, mi spiazza ogni volta... e mi diverte.

È strano perché di solito le persone, in particolare modo le ragazze che non mi conoscono, hanno molta soggezione di me e, anzi, tentano di dare il meglio di loro. Lei invece non fa altro che mostrarmi la sua parte più antipatica. E per qualche motivo la cosa mi intriga.

-E poi sarei io quello pieno di sé? Non ti stavo certo chiedendo un appuntamento.- trattengo una risata, mentre lei mi supera ondeggiando la sua coda di cavallo da una parte all'altra delle spalle.

-Allora meglio così- mi risponde senza voltarsi.

Mi riavvicino a lei, confuso più che mai da quella conversazione. Devo dire che non mi capitano spesso dei due di picche così dal nulla.

-Lo ammetto, il fatto che tu abbia rifiutato un appuntamento che non ti avevo nemmeno chiesto mi ferisce il doppio.- scherzo portandomi una mano al cuore e la vedo accennare un sorriso mentre scuote la testa, continuando a non degnarmi di uno sguardo mentre si occupa di spostare il centrotavola di fiori. -Davvero, sei la prima, Nailea-

-Perciò adesso che sai che non ti voglio inizierai a desiderarmi tu, solo per il piacere della caccia, finché non mi conquisterai e il tuo ruolo di maschio alpha sarà finalmente ristabilito? Perché onestamente è un po' troppo cliché per i miei gusti.-

Parlare con lei è impossibile. È come se non avesse filtri tra il cervello e la bocca. Mi chiedo se il ragazzo dell'altra sera con cui è andata a casa sia il suo fidanzato, e in tal caso mi chiedo come faccia a sopportarla.

Punto il mio sguardo nei suoi occhi marroni, i quali mi rimandano alla stessa sensazione che ho avuto alla festa in cui ha ballato per me. Io ho una specie di dono nel leggere dietro lo sguardo delle persone. Capisco sempre di chi posso o non posso fidarmi.

Per questo motivo sono convinto che Richard e Michael mi stiano nascondendo qualcosa, e la stessa cosa la rivedo ora negli occhi di Nailea.

-Ascolta, so che il mio comportamento con te non è stato dei migliori, ne sono consapevole. Ti sono sembrato snob, ma sappi che non sono davvero così.-

-Sono felice per te- pronuncia senza alcuna emozione, per poi superarmi nuovamente a passo spedito per dirigersi ancora una volta in cucina.

Capisco che è ancora arrabbiata, perciò la accontento una volta per tutte, anche se questo richiede un mio enorme sforzo nel mandare giù l'orgoglio. Non sono abituato a fare certe cose.

-Va bene...- appena mi sente parlare si ferma su due piedi sempre dandomi le spalle. -Lo siento mucho...-

Nailea si gira e mi guarda divertita, incrociando le braccia al petto. -Suppongo fossero delle scuse. Vedi? Non era così difficile.-

-È stato molto difficile in realtà.-

-Beh, le apprezzo molto.- finalmente il suo volto sembra essere rilassato, come se la rabbia nei miei confronti fosse magicamente sparita. - Je suis désolé, je n'aurais pas dû réagir comme ça.-

Rimango del tutto stranito. -Ho sentito bene? Mi hai appena fatto le tue scuse in francese?-

-Credevi di essere l'unico a parlare più di una lingua?-

Mi fa subito ridere anche se cerco di nasconderlo e, prima che possa dire altro, si slaccia il grembiule e se lo toglie.

-Ci vediamo a lavoro, Ander... Spero per te che ti presenterai con un atteggiamento migliore-

La guardo andarsene senza riuscire a ribattere nulla. Non perchè mi abbia lasciato spiazzato e senza parole, ma perchè la sensazione di farmi dare ordini da lei è così surreale che forse... mi piace.





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