39 - Make it or breake it

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Namjoon si distese sul pavimento della sala prove, era distrutto e la consapevolezza che non avessero ancora finito di esercitarsi in neppure la metà della coreografia lo devastava.

Era stanco di provare, di ballare, voleva solo tornare a casa.

Cercò di regolarizzare il suo respiro il più possibile, sentiva il cuore battergli all'impazzata nel petto ed era completamente bagnato di sudore; detestava la sensazione delle gocce che gli scendevano lungo il collo, la detestava sin dai loro primi giorni come trainee, aveva sempre la dannata sensazione che tutta quella fatica non lo stesse portando nella direzione giusta, per un motivo o per l'altro.

Quando era più giovane aveva rinunciato alla famiglia ed ai suoi amici per rincorrere il suo sogno di fare musica; ben presto si era accorto suo malgrado che persino sulla vetta le rinunce erano tante e terribili e questo lo rendeva sempre più frustrato e scontento.

Quel giorno era riuscito a vedere Alice solo per 10 secondi mentre passavano entrambi per lo stesso corridoio, e non si erano neanche guardati.

L'agenzia si era espressa in maniera decisamente contraria alla loro relazione così come al fatto di renderla pubblica, di conseguenza per loro non c'era altra scelta se non quella di fingere e basta.

Ad ogni sguardo che non si scambiavano a lui sembrava si allontanassero sempre di più, era una delle situazioni peggiori in cui si fosse mai ritrovato.

A completare quel quadro già di per sé particolarmente disastroso ci si metteva anche il fatto che Alice pochi giorni prima gli aveva comunicato che sarebbe partita a breve per gli Stati Uniti; il film a cui aveva preso parte come direttore della fotografia era stato premiato ad un festival indipendente e lei era stata invitata a partecipare.

Lui avrebbe venduto l'anima al Diavolo pur di poterla accompagnare, ma i manager erano stati categorici, non poteva andare.

Si passò una mano sulla fronte sudata e sospirò pesantemente.

Con la coda dell'occhio vide Jimin raccogliere da terra il suo borsone ed uscire dalla sala prove.

«dove va?» domandò ad Hobi.

«non lo so esattamente...ha detto che era un impegno che non poteva rimandare» gli rispose facendo spallucce.

Jimin buttò il borsone sul sedile accanto a lui e fece cenno col capo al suo autista di mettere in moto l'auto e partire; avrebbe preferito avere uno stato d'animo decisamente diverso pensando a quello che lo attendeva a destinazione, ma ancora una volta le colpe poteva farle ricadere solo ed unicamente su sé stesso.

Piantò gli occhi sulla strada davanti a lui, la macchina su cui stava viaggiando sfrecciava veloce nel traffico di Seoul e per la prima volta dopo tanto tempo, lui avrebbe preferito tardare, dilatare quell'attesa, il senso di aspettativa che l'accompagnava, poter ingannare sé stesso sul fatto che fosse tutto come prima.

Quando mesi prima aveva prenotato per Alice l'appuntamento al suo atelier di fiducia per farle cucire un abito su misura in previsione di serate di gala, mai avrebbe pensato che alla prova finale di quell'abito, lei non sarebbe più stata sua.

Anche se in quel momento, mentre l'auto parcheggiava davanti all'ingresso dell'atelier, Jimin non riusciva a non pensare al fatto che se davvero tra loro fosse tutto finito, lei avrebbe aspettato Namjoon quel pomeriggio; lui le aveva chiesto più volte se preferisse andare da sola, dato che il conto era già stato saldato e quella era solo la prova di fitting finale, ma lei gli aveva ribadito che non era un problema il fatto che andassero insieme dato che sapeva che anche lui doveva provare degli abiti, cosa che solitamente facevano insieme per passare ulteriore tempo l'uno con l'altro quando erano fidanzati.

Alice si guardava insistentemente nello specchio davanti a sé, quel vestito era perfetto in ogni minimo dettaglio, le calzava come un guanto e nonostante fosse parecchio aderente non era affatto scomodo come si era prospettata; fissò i dettagli art-decò sulle maniche a campana, che Jimin le aveva suggerito di aggiungere, erano così perfetti per lei che le veniva il magone al pensiero di quanto di lei lui sapesse in realtà.

Sentì delle voci provenire da oltre la tenda e si affacciò.

Jimin era in piedi accanto ad uno dei commessi che gli stava porgendo quello che era venuto a misurarsi.

«vi lascio soli» disse il ragazzo, probabilmente ancora convinto che loro fossero una coppia.

Alice fece per dire qualcosa ma la porta si chiuse prima che le parole abbandonassero la sua bocca.

Erano soli, non era più successo da quel giorno nell'appartamento di lui.

«come ti sembra?» gli domandò cercando di sembrare il più disinvolta possibile ai suoi occhi.

«stai davvero bene» le rispose composto.

"sei da togliere il fiato" era quello che le avrebbe detto lasciando parlare il suo cuore.

«grazie, ora mi cambio e ti lascio la stanza» gli disse.

«devo solo misurare un paio di camicie, resta» la invitò.

«in ogni caso lo devo levare perché non si rovini, puoi chiamare il ragazzo per aiutarmi a slacciare la lampo sul retro?»

«non posso farlo io? è solo una lampo»

«d'accordo» acconsentì titubante dandogli le spalle.

Jimin si avvicinò a lei e le scostò delicatamente i capelli su un lato del collo, prima di afferrare la lampo ed iniziare a tirare lentamente verso il basso.

Alice chiuse gli occhi e praticamente smise di respirare mentre lui abbassava la lampo, superò la metà della schiena e la fece scorrere fino in fondo, poi le mise le mani sulle spalle e fece scivolare in basso le maniche.

Lei afferrò il vestito che le stava scivolando via dal corpo e lo bloccò all'altezza del seno, provava una rabbia incredibile in quel momento nei confronti di Jimin, non poteva continuare a comportarsi in quel modo con lei.

«non dovresti andare da sola a quella presentazione, questo vestito ti sta troppo bene addosso, è proprio il tuo colore» le disse prima di lasciarla e riprende le sue camicie per poi sparire oltre la tenda del camerino.

Lei raccolse l'abito da terra e dopo averlo sistemato sulla gruccia si rimise i suoi vestiti.

Lo salutò velocemente mentre lui era ancora dietro la tenga e sgattaiolò fuori dalla porta come un ladro in fuga dopo un colpo.

«Il signor Park mi ha lasciato questo per lei» le disse il commesso mettendo una piccola scatolina insieme al suo vestito e chiudendo la confezione.

«grazie» si limitò a rispondere prima di guadagnare l'uscita.

Appoggiando la mano sulla porta, un passo e sarebbe stata fuori di lì, però c'era una voce nella sua testa che non riusciva a far tacere, decise di tornare da Jimin, non sarebbe stata più l'unica a soffrire.

Entrò nel camerino, dopo aver detto al ragazzo di aver dimenticato di comunicare una cosa importante a Jimin e si chiuse la porta alle spalle.

Buttò la borsa con il suo vestito sul divanetto e guardò Jimin che era davanti ad uno degli specchi con la camicia ancora indosso.

«c'è una cosa che non ti ho mai detto» iniziò cercando di non tremare mentre gli parlava.

«cosa?» fece lui interdetto e stranito dal suo comportamento e dallo sguardo freddo che gli stava riservando.

«Ero rimasta incinta... l'ultima volta che siamo andati a letto insieme, la sera che ho scoperto che mi tradivi, devo aver dimenticato la pillola e... e sono rimasta incinta. Non me ne ero neppure accorta, ho avuto un aborto spontaneo dopo poco più di un mese; in questi mesi mi sono chiesta spesso se te lo avrei detto se le cose fossero andate diversamente» gli disse.

Rimasero in silenzio entrambi, lei per calmarsi e lui intento ad elaborare quanto aveva appena appreso da Alice.

«E me l'avresti detto?» domandò lui col cuore in gola e la salivazione completamente azzerata per la notizia che lei gli aveva appena comunicato.

Avrebbe potuto essere padre.

«Sì, ed avrei sbagliato di grosso... tu non sei pronto»

Quell'affermazione lo trafisse come una stilettata, non avrebbe mai pensato che lei potesse essere così crudele nei suoi confronti.

«pensi che lui sia diverso? credi che sia pronto?» la riprese incattivito da quella rivelazione.

«almeno non mi tradisce con la prima che passa» lo apostrofò Alice seria.

«Io non ho mai scopato con nessuno quando stavo con te, lo vuoi capire o no?! erano solo un paio di seghe per allentare la tensione»

«Non ha più importanza»

«Ne ha eccome, per me... tu vuoi dipingermi come il cattivo della storia ma...»

«Ma tu sei il cattivo Jimin! Lo sei cazzo! Ero rimasta incinta ed ho ringraziato il cielo del fatto di aver perso il bambino, ti rendi conto di quello che mi hai fatto?» gli urlò contro tremando di rabbia.

Jimin era paralizzato davanti a quella reazione tanto emotiva da parte di Alice, era come se per la prima volta da quando si conoscevano la vedesse; lei non era la "sua Alice", non lo era più, quella che si trovava davanti era la donna che aveva sofferto a causa sua e che non l'avrebbe mai perdonato davvero.

Ora lo sapeva, l'aveva persa.

«Io ti amo ancora Alice, anche se tu non ci credi, è la verità» gracchiò con voce rotta.

La guardò uscire per la seconda volta e rimase immobile al centro della stanza, ritrovandosi ben presto a piangere in silenzio come un bambino.

Dopo aver preso a calci il divano si sedette a terra con la testa tra le mani, era furioso, non avrebbe accettato di perderla, di lasciarla a Namjoon senza tentare ogni cosa.

Aveva provato a giocare pulito, a far leva sui ricordi che lui ed Alice condividevano, sull'affetto che lei nonostante tutto ancora nutriva nei suoi confronti, ma non era stato sufficiente a farla restare con lui.

Prese il cellulare e scorse la rubrica fino al contatto che stava cercando, fissò lo schermo per qualche minuto e poi fece partire la chiamata.

Non l'avrebbe lasciata andare tanto facilmente.

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